Doppia coppia in una notte d’inverno

di
genere
tradimenti

Matteo chiuse la porta sospirando, godendo del ritrovato calore di casa, complici i vestiti bagnati ancora appiccicati addosso.
L’appartamento era vuoto, dovevano essere tutti usciti da non molto. Si spogliò mentre avanzava lungo il corridoio, appallottolò i suoi abiti e gli gettò nel cesto dei vestiti da lavare. Dalla parete del bagno prese un asciugamano, finì di asciugarsi del tutto per poi mettersi comodo nei suoi abituali abiti casalinghi.
Si sdraiò sul divano, dal tavolino di fronte a lui prese un joystick e ne approfittò per concedersi una partita alla PlayStation.
Mentre faceva tutto ciò, la mente era costantemente stata sulla giornata romantica appena trascorsa. Il bilancio era positivo tutto sommato, pensava. Negli ultimi tempi gli sembrava che lui e Claudia avessero intrapreso una strada che poteva scacciare via la loro crisi e, chissà, magari contribuire a decidersi di costruire qualcosa di importante, qualcosa di adulto, dopo 8 anni di relazione.
C’era stato giusto un momento più carico di silenzio, era coinciso con la durata del loro pranzo, in una trattoria di Civita di Bagnoregio, di fronte a un camino acceso, un ossimoro per quell’isolato momento di freddezza.
Invece dopo, nel pomeriggio, immersi nelle bollenti acque sulfuree del Bullicame, a Claudia era tornato il sorriso, gli si era stretta addosso, lo aveva baciato, si era comportata come se tutto fosse al posto desiderato e Matteo aveva scacciato ogni dubbio, rasserenandosi.

*

Il rumore dell’ ascensore annunciò l’arrivo di qualcuno sul pianerottolo, il suono dei passi fino a dietro la sua porta confermò la sensazione di Simone, il padrone di casa.
Aprì, dietro ci trovò Claudia. Se lo aspettava, gli aveva scritto che sarebbe passata di lì a poco,perchè voleva parlargli per chiarire alcuni punti tra loro e così eccola lì.
Claudia avanzò nello stretto ingresso, il rumore dei passi attutito da un lungo tappeto, una mano aggrappata alla gonna a scacchi, l’altra alla borsetta pendente lungo il fianco destro, i capelli ricci ancora mossi dal bagno nella sorgente naturale di poche ore prima.
Quando Matteo l’aveva lasciata a casa, si era ritrovata sul letto a rileggere il messaggio che Simone le aveva scritto mentre era a pranzo.
Il testo era breve, ma incisivo abbastanza da penetrarle nel profondo e da impedirle di pensare ad altro, chiedendosi perchè e trovandosi a dover fingere, ostentare un divertimento non davvero provato durante tutto il pomeriggio con il suo ragazzo.
“Mi manchi”. Questo le aveva scritto, violando la promessa che lei gli aveva fatto fare esattamente un mese prima, il 17 Gennaio.
Anche quella volta lui le aveva scritto, ma di notte e per chiarire quanto successo la sera prima, il 16 Gennaio, durante la festa di compleanno di una loro collega di reparto.
Lavoravano insieme da due mesi e da altrettanti lui ci provava con lei, trovando sempre una ferma opposizione dall’altra parte. Nonostante l’attrazione drasticamente diminuita per il suo ragazzo, Claudia credeva che un sentimento di otto anni non si potesse mettere in discussione così facilmente, per così poco.
Nel corso della serata, totalmente all’improvviso, Simone si era avvicinato a Claudia e, complice l’alcol, così si sarebbe poi giustificato, le aveva sussurrato all’orecchio: “Ti strapperei quella gonna a morsi”.
La ragazza era rimasta interdetta lì per lì, incapace di replicare, limitandosi ad allontanarsi. L’indomani si ritrovò a sfogarsi con due sue amiche e colleghe, una delle quali in ottimi rapporti con Simone tanto da confrontarci si sull’accaduto. Ecco spiegato il perchè la sera dopo lui aveva cercato Claudia per chiarire, approfittando per invitarla a cena a casa sua.
Claudia ancora una volta rifiutò, ma dentro di lei stava iniziando a farsi strada un dramma del quale aveva paura di parlare con qualcuno quanto con se stessa.
Quando Simone le aveva sussurrato quelle parole all’orecchio, nella sua mente si era formata un’immagine nitida e si era eccitata come non le accadeva da anni, la stessa cosa le era poi successa quando le aveva scritto per invitarla a casa sua.
Invece era a casa del suo ragazzo quella sera e non poté farne a meno di cavalcarlo, ma senza pensare a lui, viaggiando con la mente all’invito a cena appena ricevuto, solo per sentirsi dire ancora di avere un sedere da stupro. Esplose di piacere. Se ne vergognò; per questo chiese a Simone di lasciarla in pace e non cercarla più.

*

Non sapeva perchè quel “mi manchi” l’avesse resa così malinconica a pranzo, sapeva solo di sentire il bisogno di andare da lui, di chiarire alcune cose, ma non poteva andarci ancora tutta zuppa; decise di cambiarsi e la scelta fu automatica, la gonna a scacchi la aspettava appesa nell’armadio di sua sorella, le calze, invece, erano piegate nel cassetto della biancheria. Scrisse al suo collega che stava per passare da lui, ignorò un messaggio di Matteo che le chiedeva cosa stesse facendo e scese in garage, mettendo in modo la sua 500 con finta noncuranza.

*

Matteo premette il tasto laterale e bloccò il suo telefono. Il messaggio lo aveva mandato, il fruscìo appena sentito ne era la conferma e così si sentiva di avere la coscienza apposto, che il suo lo aveva fatto. Tanto, conoscendo Claudia, già se la immaginava crollata sul letto appena entrata nella sua camera.
Confortato da questo pensiero, indossò di nuovo le cuffie celesti di suo fratello minore e si immerse in una finta partita del campionato italiano, concedendosi anche il sogno di improvvisarsi telecronista dell’occasione.

*

Claudia e Simone non si erano detti una parola, ne un saluto; nulla.
Fu lei a rompere il silenzio per prima.
“Ma cosa ci faccio qui…”
Secca e incerta. Si voltò di nuovo in direzione della porta, ma senza riuscirci del tutto.
Le labbra di lui la incontrarono lungo la strada e il loro bacio si trasformò subito in qualcosa di famelico.
Claudia indietreggiava fino all’interno del salone, le loro labbra ancora incollate; Simone le afferrava la gonna con entrambe le mani e gliela sollevava, voltava Claudia, spingendola addosso al tavolo al centro della stanza, piegandola sulla superficie di finto legno; le afferrava le calze, gliele strappava all’altezza delle chiappe.
Era forte, deciso e lei perse totalmente la ragione. Si innamorò così.

*

Novantesimo minuto. Tensione palpabile, come se si stesse giocando una partita vera e lui fosse l’allenatore della squadra di casa.
Risultato bloccato sul pareggio. Ultima offensiva, avanza alla disperata.
Si sporge in avanti, un’antica e riprovata usanza dei videogiocatori quando c’è da fare sul serio.
Calcio d’angolo. Spiovente in area dalla bandierina. Colpo di testa sul primo palo. Un urlo che è uno squarcio. Un salto di gioia lo catapulta in piedi, al centro del salone, in una frazione di secondo. Esulta. Incita. Gode.

*

Simone tiene Claudia in braccio. Le mani stampate sulle chiappe di lei. La sta scopando in piedi, al centro del salone, nel vuoto. Claudia si regge con le mani affondate nella schiena di lui. È totalmente abbandonata. Urla. Lo incita. Gode.

*

Matteo aveva finito di giocare da ore. Lo aveva interrotto un messaggio di un suo amico. Gli diceva di correre alla festa di addio di Dalila, al loro solito pub.
Dalila era una ragazza bisex conosciuta a settembre tramite un’amica comune.
Durante un’uscita di gruppo a Ostia aveva perso la testa per Matteo.
Lui, dal canto suo, nel pieno della crisi con Claudia, aveva iniziato ad entrarci sempre più in intimità, fino a che i due erano diventati amanti.
Erano andati avanti di sveltina in sveltina per mesi. A Gennaio Dalila aveva detto di volere di più, Matteo aveva titubato e lei si era allontanata, a tal punto da decidere di partire e andare in Spagna per un periodo.
Ecco spiegata la festa di addio di quella sera e ecco spiegato anche il motivo per cui Dalila non aveva detto niente a Matteo direttamente, nonostante fosse la persona che voleva vedere più di tutti prima di partire.

*

Nel pub c’erano tutti i loro amici. All’inizio c’era stato imbarazzo tra loro. C’era anche la nuova ragazza di lei, che non la lasciava un secondo da sola e continuava a lanciare occhiate velenose a Matteo.
Fu solo quando quest’ultima se ne fu andata che Dalila si sciolse. Così presero a bere, a brindare, ballarono, cantarono; divorarono la notte ubriaca e per qualche ora si sentirono felici e leggeri.

*

Le finestre erano appannate, il contrasto con la fredda umidità della vegetazione di via Cassia causava quella condizione di visivo isolamento dall’esterno e costringeva a tenere i termosifoni accesi, così da diffondere quel microclima da rifugio di montagna.
L’unica fonte di luce era un’ abat-jour sul piccolo mobile alla sinistra del letto, che avvolgeva tutta la stanza in quell’alone di calore e intimità.
Claudia era sdraiata sul letto, riversa con la pancia sul materasso, completamente nuda, le gambe ancora leggermente divaricate, intenta a guardare un punto morto nella parete di fronte, con le braccia conserte sotto il mento.
Accanto a lei Simone, nel più classico dei modi, fumava una sigaretta in totale libertà, nudo a sua volta, ma parzialmente coperto da un lenzuolo, il volto disteso di chi alla fine ce l’ha fatta.
Silenzio. Nessuno dei due osava fiatare, anche perché c’era poco da dire in fondo, certi gesti parlano da soli a volte.
Per mesi Simone l’aveva corteggiata, neanche troppo velatamente; aveva usato ogni scusa per invitarla a cena da lui, incontrando sempre il rifiuto di lei, ma sempre meno convinto, sempre più incerto.
Nell’incertezza emotiva di Claudia aveva saputo farsi strada, riempiendo dei vuoti che la relazione decennale con il suo compagno le stava lasciando da un po’ di mesi.
I pensieri di Claudia quasi urlavano, cercavano un ordine, una forma, una direzione, come se non avesse urlato abbastanza fino a pochi minuti prima.
Cosa aveva appena fatto? Cos’era stato? Questa passione animalesca da dov’era uscita fuori? In 10 anni era stata passionale, ma mai così. Si, è vero, Simone non le era più indifferente da qualche settimana, più passavano i giorni più sentiva di provare qualcosa per lui, ma quello che era successo quella sera non lo aveva minimamente premeditato.
Sentiva intimamente, però, che non sarebbe più riuscita a farne a meno di quel rapporto, di quella voglia, di quel sentimento.

*

Matteo guidava, Dalila era affianco a lui, entrambi guardavano fisso in direzione frontale, come in preda ad un ipnosi.
Era stata lei a prendere l’iniziativa, chiedendogli di riaccompagnarla a casa e lui non si era fatto sfuggire l’occasione.
La notte volgeva al termine, era quasi l’alba, a breve sarebbero iniziati i primi chiarori e via Tuscolana era solitamente la prima a venirne accolta, lasciando filtrare le prime luci da dietro i Castelli.
Cercare qualcosa da dire era tutto per loro in quel momento, qualcosa non di banale, qualcosa che non rovinasse tutto quel clima che si era creato.
“Fai l’amore con me.”
Non conta chi lo abbia detto, era la voce di entrambi.
Nel dirlo, continuarono a guardare dritto, senza voltarsi mai.
Matteo improvvisò un parcheggio sotto casa di lei, dopodiché salirono mantenendo una finta calma.
In ascensore lui provò a baciarla, ma lei lo fermò con una mano.
Una volta aperta la porta e entrati in casa, continuarono a non sfiorarsi, a non dirsi una parola, a non guardarsi, ma presero a togliersi ognuno i propri vestiti spontaneamente, continuando ad avanzare lungo il corridoio buio.

*

“La sera dei miracoli” di Dalla si espanse all’improvviso per tutto l’appartamento, risuonando dal cellulare di Dalila, rotolato sul pavimento, dalla sua borsetta, quando era entrata in casa un’ora prima.
Sullo schermo illuminato era visibile il nome di Marta, la sua ragazza, ma Dalila a quella chiamata non avrebbe risposto, non avrebbe risposto a nessuno in quel momento.
Il sole ormai era sorto luminoso, filtrando dalle tapparelle parzialmente abbassate nella camera da letto, poggiandosi sul materasso rosso e sulla schiena nuda di Dalila.
La ragazza teneva la faccia affondata nel cuscino, lasciando che le sue grida di dolore e piacere si perdessero nella stoffa e nell’imbottitura.
Matteo la teneva con la mano sinistra per la sua lunga coda di capelli neri, con la destra non perdeva occasione per sculacciarle le chiappe rotonde.
Lei era arresa, sottomessa, piegata a pecora e totalmente in balìa dell’altro.
Lui glielo aveva messo nel culo a tradimento, sfruttando gli umori di lei colati tanto da lubrificarla a dovere, e la scopava con brutalità, senza dire una parola.
Entrambi stavano sfogando la voglia repressa degli ultimi due mesi e, contemporaneamente, stavano dicendo addio alla loro relazione clandestina malata.
Matteo le esplose dentro in un rantolo, lei si lasciò andare ad un urlo silenzioso a bocca totalmente spalancata. Finì così.
Pochi minuti dopo lui ripercorreva il corridoio, recuperando a mano a mano i suoi vestiti; lei si era appoggiata allo stipite della porta della camera e lo guardava andare via.
Le auguró buon viaggio, lei non rispose. Negli occhi una terribile malinconia, sapeva che avrebbe dovuto imparare a fare a meno di lui.
scritto il
2024-05-04
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