Vite parallele - 02 Una colazione memorabile

di
genere
gay

“Hei, you’re just too funky for me,
I gotta get inside you”
(George Michael, Too funky, 1992, Epic records)

Al mattino spira sempre un vento leggero dalla montagna che s’illumina gradualmente accendendosi di colori sotto i raggi del sole: l’odore dell’erba tagliata luccicante di rugiada assume una consistenza particolare frammista a quella del pane.
La signora Anna, da poco vedova, ha ripreso l’abitudine di cuocere il pane in casa visti i prezzi esorbitanti degli ultimi mesi: lei e suo figlio, sono mono reddito e la crisi economica colpisce duro in valle.
Alex deve iniziare l’università, trasferirsi in città, trovare un alloggio, la retta, i libri: non sono poche le preoccupazioni di Anna che sul suo unico figlio ha investito tutta sé stessa con una dedizione totale e forse, a tratti ne è conscia, un po' esagerata.
Ma lei, classe 1932, è una leonessa, non si è mai spaventata di fronte al lavoro e ai sacrifici soprattutto se sono fatti per una causa degna. Certo, suo marito Michele le manca parecchio: un tumore ai polmoni se l’è portato via in pochi mesi ed è stato un dramma straziante, ma soprattutto incomprensibile: non aveva mai fumato una sigaretta in vita sua tutto dedito com’era al lavoro in campagna e a quello in fabbrica.
Chissà cosa ha respirato là dentro: i medici le hanno assicurato che non era una malattia professionale, ma lei non ci ha mai veramente creduto.
Il povero Michele comunque si strapazzava troppo e questo era la causa principale dei loro litigi talvolta accesi: però era un brav’uomo, un buon marito che sempre l’aveva rispettata e un buon padre, magari poco autorevole e poco complice, ma attento a che in casa non mancasse mai nulla di essenziale.
Loro figlio Alessandro, per tutti Alex, aveva reagito in modo strano alla morte del padre avvenuta meno di due anni prima quando aveva solo 17 anni: poche lacrime anche al funerale, qualche giorno di reazione rabbiosa in cui era intrattabile e poi una sorta di stato catatonico come se gli avessero calato sopra una campana di vetro.
I voti scolastici erano un po' calati, la media del 7 invece che dell’8, ma non gli aveva detto niente: fin da bambino era sempre stato un tipo studioso con una particolare predilezione per le materia letterarie e la mitologia greca di cui era, addirittura, fanatico.
A preoccuparla era piuttosto una marcata tendenza all’introspezione, le difficoltà nell’interazione con i coetanei e un odio viscerale, a tratti isterico, per tutte le discipline sportive in ispecie quelle di squadra: quando, su consiglio dei professori, avevano provato ad iscriverlo alla scuola calcio del paese, Alex aveva dato di matto minacciando (e attuando per qualche giorno) un rifiuto del cibo fino a che avevano dovuto desistere.

Sarebbe bello, sospira Anna, regalare al figlio un viaggio premio per la maturità ma soldi ce ne sono pochi e il primo autunno universitario con tutte le spese che comporta è alle porte: per questo ha invitato a trascorrere un periodo di vacanza in montagna la sua amica Carmen con il nipote Alberto.
Loro due hanno lavorato insieme per diversi anni, quando erano entrambe “signorine”, in una fabbrica dell’indotto fiat a Torino e anche se, ad un certo punto, le loro vite hanno preso strade diverse, hanno sempre mantenuto i contatti e un solido affetto reciproco.
La vita non risparmia dolore a nessuno e Carmen, d’una decina d’anni più grande di Anna, si è separata da un marito violento crescendo, giovanissima e da sola, due figlie femmine.
La vera tragedia però è avvenuta nei primi anni 80 quando la primogenita è morta in un incidente in montagna lasciando il marito e un bambino di 10 anni.
Il genero di Carmen con cui i rapporti erano sempre stato ottimi ad un certo punto si è rispostata trasferendosi con il figlio di primo letto, Alberto, e la nuova moglie a Piacenza.
Col tempo le distanze si sono fatte sempre più incolmabili fino a quando il genero è completamente sparito senza dare più alcuna notizia.
Un giorno, era da poco passata la Pasqua, il telefono del suo appartamento ormai troppo grande è squillato: era Alberto, 18anni appena compiuti, che, scappato di casa, chiedeva aiuto alla nonna materna raccontando vessazioni e sofferenze psicologiche d’ogni tipo.
Carmen, donna dalla passionale generosità, non ci aveva pensato due volte e, litigando furiosamente col genero, aveva fatto venire Alberto a stare da lei a Torino.
Così ora, complice il caldo eccezionale di questa strana estate 1992, eccoli lì tutti insieme.

“Buongiotno Anna, già in piedi? Cosa stai facendo?”
“A quest’ora fa ancora fresco ed è il momento migliore per fare le pulizie, bagnare l’orto e andare a far spesa”
“Lascia che t’aiuti almeno con le camere e le pulizie! E ancora grazie per l’ospitalità: si sta benissimo qui in montagna, erano mesi che non risposavo così bene”
“Per me e mio figlio è un piacere avervi qui: anzi, a dire il vero, sono contenta che Alex abbia un coetaneo con cui parlare, magari uscire. Ha un carattere parecchio chiuso, ma ormai è maggiorenne e deve aprirsi al mondo. A proposito: secondo te come si sono trovati?”
“Se tuo figlio è chiuso, mio nipote invece è fin troppo spigliato! Ieri pomeriggio quando siamo arrivati si sono studiati un po', ma questa notte, quando verso le due mi sono alzata per andare in bagno, ho visto sul ballatoio la luce ancora accesa e sentito delle risate: quindi, se fossi in te, non mi preoccuperei!”
“Speriamo! Sai non posso permettermi di regalargli la vacanza in Grecia con le compagne di scuola; tutte altolocate sono, figlie di medici, ingegneri, avvocati! Però è anche l’estate dei suoi 18anni e se i ragazzi si divertono, siamo entrambe felici, vero?”
“Assolutamente! Sei una madre fantastica Anna, lasciatelo dire. Dai, lasciati aiutare!”
“Se vuoi mentre bagno l’orto puoi preparare la colazione così poi andiamo a far spesa insieme!”
“Ho visto che il frigo è pieno: frutta e verdura non mancano! Invece di fare la spesa qui a Ronchi Alpese, aspettiamo che i ragazzi si sveglino così li mandiamo a comprare le cose pesanti in qualche supermercato in città”
“Mi sembra una buona idea!”

Carmen rassetta la camera con i nodosi mobili di quercia: quello che era il letto matrimoniale dell’amica e Michele è stato scorporato in due giacigli simili separati da una grande comò a ribalta: sbriga tutto con grande precisione ed agilità poi si accende la prima MS della giornata avendo cura poggiata al davanzale della finestra – sa che ad Anna – il fumo ha sempre dato fastidio.
Dalla nuova posizione può inoltre guardare alla stanza dei ragazzi sul ballatoio: la porta-persiana è chiusa e tutto pare al suo posto nel silenzio quieto della mattinata alpina.
Fuma ad ampie boccate per poi, soddisfatta, apparecchiare il tavolo della colazione facendo sloggiare con una manata, Ivo, il gatto di casa che, in assenza di umane figure, si è ivi posizionato, a guisa di piccola sfinge.
Prendendo le tazze per tutti dal fondo della dispensa nota, stranamente, un certo disordine: alcuni piatti sono in precario equilibrio affastellati precariamente l’uno sull’altro e, tra la bottiglia di Cynar e quella del Braulio, c’è una spazio vuoto sospetto.
“Quei due non me la raccontano giusta!”
Sono ormai passate le 8 e, in attesa che Anna rientri dall’orto, decide di andare a svegliare i ragazzi.

Il vecchio ballatoio di legno che meriterebbe urgenti restauri, è scricchiolante ma soprattutto, quando qualcuno ci cammina sopra, trasmette inquietanti vibrazioni al pavimento della stanza.
Fortuna vuole che ho il sonno leggero e l’orecchio super allenato, tiro una gomitata ad Albe: “Ehi svegliati! Veloce: sta arrivando qualcuno!”
Dopo l’amore ci siamo addormentati, scomposti, nel mio letto ove siamo ancora avvinghiati negli umori dei corpi seminudi: lo spingo fuori con una pedata mentre con la mano, faccio sparire, nell’incavo tra comodino e materasso, la bottiglia, praticamente vuota, di stock.
Giusto in tempo perché proprio in quel momento si apre un’anta della porta persiana.
“Buongiorno dormiglioni: il mattino ha l’oro in bocca, non lo sapete?”
Mentre io mi rannicchio dentro il lenzuolo opportunamente tirato su, Alberto si volta di scatto verso l’ingresso amplificando, con indosso i pantaloncini del mio pigiama, lo stiracchiamento delle braccia e profondendosi in un sorriso da grande attore: “Buongiorno! Wow che bello svegliarsi con la voce della mia nonna preferita!” e le si affianca schiccandole due sonori bacioni sulle gote paffute.
“Il soldato devi andare a fare: guarda che casino in questa stanza: manco il borsone ti sei disfatto! Che pensi? Sono la tua schiava io?”
Non posso fare a meno di ridere con gusto assistendo a questa scenetta e, messomi seduto di schiena, esordisco “Buongiorno Carmen: colpa mia che non ho liberato l’armadio ma ti assicuro che lo faccio immediatamente!”
“Va bene allora la camera qui la tenete in ordine voi? Tua mamma ha tanto da fare e preferisco aiutare lei piuttosto che voi sfaccendati!”
“Certo nonna, Alex è davvero molto ordinato in tutto ed io non sarò da meno: stai pure tranquilla che non ti faccio fare brutta figura!”
“Bene! Ci conto perché alla prima che combini torni dritto, dritto da dove sei venuto. Sbrigatevi che la colazione è pronta e poi avete dei servizi da fare!”
“Certo nonnina, tutto quello che desiderate tu e zia Anna, vero Alex?”
“Verissimo”
Appena sentiamo i passi sul ballatoio ci pieghiamo in due dal ridere, ebbri di euforia.
“Complimenti Alex: ti facevo più addormentato”
“In molti tendono a sottovalutarmi ed è il loro errore fatale! Comunque sono io che mi complimento per le tue doti di adulatore: cazzuta nonnina!”
“Ma va, la sua è una maschera: fa tanto l’orsa incazzosa e invece è la persona più buona del mondo, la adoro!”
“Pensi si sia accorta di qualcosa?”
“E di cosa doveva accorgersi?”
“Per esempio di queste!” rispondo lanciandogli la canotta e lo slip che sono rimasti incastrati nel mio lenzuolo.
Li afferra al volo portandosi lo slip al naso “Umm! Si! Mi piace il mio odore di vero maschio!”
“Te l’hanno mai detto che sei tanto, ma tanto scemo?”
“Si! Dai veloce vestiti che le vecchie ci aspettano: la camera la sistemiamo dopo!”

Credetemi, non ho alcun dubbio, sebbene siano passati oltre tre decenni, quella di venerdì 3 luglio 1992 è stata la colazione più bella della mia vita: con la bocca affondata nella tazze di caffelatte e Alberto seduto di fronte a me, circondato dalla luce del mattino, con il micio Ivo che faceva le fusa strusciandosi sul polpaccio, circondati dalla premure un po' invadenti di quelle che, con giovanile strafottenza, apostrofavamo come “le nostre vecchie” sentivo di avere la vita in mano.
Un mondo di possibilità si apriva davanti all’orizzonte ed io, in un delirio, tenero e al contempo infantile, di onnipotenza volevo sperimentarlo, gustarlo tutto fino in fondo avido di emozioni, corpi, esperienze.
Alberto di fronte a me, faceva le facce buffe riempiendo all’inverosimile le gote di caffelatte che poi, disgustosamente, premendosi gli indici sulle guance, risputava nella tazza mentre io gli lanciavo pezzi di biscotto e lui da sotto il tavolo scalciava col piede indugiando talvolta, in modo assai erotizzante, a risalire l’interno coscia con l’alluce fino al pacco.
Avevamo dormito pochissimo ma non mi importava: l’euforia era incontenibile, per la prima volta mi sentivo complice di qualcuno ed era una sensazione nuova e meravigliosa.
Speravo che anche per Alberto fosse la stessa cosa e il suo atteggiamento sembrava confermarlo.

“Allora ragazzi, sbrigatevi che c’è da fare la spesa”
“Hai già fatto la lista, mamma?”
“Si eccola, prendi le 100.000 lire così fai anche benzina e mi raccomando vai all’iper, quello grande, che è più conveniente”
“Alberto tieni: qui ci sono 20.000 lire prendimi 5 pacchetti delle solite, con il resto offri un gelato ad Alex”
“Ma non è il caso – interviene mamma – lascia che li spenda per lui”
“Deve imparare a condividere anche il poco!”
Con le labbra ancora sporche di latte rispondiamo quasi all’unisono “Va bene allora noi andiamo! Ciaoo!”
“No cari! Prima sistemate la camera e poi andate avendo cura di tornare per l’ora di pranzo”
“Mi raccomando Alex: guida con prudenza!”
“Si mamma, stai tranquilla!”

Perfettamente coordinati, impieghiamo non più di dieci minuti a riodinare la stanza facendo sparire la bottiglia vuota di stock nello zainetto nero che, avrò modo di constatare, Albe porta sempre con sé.
Gli faccio anche spazio nell’armadio, un vecchio mobile di legno scuro con una porta-specchio su un lato e i cassetti sull’altro
“E’ qui che nascondi i tuoi tesori?”
“Ma che ti frega?”
“Dai! Dopo quello che è successo ieri ancora ti formalizzi?”
“Mo lo sai che sei un rompipalle?”
“Si! E anche tanto curioso: non mi muovo da qui finché non mi fai vedere!”
“Eh va bene! Li dentro il copri-piumino apri la cerniera e lo trovi!”
“Wow: boy4boys, ti piace la roba forte eh tesoro?”
“Dai! Metti via che dobbiamo andare!”
“Guarda questo biondino che se ne gusta due! – esclama voltando il giornaletto verso di me – Sbaglio o la pagine sono un po' arruffate, un po' appiccicaticce in questo punto? Cosa ci hai fatto, maialino?” dice queste parole portandosi ripetutamente la mano verso il pacco.
Arrossisco violentemente “Ma nulla! Cosa vuoi che abbia fatto, si saranno sgualcite!”
“Si, come no! Sgualcite con la sborra delle tue seghe! E come la mettiamo con la principessa Niki eh? Amori romantici e basse pulsioni vedo? Bravo, bravo il mio Alex!” il suo pacco continuamente sollecitato mostra evidenti segni di esuberanza stretto com’è nei calzoncini corti di jeans aderenti.
“Smettila!” imbarazzatissimo, ma anche a mia volta eccitato, cerco di strappargli di mano la rivista. Alberto si conferma molto più svelto di me, sfugge alla mia presa e, con un’agile torsione del corpo, mi ritrovo la schiena contro il mobile.
Si avvicina ancora di più “Ti piacerebbe essere al posto del biondino in foto vero?”
Continuando a tenere in alto il giornale, con l’altra mano abbassa la cerniera.
“No!” rispondo, languidamente paralizzato dall’eccitazione montante
“Non ci credo!”
Lascia cadere a terra la rivista e con la forza di entrambe le mani preme sulla mia testa.
“Dai, vai giù!”
Inginocchiato gli slaccio il bottone del pantalone che scivola lentamente mentre io, afferratolo saldamente dietro le ginocchia, inizio a baciargli avidamente l’interno cosce salendo fino allo slip – bianco questa mattina – che, già umido dove punta la cappella, sa di pulito e di desiderio.
“Per ora ti devi accontentare di uno solo, ma poco male così fai esperienza!”
Senza rispondergli, emettendo piccoli gemiti di piacere, millimetro dopo millimetro lo faccio scivolare in fondo fino alla gola.
E’ bellissimo sentirlo indurirsi sempre di più nella mia bocca: il piacere che sto provando è indicibile, pari solo alla mia voglia di masturbarmi assaporando il suo cazzone poderoso.
Frenetico infilo una mano nel pantalone ma Albe, anche questa volta, mi ferma imperioso con un calcetto alla base delle palle.
“Quando imparerai eh? Voglio dedizione assoluta dal mio pompinaro! Dopo, ti assicuro, avrai modo e tempo per godere anche tu!”
Esce sbattendomi il cazzone in fronte e i coglioni sodi davanti alle labbra.
“Dai che ti piace! Lecca e mordicchia tutto!”
In questo frangente esisto solo per compiacerlo e mi accingo subito all’opera: non so cosa sia a farmi venire l’idea, forse il genio della passione, ma, al fine di leccarlo meglio, lo afferro proprio sotto le natiche compiendo uno sforzo gemente per aprirgliele un poco di più.
Inizio così a baciargli con decisione l’attaccatura delle palle, quel breve intimo tratto che va dalle sue deliziose rotondità all’ano.
“Oh si! Si, si, cazzo si!”
Bagno con la saliva l’indice destro appoggiandolo, con pressione decisa e movimento rotatorio, su suo buchetto roseo mentre continuo a pompare senza ritegno.
I movimenti di Alberto diventano sempre più frenetici, affannoso il suo respiro ed è proprio allora che, mollato il dito, passo a leccargli ripetutamente il buco con slinguate avide avanti ed indietro fino a quando la lingua, mossa da un istinto primordiale, si arriccia e cerca di penetrare dentro il suo tenebroso oblio.
Alberto, ebbro di goduria, si piega leggermente verso di me “Oh si continua così!”
Mentre continuo a leccargli tutto il buco del culo, liscissimo e glabro, dall’alto fino all’attaccatura delle palle, prende a segarsi sempre più velocemente con piccoli grida di piacere.
Il suo corpo inizia ad essere scosso da un fremito che lo pervade tutto trasmettendosi dal pube in tutto il corpo: con la mano umida mi prende al collo facendomi compiere un piccolo movimento all’indietro
“Apri la bocca!” sussurra con movimenti sempre più veloci: la sua cappella è ora dentro il mio cavo orale; si sta segando afferrando il cazzone impazzito dalla base con il pugno chiuso che arriva a scontrarsi con le mie labbra.
Sono secondi d’intensità senza pari, poi, con un urlo animale, un fiotto caldo, delizioso, ricchissimo in gusto e abbondanza mi riempie tutta la bocca.
E’ un’alluvione di sborra che lentamente scende a lenire, nutrendola la mia sete di vita.
“Sei davvero un pompinaro fantastico, mai ricevuta una cosa simile! – dice appena riesce a parlare passando indice e medio intorno alle labbra per poi offrirmi anche tale contenuto.
E’ delizioso sentire le sue dita in bocca, assaporarne il gusto lievemente salino mentre, dispettoso, gli mordicchio i polpastrelli
“Ragazzi! – è la voce di nonna Carmen a farci tornare nel mondo – Vi muovete o no? E’ ora di andare!”
Fine 2° episodio
di
scritto il
2024-08-27
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