Come conobbi la mia fidanzata che era una porca
di
PaoloBra
genere
etero
Ho scritto diversi racconti miei e di Giulia in questo ultimo periodo, ma mai di come ci siamo conosciuti.
Dopo il mio declino universitario e la mia esperienza con Serena, nella primavera tornai dai miei genitori. Mollai i miei coinquilini freaks e tutti i bar di Parma.
Il mio paese non è male, è un po' desolante nel weekend e sa proprio di "due discoteche e centosei farmacie".
Conosco tutto e tutti e tutto e tutti conoscono me. Che palle.
Proprio in quel periodo, arrivò una nuova famiglia dalla città, da Cesena. Tutti in paese volevano sapere chi fossero e del perché avessero fatto una scelta così scellerata. Una famiglia normalissima, padre agente di commercio di non ricordo cosa, madre infermiera e figlia della mia stessa età.
Preso dalla curiosità, passai sotto casa di questa nuova famiglia e trovai una ragazza fuori che fumava. Capelli castani, caschetto con la frangia, vestita con una gonna etnica. Era Giulia.
Mi avvicinai senza troppo entusiasmo: "Ciao, tu sei quella nuova? Io sono Paolo", "Ciao, Giulia". Non mi aveva guardato molto ma io avevo studiato benissimo lei. Era molto bella e io volevo assolutamente conquistarla.
Le dissi: "So che siete arrivati da poco, ti va di bere qualcosa in bar vicino? Tanto non c'è granché eh... per fare amicizia". Lei acconsentì e mandò un messaggio sms alla mamma avvisandola. Ci sedemmo fuori, visto che le giornate si facevano più calde.
Parlammo del più e del meno e scoprimmo di avere diversi punti in comune: università fallimentare, una bassa prospettiva di vita e voglia di scappare dai genitori.
Bene, pensai, è la ragazza giusta per me.
Ci facemmo una passeggiata in un parco comunale, unica attrazione del paese e frequentato solo da qualche anatra nello stagnetto sporco.
Ci sedemmo in una panchina, era il momento propizio per baciarci, le misi una mano dietro la nuca. Le sue labbra erano morbide e la sua lingua era avvolgente. Non ricordo il nome del profumo che usasse ma ricordo una fragranza come lavanda. Abbassai la mano e mi diressi nel fianco. Al tempo era leggermente più magra di ora, ma già aveva un seno prosperoso, delle cosce gonfie con un sedere stratosferico. Negli anni mi invidiarono tutti per la bellezza di Giulia.
Dopo quel bacio intenso, le dissi "Io sono solo a casa, i miei sono al mulino e torneranno tardi, dopo cena". Lei mi fece di sì con la testa e partimmo verso casa.
Vivevo con i miei in una villetta che comprarono con il sangue e il sudore del loro lavoro. Arrivati al portone Giulia mi aprì i pantaloni e iniziò a masturbarmi. Intensamente.
"Giulia, aspetta, almeno arriviamo dentro nel giardino". Entrammo ridendo e con i pantaloni che mi calavano.
Ci buttammo sull'erba del giardino e riprese il suo lavoro. Iniziò prima a segarmi e poi a succhiarlo, così bene, così intensamente, mi guardava, aveva uno sguardo da gatta con quel trucco nero leggero sugli occhi, penetrante, mi voleva e io volevo lei.
Si tolse la canotta e rimase con un reggiseno bianco che a malapena le reggeva il tutto e si mise sopra di me. La gonna nascondeva la sua vagina, ma riuscì a infilarsi il mio pisello dentro. Aveva una vagina caldissima, bagnata, mi avvolse il pisello in pochi secondi ed era lei che comandava il gioco. Questo incontro sta andando alla grande pensai.
Saliva e scendeva prima forte e poi piano, ciondolava le sue tette sulla mia faccia con i capezzoli che facevano capolino fuori che cercavo di succhiare, non potevamo urlare perché ci avrebbero sentito e le tappavo la bocca con la mano, grida soffocate.
Mi sussurrava all'orecchio "scopami, voglio essere tua" e io ci davo dentro.
Non so quanto sia durato ma è stato bellissimo. Venni dentro di lei dopo che mi disse di farlo senza problemi.
Ci baciammo ancora su quel prato e rimanemmo a guardare il cielo che di un celeste scuro senza nuvole.
"Che fai domani?" le dissi. "Boh - rispose bofonchiando - ci vediamo?".
Dopo il mio declino universitario e la mia esperienza con Serena, nella primavera tornai dai miei genitori. Mollai i miei coinquilini freaks e tutti i bar di Parma.
Il mio paese non è male, è un po' desolante nel weekend e sa proprio di "due discoteche e centosei farmacie".
Conosco tutto e tutti e tutto e tutti conoscono me. Che palle.
Proprio in quel periodo, arrivò una nuova famiglia dalla città, da Cesena. Tutti in paese volevano sapere chi fossero e del perché avessero fatto una scelta così scellerata. Una famiglia normalissima, padre agente di commercio di non ricordo cosa, madre infermiera e figlia della mia stessa età.
Preso dalla curiosità, passai sotto casa di questa nuova famiglia e trovai una ragazza fuori che fumava. Capelli castani, caschetto con la frangia, vestita con una gonna etnica. Era Giulia.
Mi avvicinai senza troppo entusiasmo: "Ciao, tu sei quella nuova? Io sono Paolo", "Ciao, Giulia". Non mi aveva guardato molto ma io avevo studiato benissimo lei. Era molto bella e io volevo assolutamente conquistarla.
Le dissi: "So che siete arrivati da poco, ti va di bere qualcosa in bar vicino? Tanto non c'è granché eh... per fare amicizia". Lei acconsentì e mandò un messaggio sms alla mamma avvisandola. Ci sedemmo fuori, visto che le giornate si facevano più calde.
Parlammo del più e del meno e scoprimmo di avere diversi punti in comune: università fallimentare, una bassa prospettiva di vita e voglia di scappare dai genitori.
Bene, pensai, è la ragazza giusta per me.
Ci facemmo una passeggiata in un parco comunale, unica attrazione del paese e frequentato solo da qualche anatra nello stagnetto sporco.
Ci sedemmo in una panchina, era il momento propizio per baciarci, le misi una mano dietro la nuca. Le sue labbra erano morbide e la sua lingua era avvolgente. Non ricordo il nome del profumo che usasse ma ricordo una fragranza come lavanda. Abbassai la mano e mi diressi nel fianco. Al tempo era leggermente più magra di ora, ma già aveva un seno prosperoso, delle cosce gonfie con un sedere stratosferico. Negli anni mi invidiarono tutti per la bellezza di Giulia.
Dopo quel bacio intenso, le dissi "Io sono solo a casa, i miei sono al mulino e torneranno tardi, dopo cena". Lei mi fece di sì con la testa e partimmo verso casa.
Vivevo con i miei in una villetta che comprarono con il sangue e il sudore del loro lavoro. Arrivati al portone Giulia mi aprì i pantaloni e iniziò a masturbarmi. Intensamente.
"Giulia, aspetta, almeno arriviamo dentro nel giardino". Entrammo ridendo e con i pantaloni che mi calavano.
Ci buttammo sull'erba del giardino e riprese il suo lavoro. Iniziò prima a segarmi e poi a succhiarlo, così bene, così intensamente, mi guardava, aveva uno sguardo da gatta con quel trucco nero leggero sugli occhi, penetrante, mi voleva e io volevo lei.
Si tolse la canotta e rimase con un reggiseno bianco che a malapena le reggeva il tutto e si mise sopra di me. La gonna nascondeva la sua vagina, ma riuscì a infilarsi il mio pisello dentro. Aveva una vagina caldissima, bagnata, mi avvolse il pisello in pochi secondi ed era lei che comandava il gioco. Questo incontro sta andando alla grande pensai.
Saliva e scendeva prima forte e poi piano, ciondolava le sue tette sulla mia faccia con i capezzoli che facevano capolino fuori che cercavo di succhiare, non potevamo urlare perché ci avrebbero sentito e le tappavo la bocca con la mano, grida soffocate.
Mi sussurrava all'orecchio "scopami, voglio essere tua" e io ci davo dentro.
Non so quanto sia durato ma è stato bellissimo. Venni dentro di lei dopo che mi disse di farlo senza problemi.
Ci baciammo ancora su quel prato e rimanemmo a guardare il cielo che di un celeste scuro senza nuvole.
"Che fai domani?" le dissi. "Boh - rispose bofonchiando - ci vediamo?".
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