La scelta: Small White o Big Black
di
Le due cantine
genere
tradimenti
― Hanno aperto un altro negozio quelle scimmie. Bisogna fare qualcosa. andiamo a spaccargli le vetrine, così come benvenuto, magari se ne tornano in Africa. ―. Marco era il più razzista di tutti noi, ragazzini sedicenni dei quartieri popolari, lui che era nato qui da una famiglia meridionale si stava scrostando di dosso i vari «terroni, tornate nella vostra terra, venite qua a rubarci il lavoro» che aveva sentito fin troppe volte rivolti a suo padre. E lui odiava suo padre perché non si ribellava, non rispondeva, senza rendersi conto che somigliava più ad un Totò pugliese che a un gladiatore romano.
― Hai ragione Marco, dobbiamo intervenire, tra un po' saremo invasi. L'Italia è degli italiani, di gente che lavora. Io sono d'accordo con te.―
Aveva risposto Giulia, figlia di un disoccupato perditempo, tra un bar e una rissa, e una madre che faceva le pulizie, e non solo quello, allo zio Carmine direttore delle Poste del Comune.
E anch'io la pensavo come loro, non era giusto che tutti venissero qui in Italia se nemmeno noi italiani avevamo il pane per sfamarci. E allora viva la Lega, viva Bossi. Quando ero solo, ragionavo e pensavo che più di metà dei mie amici erano figli di immigrati dal sul; e loro si erano integrati, anche se con qualche 'meridionalismo' dettato dal dialetto e che, probabilmente, era stata proprio la loro forza lavoro a mandare avanti certe fabbriche e molti altri lavori. Insomma la Lega non bastava, era meglio Forza Nuova con i suoi slogan «L'Italia agli italiani, via gli stranieri da casa nostra». Eravamo una decina di noi a pensarla così, vedendo il mondo, però, solo da una piccola prospettiva. Vestivamo con camicette a quadretti, polo Fred Perry, con i Bomber con la toppa del tricolore al braccio, i Levi's 501 e gli anfibi Doc Martens neri o bordeaux con in lacci bianchi. Non potevamo vestirci, anche volendo, come i nostri compagni di classe o di scuola tutti firmati con le Timberland hai piedi. Già quelle e un loro maglioncino di Armani costavano più di quello che noi avevamo in tutto il corpo. Tutti, però, avevamo la vespa o la lambretta comprate con le vendemmie o con qualche lavoretto extra. I nostri estremismi ci univano, ci facevano sentire grandi, sicuri che la casa del Mulino Bianco fosse solo un sogno, anche perché nelle nostre case c'erano i pacconi di biscotti da due chili, quelli che costavano meno: altro che Abbracci e Pan di Stelle!
Giulia era la più convinta di tutti noi, il fatto, forse, di essere nata a Bolzano di essere come una barbie: bionda, capelli lisci, occhi azzurri come il mare dei paesi tropicali la rendeva completamente diversa sia da una ragazza mediterranea, che figurarsi da una di colore. Appena sopra il taglio del suo meraviglioso culetto si era fatta tatuare la Croce Celtica che fino ad allora aveva visto solo Marco, il suo ragazzo. Sicuri della 'white power' sì, ma con mille dubbi e di questo che parlavamo e discutevamo io e Giulia. Ci ponevamo forse troppe domande per i nostri cervelli adolescenziali e privi di cultura. Ma questo ci univa, le sue certezze idealistiche ed il mio metterle in dubbio tutto, ci faceva bisticciare e litigare, iniziando a sentire però, che sotto stava covando dell'altro che tra noi c'era attrazione, voglia di stare assieme non solo come amici. Certo Marco era il mio migliore amico, il Lupin del gruppo e io Gighen il compagno fedele e mi adattavo, ma dentro la volevo, la desideravo ed ero certo che anche Giulia mi volesse. Perché Marco era un agitatore ma quando c'era da fare qualcosa lui era il primo assente. Una volta, c'era un ragazzo marocchino che spacciava piccole quantità di fumo nel nostro liceo, e Marco il giorno prima aveva detto solennemente ― Domani quando usciamo cacciamo via quel magrebino, non deve più farsi vedere, ok?.―. Ma il giorno dopo c'eravamo io e Giulia a parlarci, si chiamava Aziz ed aveva avuto paura di noi e della nostra possibile denuncia, ma poi ci eravamo fermati a fare due chiacchiere, ci aveva promesso che non avrebbe più spacciato nella nostra scuola e per far calmare il tutto ci aveva regalato una canna. E da quella canna la vita di tante persone è cambiata. Io e Giulia ci sentivamo come Charles Bronson in "Giustiziere della notte" o Clint Eastwood in "Ispettore Callhagan: il caso Skorpio è tuo" e via siamo partiti a festeggiare, quattro birre al bar, Marco non poteva uscire e noi lo stesso siamo andati con la mia vespa fuori dal paese, con le luci dei lampioni gialli a farci luce ed un'esplosione di sensazioni dentro. Lei era dietro di me, mi stringeva al suo petto per paura di cadere, mi parlava ma tra il casco e l'aria non capivo cosa diceva. Era buio, erano i primi di giugno e sotto la sella dove eravamo seduti ad ogni buca il rumore del vetro della bottiglia di vino bianco ci accompagnava. Poi mi ha stretto più forte, mi ha accarezzato gli addominali, poi la tua mano è scesa fino a toccarmi il cazzo sopra la tuta. E la mia testa: 'che cosa vuol fare?. Così ci ammazziamo, questa è impazzita!'. E mentre continuavo a guidare è entrata dentro i boxer e piano piano mi accarezzava e lo sentiva già ingrossarsi, smanioso e desideroso di lei e del suo corpo. Era la prima volta che succedeva una cosa del genere, ma io la sognavo e la aspettavo da tempo. Ho parcheggiato vicino ad un boschetto, i grilli e le cicale frinivano per noi e qualche uccello della notte, fra gli alberi neri dal buio, era a caccia di insetti e lanciava i suoi cupi richiami. Quando sono sceso dalla vespa avevo indicato con un gesto delle mani il davanti della tuta notevolmente gonfio ― Guarda cosa hai fatto?. Che cazzo ti viene in mente?. Volevi farci stampare?.― lei mi ha preso per mano e mi ha risposto: ― Dimmi che non lo vuoi anche tu? Mi pare che lì davanti tutto mi dice il contrario. Io lo voglio.. adesso.. voglio fare l'amore con te Leo.. per una volta. Marco non posso lasciarlo, si ucciderebbe. ― e con quelle parole mi ha portato dietro una siepe, ha fatto un sorso di vino dalla bottiglia, che avevo trafficato per aprire, e si è inginocchiata, mi ha tirato giù, quasi di forza, la tuta e i boxer e con la lingua ha iniziato a giocare. Io guardavo i suoi biondi capelli ed il suo viso andare avanti e indietro e buttavo giù nella gola sorsi di quel vino fresco e aromatico. Ti ho fermata, mi ero dimenticato della cannetta che avevo in tasca, come un esperto, che non ero, l'ho fatta su e l'abbiamo fumata insieme. L'effetto rilassante mi è salito subito, sono andato a prendere, da sotto la sella, un telo da spiaggia e sono tornato da te. Ti ci sei distesa sopra, ti ho alzato la gonnellina in morbido cotone, e tolto il perizoma bianco e ti ho aperto le gambe. Tra le foglie filtrava la luce dei lampioni ed uno di quei raggi illuminava perfettamente quel paradiso. E' stupenda, il triangolino di peletti biondi copriva a stento le tue grandi labbra e per me non poteva esserci cosa più bella, cosa più desiderata. Ho iniziato a leccarla prima da fuori, poi con le mani l'ho aperta un po' e sono arrivato alla tua clitoride. Tu ansimavi di piacere, io non riuscivo a pensare ad altro che a darti il massimo godimento. Facevo roteare la lingua, aiutato dalla bocca e dal naso, su quella turgida 'pallina' e sentivo dai tuoi dolciaromi che la tua voglia cresceva, hai detto una sola parola in due sillabe: ― Go.. do. ―, hai chiuso gli occhi inarcando la testa indietro e hai continuato ad respirare forte mentre io quasi a torturarti continuavo. Poi ti sei alzata e ti sei tolta tutti i vestiti rimettendoti distesa a pancia in su e mi hai fatto entrare dentro te. Sentivo la mia erezione entrare nel calore umido delle tue membrane e cercavo di penetrarti piano, per non farti male affinché i nostri corpi aderissero completamente. Ti sentivo godere, borbottare parole senza senso, slegate da un pensiero logico e io per la prima volta facevo l'amore, non stavo scopando come avevo fatto fino ad allora. Era lo stesso campo di gioco ma con regole diverse, non era più un trarre, egoisticamente, piacere ma donarlo. Eri tu che dovevi arrivare all'elevazione assoluta dell'orgasmo. Ti sei girata mettendoti in ginocchio con le mani appoggiate avanti, un solo sguardo ad invitarmi. Solo vederti in quella posizione, con il culetto alto e leggermente indietro mi donava una visione di pura bellezza. Il tatuaggio appena sopra la congiunzione delle natiche mi eccitava ancora di più era come scoparmi una bionda e bellissima ariana. Quando ti sei girata di nuovo 'a mo' di richiamo, i tuoi occhi azzurri illuminavano il buio e sono tornato al caldo dentro al tuo corpo. Sarei andato avanti all'infinito, l'effetto della canna mi aveva dato, per assurdo, una calma eccitazione costante, senza bramosie. Al suono della tua voce: ― Così mi fai morire davvero, e la quarta volta che vengo.. ora siii.. dai, an.. che tu.. sii ― non ho più retto, l'esplosione di luce è stata accecante, dirompente. Sentivo il getto dello sperma caldo scorrere in tutta la lunghezza del mio cazzo, come una bruciante scossa elettrica e finire dentro di te. Non ho detto una parola, non ne sarei stato capace, quel rapimento estatico, quella sensazione di completa beatitudine. E' stato meraviglioso. ― Lo sai Leo che non potremo mai più farlo..vero?. ―. ― E' chiaro Giulia. ―.
Alla fine di quell'estate ho cominciato a fare l'università: Scienze Dell'Educazione, non sapevo nemmeno io il perché di quella scelta, ma qualcosa in me stava cambiando. Ero stufo di tutto quell'odio che mi aveva circondato per anni e senza Giulia anche le mie idee 'destrorse' forse non avevano più senso. Marco e Giulia si erano lasciati, il padre di lei aveva scoperto la tresca che sua madre aveva con zio Carmine e se ne era andato di casa. Un amico mi aveva detto che lei era andata a vivere da sua sorella più grande a Torino, perché sua madre cambiava amanti di continuo. Iniziava la strada verso il baratro di quella meravigliosa creatura. Marco aveva saputo tutto di quella notte ed oltre ad aver chiuso la sua storia d'amore, mi aveva odiato con tutto se stesso e mi aveva sempre evitato, senza mai parlarmi più. Certo avevo poche giustificazioni, ho tradito il mio migliore amico ma l'unica cosa che avrei potuto dirgli era che amavo Giulia più di me stesso. Ho saputo, poi, che aveva trovato lavoro come muratore e la sera, stanco, aveva poca voglia di fare monologhi su Mussolini o altre storie razziste a quelli che erano rimasti.
Mi sono laureato senza troppi problemi con il massimo dei voti, e adesso cominciavo ad affrontare il primo vero lavoro. Ho cominciato a fare l'educatore di minori, dovevo, in buona sostanza, favorire l'inserimento sociale a ragazzi, spesso senza padre, nella nostra strutturata società oltre ad un sostegno negli studi. In base al 'caso', al progetto e alle linee che potevano essere più valide: alcuni li seguivo a scuola, altri a casa. Tendenzialmente sceglievo, viste le mie idee politiche, ragazzi bianchi: rumeni, moldavi insomma dell'est Europa. In media ne avevo sei all'anno. Quando mi hanno proposto di lavorare con due ragazzo ghanesi ci ho pensato molto, ma parlandone con Sara, la mia compagna, di idee completamente opposte alle mie, ho deciso di accettare. Stavo bene con Sara era una ragazza molto bella e da poco avevamo deciso di convivere.
Un pomeriggio avevo incontrato il ragazzo della sorella di Giulia che mi aveva raccontato che se la stava passando davvero male. Sua sorella aveva beccato suo marito a letto con Giulia, e quindi l'aveva sbattuta fuori di casa. Mi aveva anche detto che l'amore della mia vita scopava con il genero per soldi, per procurarsi l'eroina. La frase che mi aveva distrutto era stata ― Vive per strada e fa i pompini ai negri, ai nigeriani per una dose, ti rendi conto la fascistella.. ― e quello mi aveva fatto stare molto male, chissà come sarebbe andata se...
Kevin aveva 16 anni, Prince 13. Devo dire che i primi tempi erano stati davvero duri per me, l'odore nauseante di fritto, di spezie ed il casino costante di quella casa mi indisponeva. Inizialmente l'unica cosa positive era che sapevano molto bene l'italiano, almeno non mi 'smaronavo' con l'inglese. Giorgia, la madre di questi ragazzi lavorava a turno in una casa per anziani, il marito era scomparso da anni appena dopo averla lasciata incinta di Betty che aveva 5 anni quando ho iniziato a frequentare quel bizzarro appartamento. Abitava con loro la sorella di Giorgia, che si chiamava Naomi, 32 e 23 anni. Io avevo 25 anni in quel periodo. Le due donne non erano molto portate per fare i lavori domestici, o meglio era tutto pulito ma tutto in completo disordine, sembrava che gli armadi non esistessero. Potevo entrare da loro alle cinque del pomeriggio che tutti ballavano scatenati con Bob Marley in bomba, sempre in festa e sempre sorridenti. Pian piano hanno fatto breccia nel mio cuore ed oltre al mio impegno lavorativo se avevano bisogno di qualcosa li aiutavo. Tante sere mangiavo da loro, mi facevano le ricette ghanesi , con i fogli del Città Nostra al posto della tovaglia, ed io preparavo carbonare e amatriciane che spazzolavano, che i piatti non serviva quasi lavarli. La famiglia era ben integrata con la comunità ghanese e ogni domenica c'era un compleanno, un battesimo e quando ci andavo anch'io ero davvero la 'mosca bianca'. Iniziavo a trovarmi bene in mezzo ai mille colori, ai mille rumori di quel posto, al punto che spesso litigavo con Sara perché per lei ero sempre lì e non avevo mai tempo per noi. In quel giugno, Giorgia e i figli erano tornati in Ghana per fare certificazioni e per i documenti per il divorzio e nell'appartamento era rimasta solo Naomi. Sono passato a trovarla e sul divano ci siamo messi a parlare bevendo Branca Menta ghiacciato. Naomi era grossa, una grossa ragazza africana, quando sorrideva i suoi denti bianchi parevano risplendere tra quel viso d'ebano. Eravamo un bel po' alterati da quell'amaro freddo ed ha appoggiato il suo viso sulle mie gambe tirando le sue sul divano. Non so cosa mi sia preso ma ho cominciato ad eccitarmi e lei con la nuca se n'è accorta, si è girata e mi ha guardato negli occhi sorridendo ― Porcellino. ―. Ha messo la mano sotto la sua guancia, dove sentiva la mia erezione , ha alzato la testa, mi ha fatto rimanere senza jeans e boxer e con quelle labbra carnose ha iniziato a succhiarmelo. Io sono rimasto immobile. Alternava movimenti della mano in su e giù e dopo se lo rimetteva tra le labbra. Sapevo che era sbagliato, sapevo che non sarebbe mai dovuto succedere, sapevo che avevo Sara già incazzata, sapevo che ci lavoravo lì.. sapevo.. sapevo.. sapevo che era troppo bello, che era troppo brava. Ho dovuto fermarla altrimenti sarei venuto, davanti a me c'era un orologio, per venticinque minuti mi ha sequestrato il mio cazzo al caldo della sua bocca, leccandomelo, aspirandomelo. Siamo andati in camera sua e camminando dietro lei vedevo questo culo grosso, formoso che la tuta grigia faceva difficoltà a contenere. Poi lei nuda si è distesa sulla schiena mi ha aperto quelle muscolose e nere gambe e sotto i peli due grosse labbra più scure della pelle del corpo, quasi nere, ed in mezzo una sottile linea rosa acceso, chiara che compariva e spiccava. Mezzo ubriaco mi è venuta in mente una fettina di roastbeef all'inglese richiusa su se stessa. Allora ho cominciato a mangiargliela, lei respirava forte era eccitatissima ed mi perdevo nel nero di quel corpo. Baciavo LA SUA clitoride, la prendevo e la mordicchiavo tra i denti e lei si agitava e le sue enormi tette ballavano al suo godere. Nella mia mente come sottofondo a quell'ardito gioco una canzone di Battiato:
Era la più grassa puttana
Che mai avessi visto
La donna più grassa che avessi guardato
Aveva un vestito di seta cangiante
Perline al collo, un ventaglio di struzzo
Mani delicate
Uno le disse, "schifosa montagna di grasso"
Rise e dimenò il corpo come a dire sì
O buon Gesù, certo sì
Farlo con te non deve essere comodo
Sei grassa come tre
E invece no, invece mi dicono
Che bel posto hai
Sei più bella di Marilyn
O di Evelyn, non ricordo
Vedete come va il mondo?
Ecco com'è che va il mondo
Poi gli ho alzato le gambe con un po' di fatica e sono entrato dentro di lei con più forza che potevo, leccandogli quelle tette che esplodevano da tutte le parti con due capezzoli rosa gonfi di voglia. Era tutta bagnata sotto e io, forse un po' impaurito da quella ragazza e dal suo grosso corpo la sbattevo forte, sempre più forte. Lei gridava, volevo sentirla godere di più e ancora, e ancora. Era bellissimo davvero perdersi in un corpo così maestoso, ogni parte che toccavo era calda, tonica, avvolgente. Ha iniziato a scoparmi lei mettendosi sopra di me, il mio corpo magro e bianco pareva scomparire nello scuro della sua pelle e lei sorrideva e veniva, e continuava a sbattersi forte il mio cazzo durissimo tra la sue gambe. Quando si è messa a pecorina, potevo mettere Giulia e Sara affiancate con i loro culetti da miss per fare quel culo grosso, ma non grasso, di una rotondità golosa. Mi faceva una voglia esasperante. Si è girata ci siamo guardati e ci siamo capiti, o lubrificato con le dita il suo buco dietro con i suoi liquidi vaginali che erano usciti abbondanti e il mio cazzo, di 23 cm, è entrato tutto dentro lei. Nel suo viso ho visto una smorfia di dolore ma quando ho sentito oliarsi meglio in nostro contatto, lei, quasi senza respiro mi ha detto di spingere più forte che le piaceva troppo. Ho preso a pomparla forte con le mani sui suoi fianchi ed entrambi abbiamo gridato all'arrivo di un enorme, devastante orgasmo. Quando ancora avevo gli spasmi se l'è rimesso in bocca ed ha ricominciato subito a ciucciarmelo. E cosa mai successa mi è tornato duro, subito, un pezzo lungo di carne bianca in una delicata bocca nera. Vedere queste labbra carnose avvolgerlo, quasi a ripararlo mi ha portato a venire di nuovo, tutto nella sua bocca. Lei ha alzato gli occhi e ha allargato un pochino le labbra in un sorriso sempre con 'lui' in bocca. Mi sono perso, per riprendermi ho guardato il telefono c'erano 7 telefonate di Sara e quattro messaggi, l'ultimo era: «Puoi fare anche a meno di tornare a casa, resta dalla tua famiglia ghanese» Non le ho risposto ma ho pensato: 'Tranquilla non ci torno a casa'.
E così un giovane ragazzo razzista, con idee chiaramente di destra, 'tutti gli stranieri a casa loro' era lì disteso in parte ad una ragazza ghanese a casa sua. Uno che odiava anche solo la vista di una smagliatura in una donna era li al fianco di un corpo grosso, pieno di rotondità soddisfatto, sfinito dagli orgasmi che lei gli aveva donato. E tornando verso casa avevo i pensieri confusi, ma di certo domani sarei tornato da Naomi e mi sarei tuffato in quello scuro mare. E ripensavo alle parole del 'poeta' Battiato:
La donna più grassa che avessi guardato
Farlo con te non deve essere comodo
E invece no, invece mi dicono
Che bel posto hai
Sei più bella di Marilyn
O di Evelyn, non ricordo
Vedete come va il mondo?
Ecco com'è che va il mondo
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