Quarto: la dolcezza di D.

di
genere
confessioni

Non so se sto fa
Non so se sto facendo bene o male a mettere nero su bianco qui gli eventi che sto raccontando; lo scoprirò, forse.
Per chi non avesse letto i precedenti (in particolare il primo racconto), una sintesi: i fatti raccontati sono accaduti davvero, io mi limito a raccontarli senza aggiungere né cambiare niente; pongo al lettore questa condizione forse perché è il vero motivo per cui scrivo qua. Confessioni anonime di cose che non posso raccontare, di cui spesso non vado fiero, pulsioni che ho scoperto di avere e che, per quanto ridicole possano sembrare, ho considerato naturali. Altrettanto vero è quello che dico di me, cioè che la natura mi ha regalato doti non comuni (cosa che ho capito col tempo, con l'esperienza e...con la crescita). Di queste doti ho goduto molto; certamente avrei potuto goderne e farne godere di più, ma non sto qui a lamentarmi e rimpiangere. Oltre a usarle come è giusto e normale, cioè con il sesso vissuto bene, anche per le reazioni delle ragazze, per i loro commenti, per gli effetti che ho osservato su di loro e il ruolo che mi sono preso diverse volte, cioè del maschio che domina la femmina e la sottomette grazie alla potenza del suo sesso.
Penso che una di queste la racconterò qui, vediamo; magari se ricevo qualche feedback incoraggiante.

La storia che segue parla di D., e può considerarsi un po' emblematica di qualcuno degli effetti a cui mi riferisco.

Estate di diversi anni fa e, come molte altre, mi apprestavo a lavorare qualche settimana all'estero, dove avrei conosciuto e lavorato con persone nuove.
Un paio di giorni prima della partenza incontrai D. per darle dei documenti o qualcosa del genere. Ci eravamo sentiti per telefono e ci vedemmo di sera, in centro; per qualche motivo, lei sembrava avere interpretato quell'incontro, oltre che una questione di "lavoro", anche come un'uscita in due. Implicitamente, senza tuttavia palesarlo, intendeva passare la serata assieme. Lei era single, io no, infatti
avevo programmato di passare dalla mia ragazza, quindi stetti con D. una mezz'oretta per scambiare due chiacchiere e poi me ne andai, tanto avremmo avuto tempo e modo per conoscerci meglio.

D. era molto carina. Da osservare e capire, ma molto carina. Nel momento in cui ci presentammo, ammetto, l'idea di passare la serata con lei non mi sembrò fuori dal mondo.
Piccoletta, biondina, pelle chiara e qualche lentiggine, un viso di forma regolare, occhi castani dal taglio vagamente orientale, guance piene, morbide, da mordere, un musetto di bambina capricciosa, labbra rosa e dentatura perfetta, ben visibile quando sorrideva, cioè mille volte fin dal primo incontro.
Spuntò con una gonnellina colorata e una camicetta chiara.
Aveva un corpo particolare: per quanto minuto, si percepiva un seno più interessante di quello che sembrava di sfuggita, una vita decisamente stretta e un sedere pressoché perfetto. Aveva dei movimenti curiosamente flessuosi e aggraziati, osservando con attenzione si intuiva un corpo elastico, pronto, felino.
Qualche giorno dopo capii che aveva un trascorso di ginnasta ad alti livelli, anche se non ne parlava molto apertamente né volentieri.

Partimmo assieme in aereo e durante il viaggio capii di piacerle dal modo in cui mi parlava, mi guardava, rideva; era propensa al contatto fisico, in qualche modo lo cercava con me.
Io, oltre alla forte remora della mia ragazza in città, ero abbastanza prudente perché sapevo che a combinare un casino è un attimo, soprattutto dovendo condividere qualche settimana di lavoro con altre persone.
E poi, ribadisco, se posso azzardare un'attenuante alle porcherie che ho fatto, è che non ci ho mai provato io, non ho mai fatto il lumacone.

Comunque, arrivammo a destinazione, incontrammo il resto dello staff e iniziarono i giorni di lavoro. Fu evidente quasi da subito che aveva un debole per me, era chiaro a tutti. Dopo un paio di giorni iniziai a ricevere le sue visite in camera, con qualche scusa; la vedevo dalla finestra quando stava venendo, il che accadeva praticamente durante tutti i momenti di pausa.
Il quarto pomeriggio arrivò che io ero appena uscito dalla doccia; bello non sono, ma in quel periodo ero quasi al massimo della mia forma fisica, estremamente tonico, strabordante di energia e pure molto abbronzato.
La accolsi solo con l'asciugamano alla vita, avevo il torace ancora umido e gocciolante; un po' l'avevo fatto apposta.
L'intensità della sua voglia iniziò ad essere visibile: il volto rosso, le parole spezzate, gli occhi indicavano chiaramente che aveva un fuoco dentro e fuori. Raramente ho visto un arrapamento tanto visibile nel tentativo di dissimularlo. Mi misi mezzo sdraiato sul letto e lei si sedette accanto a me; le chiacchiere non le ricordo, lei era molto dolce con me, ma ricordo perfettamente che iniziò a toccarmi quasi in modo distratto, giocando, poggiando ora la mano sul mio petto, ora sul ginocchio, ora si strusciava un po', quasi amichevolmente. A un certo punto mise la sua gamba sulla mia coscia, mi guardava adorante e infuocata; la mia reazione era più che evidente da un pezzo e lei mi disse qualcosa in proposito, in un tentativo di suonare scherzosa.
Feci un po' il vago e lei, fissandomi con occhi voluttuosi, chiese a voce bassissima "Posso vederlo?"
Mi presi il mio tempo per godere di quei secondi eterni in cui prendevo atto che il desiderio più grande di quella dolcezza, in quel momento, era vedere il mio cazzo. Quella consapevolezza mi inebriava, ero sbronzo del potere che avevo su di lei e che presto sarebbe diventato totale.
La guardai con aria quasi di rimprovero, lei aveva gli occhi in fiamme e lucidi di voglia.
Lentamente, in modo interrotto e stuzzicante, tolsi l'asciugamano. Non ero ancora al massimo dell'erezione, ma l'argomento era quello che era; ero anche perfettamente depilato.
Ebbe una specie di attacco di sindrome di Stendhal, secondo me le girava la testa e non riusciva a controllare i pensieri e le sensazioni. Provò a dire qualcosa ma non le usciva una parola, accennava un mezzo sorriso che scompariva subito, il respiro le diventò gonfio, sentivo degli impercettibili "mmmmm...."
Il suo seno, attraverso la maglietta leggera, mi sembrava cresciuto, mi stava puntando.
Con un sorriso imbarazzato e lo sguardo languido chiese, biascicando un po' le parole: "posso...toccarlo?" Questo suo atteggiamento iniziò a mandarmi in estasi. Con lo sguardo, senza parlare, le dissi "si accomodi pure, signorina". Timidamente poggiò le dita sul palo, che iniziava a esprimersi meglio essendo libero, e solo con le dita iniziò a tastare la consistenza, la forma, la dimensione che intanto aumentava; le venne un'aria quasi divertita, le vidi un accenno di sorriso mentre si mordeva il labbro inferiore e deglutiva, come se avesse aperto un regalo aspettandosi una confezione di trucchi e invece avesse trovato un set di gioielli costosi e volesse trattenere l'emozione.
Si decise a prenderlo con la mano piena, poi con due; ne restava fuori un bel pezzo oltre alla punta. Aveva le mani piccole e la sua pelle era chiara e contrastava meravigliosamente con la mia; iniziai a sentire il fuoco dentro. Guardava il mio cazzo nelle sue mani con aria quasi scientifica (era parte del suo mestiere: era laureata in medicina); stava diventando come doveva diventare, con le vene in vista, duro e con la cappella ben gonfia.
Mi guardò con un'espressione mista di sorpresa, divertimento, eccitazione, curiosità, innamoramento...
Le chiesi, col tono di chi controlla e comanda, "È di tuo gradimento?"
Lei fece una specie di accenno di risatina, poi un'espressione come a dire "Mmmm....altro che gradimento... " e iniziò: "È...gigantesco...mamma mia..." continuando a valutarlo con le mani, "è...largo...carnoso...pesante...hai anche un apparato venoso fantastico, il sangue fluisce bene" mise la base della mano sulla base del cazzo per un paragone della lunghezza, arrivava a poco più di metà. Ammirava, si eccitava, si divertiva... "hai anche i testicoli belli grandi.." e io, sempre con l'aria del frescone "producono in proporzione alla dimensione?" distinsi chiaramente un picco di eccitazione, e lei cerco di essere professionale: "Mmm...non credo ci sia un legame diretto..." e aggiunse sommessamente, con languore: "questi però producono benissimo, ne sono sicura..."
Stava prendendo confidenza con la situazione. Mi chiese timidamente
"Ma quanto è lungo?"
Io: "Eh, un po'"
Con tono erotico e voglioso: "L'hai mai misurato?"
"No. Perché, secondo te non è nella media?" (Falso come Giuda, volevo solo sentirmi dire certe cose. Ma è vero che non l'avevo mai misurato, perché l'avevano fatto altre ragazze prima).
Lei reagì con una risatina.
"Seee, proprio nella media...".
Cominciò quasi in sordina, spontaneamente, a farmi una sega con le dita, piano piano; era una via di mezzo fra una sega e delle carezze. Era bellissimo, la osservavo che contemplava e toccava il mio bastone per scoprire fino a che punto poteva arrivare.
Mi alzai e lei si mise più comoda seduta davanti a me; in quella posizione dovette sembrarle ancora più grosso, sembrava ipnotizzata, e questo mi faceva sballare.
Le sue espressioni erano impagabili, era davanti a un totem che non si sarebbe mai aspettata di trovare.
"Posso...continuare?"
Figuriamoci se la fermavo.
Continuò con le sue mani innamorate, sapienti, devote..
Mi stava stuzzicando bene,
"Sai cosa succede se continui, vero?"
"Mmm...se non vuoi, mi fermo" lo diceva davvero, per lei era un sogno poterlo fare e io ero magnanimo nel concederglielo.
"Vuoi vedere cosa succede?"
Annuì.
"Così scopro anche se ho ragione..."
E continuò, infuocata, emozionata e incuriosita.
Lo aveva davanti al viso e io naturalmente puntavo alla bocca, pur senza volerlo imporre perché volevo che lo facesse da sola. Iniziò a passare le labbra su tutta la lunghezza, baciandolo con dolcezza e passione; lo baciava dappertutto, era stupendo, quella bocca larga sapeva esprimere tutto l'amore per quello che faceva. Se lo passava sul viso, sulle guance, sulla fronte, sul collo...lo poggiava sulla sua spalla e lo accarezzava con la guancia, poi riprendeva a baciarlo. Lo baciò a lungo. Con le mani era delicata, dolce, prestava cura e attenzione; muoveva le dita su e giù, provava a coprire la cappella con la pelle ma ormai non era possibile, allora mi segava lentamente a mano piena.
Continuava a baciarlo ogni tanto e aveva anche cura di accarezzarmi le palle, le muoveva, le ammirava, le baciava, ci giocava un po'.
Cazzo se godevo..
Dopo un po' sentii arrivare il carico, ero pieno anche grazie a lei. Venni abbondantemente, lei raccolse tutto nelle mani riuscendo a farne perdere pochissimo; mentre venivo, lei si godeva la vista dei fiotti di sperma con un'espressione che mi fece pensare che stesse avendo un orgasmo anche lei.
Vedendomi godere in questo modo mi guardò con occhi orgogliosi, scintillanti, cresciuti.
Mi disse: "Sai cos'è questo?" indicando il liquido nelle sue mani, "questo è oro".
Al mio sguardo perplesso aggiunse: "È la produzione più importante, è l'essenza di un maschio. E tu l'hai data a me..."

Nei giorni seguenti la cosa si ripetè in modi analoghi: lei sempre più adorante e io sempre più pieno di me. Capitava qualche piccolo, simpatico battibecco quando eravamo soli, di quelli finti tipici di queste situazioni; mi rimproverava perché avevo fatto qualcosa, perché ero stato stronzo, roba così. In quei casi, giocavo a rispondere con la carne: la cingevo da dietro e le facevo sentire il cazzo già in tiro, lei andava in tilt, iniziava ad eccitarsi e a cedere al potere che avevo su di lei.

Una nota, sapendo di tutelare il suo anonimato: la ragazza non praticava sesso orale, aveva una specie di idiosincrasia per cui il pompino non è da brave ragazze, più o meno. Provò un paio di volte, ma si ritrasse quasi subito; non disgustata, era proprio l'idea che non riusciva ad accettare bene.
Nel periodo che seguì ci vedemmo abbastanza spesso, qualche volta anche tornati in città. Passavo da lei, entravo, lei ogni tanto si faceva trovare abbigliata in modo finto/casualmente particolare (un paio di volte la trovai in camice, biancheria intima e scarpe con i tacchi; da sbavare).
Mi sedevo sul letto, mi saltava addosso a candela e iniziava a strusciare la sua fica sul mio cazzo mentre eravamo vestiti. Mi chiedeva sempre il permesso di slacciarmi la cintura. Voleva essere scopata ferocemente.
In quelle occasioni ebbi modo di godere del suo corpo: due tette bianche, rotonde, con capezzoli rosa che diventavano di marmo sotto le mie mani o fra le mie labbra, un culetto perfetto come ho già detto, di una consistenza morbida e tonica, liscio come la seta.
Qui dico una cosa di cui non so ancora se andare fiero o meno: non l'ho mai scopata, almeno non come avrei potuto.
Lei era pazza di me, ma io non ero single e non volevo buttare via la mia storia. Avevo capito che, se l'avessi scopata, avrei dato il colpo di grazia alla sua lucidità mentale, pensavo che le avrei fatto più male che bene. Me lo implorava, mi faceva sentire quanto si bagnava quando era con me, si metteva a pecora e mi pregava di sfondarla, "fammelo provare dentro, voglio sentire com'è, voglio vedere se riesco a prenderlo..".
Una volta, provocato così, mi chinai sopra di lei, le afferrai il viso e le dissi con voce da dominatore: "adesso io te lo faccio provare" annuì in estasi "ti faccio sentire com'è averlo dentro, ma decido io quanto dartene, è chiaro?" Lei: "Sìì...dammelo...ti prego, dammelo...".
Fremeva, tremava; la ripassai un attimo con le dita, aveva il buchino stretto, bollente, completamente bagnato e scivoloso. Poggiai la punta, a vista sembrava impossibile che entrasse, doveva veramente allargarsi molto
La allargai io. Entrai con la cappella, le si bloccò il respiro; con le mani le allargai un po' le chiappe, la sua fica era esposta in un modo incredibile, merito del suo passato ginnico. Entrai ancora un po', la sua testa scattò verso l'alto con un gemito; indietro e ancora avanti, per farle rendere conto bene e non lasciare spazi vuoti. Arrivai in fondo e glielo tenni piantato dentro per un po', contraendo ogni tanto per mettere in chiaro chi comandava. Aveva una passera favolosa, un guanto scivoloso e aderente. La sentivo gemere a ogni mia contrazione, vedevo perfettamente il suo buco cercare di assecondare il mio calibro, cosa che stava cercando di fare con tutta se stessa.
Percepivo chiaramente la sua vagina piano piano adattarsi e prendere la mia forma.
Mi abbassai e le dissi: "inizi a capire com'è?"
"S..sì.."
Contrazione e spinta in avanti.
"Ti piace?"
"Mmm...sì...sì..."
"Senti dove arriva?"
"Mmm...sì...lo sento a fondo..mi sembra di averlo in testa...è...è pazzesco..."
"Questo che senti, questo..." spinta, gemito e calore "...questo sono io, hai capito?"
Lei aveva capito, io avevo disatteso le mie intenzioni come era prevedibile.
Dopo un po', facendola godere muovendomi appena, lo tirai fuori. Il buco appariva dilatato, scavato, rilassato; glielo leccai bene, se lo meritava.
Appena si riprese un po' si girò e io ero ancora lì, col cazzo gonfissimo.
"Me ne vado così?"
Le bastò poco per farsi inondare il seno col mio seme, che uscì in grande quantità e schizzando fortissimo.
Era oro.

Mi manca un po' chiacchierare con lei, è una persona di grande cuore e con uno spirito particolare e insolito.



Se vi va di darmi un feedback, un suggerimento, una critica, magari un incoraggiamento riguardo questo o gli altri racconti, potete scrivermi a:

Rafsabor@gmail.com

Grazie per avere dedicato il vostro tempo alla lettura del mio racconto.
scritto il
2024-09-13
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