L'arrivo di Giulia
di
PaoloBra
genere
confessioni
In questi giorni ho confessato a Giulia di questi racconti.
La sua prima reazione è stata "ma te sei matto, hai sputtanato la nostra vita".
"Ma no Giulia, tranquilla, davvero".
Dopo una bella sfuriata dove me ne ha detto di tutte, si calmò e dopo qualche ora mi chiese che racconti avevo scritto, compreso il suo arrivo in paese.
Sorpresa mi chiese "ma sai perché ci siamo trasferiti qui?", "boh - risposi - pensavo per questioni di lavoro di tuo padre".
"Ma no, la storia è più incasinata... ora ti racconto, però non deve finire su quel sito". "FIDATI, racconta".
"Abitavamo in un paese del ferrarese, una cittadina tranquilla, non avevamo pretese anche perché mio padre lavorava fuori e mamma andava in ospedale, lavorando come infermiera. Io facevo l'università, ma chi ne aveva voglia. Frequentavo tantissime feste, conoscevo persone da tutta Italia quindi la mattina non esisteva lo studio... ero peggio di te.
Un sabato, ad una festa ho conosciuto uno. Era un uomo, in una festa in una casa di campagna organizzata da dei 20enni o poco meno, invitato da non ricordo chi.
L'uomo in questione si chiamava Riccardo, 45 anni e non sposato - controllai le mani prima. Bell'uomo eh, vestito casual anche perché era a una festa di ragazzini. Riccardo aveva una barbetta grigia come i suoi capelli ma non gli avrei mai dato 45 anni, non li dimostrava affatto anche perché fisicamente era messo benissimo.
La serata continuava senza intoppi, io ero andata lì con qualche amica... volevamo svagarci.
Riccardo stava al tavolo dei drinks e io mi avvicinai cercando qualcosa di analcolico da bere - lo sai che l'alcol mi da subito alla testa - e lui mi guardò e mi disse "ciao", risposi al saluto con un sorriso. Ci fu uno scambio di sguardi per tutta la sera, quando poi mi si avvicinò e mi disse "ti chiederai perché sto qui... non sono un poliziotto in borghese, tranquilla" ridemmo per questa battuta. Ci presentammo e per fare due chiacchiere ci spostammo nel cortile fuori della casa. Chiacchiera più chiacchiera meno non so come ma ci siamo baciati. In quel momento del bacio non ho capito più nulla, Riccardo aveva le mani calde, di uno che ci sapeva fare. Mi passò la mano nel fondoschiena in un modo naturale, come se stesse accompagnando il mio movimento verso di lui. Mi disse "spostiamoci da qui, non ho voglia di rimanere", avvisai la mia amica e partii in macchina con Riccardo. Ci spostammo di qualche chilometro, in un piccolo boschetto.
Dentro la sua macchina, bella ed elegante, ci spogliammo nei sedili di dietro.
Riccardo ci sapeva davvero fare con le mani, mi tolse il reggiseno mentre mi leccava il collo e mi ansimava e io facevo uguale. Mai provata una sensazione simile. Mi prese il seno con forza e iniziò a succhiarlo avidamente, quanto mi ha fatto godere in quel momento. Sbottonai i suoi pantaloni... aveva un pisello incredibile, venoso, grosso, mi pulsava nelle mani e decisi di succhiarglielo, volevo quell'asta turgida dentro di me.
Iniziai a succhiare che quasi mi venne in bocca. "Hey Giulia, fai calma... sei molto brava, hai fatto molto allenamento" "Sì, abbastanza... ma ora scopiamo".
Mi infilai quell'asta nella figa che era fradicia e lui non me l'aveva neanche sfiorata con le dita. Iniziai a pompare, forte e lui ugualmente. Mi stringeva le tette, mi mordeva il collo e mi sussurrava parole all'orecchio "che troione che sei" e io rispondevo "sì il cazzo mi piace parecchio...". Quando venne, dopo avermi stantuffata per almeno 40 minuti, gli ripulì il pisello e ingoiai tutto il restante. Ci rilassammo un attimo prima di tornare alla festa; un po' lo mollai perché non volevo dare nell'occhio... era una scopata, niente più, andava bene così.
Da quella festa non lo vidi più.
Una mattina di gennaio andai in ospedale da mia madre, avevo un dolore lanciante lo sterno, io come una matta pensavo "ho un infarto, ho un infarto, ora muoio sì sì sì". Al pronto soccorso mi accolse mia madre e un'altra infermiera che si fecero due risate alle mie paranoie e chiamarono il dottore di turno. Arrivò Riccardo. E ora? Diventai viola e mia mamma si accorse di questo. "Buongiorno" lui mi scrutò e rimase impassibile. "Qual è il problema della paziente?", "Ho dolore allo sterno" riuscì a dire senza guardarlo in faccia. Mia madre e l'infermiera uscirono dalla stanza. Lui mi guardò e mi disse "Giulia, ma che... ma quella è tua mamma?" Risposi di sì e lui si rabbuiò.
"Stai male sul serio?" risposi ancora di sì e mi fece togliere il maglione rimanendo in maglietta fina. Mi ascoltò il cuore, andava a seimila e mi fece calmare. Dopo il controllo mi disse che non avevo nulla da preoccuparmi a parte il fatto che avrebbe parlato con mia madre della nostra storia. Gli dissi se era impazzito "mi vuoi rovinare?" "No - rispose - ma io non voglio avere casini e mi farò anche trasferire... se questa storia esce fuori per me è la fine". Iniziai a piangere, sarà la mia fine, finite le feste, finito tutto pensai.
Riccardo parlò con mia madre e mia madre venne da me dicendomi soltanto che lei aveva chiesto il trasferimento in un altro ospedale e di conseguenza anche noi ci saremmo dovuti trasferire. Non mi disse mai cosa si son detti, mi ha solo detto che lui è stato corretto ed educato nel dirle alcune cose sue personali e mia madre lo convinse a rimanere all'ospedale.
Accettai questo allontanamento forzato, ma non avevo altra scelta sia per me che per Riccardo era giusto così... non volevo sicuramente mettere mia madre in strane situazioni.
Ed eccomi qui, questa è la storia del mio arrivo". Giulia finì il racconto ed io avevo il pisello durissimo nel jeans, ovviamente se ne accorse e si mise a ridere.
Disse "dovrei riprendere con l'allenamento... non mi basta più solo uno a quanto pare".
La sua prima reazione è stata "ma te sei matto, hai sputtanato la nostra vita".
"Ma no Giulia, tranquilla, davvero".
Dopo una bella sfuriata dove me ne ha detto di tutte, si calmò e dopo qualche ora mi chiese che racconti avevo scritto, compreso il suo arrivo in paese.
Sorpresa mi chiese "ma sai perché ci siamo trasferiti qui?", "boh - risposi - pensavo per questioni di lavoro di tuo padre".
"Ma no, la storia è più incasinata... ora ti racconto, però non deve finire su quel sito". "FIDATI, racconta".
"Abitavamo in un paese del ferrarese, una cittadina tranquilla, non avevamo pretese anche perché mio padre lavorava fuori e mamma andava in ospedale, lavorando come infermiera. Io facevo l'università, ma chi ne aveva voglia. Frequentavo tantissime feste, conoscevo persone da tutta Italia quindi la mattina non esisteva lo studio... ero peggio di te.
Un sabato, ad una festa ho conosciuto uno. Era un uomo, in una festa in una casa di campagna organizzata da dei 20enni o poco meno, invitato da non ricordo chi.
L'uomo in questione si chiamava Riccardo, 45 anni e non sposato - controllai le mani prima. Bell'uomo eh, vestito casual anche perché era a una festa di ragazzini. Riccardo aveva una barbetta grigia come i suoi capelli ma non gli avrei mai dato 45 anni, non li dimostrava affatto anche perché fisicamente era messo benissimo.
La serata continuava senza intoppi, io ero andata lì con qualche amica... volevamo svagarci.
Riccardo stava al tavolo dei drinks e io mi avvicinai cercando qualcosa di analcolico da bere - lo sai che l'alcol mi da subito alla testa - e lui mi guardò e mi disse "ciao", risposi al saluto con un sorriso. Ci fu uno scambio di sguardi per tutta la sera, quando poi mi si avvicinò e mi disse "ti chiederai perché sto qui... non sono un poliziotto in borghese, tranquilla" ridemmo per questa battuta. Ci presentammo e per fare due chiacchiere ci spostammo nel cortile fuori della casa. Chiacchiera più chiacchiera meno non so come ma ci siamo baciati. In quel momento del bacio non ho capito più nulla, Riccardo aveva le mani calde, di uno che ci sapeva fare. Mi passò la mano nel fondoschiena in un modo naturale, come se stesse accompagnando il mio movimento verso di lui. Mi disse "spostiamoci da qui, non ho voglia di rimanere", avvisai la mia amica e partii in macchina con Riccardo. Ci spostammo di qualche chilometro, in un piccolo boschetto.
Dentro la sua macchina, bella ed elegante, ci spogliammo nei sedili di dietro.
Riccardo ci sapeva davvero fare con le mani, mi tolse il reggiseno mentre mi leccava il collo e mi ansimava e io facevo uguale. Mai provata una sensazione simile. Mi prese il seno con forza e iniziò a succhiarlo avidamente, quanto mi ha fatto godere in quel momento. Sbottonai i suoi pantaloni... aveva un pisello incredibile, venoso, grosso, mi pulsava nelle mani e decisi di succhiarglielo, volevo quell'asta turgida dentro di me.
Iniziai a succhiare che quasi mi venne in bocca. "Hey Giulia, fai calma... sei molto brava, hai fatto molto allenamento" "Sì, abbastanza... ma ora scopiamo".
Mi infilai quell'asta nella figa che era fradicia e lui non me l'aveva neanche sfiorata con le dita. Iniziai a pompare, forte e lui ugualmente. Mi stringeva le tette, mi mordeva il collo e mi sussurrava parole all'orecchio "che troione che sei" e io rispondevo "sì il cazzo mi piace parecchio...". Quando venne, dopo avermi stantuffata per almeno 40 minuti, gli ripulì il pisello e ingoiai tutto il restante. Ci rilassammo un attimo prima di tornare alla festa; un po' lo mollai perché non volevo dare nell'occhio... era una scopata, niente più, andava bene così.
Da quella festa non lo vidi più.
Una mattina di gennaio andai in ospedale da mia madre, avevo un dolore lanciante lo sterno, io come una matta pensavo "ho un infarto, ho un infarto, ora muoio sì sì sì". Al pronto soccorso mi accolse mia madre e un'altra infermiera che si fecero due risate alle mie paranoie e chiamarono il dottore di turno. Arrivò Riccardo. E ora? Diventai viola e mia mamma si accorse di questo. "Buongiorno" lui mi scrutò e rimase impassibile. "Qual è il problema della paziente?", "Ho dolore allo sterno" riuscì a dire senza guardarlo in faccia. Mia madre e l'infermiera uscirono dalla stanza. Lui mi guardò e mi disse "Giulia, ma che... ma quella è tua mamma?" Risposi di sì e lui si rabbuiò.
"Stai male sul serio?" risposi ancora di sì e mi fece togliere il maglione rimanendo in maglietta fina. Mi ascoltò il cuore, andava a seimila e mi fece calmare. Dopo il controllo mi disse che non avevo nulla da preoccuparmi a parte il fatto che avrebbe parlato con mia madre della nostra storia. Gli dissi se era impazzito "mi vuoi rovinare?" "No - rispose - ma io non voglio avere casini e mi farò anche trasferire... se questa storia esce fuori per me è la fine". Iniziai a piangere, sarà la mia fine, finite le feste, finito tutto pensai.
Riccardo parlò con mia madre e mia madre venne da me dicendomi soltanto che lei aveva chiesto il trasferimento in un altro ospedale e di conseguenza anche noi ci saremmo dovuti trasferire. Non mi disse mai cosa si son detti, mi ha solo detto che lui è stato corretto ed educato nel dirle alcune cose sue personali e mia madre lo convinse a rimanere all'ospedale.
Accettai questo allontanamento forzato, ma non avevo altra scelta sia per me che per Riccardo era giusto così... non volevo sicuramente mettere mia madre in strane situazioni.
Ed eccomi qui, questa è la storia del mio arrivo". Giulia finì il racconto ed io avevo il pisello durissimo nel jeans, ovviamente se ne accorse e si mise a ridere.
Disse "dovrei riprendere con l'allenamento... non mi basta più solo uno a quanto pare".
1
voti
voti
valutazione
7
7
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Come conobbi la mia fidanzata che era una porca
Commenti dei lettori al racconto erotico