Ambra - Cap. 5

di
genere
etero

Ricevetti il suo criptico messaggio nel tardo pomeriggio.

Ci vediamo qui a mezzanotte. Porta il vino.

Poche parole e una posizione per farmi trovare il posto con più facilità. Zoomai su Google Maps; il luogo dell'incontro pareva una piccola caletta dispersa nel nulla, qualche chilometro ad est rispetto a dov'eravamo soliti incontrarci la mattina.
Le confermai la mia presenza e mi recai al supermercato, dove restai per un po' inebetito e incerto su quanto vino comprare e su quale preferisse. Decisi che tre bottiglie di un vino rosso locale sarebbero state più che sufficienti. Rientrai a casa e mi abbandonai a una lunga opera di toilettatura che comprendeva la doccia, un'accurata potatura della barba e la depilazione delle zone strategiche - perché non si sa mai.

Raggiunsi il posto pochi minuti prima della mezzanotte; trovai facilmente parcheggio. Uscii dall'auto facendo tintinnare tra di loro le bottiglie, quando presi la busta dal sedile del passeggero, e mi domandai dove fosse Ambra. Mi guardai intorno; l'assordante silenzio del posto era rotto solo dalla leggera brezza che soffiava dal mare. La individuai subito, sembrava l'unica presenza umana lì intorno: era da sola di fronte a un piccolo falò, chiaramente in mia attesa. La raggiunsi.

«Infrangiamo la legge, stasera? Non è proibito accendere i falò in spiaggia?», sorrisi.

Era seduta e intenta a fissare il fuoco, sovrappensiero, le gambe rannicchiate contro il seno, le braccia le coronavano le ginocchia. Indossava un prendisole giallo, sopra al costume. La mia voce parve ripotarla indietro dallo stato di trance in cui si trovava. Mi guardò e mi sorrise a sua volta, scaldandomi il cuore e dandomi la sensazione di essere un estraneo che abitava il mio corpo.

«In alt'i posti sì. Qui c'è molta più... tolle'anza!»

Mi domandai cos'avesse voluto dire, poi mi spiegò che quella spiaggetta era una zona nudista (ovviamente non ufficiale, ma tacitamente riconosciuta come tale) e mi diede il benvenuto nel suo posto segreto. Sorvolai sul significato nascosto di quell'affermazione e sulle sue probabili frequentazioni del luogo.

«Bagno di mezzanotte?»

Accettai il suo invito. Rimuovemmo e abbandonammo i vestiti sulla spiaggia, restando in costume. Non persi tempo e ancora una volta colsi l'occasione per ammirarne le forme. Il mio sguardo s'incamminò lungo tutto il suo corpo: dall'angolo della mandibola seguii la dolce curva del mento fino a raggiungere il seno; dall'orma impressa sul tessuto da quelle piccole sporgenze carnose arrivai all'ombelico, per proseguire e sostare, infine, sulle cosce. Completai quel mio peregrinare giungendo ai piedi semisommersi nella sabbia.

«Hai finito di spoglia'mi con gli occhi o ne hai ancor'a pe' molto?»

Era incredibile la sua capacità di leggermi nel pensiero o, forse, ero io ad essere semplicemente troppo esplicito. Mi scusai, mi disse di non preoccuparmi e corremmo a tuffarci. In acqua, cercai continuamente di avvicinarmi a lei con qualsiasi scusa, per poterle accarezzare il viso e baciarla. Nulla da fare, puntualmente si allontanava. Ero io la vittima di quel gioco di seduzione e lei sembrava essere pienamente consapevole del proprio fascino e della sua innata capacità di magnetizzarmi. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, rinunciai al mio proposito e mi godetti il bagno. Restammo lì per un po', stanziali; lei rise alle mie battute che palesemente non facevano ridere e io presi la cosa come un segno positivo. Ero ancora in pista. Uscimmo dall'acqua poco dopo e andammo a sederci davanti al falò. Stappai la prima bottiglia, rovistai nella busta e mi insultai da solo.

«Sono un deficiente, ho portato il vino e il cavatappi, ma non ho pensato ai bicchieri»
«Dai qua!»

Afferrò la bottiglia e iniziò a sorseggiare a canna il liquido rubicondo. Si complimentò con me per la scelta e mi passò la bottiglia. Ebbe vita breve; ce la scolammo tra una chiacchiera e l'altra, tant'è che poco dopo dovetti stappare la seconda.

«Non o'a, balliamo un po', ti va?»
«Hai qualcosa con cui sentire la musica?»

Domanda inutile. Estrasse una cassa bluetooth dalla borsa e, pochi secondi dopo, le note de La danza delle streghe iniziarono a cavalcarci le orecchie. Ambra si lasciò ben presto sedurre dai potenti bassi della canzone di Gabry Ponte, si avvicinò ancor di più al falò e iniziò a ballare. Restai seduto per qualche secondo, per ammirarne le movenze sensuali, poi la raggiunsi e mi lasciai pervadere dal ritmo e dalla sua compagnia. Danzammo vicini, estremamente vicini, ma non ebbi il coraggio di baciarla, temendo l'ennesimo rifiuto. Ben presto la canzone terminò e un'altra prese il suo posto. Ambra recuperò qualcos'altro dal borsone, un foulard rosso, e me lo porse.

«Metti questo!»

Domandai il perché di quella richiesta, ma mi esortò a fare come aveva suggerito. Decisi di assecondarla e mi feci legare il tessuto attorno agli occhi, mentre gli 883 ci comunicavano la loro passione per una certa regina del Celebrità. Continuai a ballare, semicieco e cercando di non perdere l'equilibrio, conscio che lei stava facendo lo stesso. Non riuscivo a individuarne la sagoma e mi sentii un perfetto idiota. Temetti in uno scherzo di cattivo gusto, ma quello che successe dopo...

Riconobbi la canzone dalle prime note, era una delle mie preferite. Mi lasciai trasportare dal momento

Every day and every night
I always dream that you are by my side
Oh, baby, everyday and everynight...

ignorando i dubbi e autoconvincendomi che lei fosse proprio accanto a me, altrettanto rapita dalla musica e da quelle parole

Well, I said everything's gonna be alright
And I'll fly with you
I'll fly with you!

Percepii la sua presenza alla mia sinistra, poi sentii il suo fiato sul collo. Mi bisbigliò all'orecchio, poche parole sufficienti a scatenare passione, fantasia e desiderio.

«Ho tolto il 'eggiseno!»

L'aveva fatto sul serio? Volevo rimuovere il foulard per accertarmene, ma qualcosa mi suggerì che non l'avrebbe presa bene. Il non poter utilizzare uno dei miei sensi per confermare quello che mi aveva detto mi stava facendo impazzire. Volsi lo sguardo e le mani verso di lei, per accertarmi di non aver sognato, quando vidi la sua silhouette stagliarsi contro il fuoco e ballare, di fronte a me, provocante e confusa nella trama della stoffa.

Era lì, vicina e su un altro pianeta, irraggiungibile e allo stesso tempo a portata di mano. Il suo corpo navigava sulla musica, faceva l'amore con le note e io non potevo far altro che ammirarla attraverso il riflesso che il fuoco imprimeva sulle mie retine.
Chissà quanto dev'essere bello il mondo all'esterno di questa caverna, mi dissi, dove sicuramente riuscirei a meravigliarmi dell'entità in grado di partorire quelle forme lascive di cui potevo solo farmi una vaga idea. Mi avvicinai un po' lei, chiusi gli occhi, fidandomi di quanto aveva affermato, e m'immaginai di essere da soli su una pista da ballo, con le luci azzurre e rosse e verdi dei faretti che, a turno, danzavano con noi e c'illuminavano il volto.

All'improvviso, la sentii afferrarmi le braccia e attirarmi a sé.

«Toccami!», bisbigliò chiaramente eccitata.

Le mie dita, timide all'inizio, le sfiorarono il seno seguendone la curva meridionale, per essere poi calamitate dai capezzoli. Era tutto reale. Non stavo sognando, non mi aveva mentito.
Titillai quelle estremità, quasi non mi stupii di trovarle all'erta. Mugugnò di piacere, implorandomi di non fermarmi. Proseguii nel mio compito, mi chinai e accolsi in bocca il primo dei due. Non m'interruppe e mi cinse la testa con le mani, carezzandomi, invitandomi a continuare mentre le stesse parole seguitavano a ripetersi, in sottofondo.

I'll fly with you.

Sì, stavo decisamente volando con lei. Continuai ad assaporarle il capezzolo, roteando la punta della lingua; l'altra mano era indecisa sul da farsi, preferì quindi parcheggiare sulla sua schiena, poco sopra il culo, all'altezza del coccige.

Gigi D'Agostino andò via, e Summertime Sadness prese il suo posto.

Kiss me hard before you go...

Quelle parole, le prime della canzone, la spinsero a togliermi il foulard. Mi obbligai a guardarla negli occhi: ci vidi riflesse le fiamme, ma non seppi dire se fossero una replica del falò o il sintomo dalla sua ardente passione. Mi fece distendere sulla sabbia e mi fu subito sopra, a cavalcioni.

Fissandomi, loquacemente in silenzio, mi afferrò le braccia e le portò in alto, poi le bloccò con le mani. Sentii il suo bacino premermi contro; la vulva e il mio cazzo, separati solo da un paio di strati di stoffa, ci imploravano di permetter loro di conoscersi. Ambra si chinò su di me; il seno sfregò contro il mio petto e, decisa,

Honey, I'm on fire, I feel it everywhere
Nothin' scares me anymore...

mi baciò.

Non seppi descrivere quella situazione. L'espressione che più ci si avvicina, forse, è questa: vibrai e, vibrando, mutai.
Ogni parte di me ad ogni livello, fisico ed emozionale, a partire dal corpo nella sua interezza per passare ai singoli organi, fino ad arrivare ai minuscoli atomi, vibrò seguendo la nota che Ambra mi stava dettando. Non era quella a cui ero sempre abituato a risuonare, no, era qualcosa di totalmente diverso, qualcosa di ignoto, che mi stava inspiegabilmente facendo cambiare forma e sostanza.
Era qualcosa di applicabile non solo all'universo nella sua interezza, ma persino a livello microscopico qual eravamo io e lei; due briciole, nell'immensità del cosmo, che avevano appena intrapreso un viaggio multidimensionale, consci di trovarsi non più in questa realtà ma in qualcosa di più profondamente intimo.
Con quel bacio non ci scambiammo solo saliva, passione e desiderio. Le nostre anime fluirono attraverso le labbra, si mischiarono tra loro, entrarono in contatto e si fusero in un inscindibile entanglement. Ci saremmo sempre appartenuti a vicenda, a prescindere dalla distanza che ci avrebbe separato?

Non riuscii subito a dare una forma alle sensazioni che stavo provando, sicuramente non ne ero capace in quel momento, ma non per questo volevo privarmi di quelle sensazioni; insolite, sì, ma decisamente meravigliose. Non ricordo quanto durò quel bacio... pochi secondi, un'eternità intera. Si staccò da me e mi parve improvvisamente di sentire freddo.
Lo sentii, in effetti, ma solo per pochi istanti. Si accoccolò al mio fianco, attaccando la sua pelle alla mia e poggiando il viso sulla mia spalla.
Non serviva parlare, non c'era bisogno di dire nulla. Quel momento era stato perfetto così, qualsiasi tentativo di spingerci oltre l'avrebbe sicuramente rovinato. Ne eravamo inconsciamente consapevoli.

Restammo per un po' a fissare il cielo stellato, in silenzio.
Vedemmo una meteora sfrecciare lungo la volta celeste.

«Siamo fatti della stessa mate'ia delle stelle!», mi sussurrò alla vista di quella viaggiatrice galattica.

«Citi Carl Sagan?», sorrisi.

«Non e'a Shakespea'e?»

«No, la citazione è di un fisico degli anni '80. In fondo, però, non si sbagliava. Come le stelle cadenti, siamo destinati a brillare per pochi secondi. Se siamo fortunati, però, qualcuno riuscirà ad osservare la nostra scia.»

«Non c'edo che quelle pa'ole significasse'o questo... non so, mi piace associa'ci un senso un po' più 'omantico e p'ofondo, esistenziale. Qualcosa del tipo "Veniamo da lontano, e lontano to'ne'emo"»

«Non saprei dirti, Ambra. Guarda la nostra meteora. E' comparsa ed è subito sparita. L'impronta degli esseri umani, nei tempi dell'universo, non è dissimile da quello che per noi è stata quella stella cadente. L'unica cosa che puoi cambiare è solo la lunghezza della scia che ti lasci dietro. Pensala come al bene o al male che fai nel mondo, al giusto e allo sbagliato o, se preferisci, a quanto importante tu sia stata per le persone. Una lunga scia dovrebbe voler dire che sei entrata nei cuori di molti o che hai fatto del bene nella tua vita, se vuoi vederla da un punto di vista morale.»

«E la tua scia com'è?», mi domandò dubbiosa.

«La mia scia... preferisco non parlarne. Finora non mi sono mai concesso il lusso di farla crescere... non perché non ne avessi occasione, ma perché son sempre stato convinto che l'affrontare la vita con un'armatura realizzata dal cinismo e dal pragmatismo, mi avrebbe aiutato a non soffrire.»

Mi strinse forte e mi baciò nuovamente sulle labbra.

«Bè, spe'o che pe'mette'ai a te stesso di fa'ti c'esce'e la scia, p'ima o poi.»

Quel che non sapevo, ma che avevo a malapena iniziato a percepire, è che in realtà quel processo era già iniziato.
All'estremità opposta di quella minuscola coda, a tirare a gran forza, c'era lei.

Continua...

scritto il
2024-02-27
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