Gli zii perbene - Parte 02

di
genere
dominazione

Un acquazzone estivo ripuliva Roma dal caldo e dalla polvere con scroscianti rovesci e raffiche di vento che facevano vibrare i vetri della finestra della sua stanza.
Tirò fuori il trolley, quello che avrebbe dovuto portarsi in crociera, e iniziò a riempirlo con quello che gli capitava a tiro, mentre grosse lacrime cadevano senza controllo sugli indumenti, appallottolati con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Gli occhi caddero sul sex toy che Alisa e Gemma le avevano regalato per i 18 anni, poco prima della fine della scuola, una specie di C di silicone che poteva essere pure controllata da un'app sul telefonino. Decise che, se proprio deveva saltare la vacanza da sogno, era l'occasione giusta per provare.

Un bussare discreto alla porta e una voce familiare «Signorina Sabrina, è pronta?» la fecero sobbalzare come e più dello sbotto di suo padre. Richiuse il trolley di scatto e ci si sedette sopra. La porta si aprì e Camillo, l'autista con la livrea nera sempre tirata a lucido, si presentò ritto sulla porta in tutto il suo metro e ottantacinque di altezza.
Biondo, atletico, con quello smoking attillato poteva persino contargli i muscoli uno a uno.
Gemma gli aveva spesso chiesto se lo avesse mai conosciuto più da vicino e Alisa aveva rincarato la dose «Gli farei volentieri un Calippo...» e aveva mimato l’atto così bene che aveva dovuto distogliere lo sguardo «hai mica il suo numero?»
Sabrina glielo aveva dato, era la festa dei suoi 18 anni e nonostante il divieto di somministrare alcoolici erano alticcie tutte e tre assiemee a più di metà degli invitati.
Chiuse la zip del trolley sotto lo sguardo vuoto di Camillo, scosse la testa.
Un fusto così e si chiama come il prete più famoso del cinema, mah!

La grossa Volvo nera sfrecciò nel traffico romano diretta verso Nord, sull'autostrada Roma-Civitavecchia e poi oltre, mentre il porto con le sue navi da crociera ormeggiate le strappò un gemito di tristezza. Si ricordò di mandare un messaggio a Gemma e Alisa:

"Mi spediscono in clausura a studiare, non parto più".

La macchina svoltò un po' bruscamente a destra, per uscire dall'autostrada e imboccare una stretta viuzza di campagna dal fondo sconnesso.
«Dove stiamo andando? Avevo capito a casa di mio zio!»
Camillo non si voltò «Sto seguendo le istruzioni del navigatore, il signor Livio mi ha ordinato di portarla lì e io eseguo.»
«Ma non ti da fastidio essere comandato a bacchetta in questo modo? È da coglioni obbedire senza capire il perché.» la domanda le era uscita d’impeto, partita direttamente dalla pancia, ma la risposta giunse all’istante.
«È suo padre che mi paga lo stipendio, i contributi e le tasse in cambio della mia obbedienza, essere ligio al dovere è il minimo sindacale da parte mia, signorina Sabrina.»
«È stato ingiusto. Anche con te, e se questa strada si rivelasse pericolosa per entrambi?»
Per tutta risposta Camillo accelerò.
Accelerò, sgommò, sollevò ondate di fango, sterzò di controsterzo, derapò evitando d'un soffio una quercia secolare. Sabrina sul sedile posteriore urlò e urlò fino a sgolarsi «Basta, fammi scendere, vado a piedi!»
L'auto si fermò davanti a una casa al centro di un pascolo verdissimo circondato dal bosco. Una dozzina di cavalli dal manto marrone brucava pacifica, qualcuno scuoteva la criniera bionda al vento.
Camillo scese e le aprì la portiera, eseguì un inchino perfetto «Scenda, è a destinazione.» Nei suoi occhi azzurri c'era un gelo che mai prima di allora aveva visto. Doveva aver colto la sua espressione interrogativa e incazzata, dietro allo spavento appena provato perché aggiunse «E coglione potrà dirlo allo specchio della sua stanzetta, gli esami di riparazione se li è cercati col suo comportamento spocchioso e arrogante.»
Detto questo rimontò in macchina, riavviò il motore e aggiunse «Se avesse dedicato più tempo a parlare con le persone, invece di trattarle come pezze da piedi, saprebbe che prima di servire suo padre sono stato pilota di rally per parecchi anni e ho un armadio pieno di trofei e premi vinti in tutto il mondo. La strada per salire quassù, per me, era impegnativa quanto un'autostrada a tre corsie e vuota, per giunta.»
Camillo accelerò e l’automobile rispose con un rombo formidabile, la schizzò di fango e balzò in avanti sparendo tra gli alberi, come inghiottita dal bosco.
Lo sguardo basso e i calzoni inzaccherati, Sabrina si avviò verso la casa. Diede un'occhiata allo smartphone: le 17 e 50, nessun segnale.
«Merda, non c'è campo!» sbottò. Un altro tuono riecheggiò nel prato, seguito da una pioggerella che la incitò ad affrettarsi.
scritto il
2024-10-13
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