Dalla a alla zeta

di
genere
dominazione

Ero in quarta superiore e i miei compagni di classe andavano fieri di essere tutti rigorosamente etero con la fidanzata. Io ero l'unico che non ce l'aveva. Uno di loro si accorse che indugiavo con lo sguardo su certe brutte cose quando nello spogliatoio della palestra eravamo tutti in mutande e un sabato sera che eravamo in giro noi due da soli perché la sua ragazza gli aveva dato buca vedevo che si strofinava la patta. Mi diceva che ce l'aveva duro. “Vuoi vedere come è fatto?” mi chiese all'improvviso ma poi senza aspettare la risposta mi ha incantonato nella cantina di casa sua e me lo ha mostrato sul serio. Era nervoso e aveva bisogno di sfogarsi. Mi ha fatto inginocchiare e mi ha costretto a imboccarlo. Non ci sapevo fare ma lui sì, e a costo di mandarmi in tilt me lo ha spinto tutto bloccandomi la testa contro i peli del suo pube. Lo usciva e subito lo sospingeva di nuovo dentro prendendo il ritmo. Mi dava degli schiaffetti tutte le volte che in agitazione lo sfioravo coi denti. Ero molto emozionato. Cercavo di fare il meglio possibile. In men che non si dica è venuto e me l'ha fatta bere tutta la sborra e anche ripulire l'uccello. Aveva fretta, lo ha rimesso negli slip, ha tirato su la cerniera e se ne è volato via. Il giorno dopo tutti già sapevano ed hanno cominciato a chiamarmi “Pompilio” e ad usarmi di conseguenza a turno al servizio delle loro erezioni tenendomi in allenamento in quella che è diventata ben presto una mia specialità. In alternativa mi chiamavano “il Mungi”. Per scherzo ogni volta che finivo un servizio ricevevo come compenso un centesimo. E a forza di centesimi ci ho riempito un salvadanaio intero che aveva la forma di un porcellino nel cui ventre tintinnavano non so quante monetine che mi ero guadagnato nel tempo. Dopo la maturità è arrivata l'ora di andare all'università. Di giorno seguivo le lezioni e studiavo ma la sera mi sentivo molto solo e andavo a fare due passi sui viali. Stavo camminando normalmente sul marciapiede quando ho visto un'auto che frenava bruscamente e faceva retromarcia fino a me tirando giù il finestrino. A bordo c'era un maturo forse sui cinquanta. “Cosa fai bel giovanotto?”. Quel “bel” già mi suonava un po' strano ma ancora di più il seguito: “Salta su che ci divertiamo dai!” Non ci crederete ma ho accettato l'invito e abbiamo cominciato a girare a vuoto senza molto senso intanto che lui si informava da dove venivo, quanti anni avevo e cosa ci facevo in città. Dopo aver capito che ero uno studente solo e abbandonato mi ha anche chiesto se avevo esperienze di sesso e io candidamente gli ho confessato che più in là di qualche pompa non mi ero mai spinto. “Ti spingo io stasera a scoprire cose nuove”. Ha imboccato una strada che portava in periferia poi una stradina e si è fermato in un posto buio e isolato. Si è aperto la patta e ha dato aria al cazzo. Caspita che arnese che aveva, dritto come un palo e già duro. “Serviti pure”. Mi sono chinato gliel'ho baciato e sono andato avanti di pompa. “Alt, non farmi venire”. Mi sono dovuto spogliare nudo e mi ha fatto accomodare sopra le sue ginocchia a cavalcioni dicendomi di lasciar fare a lui. L'ho sentito entrare nel sedere e non ci ho capito più niente. Mi piaceva proprio. “Che bella fica” esclamava di continuo ad ogni spinta. “Che frocetto”. Mi ha tempestato di colpi e io gemevo e guaivo come un maialino finché non ha cacciato un urlo e si è fermato di botto sospirando: “Che goduria!” È stato gentile, mi ha riaccompagnato vicino a casa e mi ha anche chiesto se avevo bisogno di soldi e senza esitare mi ha cacciato sull'unghia una banconota da dieci euro. “Ti bastano?” Le ho prese, ho girovagato un po' nel fresco della sera e sono rincasato. Ero abbastanza sullo sconvolto e non riuscivo a prendere sonno. Mi sono fiondato al PC in cerca di porno e in sega ne ho divorato uno dove si mostravano più o meno le stesse cose che a me erano capitate sul serio quella sera, con un boy come me che veniva impalato da un maturo.
La sera dopo sono ritornato sullo stesso viale e ho ritrovato lo stesso uomo che mi ha imbarcato sulla stessa auto per condurmi a casa sua. Una volta arrivati mi ha confessato che a lui piacevano quelli come me e aveva dei gusti particolari come per esempio sculacciarli. Se volevo provare non avevo che da calarmi sopra le sue ginocchia e mi avrebbe dato una dimostrazione. Mi sono spogliato e gli ho ubbidito. Me ne ha date tante da farmi piangere e subito dopo a culo in fiamme mi ha preso per la nostra seconda volta cavalcandomi come un animale. Piagnucolavo e lui rideva, mi ha cacciato ancora dieci euro in mano e mi ha spedito via non senza avvertirmi che ora ero suo e di presentarmi da lui all'indomani per fare altri giochini. Rincasando mi sono detto che non ci sarei tornato mai più ma ero anche curioso di scoprire quali giochini aveva in mente di fare con me e come uno scemo la sera dopo sono tornato da lui. Quella sera mi ha fatto indossare una tunichetta come quelle degli schiavi e delle schiave dell'antica Roma e mi ha detto che doveva diventare la mia divisa. Era di tela grezza e molto lacera e sfrangiata e corta corta che mi copriva appena un po'. Bastava che mi piegassi perché mi uscisse tutto il culetto in vista. Molto spesso faceva cadere per terra qualcosa che teneva in mano e mi pregava di raccoglierlo solo per godersi lo spettacolo delle mie natiche che gli apparivano all'istante come quando a teatro si alza il sipario e inizia lo spettacolo. Ha anche cominciato a trattarmi un bel po' da femminuccia e per prima cosa a chiamarmi sempre “Pompilia”. Una cosa è certa che era sempre affamato del mio sederino o per sculacciarlo come se meritassi chissà quale punizione o per trapanarlo con il suo pene e sfinirmi di spinte. Un bel giorno mi ha chiesto di coinvolgere qualche amico nei nostri giochi e non sapevo proprio come fare. La mattina dopo ho osservato bene un compagno di università di quelli che stanno sempre in disparte per la timidezza e mi sono accorto che guardava i maschi come li guardavo io. Finita la lezione l'ho avvicinato per fare due parole e abbiamo fraternizzato. Siamo andati al bar a bere una bibita insieme e a forza di chiacchierare ci siamo un po' rivelati a vicenda. In questo modo abbiamo cominciato a fare comunella e dopo un po' di tempo ho cercato di capire se poteva andargli bene di venire coinvolto con un maturo. Sembrava che volesse tirarsi indietro e che avesse non so quali scrupoli e timori ma in seguito mi ha confessato che non era mai stato a fare sesso con un uomo e che gli sarebbe piaciuto provare. Due sere dopo l'ho portato dal mio mentore che subito ci ha fatti spogliare e volteggiare nudi davanti a lui. Ha chiesto al mio amico come si chiamava e lui gli ha risposto che il suo nome era Domenico. “D'ora in poi non sei più Domenico ma la mia Domitilla” e nel dirgli questo l'ha fatto vestire anche lui in tunichetta e lo ha sculacciato con molta insistenza fino a farlo piangere. Ci ha fatti capovolgere sullo schienale del divano a sedere ben esposto fianco a fianco e ha fatto la conta da chi doveva cominciare. La prima inculata è toccata a Domitilla. La seconda a me. Nei giorni seguenti ha continuato a insistere che dovevamo reclutargli altri schiavetti e nel giro di poco gliene abbiamo trovato uno. Ora eravamo in tre ma non gli bastava. Ci ha sguinzagliati a formare una catena di Sant'Antonio attraverso la quale in breve tempo eravamo diventati sei, tutti col nostro bel nome da femminuccia e con la nostra tunichetta. Il quarto arrivato era Carlo ed è diventato “Clelia”, il quinto che si chiamava Matteo “Marzia”, l'ultimo di nome Lucio è diventato “Lucina”. Ci riceveva in gruppo e ce ne faceva fare di tutti i colori anche sbaciucchiarci e toccarci a vicenda. Poi ci costringeva a stenderci capovolti in fila sullo schienale del divano e faceva la conta. Ogni sera sceglieva due di noi per la sua solita doppia e gli altri per quella volta andavano in bianco ma in quanto a sculacciate ce n'era sempre più che abbastanza per ognuno. Non usava più le mani con la scusa che eravamo in troppi ma una bacchetta molto dolorosa che ci fioriva di righe. Uno alla volta ci strapazzava le natiche facendole sobbalzare come budini e non si fermava fino a quando non ci aveva passato in rassegna tutti. Ci ha fatto impostare una chat segreta che si chiamava “uno per tutti, tutti per uno” dove ogni giorno inseriva una foto sempre nuova dei suoi genitali alla quale dovevamo reagire tributandogli commenti di stupore e di meraviglia. Non facevamo fatica perché il suo cazzo era veramente un pezzo di carne di prima qualità e in quanto a palle non scherzava proprio. Ci aveva battezzati la “squadretta” e ci teneva a sottolineare sempre e comunque che i nostri culetti erano uno più bello dell'altro. Una volta al mese eleggeva il suo reginetto e lo riceveva da solo trattenendolo a letto con lui fino al mattino dopo. Ci siamo laureati quasi tutti nello stesso periodo e ci ha persi in blocco ma conoscendolo avrà di sicuro trovato il modo di rimpiazzarci con dei nuovi arrivati. Non ne so niente perché da tempo non si fa più vivo e nemmeno io con lui. Ho trovato lavoro e sul lavoro ho conosciuto un collega con il quale convivo e presto ci sposiamo. Ci bastiamo e non andiamo a cercare avventure di nessun genere.
scritto il
2024-12-17
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