Parassita angelico
di
Emsword24
genere
tradimenti
Angelica non parlava con sua madre da anni.
Suo padre l’aveva abbandonata che era un’ adolescente , se n’era andato, lasciando sua madre sprofondare in una depressione cronica.
Non era più stata capace di essere genitore e, anzi, aveva fatto scelte più che discutibili da allora.
Angelica era cresciuta senza un punto di riferimento, una figlia di nessuno, con un’unica passione nella vita: il teatro.
Sognava di fare l’attrice, era un’ambizione maniacale e non riusciva a vedersi a fare altro.
Capi a vent’anni di non potere più stare dentro casa con sua madre, troppe responsabilità, troppe energie fisiche e mentali concentrate a trasformarsi lei in madre, badando a tutta la situazione domestica.
Per anni fu una nomade, abitando ora nelle case dell’avventura di turno, ora dell’amica generosa, facendo la barista per pagarsi una buona accademia di recitazione.
Terminati gli studi, arrivó il momento di costruirsi una carriera, pronta mentalmente al fatto che si sarebbe trattato di una guerra di posizione, una logorante trincea da affrontare passo dopo passo.
L’incontro con Daniele fu una manna dal cielo, le diede quella stabilità di cui aveva bisogno, oltre che un tetto sulla testa.
Daniele viveva una vita molto più inquadrata: Figlio di genitori separati, in una situazione economica più che agiata, prossimo alla laurea in ingegneria informatica e lanciato verso una brillante carriera nella multinazionale dove la madre era una prestigiosa dirigente.
Angelica e Daniele vivevano due situazioni letteralmente opposte, con risvolti evidenti sulle loro personalità, ma che non si rivelò una discriminante, almeno per i primi periodi.
La casa della madre di Daniele era grande e Angelica si trasferì lì, senza mai chiedere il permesso, lo fece e basta, non incontrando il veto di nessuno.
Era furba Angelica, tratto che aveva sempre avuto in maniera spiccata, cresciuto di pari passo con le esigenze di sopravvivenza più basilari; questa furbizia la riversava sulla disponibilità nel prendersi carico delle faccende domestiche e nel creare un bel rapporto complice più con la madre del suo ragazzo che col suo ragazzo stesso.
Per un anno le cose andarono bene, aveva compiuto da poco ventisei anni, passava di provino in provino, si sentiva integrata nel nuovo tessuto famigliare, nulla apparentemente poteva stravolgere quell’equilibrio.
La madre di Daniele conobbe Antonio, dopo mesi di frequentazione lo sposò, ma la furbizia di Angelica non fu sufficiente ad ingraziarsi anche quest’ultimo, anzi.
Antonio aveva ben chiaro quanto fosse falso e parassitario l’atteggiamento della ragazza del figlio acquisito e fece di tutto per far aprire gli occhi a sua moglie.
La situazione precipitò alla festa dei sessant’anni di Antonio, una cena alla quale erano presenti anche la figlia di lui, Veronica, con il suo nuovo fidanzato, Matteo.
Durante la cena, nel giardino di casa, Rosa, madre di Daniele e moglie di Antonio, imbeccata da quest’ultimo, disse al figlio che se voleva continuare a vivere con Angelica avrebbero dovuto andare a vivere in un appartamento tutto loro e che lei gli avrebbe dato una mano all’inizio.
Ne seguì un litigio furioso a più riprese nei giorni successivi, di fronte al quale Daniele, messo di fronte a un bivio da sua madre tra la vita privilegiata che faceva e una prospettiva di vita adulta con la sua ragazza, scelse la prima opzione; lasció Angelica, non trovò altro modo e costrinse la ragazza ad andare via di casa.
*
Calore, vapori di cibo in cottura, pentole ricolme di brodi, vociare fitto di vari gruppetti sparsi in tutta la sala.
Il gestore dietro alla cassa richiama l’attenzione di un cameriere e fa accompagnare Matteo e i suoi amici al loro tavolo.
Angelica e Matteo si notano in quel momento.
C’è imbarazzo, non si vedono da mesi e lei non può trattenersi a lungo, richiamata dalle richieste di attenzioni di un altro tavolo.
Matteo si siede, la cena passa, è la sua festa, gli amici ridono, il suo sguardo si poggia in direzione della cassa, Angelica è poggiata al bancone lì affianco, una collega le parla, ma lei non ascolta, ha lo sguardo fisso su Matteo, rapace, e lui non riesce a distogliere il suo da lei, magnetico.
Il locale è quasi vuoto quando il gruppo di amici se ne va, uscendo su un marciapiede deserto e avviandosi verso la vicina piazza Vittorio.
Angelica è alla fermata del notturno, guarda il cellulare, Matteo la nota e richiama la sua attenzione.
Sta aspettando il notturno, lui si offre di accompagnarla, lei accetta senza farselo ripetere.
Salgono in macchina; il paradosso è che lei chiede a lui dove abiti e, alla sua risposta, l’esclamazione di lei arriva pronta: “ma non dirmelo! Io vivo proprio lì affianco, mi sono trasferita per un periodo da mia cugina che ha casa anche lei lì.”
Così Matteo si incammina in direzione Cinecittà, come se andasse normalmente a casa.
In venti minuti di tragitto il grosso del discorso è andato sulla relazione tra Matteo e Veronica, con Angelica che si è impuntata su domande ripetute, capsiose e insistenti.
“Io sono arrivato[…]- le fa lui, accostato di fronte al portone del suo palazzo - […] tu da qui dove stai?”
Lei indica un punto in fondo alla via, dove la strada svolta a destra per risalire verso Anagnina, farfugliando di stare a due minuti a piedi in quella direzione e facendo per scendere.
Angelica apre lo sportello, poi lo richiude, guarda Matteo, sorride innocente e imbarazza, si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
“Ti ho detto una cazzata. Non abito qui, è che non so dove andare, ma non sapevo come chiederti un posto per stanotte. L’amica dalla quale dovevo andare all’ultimo mi ha detto di non poter venire e non so dove andare…”
Matteo è gentile, la ospita, abita da solo, non ha impedimenti e così salgono fino al quinto piano insieme, Angelica con in spalla un grosso zaino, di quelli da escursione.
Il parco degli acquedotti si espande dietro un’enorme finestra appena entrati in casa; riempie lo sguardo di Angelica, che si illumina alla vista della casa.
Lascia lo zaino affianco alla porta e si addentra nel salone.
“È bellissima casa tua! Come mai Veronica non viene ad abitarci?”
Matteo risponde che per la convivenza è presto, ma che stanno iniziando ad affrontare il discorso.
Segue un silenzio, ma non di quelli imbarazzati, più di studio, con Angelica che guarda i dettagli della stanza e Matteo che guarda Angelica nella sua ispezione, domandandosi se raccontare a Veronica di quel suo atto di gentilezza o meno.
“Hai fatto bene il tuo lavoro.”
Angelica se ne esce dal nulla, voltandosi a guardarlo sorridendo.
Matteo la guarda interrogativo, non capisce. Lei prosegue.
“Vai nel locale dove lavora tua cognata. A fine serata te la porti a casa. Qual’è il tuo obbiettivo?”
Matteo è incredulo, gli occhi sgranati. Controbatte fermamente, d’altronde è lei che gli ha chiesto un posto dove stare per la notte.
“Era quello che volevi fin dall’inizio, ammettilo. Non mi hai staccato gli occhi di dosso per tutta la sera, ti ho visto.”
Ma se era lei che non aveva fatto altro che guardarlo, Matteo non poteva credere alle proprie orecchie.
Angelica gli si avvicina, quasi sussurrandogli all’orecchio:” Ti ho visto alla cena a casa di Daniele, la prima volta che ci siamo incontrati, che non riuscivi a staccare gli occhi dalle mie gambe. Lo sai perché l’ho notato? Perché anche io non ti ho staccato gli occhi di dosso un solo istante[…]”
La sua parlata è posata, calma, dalla dizione perfetta, chiara, limpida, va dritta al l’obbiettivo.
La voce di Matteo trema insicura, invece, quando le chiede a che gioco stia giocando.
Angelica, come un cacciatore, affonda il colpo di grazia senza pietà.
“Io ti desidero dalla prima volta che ti ho visto[…] - prende il volto di Matteo per le mani, a pochi millimetri dal suo, fa in modo che la guardi negli occhi- […] e anche tu mi vuoi dalla prima volta che mi hai visto, ammettilo.”
Matteo crolla. Annuisce. Lo ammette. Ha perso il conto delle volte che si è masturbato pensando ad Angelica, dopo il loro primo incontro e ora non ce la fa più.
La solleva in braccio, la lascia andare seduta sul tavolo al centro del salone. Angelica si afferra il vestitino di jeans che ha addosso, un pezzo unico e corto, e lo solleva fino all’ombelico.
Le calze nere sono superflue, Matteo le strappa quel tanto che serve.
Non si spogliano, non si baciano, sono animali, brutali, istintivi.
Lui si abbassa pantaloni e mutande con un unico gesto, senza sbottonarli, rimane in piedi, si illude di troneggiarla perché lei si sdraia sul tavolo, buttando a terra ogni oggetto.
Le entra dentro, tanto quanto lei ormai è entrata nella testa di lui.
È tutto frenetico, veloce, intenso e dura poco, ma abbastanza per far in modo che le cose non tornino più indietro.
Suo padre l’aveva abbandonata che era un’ adolescente , se n’era andato, lasciando sua madre sprofondare in una depressione cronica.
Non era più stata capace di essere genitore e, anzi, aveva fatto scelte più che discutibili da allora.
Angelica era cresciuta senza un punto di riferimento, una figlia di nessuno, con un’unica passione nella vita: il teatro.
Sognava di fare l’attrice, era un’ambizione maniacale e non riusciva a vedersi a fare altro.
Capi a vent’anni di non potere più stare dentro casa con sua madre, troppe responsabilità, troppe energie fisiche e mentali concentrate a trasformarsi lei in madre, badando a tutta la situazione domestica.
Per anni fu una nomade, abitando ora nelle case dell’avventura di turno, ora dell’amica generosa, facendo la barista per pagarsi una buona accademia di recitazione.
Terminati gli studi, arrivó il momento di costruirsi una carriera, pronta mentalmente al fatto che si sarebbe trattato di una guerra di posizione, una logorante trincea da affrontare passo dopo passo.
L’incontro con Daniele fu una manna dal cielo, le diede quella stabilità di cui aveva bisogno, oltre che un tetto sulla testa.
Daniele viveva una vita molto più inquadrata: Figlio di genitori separati, in una situazione economica più che agiata, prossimo alla laurea in ingegneria informatica e lanciato verso una brillante carriera nella multinazionale dove la madre era una prestigiosa dirigente.
Angelica e Daniele vivevano due situazioni letteralmente opposte, con risvolti evidenti sulle loro personalità, ma che non si rivelò una discriminante, almeno per i primi periodi.
La casa della madre di Daniele era grande e Angelica si trasferì lì, senza mai chiedere il permesso, lo fece e basta, non incontrando il veto di nessuno.
Era furba Angelica, tratto che aveva sempre avuto in maniera spiccata, cresciuto di pari passo con le esigenze di sopravvivenza più basilari; questa furbizia la riversava sulla disponibilità nel prendersi carico delle faccende domestiche e nel creare un bel rapporto complice più con la madre del suo ragazzo che col suo ragazzo stesso.
Per un anno le cose andarono bene, aveva compiuto da poco ventisei anni, passava di provino in provino, si sentiva integrata nel nuovo tessuto famigliare, nulla apparentemente poteva stravolgere quell’equilibrio.
La madre di Daniele conobbe Antonio, dopo mesi di frequentazione lo sposò, ma la furbizia di Angelica non fu sufficiente ad ingraziarsi anche quest’ultimo, anzi.
Antonio aveva ben chiaro quanto fosse falso e parassitario l’atteggiamento della ragazza del figlio acquisito e fece di tutto per far aprire gli occhi a sua moglie.
La situazione precipitò alla festa dei sessant’anni di Antonio, una cena alla quale erano presenti anche la figlia di lui, Veronica, con il suo nuovo fidanzato, Matteo.
Durante la cena, nel giardino di casa, Rosa, madre di Daniele e moglie di Antonio, imbeccata da quest’ultimo, disse al figlio che se voleva continuare a vivere con Angelica avrebbero dovuto andare a vivere in un appartamento tutto loro e che lei gli avrebbe dato una mano all’inizio.
Ne seguì un litigio furioso a più riprese nei giorni successivi, di fronte al quale Daniele, messo di fronte a un bivio da sua madre tra la vita privilegiata che faceva e una prospettiva di vita adulta con la sua ragazza, scelse la prima opzione; lasció Angelica, non trovò altro modo e costrinse la ragazza ad andare via di casa.
*
Calore, vapori di cibo in cottura, pentole ricolme di brodi, vociare fitto di vari gruppetti sparsi in tutta la sala.
Il gestore dietro alla cassa richiama l’attenzione di un cameriere e fa accompagnare Matteo e i suoi amici al loro tavolo.
Angelica e Matteo si notano in quel momento.
C’è imbarazzo, non si vedono da mesi e lei non può trattenersi a lungo, richiamata dalle richieste di attenzioni di un altro tavolo.
Matteo si siede, la cena passa, è la sua festa, gli amici ridono, il suo sguardo si poggia in direzione della cassa, Angelica è poggiata al bancone lì affianco, una collega le parla, ma lei non ascolta, ha lo sguardo fisso su Matteo, rapace, e lui non riesce a distogliere il suo da lei, magnetico.
Il locale è quasi vuoto quando il gruppo di amici se ne va, uscendo su un marciapiede deserto e avviandosi verso la vicina piazza Vittorio.
Angelica è alla fermata del notturno, guarda il cellulare, Matteo la nota e richiama la sua attenzione.
Sta aspettando il notturno, lui si offre di accompagnarla, lei accetta senza farselo ripetere.
Salgono in macchina; il paradosso è che lei chiede a lui dove abiti e, alla sua risposta, l’esclamazione di lei arriva pronta: “ma non dirmelo! Io vivo proprio lì affianco, mi sono trasferita per un periodo da mia cugina che ha casa anche lei lì.”
Così Matteo si incammina in direzione Cinecittà, come se andasse normalmente a casa.
In venti minuti di tragitto il grosso del discorso è andato sulla relazione tra Matteo e Veronica, con Angelica che si è impuntata su domande ripetute, capsiose e insistenti.
“Io sono arrivato[…]- le fa lui, accostato di fronte al portone del suo palazzo - […] tu da qui dove stai?”
Lei indica un punto in fondo alla via, dove la strada svolta a destra per risalire verso Anagnina, farfugliando di stare a due minuti a piedi in quella direzione e facendo per scendere.
Angelica apre lo sportello, poi lo richiude, guarda Matteo, sorride innocente e imbarazza, si sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
“Ti ho detto una cazzata. Non abito qui, è che non so dove andare, ma non sapevo come chiederti un posto per stanotte. L’amica dalla quale dovevo andare all’ultimo mi ha detto di non poter venire e non so dove andare…”
Matteo è gentile, la ospita, abita da solo, non ha impedimenti e così salgono fino al quinto piano insieme, Angelica con in spalla un grosso zaino, di quelli da escursione.
Il parco degli acquedotti si espande dietro un’enorme finestra appena entrati in casa; riempie lo sguardo di Angelica, che si illumina alla vista della casa.
Lascia lo zaino affianco alla porta e si addentra nel salone.
“È bellissima casa tua! Come mai Veronica non viene ad abitarci?”
Matteo risponde che per la convivenza è presto, ma che stanno iniziando ad affrontare il discorso.
Segue un silenzio, ma non di quelli imbarazzati, più di studio, con Angelica che guarda i dettagli della stanza e Matteo che guarda Angelica nella sua ispezione, domandandosi se raccontare a Veronica di quel suo atto di gentilezza o meno.
“Hai fatto bene il tuo lavoro.”
Angelica se ne esce dal nulla, voltandosi a guardarlo sorridendo.
Matteo la guarda interrogativo, non capisce. Lei prosegue.
“Vai nel locale dove lavora tua cognata. A fine serata te la porti a casa. Qual’è il tuo obbiettivo?”
Matteo è incredulo, gli occhi sgranati. Controbatte fermamente, d’altronde è lei che gli ha chiesto un posto dove stare per la notte.
“Era quello che volevi fin dall’inizio, ammettilo. Non mi hai staccato gli occhi di dosso per tutta la sera, ti ho visto.”
Ma se era lei che non aveva fatto altro che guardarlo, Matteo non poteva credere alle proprie orecchie.
Angelica gli si avvicina, quasi sussurrandogli all’orecchio:” Ti ho visto alla cena a casa di Daniele, la prima volta che ci siamo incontrati, che non riuscivi a staccare gli occhi dalle mie gambe. Lo sai perché l’ho notato? Perché anche io non ti ho staccato gli occhi di dosso un solo istante[…]”
La sua parlata è posata, calma, dalla dizione perfetta, chiara, limpida, va dritta al l’obbiettivo.
La voce di Matteo trema insicura, invece, quando le chiede a che gioco stia giocando.
Angelica, come un cacciatore, affonda il colpo di grazia senza pietà.
“Io ti desidero dalla prima volta che ti ho visto[…] - prende il volto di Matteo per le mani, a pochi millimetri dal suo, fa in modo che la guardi negli occhi- […] e anche tu mi vuoi dalla prima volta che mi hai visto, ammettilo.”
Matteo crolla. Annuisce. Lo ammette. Ha perso il conto delle volte che si è masturbato pensando ad Angelica, dopo il loro primo incontro e ora non ce la fa più.
La solleva in braccio, la lascia andare seduta sul tavolo al centro del salone. Angelica si afferra il vestitino di jeans che ha addosso, un pezzo unico e corto, e lo solleva fino all’ombelico.
Le calze nere sono superflue, Matteo le strappa quel tanto che serve.
Non si spogliano, non si baciano, sono animali, brutali, istintivi.
Lui si abbassa pantaloni e mutande con un unico gesto, senza sbottonarli, rimane in piedi, si illude di troneggiarla perché lei si sdraia sul tavolo, buttando a terra ogni oggetto.
Le entra dentro, tanto quanto lei ormai è entrata nella testa di lui.
È tutto frenetico, veloce, intenso e dura poco, ma abbastanza per far in modo che le cose non tornino più indietro.
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