Coloro che rimangono 2

di
genere
incesti

RACCONTO DI FANTASIA
Spero che la prosecuzione del racconto vi piaccia, fatemi sapere i vostri commenti, suggerimenti o aspettative per il prossimo capitolo. Scrivetemi alla mail scribonio53@gmail.com se volete esprimere un giudizio privato o anche solo per scrivere con me!
Buona lettura!

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Guardai il soffitto buio della per ore intere quella sera. Un senso di colpa profondo, logorante, mi premeva sul petto. Sentivo che tutto quello che avevo fatto era sbagliato, che Melissa non aveva colpe su quello che avevo subito da Alessia e che, in fondo, avevo tradito mia moglie. Era stupido pensarci ma, nel pratico, lui era ancora sposato con Alessia e in tutti quei mesi le era stato fedele. Portavo ancora al dito la fede nuziale, comprata a poco prezzo con i risparmi di un mese intero di lavoro. Quel semplice simbolo era ricordo indelebile della felicità passata e delle promesse fatte: faticavo a disfarmene. Mi consideravo un uomo di sani principi, dedito alla famiglia, pronto al sacrificio eppure, quella sera, avevo tradito tutto ciò in cui credevo. Non solo avevo sfogato la mia frustrazione su un altra donna, ma quella donna era anche la madre di mia moglie. Il ricordo della scena, però, suscitò in me, tra la vergogna e il senso di colpa, anche un nuovo senso di eccitazione. L'immagine, stampata nella mia mente, di quella donna inginocchiata, che mi invitava a fare di lei ciò che voleva, a sfogare la mia rabbia per provare un po' di quella felicità sottratta, mi fece venire un certo calore nella zona del mio sesso.
Quella notte vidi la luce riflessa della luna fino a che non fu sostituita dai primi timidi raggi di sole. Riuscii a sentire Melissa alzarsi verso le sette del mattino e preparare il caffè, il cui profumo mi raggiunse fino in camera. Sentii persino Francesca tornare a casa, parlottare basso con la madre e poi attraversare il corridoio per chiudersi in camera. Controllai il calendario sul telefono, constatando che avevo ancora dei giorni di ferie da passare. Avevo paura a rimanere a casa, timore del confronto con Melissa: cosa ci saremmo detti? Avrebbe tirato fuori il discorso? Come mi sarei comportato?
Decisi di aspettare fino a che non la sentii entrare in bagno, vicino alla camera matrimoniale, per uscire di casa. Feci una lunga passeggiata per il quartiere. Mangiai un panino per pranzo in una vecchia paninoteca della zona e rimasi ad rimuginare sul da farsi in un vecchio parco fino alla sera. Finì per calare il sole nuovamente senza che riuscissi a schiarirmi le idee. Arrivò nuovamente la luna che aveva visto la mia rabbia la sera prima. Decisi di tornare a casa e, con un po' di fortuna, sarei riuscito ad evitare Melissa. Presi un lungo respiro prima di aprire la porta dell'appartamento e, sfortunatamente, ritrovai la tavola apparecchiata, la musica alta di Francesca proveniente dalla sua camera e Melissa seduta davanti alla televisione, con faccia tranquilla.
Al mio rientrare la donna si girò a guardarmi e, evitando il mio sguardo, disse: "Ben tornato, me ne vado in camera mia". Il tono di voce sembrava tranquillo ma deciso, come ste stesse eseguendo un ordine. Non so perchè ma mi spinse a chiederle: "Ehm... perchè? Tutto bene?" balbettai un attimo e la voce mi uscì quasi strozzata.
"Certo," rispose lei con un mezzo sorriso "ho notato che hai cercato di evitarmi tutto il giorno, quindi ho pensato di aiutarti. Come ti ho detto ieri sera sono disposta a tutto per renderti un po' più felice e, se questo ti da tranquillità, allora sono contenta di aiutarti". Detto questo si alzò dal divano e se ne andò in camera.
La sua risposta mi spiazzò a tal punto che rimasi fermo sull'uscio per qualche secondo. La confusione mi assalì ancora di più e, con la testa piena, mi mossi come un automa verso la cucina, dove mi aspettava la cena pronta. Sia Melissa che Francesca avevano già mangiato e i piatti lavati erano stati messi ordinatamente ad asciugare su un canovaccio vicino al lavandino.
Non era giusto che Melissa si dovesse spostare ogni volta che cambiavo stanza. Su una cosa ero sicuro: questo non mi faceva felice. Il cuore mi batteva forte e il senso di colpa e la paura del confronto quasi mi immobilizzavano ma, finito di mangiare e lavato il mio piatto, decisi di andarle a dire di non allontanarsi da me. L'ultima cosa di cui avevo bisogno in quel momento era proprio altra solitudine. Le bussai alla porta, due volte. Riuscivo a sentire il mio cuore pulsare nelle orecchie. Sentii la voce calma di Melissa di entrare. Ed entrai.
Lei era vestita con una lunga camicia bianca da notte. Alla debole luce della piccola lampada sul comodino riuscivo a vederle la siluette del seno nudo. Portava i capelli sciolti, come poche volte la avevo vista. Teneva in grembo un libro aperto sulla pagina che stava leggendo. La luce che entrava dal corridoio si rifletteva sui suoi occhiali permettendomi di non riuscire a vedere quegli occhi in cui avevo paura di trovare disappunto. Mi accorsi di non riuscire a trovare le parole giuste, mi ritrovai a cercarle sul fondo della mia gola, troppo gelate per riuscire a formularle. Ci fu un silenzio disarmante, interrotto solo dalla musica ora abbassata proveniente dalla camera di Francesca.
Fu lei la prima a parlare: "Posso fare qualcosa per te?"
Stetti in silenzio, continuando a cercare di mettere insieme una frase di senso compiuto. Mi sentivo stupido fermo così, davanti a lei, in piedi esitante.
Melissa prese il silenzio come una risposta: "Vuoi che me ne vada da questa stanza? Vuoi usarla tu questa notte? Posso dormire tranquillamente sul divano. Se non mi vuoi vedere domani mattina mi sveglierò presto e uscirò. Se pensi di volerti svegliare questa notte, dormirò sul terrazzo... tanto fa ancora molto caldo. Permettimi solo di prendere una coperta..."
Si interruppe. Ero scioccato. Non volevo assolutamente nulla di tutto quello. Prima che riuscissi a parlare lei continuò: "...ma se mi vuoi vedere dormire per terra a me va bene. Dormirò per terra sul balcone se vuoi. Capisco perfettamente che vedermi umiliata possa farti sfogare la rabbia. A me sta bene."
A quel punto, davanti a tanta assurdità, riuscii a parlare: "No! Non voglio niente di tutto questo!" Feci istintivamente mezzo passo in avanti: "Non trovo giusto che tu vada via ogni volta che entro in una stanza. Non voglio altra solitudine."
Da questa posizione riuscii nuovamente a guardarle gli occhi: riusciva finalmente a guardarmi in faccia. Era come se questo suo mettersi a disposizione per la mia felicità fosse un modo per riuscire a sopportare il senso di colpa e la sua sensazione di essermi profondamente debitrice.
"Certo, va bene. Mi fa piacere che tu mi sia venuto a parlare. Volevi chiedermi altro?"
Esitai a rispondere. Non avevo altro da dire ma mi sembrava sbagliato lasciare la stanza così. Stavo pensando a se fosse stato più giusto darle la buona notte o se cercare di intavolare una conversazione normale ma entrambe mi sembravano idee fuori luogo e stupide.
"Vuoi che mi spogli nuovamente? Hai bisogno di toccarti come ieri sera?" mi chiese lei, interpretando nuovamente il silenzio come una vergogna di parlare.
"Io..." iniziai. Il pensiero della sera precedente mi fece nuovamente eccitare ma il senso di colpa sentito subito dopo mi bloccò. "... io non sento che sia giusto per te. Sei mia suocera e quello che ti ho fatto ieri era sbagliato."
Lei si alzò dal letto e fece qualche passo verso di me. Prese un respiro prima di parlare con voce sicura ma dolce, come se avesse pensato molto alle cose da dirmi: "Ieri sera mi sono sentita bene, se è questo di cui avevi paura. Nel sentirti chiedere di spogliarmi, di inginocchiarmi davanti a te, ho provato un senso di felicità profonda, sentimento che non provavo da quando mia figlia se n'è andata. Mi sentivo in debito, in colpa, delusa di me stessa ma, quando ho sentito il tuo seme caldo su di me, sul mio corpo, e quando ho visto il tuo volto in preda agli spasmi del piacere ti ho visto rilassato. Il sollievo era tale che sono riuscita a dormire tutta la notte, svegliandomi per la prima volta con il sorriso." Sorrise debolmente, questa volta arrossando in volto: "Il sentirmi umiliata da te è come se riuscisse a farmi espiare quel dolore che ho dentro. Il mettermi a tua disposizione completa è una scelta lucida e voluta." Prese un respiro e concluse: "Ma è un accordo a due parti, e se non desideri tutto ciò, mi farò da parte... farò qualsiasi cosa per renderti felice. Te lo devo. Te lo dobbiamo tutti."
Dopo quel discorso abbassò gli occhi, puntandoli nello spazio di pavimento tra i miei e suoi piedi. Il solito pallore della pelle era stato sostituito da un rosso acceso, vivace, che le ricopriva le guance.
"Io... ho bisogno di pensarci..." dissi con un filo di voce.
"Certo, se hai bisogno io ci sono, in qualsiasi momento."
Uscii dalla stanza, chiudendomi la porta alle spalle. La musica dalla camera di Francesca cessò di suonare e il silenzio della casa mi accompagnò fino in camera mia.

Stetti qualche ora a riflettere, seduto sulla poltrona dove Alessia era solita leggere romanzi gialli. Guardavo la porta oltre la camera buia, perso nei miei pensieri.
Il discorso di Melissa aveva, in un qualche modo, diminuito il senso di colpa che mi premeva sul petto. Ora sapevo che desiderava davvero quello che diceva ma... Fare una cosa del genere non era un tradimento verso Alessia? No... Lei mi aveva tradito per prima, andandosene di casa, scomparendo dalla mia vita e, chissà in quel momento in quale letto stesse dormendo. Non mi dovevo sentire in colpa per continuare la mia vita senza di lei, in fondo era stata una sua scelta.
Questi pensieri mi turbinavano in testa e, pian piano, sentivo farsi largo nella mia mente la realizzazione che ieri sera, prima del senso di colpa, avevo provato un fortissimo piacere, derivante dal proibito, dal taboo, da quell'atto sessuale così esplicito davanti ad una donna disposta a tutto per me. Era come se quel potere che mi aveva tolto Alessia, andandosene senza parlarmi, mi fosse stato restituito con gli interessi. Avevo provato piacere, più che dall'orgasmo, dalla sensazione di avere una donna che le assomigliava inginocchiata a chiedermi scusa. Tutto ciò era stato per una sorta di strano e, sotto molti punti di vista sbagliato, evento terapeutico e catartico.
Mi sorpresi con una nuova erezione sotto i pantaloni, una vigorosa, vogliosa di espellere tutta quella rabbia e frustrazione dal mio corpo. Avevo bisogno di Melissa, la desideravo con tutto il mio corpo.
Guardai l'ora. Era tardi, molto tardi. Sicuramente era già addormentata. Mi maledissi per la mia indecisione. Prima di parlarle di nuovo avrei dovuto aspettare il giorno successivo. Cercai di sdraiarmi, mettermi a dormire. Ma l'erezione non intendeva cessare e il pensiero mi faceva tremare dall'eccitazione. Presi il cellulare. Esitai qualche istante poi le scrissi un messaggio: "Sei ancora sveglia?"
Fissai lo schermo illuminato per qualche secondo, iniziando a pensare confermare il sospetto che stesse dormendo ma poi, proprio nell'istante in cui mi decisi di desistere, sentii il telefono vibrare per un suo messaggio: "Stavo dormendo, ma mi sono svegliata. Ho messo la suoneria alle tue notifiche." Il testo mi fece fremere fino alla punta dei piedi. Un secondo messaggio, prima che potessi risponderle, mi diede il colpo di grazia: "Prima ho detto 'in qualsiasi momento'... era vero: ci sono sempre per te, giorno e notte."
Le scrissi velocemente: "Ho pensato a quello che ci siamo detti"
La sua risposta arrivò altrettanto rapidamente: "E..."
Scrissi e riscrissi l'SMS successivo, poi inviai: "Posso venire nella tua stanza?"
Spensi lo schermo del telefono. Aspettai nel buio, così sdraiato, fremente, e con un erezione che mi esplodeva nei pantaloni per un tempo che mi sembrò interminabile. Poi, dal silenzio della stanza, si sentì l'inconfondibile rumore della vibrazione. Lo schermo si accese, in sovraimpressione la notifica della risposta di Melissa: "Certo".

Scesi dal letto e uscii dalla camera. Ogni passo faceva vibrare dentro di me la corda di un sentimento di lussuria, di desiderio. Sbirciai la porta chiusa della camera di Francesca. Silenzio e buio. Non c'era la possibilità di essere scoperti.
Bussai alla porta, piano. Mi aprì subito Melissa, vestita ancora da notte. I suoi fianchi, il suo seno nudo sotto il leggero tessuto estivo della camicia da notte, i suoi occhiali nuovamente appoggiati al naso e i capelli sciolti: tutto in lei ora mi chiamava. Fece un passo laterale per lasciarmi entrare, poi chiuse la porta alle sue spalle. Nel buio della camera la sentii muoversi davanti a me, mentre io, stordito dalle emozioni, stavo fermo in piedi, seguendo con lo sguardo la siluette della donna.
Dal buio risuonarono sottovoce le sue parole: "Cosa posso fare per renderti felice?"
Il mio battito cardiaco era accelerato, sentivo la presenza nei pantaloni spingere, come a richiedere la libertà.
"Accendi la luce" chiesi, con voce ferma. Lei si mosse ed eseguì la richiesta. La debole luce della lampada allungava tutte le ombre: ora riuscivo a vederla, davanti a me, ferma in attesa di una richiesta. Questa volta non esitai troppo: "Spogliati per me".
Lei non ci pensò due volte: si fece cadere le spalline della camicia da notte e la lasciò scivolare sul suo corpo, fino a cadere a terra. Si sfilò con un movimento lento anche gli slip, lasciando il suo corpo completamente nudo.
"Mettiti in ginocchio"
Non se lo fece ripetere due volte. Fece un passo in avanti e si inginocchiò davanti a me. La parte dominatrice che c'è in me si fece sentire e una vocina nella mia testa mi disse che dovevo farla felice, si voleva sentir umiliata, comandata. Era un tipo di cose che non pensavo mi potessero eccitare: con Alessia il sesso era molto semplice, quasi solamente la posizione del missionario, anche se negli ultimi mesi del nostro matrimonio i momenti di intimità erano rari.
Non sapevo come iniziare, cosa fare. L'eccitazione che provavo in quel momento però era tale che decisi di seguire il flusso degli eventi. In un momento successivo avrei indagato su come fare e come farlo. Prima di andare avanti, però, volevo avere nuovamente il suo consenso esplicito, così le chiesi: "Sei sicura di voler andare avanti? Posso toccarti?"
Lei mi rispose subito, con la voce strozzata dall'eccitazione. In fondo probabilmente non lo faceva solo come sollievo emotivo. Lei mi desiderava sessualmente come io desideravo lei. "Fa del mio corpo tutto ciò che desideri. Non voglio altro: se mi chiedessi di dormire sul balcone, vestita così, lo farei, se mi chiedessi di rimanere in questa posizione tutta la notte non mi muoverei nemmeno un istante, se mi chiedessi..." fece un mezzo secondo di pausa. Si morse il labbro, vedevo il suo petto muoversi aritmicamente su e giù, segno di un respiro mosso dall'eccitazione. "... se mi chiedessi... beh il mio corpo... sarebbe il regalo più bello che potresti farmi. Fai di me quel che vuoi."
"Allora alzati e toglimi la maglietta"
Melissa mi aiutò a togliermi la T-shirt e poi, sotto mia richiesta, i pantaloni e le mutande. Mostrai il mio membro ancora in erezione, delle perle di liquido pre-seminale brillava alla luce della lampada.
"Mettiti di nuovo in ginocchio... poi voglio che tu mi dica cosa vorresti farmi ora."
Melissa si mise di nuovo in ginocchio e mi guardò dritto negli occhi: era a mezzo palmo dal mio pene. Fece scivolare lo sguardo su tutto il mio corpo, fino a raggiungere il sesso pulsante davanti a lei.
"Posso..." iniziò "...posso darti piacere con la mia bocca" Più che una risposta alla mia domanda pareva una richiesta.
Feci un passo verso di lei, le accarezzai i capelli un paio di volte, per poi spostare la mia mano verso la sua nuca e spingere la sua testa verso il mio membro: "Fallo." Sussurrai.
Non incontrai nessuna resistenza, appena accennai la spinta, la sua testa si mosse verso il mio pene, la bocca si aprì per accoglierlo. Sentii il calore delle sue labbra poggiarsi sul glande, avvolgendolo completamente. La lingua iniziò a muoversi, accarezzando tutto il sesso. Iniziò a muoversi lentamente, prima giù, fino a metà del pene, poi su, fino alla punta, per poi riiniziare a scendere. Quando non muoveva la lingua, succhiava con intensità crescente. Il piacere era così forte che se fosse esploso il mondo, in quel momento, non mi sarebbe importato. Alessia non amava fare i pompini, quindi ne ricevevo uno ogni tanto: quando capitava che me li facesse sembrava spenta, metodica, senza passione. Smisi dopo qualche anno di chiederli. Eppure, davanti a me, avevo sua madre, che sembrava ci mettesse tutta la passione, la lussuria e l'amore del mondo. Succhiava e leccava con dolcezza, con una profonda volontà di darmi piacere.
Non passò molto prima che iniziai a sentire l'orgasmo arrivare. Il piacere era così intenso che quasi non mi accorsi dei mugolii e dei respiri che producevo. Il rumore dei leggeri risucchi, le labbra sottili che scendevano e salivano sul mio membro, accarezzandolo dolcemente, la saliva superflua che colava sui suoi seni candidi leggermente illuminati dalla luce, gli occhiali tolti, appoggiati sul letto a metà dell'amplesso, il suo sguardo fermo nei suoi occhi, con le palpebre che si abbassavano eroticamente per la passione mentre succhiava il membro... tutto di lei mi stava dando un piacere immenso, mai provato. Il climax arrivò presto e, in memoria della furiosa litigata fatta una volta con Alessia perchè non l'avevo avvertita, finendo per venirle in bocca, dissi sottovoce: "Sto per venire..."
Melissa staccò la bocca dal mio membro, continuando a masturbarmi con la mano. Riuscivo a sentire il rumore del membro lubrificato dalla sua saliva.
"Dove vorresti venire? Sul mio corpo, come ieri o..."
Trattenni l'orgasmo giusto il tempo per dirle: "In bocca, se vuoi..."
Lei sorrise leggermente, si infilò il pene in bocca e ricominciò a succhiare, leccare e muoversi, con più vigore e passione di prima, se possibile.
Venni. Venni e fu come se esplodessero mille soli. Mormorai "Ah...". Reclinai la testa per il piacere e sentii le gambe cedermi leggermente. Mi dovetti appoggiare al bordo del letto. Ci volle qualche secondo perchè io riuscissi a riaprire gli occhi dopo gli spasi dell'orgasmo che mi facevano fremere l'intero corpo. Vidi Melissa fare gli ultimi movimenti con la bocca, per poi staccarsi dal pene con un leggero schiocco. Mi fissò dritto negli occhi per qualche istante. Aprì le labbra, mostrandomi il mio seme caldo nella sua bocca: un filo le cadde sul seno sinistro, scivolando fino a raggiungere il capezzolo. Era una domanda implicita: "cosa devo fare?"
Non avevo forze, semplicemente annuii. La vidi chiudere la bocca e deglutire tutto, abbassando successivamente gli occhi e arrossendo. Sorrideva. Era felice e lo ero anche io.

Le forze mi vennero meno, la stanchezza di tutte quelle ore senza dormire e la tensione di quelle giornate mi fece chiudere gli occhi. Caddi subito, così svestito, in un sonno profondo.
scritto il
2024-10-08
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