Incontro chiarificatore sul lungomare

di
genere
tradimenti

Era una mattina tipica di marzo a Ostia, dove un attimo prima era caduta la grandine su ogni granello di sabbia, ora splendeva il sole e tutto si scioglieva al vento.

Ilenia stava poggiata già da qualche minuto al parapetto del pontile, addosso tutti colori autunnali, spezzati solo dal nero degli stivali, lo sguardo rivolto verso le onde, avvolta in una nuvolosa e pungente luce.

Per Francesco non fu difficile individuarla e raggiungerla, una volta arrivato sul ciglio della strada, i suoi colori risaltavano tra la piccola e sparsa folla intorno.

Il loro saluto fu scarno, gli occhi invece parlarono fin troppo: imbarazzati quelli di lei, colmi di frustrazione repressa quelli di lui.

Le parole di disprezzo che Ilenia gli aveva rivolto quando si erano parlati l’ultima volta, sotto casa di lei, svariati mesi prima, gli risuonavano ancora in testa; il colloquio era durato molto poco ed era stato tutt’altro che piacevole, ponendo così fine alla loro relazione clandestina durata mesi, nata dal nulla, finita nel nulla, condita nel mezzo solo da bruciante, inattesa e incontrollabile passione.

“Cosa devi dirmi Ilè?”

Francesco andò dritto al sodo, squadrandola, o almeno sperando di farlo, dentro di sé invece mesi di lontananza le avevano fatto la radiografia, perdendosi in quei capelli castani e mossi, in quel trucco leggero su labbra e occhi, in preda a un ululato lupesco che gli esplodeva di gioia nel petto.

“Ho visto Veronica questi giorni e mi chiedevo…”

Francesco esplose, si mise a ridere in modo sarcastico e finto, interrompendola con fare teatrale.

“Dai, seriamente tu, proprio tu, mi hai chiesto di vederci per parlare di Veronica?!”

Ilenia incassó il colpo, si voltò di nuovo verso il mare e sospiró senza rispondere, non trovando nient’altro da dire. Tra di loro scese solo il rumore dell’acqua che si ritirava sulla riva, per il resto silenzio.
Entrambi sapevano quanto peso avesse avuto, nel recente passato, il ruolo di Ilenia nel far ricadere Veronica, la ex di Francesco, tra le braccia del ragazzo con cui era stata tre anni e che aveva lasciato proprio per mettersi con Francesco.

“ A che gioco stai giocando Ilenia? Cosa vuoi da me?”

Riprese lui, facendo un passo verso di lei che, alla pronuncia del suo nome con quella voce ferma, si voltò incontrando di nuovo i suoi occhi, continuando a non proferire parola per un tempo che sembrò infinito, la mente affollata di pensieri e azioni.
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Francesco chiude la porta, le afferra la gonna con entrambe le mani, gliela alza mentre avanzano nel cuore della stanza, vanno contro un mobile, la solleva, ce la sbatte sopra, delle calze invece non rimangono che brandelli in un istante.

Quello che doveva essere uno duello verbale in un luogo più intimo, si era trasformato in un altro tipo di scontro e l’arena scelta era diventata una camera d’albergo del litorale romano.

Ilenia spalanca le cosce, gli slaccia la cintura, fa cadere i suoi pantaloni a terra, protende entrambe le mani sul corpo di lui, una dietro la chiappa destra per aiutare la potenza della spinta, l’altra dietro la nuca per agevolare l’equilibrio.

Sono una cosa sola, mischiati, liberi, innamorati, fomentati dai mesi di voglia sopita forzatamente e dai sensi di colpa.

Francesco stampa a sua volta le mani sul sedere di Ilenia, la solleva e continua a scoparla nel vuoto; lei abbandona la testa all’indietro, completamente sua, completamente dominata come mai lo era stata nella vita, non riuscendo a emettere altro che gemiti, tanto chiari nel piacere, quanto confusi nel senso.

Scopare in quel modo, con quella passione, la migliore amica della propria ex era moralmente inaccettabile; amarla come lui la amava e la stava amando, invece, era un delitto irresistibile.

Gli sussurra all’orecchio, con un filo di voce, quello che è perfettamente a metà tra un ordine e una richiesta; Francesco non può che accontentarla immediatamente, quasi lanciandola sul letto alle sue spalle e voltandola senza poesia.
Con le mani sui fianchi di lei, glielo spinge dietro più volte con brutalità, sempre più sfrenatamente, fino a decidere di venirle dentro in un raptus di perdizione completa.
Ilenia capisce pochi istanti prima quello che sta per succedere, si volta a guardarlo, nei suoi occhi solo cocente rimprovero, la bocca invece implora di abbandonarsi senza ripensamenti, non desidera altro.
Prova rabbia, ma non perché le sta per venire dentro, non perché la sta scopando con questa foga, ma perché le sta facendo desiderare violentemente di essere scopata e di farsi venire dentro.
Questa passione trova sfogo così: Francesco le afferra i capelli, l’attrae a sé e si abbandona con un ringhio di piacere tutto dentro di lei, mentre Ilenia urla a pieni polmoni il proprio godimento come non ha mai urlato in vita sua per un orgasmo, non passando inosservata in tutto il piano dell’hotel.

Si rivestono in silenzio senza guardarsi mai; abbandonano l’hotel come se non fosse successo nulla, facendo di tutto per non incrociare lo sguardo giudicante dell’uomo alla reception; escono in strada e prendono due direzioni opposte del marciapiede, dicendosi solo uno sbrigativo “ciao”.
Non si voltano, non si cercano, ognuno va avanti con la propria vita, ma continuando a pensarsi ogni secondo, tornando a perdersi fin troppo spesso, con il cuore, con la mente, con le mani, in quella camera d’albergo sul lungo mare, in quella mattina di fine inverno, consapevoli solo di quanto fosse tutto sbagliato e di quanto, forse anche per questo, fosse maledettamente bello.
scritto il
2024-05-07
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