Viviana
di
Jacopo Maria De Robilland
genere
etero
L’appuntamento era stato definito senza badare troppo alle conseguenze. O, forse, con la certezza di poterle controllare soggiacendole alla volontà. Appiglio, in pubblico, apparentemente sicuro per sostenere il classico senso del limite.
Non fu così.
Con Viviana c’eravamo conosciuti per caso, in un supermercato. Le avevo ceduto l’ultimo carrello disponibile. Aveva sicuramente più di 50 anni, uno spiccato senso femminile, un corpo statuario con un seno dotato di una misura superiore alla quinta. La dolcezza dello tipica dei suoi occhi castani, sommava un qualcosa di terribilmente sexy, erotico.
Ci eravamo incrociati per poco, con la sua voce che subito aveva destato l’interesse del mio cazzo dotandolo di sussulti improvvisi mentre le sue mani volutamente mi avevano trasmesso il suo calore nel piccolo gesto di passaggio del carrello.
Era bastato tutto questo per scambiarci un indirizzo email, utilizzato il giorno stesso per darci appuntamento in un vecchio caffè cittadino. Non più di 48 orei dopo.
Mi aveva chiesto come volevo che venisse vestita, intimo compreso. Aveva insistito per sapere se la richiesta mi eccitasse a tal punto dal desiderare di farmi una sega per lei. Mentre leggevo la sua email completamento nudo, sbattendomi il cazzo, le avevo risposto affermativamente.
L’appuntamento andò in scena, come previsto.
Viviana indossava una giacca abbastanza leggera per quel caldo mese di ottobre, utile a coprire sufficientemente la camicetta che le avevo chiesto di indossare. I capelli erano sciolti e calzava degli stivaletti con un tacco basso che la slanciavano ancora oltre il suo metro e 78. I pantaloni scuri nascondevano le sue lunghe gambe, ma sottolineavano di più il suo accavallamento. Si accorse subito del mio sguardo, pronto a notare i minimi movimenti della sua giacca. Con discrezione slacciò un bottoncino della camicetta e mi scrisse qualcosa sul tovagliolino di quel nostro tavolo da caffè.
- Voglio farti vedere il colore del reggiseno –
- Così però rischi di eccitarmi. –
Le scrissi immediatamente sul retro.
- Mi piacerebbe. -
Rispose scrivendo con un mezzo sorriso, tale che decisi di essere più diretto.
- Ti piacerebbe che mi bagnassi il cazzo immaginando le tue belle tettone? –
Continuavamo a scriverci senza che nessuno potesse sospettare nulla, semi isolati in quel bar all’aperto, quasi deserto, in una strada nella quale a quell’ora ormai non passava più nessuno.
- Mi piacerebbe molto. Quando dici così si bagna anche la mia brasiliana. –
- Allora scavalla le gambe e accavallale di nuovo, come se la mia mano fosse in mezzo alla tua figa. –
Viviana eseguì guardandomi intensamente e sbottonando ancora un altro bottoncino della camicetta. Ora il reggiseno riuscivo a vederlo bene, come una parte delle sue prorompenti tette che, se avessi potuto, avrei succhiato immediatamente, così come si faceva strada prepotente l’immagine delle sue belle labbra rosse che si riempivano del mio cazzo.
- Faresti una cosa per me? –
- Sì. –
Le risposi senza pensare.
- Vai in bagno, segati. Vieni e torna qui con un po’ di sperma tra le dita. Voglio assaggiarti. –
Non mi feci pregare e non le risposi nemmeno. Corsi verso la toilette. Angusta ma abbastanza elegante, avrei potuto anche scoparla lì dentro. Lo presi in mano e cominciai a sbatterlo fino a schizzare con un sussulto che mi prese tutto il corpo. Un po’ di sperma era rimasto attaccato al palmo. Lo lasciai lì, mi rivestii e uscii.
Viviana aveva la giacca più chiusa. Inizialmente non ne compresi il motivo, anche perché faceva ancora abbastanza caldo.
- Hai quello che ti avevo chiesto? -
- Sì. –
Sedendomi, con discrezione, le mostrai il palmo della mia mano con ancora le tracce del mio sperma.
- Avvicinati, siediti qui di fianco a me, controlla che non ci vedano e mettimi la mano con la sborra fra le tette. –
Fu in quel momento che aprì la giacca e scoprii che la camicetta si era ulteriormente aperta e le sue magnifiche tettone e il reggiseno erano perfettamente a vista.
Le spalmai tutto il possibile fino al momento in cui lei mi fermò, e tenendo stretta la mia mano, diede una slinguata all’intero palmo.
- Che buon sapore che hai. Ora mi piacerebbe succhiarti il cazzo. –
Continua…
Non fu così.
Con Viviana c’eravamo conosciuti per caso, in un supermercato. Le avevo ceduto l’ultimo carrello disponibile. Aveva sicuramente più di 50 anni, uno spiccato senso femminile, un corpo statuario con un seno dotato di una misura superiore alla quinta. La dolcezza dello tipica dei suoi occhi castani, sommava un qualcosa di terribilmente sexy, erotico.
Ci eravamo incrociati per poco, con la sua voce che subito aveva destato l’interesse del mio cazzo dotandolo di sussulti improvvisi mentre le sue mani volutamente mi avevano trasmesso il suo calore nel piccolo gesto di passaggio del carrello.
Era bastato tutto questo per scambiarci un indirizzo email, utilizzato il giorno stesso per darci appuntamento in un vecchio caffè cittadino. Non più di 48 orei dopo.
Mi aveva chiesto come volevo che venisse vestita, intimo compreso. Aveva insistito per sapere se la richiesta mi eccitasse a tal punto dal desiderare di farmi una sega per lei. Mentre leggevo la sua email completamento nudo, sbattendomi il cazzo, le avevo risposto affermativamente.
L’appuntamento andò in scena, come previsto.
Viviana indossava una giacca abbastanza leggera per quel caldo mese di ottobre, utile a coprire sufficientemente la camicetta che le avevo chiesto di indossare. I capelli erano sciolti e calzava degli stivaletti con un tacco basso che la slanciavano ancora oltre il suo metro e 78. I pantaloni scuri nascondevano le sue lunghe gambe, ma sottolineavano di più il suo accavallamento. Si accorse subito del mio sguardo, pronto a notare i minimi movimenti della sua giacca. Con discrezione slacciò un bottoncino della camicetta e mi scrisse qualcosa sul tovagliolino di quel nostro tavolo da caffè.
- Voglio farti vedere il colore del reggiseno –
- Così però rischi di eccitarmi. –
Le scrissi immediatamente sul retro.
- Mi piacerebbe. -
Rispose scrivendo con un mezzo sorriso, tale che decisi di essere più diretto.
- Ti piacerebbe che mi bagnassi il cazzo immaginando le tue belle tettone? –
Continuavamo a scriverci senza che nessuno potesse sospettare nulla, semi isolati in quel bar all’aperto, quasi deserto, in una strada nella quale a quell’ora ormai non passava più nessuno.
- Mi piacerebbe molto. Quando dici così si bagna anche la mia brasiliana. –
- Allora scavalla le gambe e accavallale di nuovo, come se la mia mano fosse in mezzo alla tua figa. –
Viviana eseguì guardandomi intensamente e sbottonando ancora un altro bottoncino della camicetta. Ora il reggiseno riuscivo a vederlo bene, come una parte delle sue prorompenti tette che, se avessi potuto, avrei succhiato immediatamente, così come si faceva strada prepotente l’immagine delle sue belle labbra rosse che si riempivano del mio cazzo.
- Faresti una cosa per me? –
- Sì. –
Le risposi senza pensare.
- Vai in bagno, segati. Vieni e torna qui con un po’ di sperma tra le dita. Voglio assaggiarti. –
Non mi feci pregare e non le risposi nemmeno. Corsi verso la toilette. Angusta ma abbastanza elegante, avrei potuto anche scoparla lì dentro. Lo presi in mano e cominciai a sbatterlo fino a schizzare con un sussulto che mi prese tutto il corpo. Un po’ di sperma era rimasto attaccato al palmo. Lo lasciai lì, mi rivestii e uscii.
Viviana aveva la giacca più chiusa. Inizialmente non ne compresi il motivo, anche perché faceva ancora abbastanza caldo.
- Hai quello che ti avevo chiesto? -
- Sì. –
Sedendomi, con discrezione, le mostrai il palmo della mia mano con ancora le tracce del mio sperma.
- Avvicinati, siediti qui di fianco a me, controlla che non ci vedano e mettimi la mano con la sborra fra le tette. –
Fu in quel momento che aprì la giacca e scoprii che la camicetta si era ulteriormente aperta e le sue magnifiche tettone e il reggiseno erano perfettamente a vista.
Le spalmai tutto il possibile fino al momento in cui lei mi fermò, e tenendo stretta la mia mano, diede una slinguata all’intero palmo.
- Che buon sapore che hai. Ora mi piacerebbe succhiarti il cazzo. –
Continua…
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