Il piano inclinato - passione incontrollata PARTE 1

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tradimenti

Francesca è una donna di 35 anni, dall'aspetto curato, con capelli castani e occhi verdi che raccontano storie di dolcezza e amore, lavorava come impiegata. Sposata con Paolo, un uomo di 36 anni, dirigente di una multinazionale, che la amava con una devozione che avrebbe fatto girare la testa a chiunque. Paolo, pur essendo meno attraente della moglie, aveva un cuore che batteva solo per lei, e fantasie che lo tormentavano segretamente.

Francesca aveva un capo che ammirava da sempre. La sua ammirazione era prettamente lavorativa. Lo considerava molto carismatico e intelligente, non che fosse un bel uomo: Antonio era un cinquantenne decisamente in forma, con un leggero accenno di pancetta ma si notava un fisico da ex atleta. Oltre tutto, Antonio manteneva sempre un tono serio e rispettoso, ma altezzoso e non dava eccessive confidenze ai suoi diretti sottoposti, preferendo il 'lei' a un più informale 'tu'. Ogni tanto Francesca raccontava a Paolo quanto il suo capo fosse in gamba. Dopo alcuni anni, Antonio se ne andò dal luogo di lavoro seguendo altre strade.

Alcuni anni dopo, Francesca, per conto dell'azienda, dovette partecipare a un corso di formazione. Non si aspettava di rincontrare Antonio. Lo trovava come lo ricordava: carismatico e magnetico. Con un po' di timidezza si avvicinava a lui, salutandolo come ai vecchi tempi con il 'lei'. Antonio si girò e la riconobbe subito, ma a differenza di prima, il suo tono era molto più cordiale e amichevole, dandole subito del 'tu'. Francesca notava subito questa differenza e pensava che, alla fine, non era più il suo capo, era normale questo cambio di atteggiamento in un professionista serio come era Antonio.

Durante tutto il corso, Antonio la guardava con occhi magnetici e sorridenti, lei ascoltava attenta e il corso arrivò velocemente alla prima pausa caffè. Antonio si avvicinava subito a Francesca proponendole di pranzare insieme. Lei rimase stupita perché in tanti anni di lavoro insieme, Antonio non aveva mai bevuto neanche un caffè con i suoi sottoposti. Pensava che fosse il suo ruolo a impedirglielo all'epoca. Non le diede neanche il tempo di rispondere e riprese il corso. Francesca pensava all'invito ricevuto e le sembrava normale scrivere a suo marito. Gli raccontava che il docente del corso era il suo ex capo e che l'aveva invitata a pranzo. Paolo rispose: "Be', dovrai pur mangiare, che problema c'è?"

Alla pausa pranzo, Antonio, dando per scontato che Francesca avesse accettato, le diceva: "Andiamo?". Francesca rimase un attimo stupita dal suo decisionismo, ma poi ricordava che era sempre stato carismatico e poi avrebbe pur dovuto mangiare. Scelse un ristorante classico da pausa pranzo, un luogo neutro ma sufficientemente intimo per una conversazione. Durante il pranzo, parlava del lavoro di Francesca, chiedendo se era ancora sposata con Paolo, dimostrando interesse per la sua vita oltre l'ufficio. "Hai sempre avuto una marcia in più, oltre che essere molto affascinante" disse, e Francesca, abituata a ricevere complimenti, arrossì di fronte a quelli di Antonio.

Francesca sentiva l'ammirazione di Antonio come un balsamo per l'anima, era il rispetto, l'apprezzamento per le sue capacità che la facevano sentire bene, non l'intenzione sessuale. Tuttavia, quando Antonio le diceva che l'aveva sempre trovata molto in gamba e bella, non poteva fare a meno di schermirsi, sentendo un leggero imbarazzo, ma anche un piacere sincero.

Il pranzo fu breve, ma la pausa ancora lunga, e Antonio propose una passeggiata. Francesca accettava con piacere, trovando piacevole il tempo passato con lui nella pausa pranzo. Era brillante e mai banale nella conversazione.

Durante la passeggiata, ogni parola di Antonio era come un raggio di sole, ma Francesca non sentiva il calore del desiderio, solo l'apprezzamento per un uomo che sapeva essere un mentore. Era curiosa di sapere cosa avesse fatto Antonio negli ultimi anni, ascoltando con attenzione, sentendosi valorizzata dalla sua attenzione.

Nei mesi successivi, i pranzi tra Francesca e Antonio divennero una routine, un appuntamento fisso che Francesca cresceva ad apprezzare per la compagnia e il dialogo intellettuale. Antonio continuava a decantare le qualità di Francesca, ma la sua ammirazione rimaneva platonica, un affetto che si radicava nella stima reciproca piuttosto che in un desiderio carnale. Spesso le dava dei consigli professionali e di vita. Lei li accettava piacevolmente, riconoscendo in lui l'esperienza di vita e lavorativa.

Quando Antonio la prendeva a braccetto o le teneva la mano, Francesca vedeva in questi gesti una forma di affetto amicale, non un tentativo di seduzione. Tuttavia, a casa, non menzionava mai questi dettagli a Paolo, non voleva che lui pensasse male. Alla fine, erano gesti innocui e gentili. I pranzi si accompagnavano sempre a una piacevole passeggiata. Francesca intuiva che forse Antonio la stesse corteggiando, ma pensava che non fosse sicura e che, poi, alla fine, per lei era piacevole ricevere quelle attenzioni. Comunque, sarebbe stata in grado di tenerlo a distanza.

La situazione prese una svolta quando Antonio propose una giornata intera a fare shopping all'outlet. Il pensiero di passare una giornata con Antonio la stimolava, ma capiva anche che era quanto meno strano. Come avrebbe detto a Paolo?

Decise che avrebbe raccontato qualche dettaglio a Paolo, dicendogli che aveva visto qualche altra volta Antonio ed erano diventati buoni amici e che per il prossimo sabato l'aveva invitata (mentendo dicendo che erano invitati entrambi) per una giornata presso il nuovo outlet.

Paolo, con la mente piena di fantasie, accettava l'invito, vedendo in questa giornata una possibilità di osservare Francesca e Antonio insieme. La sua mente era un campo di battaglia tra la voglia di vedere le sue fantasie diventare realtà e la paura di perdere la sua adorata moglie. Quando arrivarono all'outlet, Antonio rimase sorpreso e deluso dalla presenza di Paolo, si presentarono con amicalità, e dopo una breve passeggiata insieme, Paolo decideva di mettere alla prova Francesca, lasciandola sola con Antonio. Prendendola da parte, Paolo disse a Francesca: "Mi dispiace, devo tornare a casa. Lunedì ho quella call importatissima, non sono sicuro che sia perfetta, devo andare a rivederla". Francesca abbozzava e diceva: "Vabbè non c'è problema, andiamo pure casa". Ma non è necessario che tu venga. C'è Antonio qui che ti farà compagnia, vero Antonio?". Antonio abbozzava un sorriso di circostanza e confermava.

Con Paolo che si allontanava, Francesca si ritrovava in una situazione inaspettata. Sarebbe stata sola con Antonio non per la sola pausa pranzo, ma per tutto il giorno. Chissà se avrebbe continuato con le solite velate avance.

Anche senza la pulsione sessuale, Francesca si sentiva a disagio, non per Antonio, ma per la situazione. Era come camminare su una linea sottile, dove ogni risata, ogni parola poteva sembrare un passo verso qualcosa di più intimo. Tuttavia, il piacere della compagnia di Antonio non cambiava, era l'amicizia che cercava, non altro.

Osservando da lontano, Paolo vedeva ciò che voleva vedere: risate, tocchi, complicità. La sua mente era un vortice di emozioni, tra l'eccitazione delle sue fantasie e la gelosia che iniziava a crescere. La giornata all'outlet, che avrebbe dovuto essere un test, diventava per Paolo una conferma delle sue fantasie, ma anche un tormento di dubbi e paure.

Dopo alcuni minuti di passeggiata guardando qualche vetrina, Paolo vide che i due si accomodavano a un tavolino di un bar per un caffè. Antonio era leggermente di spalle, Francesca era di fronte alla sua visuale e vicina ad Antonio. Era abbastanza lontano ma gli sembrava che la mano di Antonio fosse su quella di sua moglie. Poi si alzava leggermente andando verso Francesca. La baciava?

Francesca accusava il colpo, non si aspettava il bacio, che per quanto fosse casto era sempre un bacio. Non si ritraeva, duro solo qualche secondo ma si limitava a dire: "Antonio, sono sposata, lo sai." Dopo aver bevuto i loro caffè, i due si alzavano. Antonio si faceva più audace, al posto di prenderla a braccetto, abbracciava un fianco di Francesca, la quale con un po' di imbarazzo si limitava a dire di non esagerare ma non si ritirava affatto, gradendo il calore del corpo di Antonio. Ringalluzzito dalla cedevolezza di Francesca, Antonio si sentiva autorizzato ad andare avanti. L'abbraccio diventava sempre più intimo e qualche bacio sul collo. Francesca si limitava solo a ricordare di essere sposata.

Arrivarono a un negozio di costumi da bagno. Antonio disse a Francesca che poteva essere una bella idea andare al mare. "Non fa caldissimo, ma ci sarà poca gente e potremo goderci meglio la spiaggia." "Ma non ho il costume," ribatté Francesca, "Be', li compriamo qui in questo negozio." Travolta dal decisionismo di Antonio, si faceva trascinare dentro il negozio. Antonio sceglieva un costume per lei ed uno per lui. Pagava ed uscivano dirigendosi al parcheggio.

Paolo vedeva i due uscire da un negozio con un sacchettino, ma la distanza non gli permetteva di vederne il contenuto. Li seguiva ancora, vedendo che si stavano dirigendo verso il parcheggio. Dove stavano andando? Hanno già finito il giro? Sta tornando a casa? Prese la sua auto e a distanza di sicurezza li seguiva, pensando ad una strada alternativa nel caso si stessero dirigendo verso casa, doveva farsi trovare a casa. Ma presero la direzione opposta, dove stavano andando? Paolo seguiva l'auto fino a che non si fermava, parcheggiando a una distanza di sicurezza vicino alla spiaggia. Scendeva dalla macchina con il cuore che batteva come un tamburo, la mente piena di immagini e domande senza risposta.

Da lontano, cercava di individuare Francesca e Antonio tra la gente sulla spiaggia. Li vedeva, erano in una posizione leggermente defilata, in una zona della spiaggia libera dove sembrava che la realtà e la fantasia si incontrassero. Ora erano in costume da bagno, e Paolo si chiedeva se si fossero cambiati già nel negozio, un dettaglio che aggiungeva un altro strato di intimità al loro tempo insieme.

Osservava come avevano steso i teli, come se avessero sempre saputo che la giornata sarebbe finita lì. Vederli in costume, così vicini, in un ambiente così diverso dal loro solito, lo faceva sentire come un intruso nella vita di sua moglie, ma anche come un voyeur delle sue stesse fantasie.

Le emozioni si agitavano dentro di lui: gelosia, eccitazione, timore, e una curiosità morbosa su cosa accadrebbe. Vederli pronti per godersi una giornata al mare, insieme, senza di lui, era come guardare un quadro che non aveva mai immaginato di vedere dipinto.

Così, con il sole che illuminava la spiaggia e le onde che mormoravano segreti, Paolo si trovava a spiare la donna che amava e l'uomo che aveva sempre immaginato nei suoi sogni più oscuri, in un contesto che rendeva tutto più reale e pericoloso. La distanza fisica che manteneva non era nulla rispetto a quella emotiva che sentiva crescere tra lui e Francesca, mentre cercava di capire cosa significasse tutto questo per il loro futuro.

La spiaggia era quasi deserta, un palcoscenico privato per i desideri e le paure di tre anime. Francesca e Antonio erano seduti sui loro teli, conversando con una vicinanza che suggeriva intimità. Antonio guardava Francesca con un interesse che andava oltre l'amicizia, i suoi occhi percorrevano le sue forme, e Francesca, con un misto di imbarazzo e piacere, si schermiva. Francesca si sedava per prima su uno dei due teli e poteva notare per la prima volta Antonio in costume. Era veramente un bel uomo. Sì, aveva un accenno di pancetta ma era molto alto, un petto ben formato e braccia e gambe massicce, sicuramente sarà un ex atleta, pensava.

Si stendeva sul telo anche Antonio e la baciava, prima sul collo, poi sulle labbra. Francesca, con una forza che le veniva dal cuore, ripeteva: "Sono sposata." Per togliersi dall'imbarazzo, decideva di stendersi a pancia in giù, sperando di mettere un po' di distanza tra loro.

Ma per Antonio, questo gesto era un invito. Si avvicinava dolcemente, accarezzando le curve di Francesca, baciandole il collo da dietro. Francesca, sorpresa, girava il volto, pronta a ricordargli nuovamente il suo stato matrimoniale, ma Antonio era più veloce. Le labbra di Antonio si posavano sulle sue ancora una volta, questa volta con una persistenza che non lasciava spazio alle parole. La sua lingua cercava delicatamente la sua, e Francesca, in un momento di debolezza o di desiderio, si lasciava andare al bacio, partecipando con un piacere che non aveva previsto. Ma quando Antonio si appoggiava al suo corpo, rendendo palpabile la sua "ingombrante" eccitazione, Francesca si risvegliava dal suo momento di abbandono. Si staccava bruscamente, dicendo con una voce che era un mix di desiderio e determinazione, "Dai, basta Antonio."

In quell'istante, Francesca sentiva il cuore battere forte, non solo per l'eccitazione ma anche per la colpevolezza e la confusione. Aveva goduto del bacio, ma sapeva che questo andava oltre ciò che poteva permettersi. La sua fedeltà, il suo amore per Paolo, la tiravano indietro verso la realtà, anche se una parte di lei era stata tentata di lasciarsi andare a qualcosa di proibito. Ma Antonio, come un predatore rapace che fiuta la preda, non si fermava affatto, si stendeva al suo fianco e la baciava ancora con trasporto. Ancora una volta, lei non sapeva resistere e partecipava al bacio. Le mani di Antonio iniziavano a viaggiare sul corpo di Francesca, poi Antonio si fermava, la faceva alzare e la conduceva per mano verso la pineta. Non seppe ribellarsi.

Appena dentro la pineta, dove la luce del sole si filtrava tra le fronde, Antonio avvolgeva Francesca da dietro, la sua figura imponente che la sovrastava, facendola sentire piccola e completamente presa. Francesca sentiva l'ingombrante presenza di Antonio, sentiva quanto era grosso e duro il suo cazzo, premuto contro di lei, un promemoria palpabile del suo desiderio. Le mani di Antonio scorrevano sul suo corpo con una sicurezza che la faceva tremare. "Antonio, no, non dovremmo...", mormorava, ma le sue parole si perdevano in un sospiro quando lui iniziava a baciarle il collo, mandando ondate di calore attraverso di lei. Le sue dita si muovevano sotto il costume, accarezzando i suoi capezzoli, facendoli indurire sotto quel tocco audace.

"Shh, Francesca, sei bellissima," le sussurrava all'orecchio, la sua voce carica di desiderio. Mentre continuava a esplorare il suo corpo, spingeva il suo bacino contro di lei, facendole sentire la sua erezione, dura e prominente.

La sensazione di quella presenza così ingombrante, così evidente, la faceva sentire come se fosse in fiamme. Il cuore le batteva forte, e il piacere che provava era contrastato solo dal senso di colpa. "Antonio, ti prego, sono sposata," cercava di dire, ma la sua voce era debole, tradita dal desiderio che sentiva crescere dentro di sé.

Non si fermava, accentuando il contatto tra loro, le sue mani ora più audaci scendevano verso il basso, accarezzando il suo sesso sopra il costume, mentre le sussurrava parole sporche. "Non mi importa, voglio solo farti sentire quanto ti desidero. Guarda come ti voglio, cazzo," diceva, mentre ogni spinta contro di lei le faceva sentire chiaramente la sua dimensione, la sua durezza.

La sensazione di essere desiderata in quel modo, così viscerale, la faceva sentire viva, ma anche terribilmente vulnerabile. Sentiva ogni centimetro di lui, il suo cazzo che premeva contro di lei, un richiamo al piacere che non aveva previsto. "Antonio, basta, non possiamo..." provava a dire, ma la sua protesta era debole, sovrastata dal piacere che provava quando lui le faceva sentire ancora di più la sua presenza ingombrante.

In un momento di lucidità, riusciva a fermarlo. "Dai, la giornata è ancora lunga e possiamo divertirci, fra un po' andremo a mangiare sul mare," diceva Antonio, con un sorriso che tentava di dissipare la tensione. Francesca, ancora una volta, cedeva a quella persuasione, si risiedeva sul telo, cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni. Antonio non faceva più alcun approccio esplicito, ma ogni tanto Francesca si ritrovava a lanciare uno sguardo verso i boxer di Antonio, curiosa di ciò che aveva sentito prima. Antonio, accorgendosene, le lanciava un'occhiata complice, sogghignando di sottecchi.

Nel frattempo, Paolo rimaneva in attesa, con l'ansia che cresceva a ogni secondo passato nella pineta. Dieci, quindici minuti che sembravano un'eternità, senza vedere cosa stessero realmente facendo. Quando finalmente li vedeva uscire da lontano, non riusciva a distinguere chiaramente. Il costume di Francesca sembrava fuori posto, ma forse era solo la sua immaginazione che giocava brutti scherzi. "Cosa avranno fatto? Hanno scopato?" si chiedeva Paolo, sentendo la pressione crescere dentro di sé, il cuore che batteva forte e una sensazione di eccitazione che lo faceva diventare duro, quasi dolorosamente.

La sua mente era un turbine di immagini e scenari, ognuno più erotiti dell'altro, alimentati dall'incertezza e dal desiderio. Vederli tornare alla spiaggia non faceva altro che accrescere la sua frustrazione e l'eccitazione, lasciandolo con un mix di gelosia, desiderio e un bisogno fisico che lo faceva sentire come se fosse sul punto di esplodere. La sua fantasia si era scontrata con la realtà, e ora non sapeva più cosa desiderare di più: chiarezza o l'eccitazione di non sapere.

Passava un tempo indefinito per Paolo che non notava più atteggiamenti equivoci. Li vedeva solo parlare amichevolmente. Ad un certo punto, li vedeva alzarsi e dirigersi verso il parcheggio. Ancora una volta, doveva correre alla sua auto per non farsi vedere. Questa volta la sua auto era un po' più lontana, e quando si rimetteva in marcia, li aveva persi.

Girava un po' a zonzo, incerto su dove andare. La strada era trafficata e non poteva certo andare veloce, riceveva un messaggio sul cellulare. Accostava per leggere. Era Francesca che gli comunicava che stavano andando a mangiare e se riusciva ad unirsi a loro. Voleva dire di sì e raggiungerli subito per interrompere questa cosa che gli stava provocando un intenso dolore, ma l'eccitazione era più forte di lui: "Mi dispiace ma non riesco, ho riletto la presentazione e fa schifo, la sto riscrivendo completamente. Magari vi raggiungo più tardi."

Con questo messaggio, Paolo sceglieva di prolungare il suo tormento, di lasciare che la fantasia e la realtà continuassero a intrecciarsi, preferendo l'eccitazione a cui non poteva rinunciare, nonostante il dolore che gli provocava. La sua decisione di non unirsi a loro era un atto di auto-tortura, un modo per esplorare i limiti della sua gelosia e del suo desiderio, mentre si chiedeva cosa stesse succedendo tra Francesca e Antonio, senza mai avere il coraggio di affrontare la verità faccia a faccia.

Riflettendo su dove potessero andare per pranzo, concludeva che probabilmente non sarebbero tornati all'outlet ma avrebbero scelto uno dei ristoranti sulla litoranea. "Sicuramente saranno sulla litoranea," mormorava tra sé, facendo inversione con l'auto per dirigersi nuovamente verso la costa.

Paolo procedeva lentamente lungo la litoranea, gli occhi attenti a cogliere ogni dettaglio. Alla fine, scorgeva l'auto di Antonio. Parcheggiava dalla parte opposta, lontano dalle vie di accesso, assicurandosi che quando uscissero, non vedessero la sua macchina. Si avvicinava piano, cercando di non essere notato, e da lontano li vedeva seduti a un tavolino appartato che dava sul mare.

Stavano conversando amabilmente, sul tavolo c'erano due bicchieri e una bottiglia di vino, un quadro di normalità che contrastava con il caos delle emozioni di Paolo. Li osservava, cercando di leggere tra le righe della loro conversazione, immaginando cosa potessero dirsi, mentre il vino suggeriva un'atmosfera di relax e intimità che lo faceva sentire sempre più estraneo alla vita di sua moglie.

Dopo l'episodio nella pineta, il cuore di Francesca batteva ancora a mille. Era eccitata, sì, ma sapeva di aver fatto qualcosa di non corretto. Tuttavia, non riusciva a staccarsi da quel fascino magnetico che Antonio emanava. Poteva andarsene, ma decideva di rimanere in spiaggia, un'ancora di contraddizioni tra desiderio e moralità.

Ogni tanto, colta dalla curiosità, guardava verso i boxer di Antonio, ricordando quella sensazione ingombrante. Veniva scoperta e arrossiva come una ragazzina, sentendo il calore salirle alle guance. Tranne per qualche dolce carezza, Antonio non accennava più a nessun approccio esplicito, lasciandola in uno stato di tensione e sollievo allo stesso tempo.

Antonio si alzava, prendeva per mano Francesca e le diceva che l'avrebbe portata in un bel ristorante sul mare. In macchina, quasi presa dal panico, Francesca prendeva il cellulare e scriveva a Paolo, comunicandogli che stavano andando a pranzo e chiedendogli se voleva partecipare. La sua testa sperava che il marito la raggiungesse, desiderando che lui ponesse fine a questo martirio, ma il suo corpo sembrava avere altre idee.

La risposta negativa di Paolo la lasciava interdetta, non sapeva se essere felice o triste. Una parte di lei era sollevata di poter continuare a godere della compagnia di Antonio, ma un'altra parte sentiva il peso della colpa e del desiderio di tornare alla normalità. Antonio era sempre bravo a rimetterle allegria e spensieratezza, distraendola dai suoi conflitti interiori.

Nel frattempo, in auto, la mano di Antonio era sul suo ginocchio, un tocco che sembrava innocente ma che faceva sentire Francesca come se fosse in bilico tra due mondi. Quell'attimo di contatto fisico, così semplice ma carico di significato, la faceva riflettere su quanto fosse facile permettere al desiderio di prendere il sopravvento, e su quanto fosse difficile mantenere il controllo quando ogni fibra del suo essere era attratta dal carisma e dalla sicurezza di Antonio.

Al tavolo del ristorante, Antonio aveva modo di parlare dell'episodio della pineta e di tutto il resto. "Francesca, sei troppo sensuale, ti ho sempre desiderata," le confessava con voce bassa, mentre le accarezzava le gambe sotto il tavolo. "Toccarti è stato così piacevole, e so che anche a te è piaciuto, l'ho sentito quando ho infilato le mani nella tua intimità," continuava, con una sicurezza che faceva tremare Francesca.

Seduti uno accanto all'altro, Francesca non riusciva a trovare parole per rispondere, il suo corpo in conflitto tra il piacere e la colpevolezza. La mano di Antonio sulle sue gambe era come una corrente elettrica che la attraversava, risvegliando il desiderio che aveva cercato di soffocare.

Non ricevendo risposta, Antonio si avvicinava e la baciava con passione, un bacio che Francesca non respingeva. Ancora una volta, si lasciava travolgere da quella passione, come se fosse tornata adolescente, cedendo a un bacio lungo ed appassionato che li faceva sentire come due quindicenni innamorati. Francesca si stava sciogliendo, il suo corpo rispondeva a quella vicinanza con un desiderio che non poteva più negare.

Il bacio era un turbine di sensazioni, ogni tocco delle loro labbra un ricordo del piacere provato nella pineta, un riconoscimento del desiderio reciproco che non si poteva più ignorare. Si sentiva come se fosse in un sogno, dove le regole della realtà non valevano, dove poteva permettersi di essere solo una donna desiderata e desiderante.

Antonio, con una delicatezza che contrastava con l'intensità del momento, afferrava la mano di Francesca e la appoggiava sulla patta dei suoi pantaloni. "Visto che eri curiosa, adesso lo puoi sentire, se vuoi lo puoi anche vedere," diceva con un sussurro carico di promesse.

Non si ritraeva, la sua mano rimaneva ferma lì, indecisa ma incuriosita. Nonostante tutto, riusciva a sentire la consistenza e la durezza sotto il tessuto, decisamente importante. Mentre si baciano, con la mano ancora posata sul membro di Antonio, Francesca si trovava a riflettere, divertita e forse un po' sorpresa, che un uomo con un grande carisma come lui non poteva che avere un grande cazzo.

Quel pensiero la attraversava come una scossa di umorismo e desiderio, un momento di leggerezza in mezzo alla tempesta di emozioni che la scuoteva. Il bacio continuava, profondo e passionale, e la mano di Francesca rimaneva lì, un simbolo della sua curiosità, della sua attrazione e del suo conflitto interiore. Si sentiva come se fosse su un confine, dove il desiderio e la sorpresa si mescolavano, dandole una nuova prospettiva su Antonio e su se stessa.

Nel frattempo, Paolo, nascosto a una certa distanza, osservava la scena con il cuore in tumulto. Non riusciva a vedere tutto, ma i baci appassionati che intravedeva erano sufficienti a far crescere la sua eccitazione e la sua rabbia. Il suo stato d'animo era un paradosso: il cazzo gli era durissimo, ma era arrabbiato, arrabbiato con se stesso per aver permesso che arrivasse a questo punto, e con Francesca per aver giocato con il fuoco della sua fantasia.

Ogni bacio che vedeva sembrava confermare le sue paure e i suoi desideri più oscuri, una miscela esplosiva di gelosia e desiderio che lo faceva sentire come se fosse sul punto di esplodere. Si chiedeva se tutto questo fosse ciò che aveva sempre voluto vedere, ma la realtà era molto più complessa e dolorosa di quanto avesse mai immaginato.

Nel frattempo, Francesca e Antonio venivano interrotti dall'arrivo del cameriere. Una bella grigliata di pesce era pronta per essere servita, il profumo del mare che si mescolava con l'aria di tensione e passione che aleggiava intorno al loro tavolo. Il cameriere sistemava i piatti con maestria, ignaro della tempesta emotiva che si stava svolgendo.

L'arrivo del cibo rappresentava una pausa, un momento per riprendere fiato, ma anche per riflettere su ciò che stava accadendo. Il tocco di Antonio, il bacio appassionato, la sensazione sotto la sua mano, tutto sembrava essere parte di una danza tra desiderio e colpa che non riusciva a fermare. Guardava il piatto davanti a sé, la grigliata di pesce che sembrava una metafora della sua vita in quel momento: ricca, complessa, ma anche pericolosamente calda.

Con un sorriso che avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio, Antonio invitava Francesca a godersi il pasto, come se nulla fosse successo, come se ogni bacio e ogni tocco fossero solo un preludio a una giornata perfetta. "Mangiamo, è quello che abbiamo sempre voluto, no?" diceva con un tono che sembrava voler normalizzare l'eccezionalità del momento.

Il pranzo volgeva al termine, e Antonio, quasi senza chiedere, proponeva: "La giornata è stata un po' stancante, so che in questo ristorante ci sono delle camere, potremmo andare a riposarci un po' e poi continuare la giornata in spiaggia o all'outlet." Francesca, ancora una volta, non sapeva come reagire. Sapeva perfettamente che la scusa di riposarsi sarebbe stata solo una copertura. Si lasciava trascinare, consapevole di dove questo potesse portare.

Era come se fosse in un sogno, o forse in un incubo, dove ogni scelta era fatta per lei, dove il desiderio e il senso del dovere si scontravano senza una chiara vincitrice. Si sentiva travolta dagli eventi, ma anche curiosa di scoprire dove la portasse questa giornata.

Nel frattempo, Paolo vedeva Francesca e Antonio alzarsi e dirigersi verso l'interno del locale, pensando che stessero andando a pagare. Cercava una nuova posizione per essere comodo con la macchina, per vedere dove andassero. Passava molto tempo senza vedere nessuno uscire, e quando tornava alla posizione iniziale, il tavolo era vuoto. Decideva di attendere ancora. Mezz'ora passava, l'auto di Antonio era ancora lì.

Sentendosi in preda all'ansia e alla curiosità, decideva di azzardare. Si dirigeva verso il ristorante, voleva vedere con i suoi occhi. Entrava, non vedeva nessuno se non qualche cameriere. Travolto da mille pensieri, si trovava spiazzato e chiedeva al barista se poteva avere un panino. Mentre consumava velocemente il panino, notava sul fondo della reception delle chiavi appese. Travolto dalla curiosità, chiedeva al barman: "Ma avete anche delle camere?" "Sì, certo, dei bungalow fronte mare," rispondeva il barman. Un brivido percorreva la schiena di Paolo. Avevano sicuramente preso una camera, e sicuramente non si sarebbero limitati a baci appassionati.

La consapevolezza lo colpiva come un pugno allo stomaco; la sua fantasia stava diventando realtà, ma in un modo che non aveva mai previsto. Il desiderio che lo aveva eccitato ora lo riempiva di una gelosia e di un senso di perdita che non riusciva a gestire. Si sentiva tradito, ma anche stranamente eccitato dalla possibilità di ciò che potrebbe accadere dietro quelle porte chiuse.

Così, tra le emozioni contrastanti di gelosia, desiderio e paura, Paolo si trovava a vivere un momento dove la fantasia e la realtà si scontravano, lasciandolo in un limbo di incertezze, mentre Francesca e Antonio, in una stanza da qualche parte, esploravano i confini di ciò che era permesso, di ciò che era desiderato, e di ciò che avrebbe potuto cambiare per sempre le loro vite.

Antonio e Francesca entravano nel locale, dove Antonio pagava il pranzo e poi chiedeva se era possibile avere un bungalow. Francesca, combattuta tra desiderio e senso di colpa, voleva scrivere a Paolo per chiedergli di raggiungerli, ma sapeva che era impegnato e non sarebbe venuto. Si lasciava condurre da Antonio, che apriva la porta del bungalow e le cedeva il passo con galanteria.

Francesca entrava, e appena Antonio chiudeva la porta, si avventava su di lei da dietro. Il suo fisico la sovrastava, la stringeva un seno facendola gemere, mentre l'altra mano si infilava negli slip con decisione ma dolcezza. Francesca era già bagnata, segno inequivocabile del suo desiderio contrastato. Sentiva Antonio armeggiare dietro di lei, e il panico la assaliva: “Cazzo, adesso mi scopa!”. Provava a resistere, "Dai Antonio, cosa fai? Lo sai che sono sposata," ma ormai non ci credeva nemmeno lei e Antonio non la ascoltava nemmeno.

Consapevole che non poteva resistere, si lasciava toccare. Antonio sfilava la mano, e con entrambe abbassava gli slip di Francesca, alzando il suo abitino. Lei era lì, immobile e ansimante, in attesa, mentre quei pochi secondi sembravano un'eternità. Antonio la appoggiava al muro, dietro di lei, e Francesca sentiva il suo grosso cazzo che spingeva nella sua intimità.

Con una lentezza crudele, come se volesse farle sentire ogni centimetro, Antonio affondava in lei, arrivando fino in fondo. Francesca sentiva quanto era grosso, si sentiva piena, e un gemito soffocato che era più uno sbuffo le usciva dalla bocca, riusci solo a dire “cazzo!”un mix di piacere e resa. Un ghigno comparve sul volto di Antonio “non te lo aspettavi così vero?”La sensazione di essere completamente presa, di essere riempita da lui, era travolgente, e nonostante il panico iniziale, il suo corpo rispondeva con un desiderio che non poteva più negare.

Nonostante il gemito soffocato e il tentativo di mantenere un contegno, Francesca non poteva fermare Antonio. Pensava, "non posso godere, non devo fargli vedere che gode vedrai che così smette subito", ma la resistenza durò poco. Le spinte di Antonio erano lunghe e profonde, le sue grosse mani le stringevano i fianchi con possessività, il suo corpo la spingeva contro il muro, e il suo grosso cazzo faceva il resto, riempiendola in un modo che non aveva mai provato.

Un orgasmo le montava improvviso, forte come un pugno allo stomaco. Un urlo liberatorio le sfuggiva dalle labbra, un suono che non poteva più trattenere. "Oh, cazzo, sì!" gridava, mentre le ondate di piacere la attraversavano, facendola tremare dalla testa ai piedi.

"Sì, Francesca, prendilo tutto," sussurrava Antonio in un tono roco, spingendo dentro di lei con una passione che sembrava volerla consumare. "Sei così stretta, cazzo, mi fai impazzire," continuava, mentre continuava a muoversi, sentendo il corpo di Francesca rispondere a ogni spinta con un gemito o un urlo.

La sensazione di essere posseduta in quel modo, di essere completamente alla mercé di Antonio, la faceva sentire viva in un modo che non aveva mai immaginato. "Sono sposata, cazzo! Non smettere, cazzo!" riusciva a dire tra i gemiti, il suo corpo che si muoveva in sincronia con lui, cercando di prolungare quel momento di estasi.

L'orgasmo di Francesca caricava ancora di più Antonio, che aumentava il ritmo e la forza delle spinte, deciso a portarla oltre ogni limite. Continuando a prenderla da dietro, la martellava con una foga quasi disperata, ogni colpo che sembrava volerla marchiare.

Mentre Antonio continuava a spingere con forza, sentiva la sua mano che le afferrava il collo, stringendo leggermente. Quel gesto, un mix di dominio e desiderio, la faceva sentire completamente sua, un brivido di eccitazione e paura che la attraversava.

"Sei mia," mormorava Antonio, la voce carica di lussuria, mentre la sua stretta sul collo di Francesca diventava un simbolo della loro connessione in quel momento, del controllo che aveva su di lei e del piacere che le stava dando.

Il ritmo incalzante, la sensazione del corpo di Antonio che la schiacciava contro il muro, il suo cazzo che la riempiva, e ora quella mano sul collo, tutto la portava a un nuovo livello di eccitazione. "Più forte, Antonio," riusciva a dire, tra gemiti e respiri affannosi, incitandolo a continuare, a spingerla oltre, a farla sentire completamente posseduta.

Antonio continuava con la stessa intensità, iniziando a insultarla senza risparmiare i colpi del suo grosso cazzo. Ogni insulto era un'ulteriore scarica di adrenalina per Francesca, il piacere e la sorpresa di scoprire quanto le piacesse essere trattata in quel modo.

"Sei una troia, lo sai? Una moglie troia che gode solo con i grossi cazzi," diceva, ogni parola accompagnata da una spinta vigorosa. "Guarda come ti piace, cazzo, come lo vuoi tutto."

Ogni insulto le mandava una scossa di piacere, la faceva sentire libera, senza freni. "Sì, sono una troia per te, Antonio," riusciva a dire, la voce spezzata dal piacere, meravigliandosi di come un uomo tanto più grande di lei potesse regalarle una tale intensità. Ogni parola sporca, ogni colpo, la portava più vicino a un nuovo orgasmo, scoprendo parti di sé che non aveva mai esplorato.

In quel momento, Francesca non riusciva a pensare ad altro che al cazzo di Antonio e a come stava godendo. Antonio si avvicinava al suo orecchio, le leccava il lobo, e le sussurrava con una voce carica di desiderio: "Adesso ti riempio, troia."

Quelle parole, così dirette e sporche, erano troppo per lei. L'idea di essere riempita da lui, di sentirlo completamente dentro di sé, la faceva esplodere in un altro orgasmo. "Sì, cazzo, sono sposata… sono una moglie troia, riempimi," riusciva a dire, tra gemiti e urla, mentre il piacere la travolgeva ancora una volta, scuotendola dalla testa ai piedi, portandola in un'estasi che non aveva mai conosciuto.

Le gambe di Francesca cedevano sotto l'intensità del piacere, ma Antonio la sosteneva, senza mai sfilarle il cazzo dalla fica. Continuava a tenerla, a sostenerla, mentre con un urlo quasi animalesco, le piantava il cazzo tutto dentro, riempiendola completamente.

Sentiva ogni centimetro di lui spingere dentro di lei, una sensazione di pienezza che la faceva gemere, un piacere misto a una sensazione di essere completamente posseduta, mentre Antonio la riempiva, segnando quel momento con un'intensità che la lasciava senza fiato e senza forze.

Antonio si sfilava con il cazzo ormai barzotto, la sfrenata passione che li aveva travolti sembrava essere passata. La abbracciava con dolcezza, girandola verso di sé per un bacio tenero, un contrasto con quanto appena accaduto. Anche per Francesca, la passione si era placata, e come i due orgasmi erano arrivati improvvisi, così giungevano i sensi di colpa. "Cazzo, mi sono fatta scopare," pensava, e subito dopo, "Cazzo, ho tradito Paolo."

Antonio notava il suo volto preoccupato e la stringeva in un abbraccio caloroso, in quel momento Francesca si sentiva protetta. "Dai, andiamo a farci una doccia," le proponeva, cercando di alleggerire l'atmosfera.

Dentro la grande doccia, Antonio si mostrava molto dolce, quasi un lontano ricordo la scopata animalesca di poco prima. Aiutava Francesca a lavarsi, la coccolava e la massaggiava, cercando di prendersi cura di lei. Francesca gradiva quelle attenzioni, ma si sentiva tutta indolenzita, le gambe le facevano male e anche la fica. Sorrideva tra sé e sé, comprendendo il motivo per cui anche la fica le dolesse.

C'era un misto di piacere e dolore, una sensazione strana che la faceva riflettere su ciò che era successo. Il contrasto tra il piacere selvaggio e questo momento di cura la confondeva, ma anche la rassicurava, permettendole di trovare un attimo di pace tra le turbolenze dei suoi sentimenti.

Antonio le infilava un grosso e morbido accappatoio bianco, poi si dirigevano di nuovo in camera e si stendevano sul letto. Antonio avvolgeva il corpo di Francesca con un tenero abbraccio, e ancora una volta, Francesca si sentiva sicura, quasi protetta da un mondo di cui non era più certa. Si assopiva leggermente, ma poi sentiva qualcosa di duro che spingeva sulla sua pancia.

Alzava lo sguardo e sorrideva ad Antonio, che, ridendo, le diceva, "Sei irresistibile, lo sai..."

Quel risveglio improvviso, accompagnato da un tocco di umorismo, le faceva capire che nonostante tutto, il desiderio tra loro non si era ancora spento. In quel momento di dolcezza e intimità, Francesca si trovava a navigare tra il piacere di sentirsi desiderata e il peso della sua recente infedeltà, il tutto mentre il corpo di Antonio le comunicava che la loro storia non era ancora finita.

Riabbassava la testa sul petto di Antonio e rifletteva sulle differenze con suo marito. Il confronto sulle dimensioni era impietoso, ma solo su quello. Con Paolo, il sesso era sempre stato bello e appagante, riusciva sempre a farla venire, ma Antonio... il suo grosso cazzo aveva raggiunto posti che nemmeno sapeva di avere. Era stato animalesco e brutale, ma aveva goduto come non mai. Paolo non era mai riuscito a farla venire due volte in maniera così ravvicinata. E poi, dopo nemmeno mezz'ora, era già duro. Decideva che per i sensi di colpa c'era tempo, adesso valeva la pena di godersi il momento. Apriva l'accappatoio di Antonio, e finalmente vedeva con i suoi occhi quello che fino ad ora aveva solo sentito.

Era decisamente grosso, leggermente più lungo ma sopratutto molto più grosso di quello di Paolo, regolare, venoso, con una grossa cappella. Proprio un signor cazzo. Con delicatezza, iniziava a segarlo piano, partendo dalle palle fino alla cappella, esplorando con le dita ogni centimetro di quella meraviglia che l'aveva portata a un piacere tanto intenso.

Mentre lo accarezzava, sentiva una sorta di reverenza mista a desiderio, un riconoscimento della forza e del piacere che quell'uomo le aveva dato, e allo stesso tempo, una consapevolezza del tradimento commesso. Ma in quel momento, tra le sue mani e sotto i suoi occhi, c'era solo la realtà del piacere che stava vivendo, un piacere che decideva di abbracciare, almeno per ora, dimenticando i sensi di colpa e le conseguenze future.

Anche se non aveva mai amato particolarmente fare i pompini, Francesca sentiva un dovere quasi istintivo di succhiare quel grosso cazzo che l'aveva fatta godere così tanto. Si abbassava, e senza esitazione, lo ingoiava.

"Cazzo, sei enorme," mormorava, mentre le sue labbra si avvolgevano attorno alla grossa cappella di Antonio, sentendo ogni vena sotto la lingua. Il gusto salato della sua pelle, misto al sapore del loro piacere precedente, la faceva sentire sporca ma in un modo che la eccitava.

"Oh, cazzo, sei brava," gemeva Antonio, affondando le dita nei capelli di Francesca, guidandola mentre lei lo prendeva più a fondo possibile. "Sì, succhialo tutto, fammi sentire quanto ti piace."

Il senso di potere che provava nel sentire Antonio gemere per lei, il modo in cui il suo cazzo riempiva la sua bocca, la spingeva a esplorare ogni centimetro di lui con la lingua. Nonostante la dimensione, riusciva a prenderlo più profondamente, sentendo una sorta di soddisfazione perversa nel vedere quanto piacere stava dando.

"Sei una troia fantastica, lo sai?" sussurrava, con la voce spezzata dal piacere, incoraggiandola a continuare, a spingersi oltre i suoi limiti.

Con un ritmo sempre più audace, Francesca continuava, sentendo la durezza di Antonio crescere ulteriormente nella sua bocca, il suo corpo che rispondeva con un calore crescente, il desiderio che si riaccendeva. In quel momento, non c'era spazio per i sensi di colpa, solo per il piacere della connessione fisica, per il piacere di dare e ricevere in un modo che non aveva mai esplorato così profondamente.

Il cazzo di Antonio era ormai durissimo e caldo sotto le attenzioni di Francesca. Lei si fermava, guardandolo negli occhi con un'intensità che comunicava chiaramente che il momento di scoparla era arrivato. Si distendeva, uno di fronte all'altro, e Antonio, con una sicurezza che sapeva di desiderio, le alzava la gamba, appoggiandola al suo fianco, mentre appoggiava la grossa cappella contro la sua intimità.

"Lo senti quanto ti voglio, troia?" rispondeva, la voce rauca di desiderio, mentre iniziava a spingere lentamente, la cappella che scivolava dentro, allargandola. "Sei mia, cazzo."

Francesca sentiva ogni centimetro di quel grosso cazzo che la riempiva, il piacere che riaffiorava come un'onda che la travolgeva. "Sì, sono tua, scopami forte," gemeva, il corpo che si apriva per accoglierlo, ogni spinta che le ricordava la loro recente e intensa connessione.

La posizione li portava a guardarsi negli occhi, a vedere il desiderio e il piacere riflessi l'uno nell'altra. Antonio spingeva con decisione, ogni movimento che faceva sentire a Francesca tutto il suo desiderio, la sua dominazione, ma anche una sorta di connessione che andava oltre il fisico.

"Guarda come mi prendi tutto," diceva, aumentando il ritmo, la gamba di Francesca che gli permetteva di entrare più profondamente, ogni spinta che la faceva gemere più forte. "Sei fatta per il mio cazzo."

Il piacere era quasi insostenibile, un misto di dolore e estasi, il corpo che rispondeva a ogni colpo, i sensi di colpa che si dissolvevano nel ritmo della loro passione. "Non fermarti, cazzo, non fermarti," implorava, persa nel momento, nella sensazione di essere completamente presa, completamente sua.

Nonostante gli affondi profondi e decisi, questa volta la scopata non era più animalesca come prima, ma non per questo meno appagante. Francesca si sentiva ancora una volta piena, ogni spinta portava con sé un dolore che era superato dal piacere, un'esperienza che la faceva sentire completamente posseduta. Il ritmo era lento e costante, non più un martello pneumatico, ma un metronomo che scandiva il tempo del loro piacere.

"Cazzo, sì, così," sussurrava Francesca, la voce che si perdeva in un gemito mentre si adeguava al ritmo, assaporando ogni centimetro di Antonio dentro di lei. Il dolore era presente, ma il piacere che ne derivava era tale da farla sentire viva in un modo che non aveva mai sperimentato.

"Senti come siamo perfetti insieme," diceva mentre continuava a muoversi con quella lentezza deliberata, ogni spinta che sembrava voler esplorare ogni angolo di lei. "Non voglio smettere mai."

Con ogni spinta lenta e profonda, Francesca sentiva il piacere crescere, avvolgendola come un'onda calda. "Non fermarti, ti prego," mormorava, la voce spezzata dal piacere, mentre il suo corpo rispondeva a ogni movimento di Antonio, trascinandola verso un altro orgasmo che sembrava inevitabile, il tutto al ritmo di un metronomo che batteva al tempo del loro desiderio condiviso.

Paolo aveva appena scoperto della presenza delle camere, ma fuori non c'erano né Francesca né Antonio, e l'auto di Antonio era ancora lì. Sicuramente avranno preso una camera, pensava, notando che mancava una chiave al fondo del muro. Cercava di darsi contegno: "Massì, magari la camera l'ha presa qualcun altro e loro sono a farsi un giro a piedi nei dintorni." Voleva chiedere alla reception se quella camera l'aveva presa una bella signora con gli occhi verdi, ma che figura avrebbe fatto? Cosa avrebbe detto? "Sa, ho lasciato mia moglie con un amico..."

Il tempo passava, era quasi un'ora e mezza ormai. Al panino era seguita una birra, l'agitazione aveva raggiunto livelli esagerati e il cazzo gli stava scoppiando nei pantaloni. Pensava di andare in bagno a farsi una sega, ma desisteva. Pensava che dovesse uscire dal locale; potevano tornare da un momento all'altro. Usciva e la fresca aria primaverile lo colpiva. "Adesso che faccio?" si chiedeva.

La mente di Paolo era un tumulto di pensieri contrastanti. "Cazzo, mi sento come un adolescente con la prima erezione," pensava, cercando di calmarsi. "Non posso crederci, sto qui come un idiota mentre mia moglie potrebbe essere scopata da Antonio." Il desiderio e la gelosia si mescolavano in un cocktail che lo faceva sentire allo stesso tempo eccitato e furioso. "Mi sto eccitando per la mia stessa umiliazione? Che cazzo di masochista sono?"

L'aria fresca non placava il suo tormento, anzi, sembrava amplificare ogni sensazione. Paolo si sentiva diviso tra il desiderio di scoprire la verità, di vedere con i suoi occhi cosa stava succedendo, e la paura di ciò che avrebbe potuto trovare. "Se li trovo insieme, che faccio? Li interrompo? Li guardo? Cazzo, la mia fantasia sta diventando un incubo."

La tensione fisica era quasi insopportabile, il suo cazzo che pulsava nel desiderio di trovare sollievo. "Non posso andarmene, devo sapere," si diceva, ma il pensiero di ciò che potrebbe scoprire lo terrorizzava. "E se lei lo sta facendo proprio ora, se lo sta godendo mentre io sono qui fuori a farmi seghe mentali?"

L'attesa sembrava infinita, ogni secondo che passava aumentava l'ansia di Paolo, la sua mente che dipingeva immagini di ciò che potrebbe accadere dietro le porte chiuse del bungalow. La sua posizione nascosta gli offriva una vista diretta sull'auto, ma nulla di più, lasciandolo con i suoi pensieri tormentati.

"Forse dovrei andarmene, lasciar perdere tutto questo," si diceva, ma sapeva che non poteva. La curiosità morbosa e il desiderio di conoscere la verità lo tenevano ancorato lì, in attesa. "E se invece stanno solo parlando, ridendo, senza fare nulla?" Si aggrappava a quest'ultimo pensiero, ma la sua mente tornava subito alle immagini più crude, a scenari dove Francesca era tra le braccia di Antonio, dove il piacere era il protagonista.

Così, tra dubbi e fantasie, Paolo rimaneva appostato, il cuore diviso tra il desiderio di vedere le sue fantasie realizzate e la paura di scoprire una realtà che potesse distruggerlo. Le due ore si allungavano in un'eternità, ogni momento che passava lo portava più vicino a un punto di rottura, tra il bisogno di sapere e il terrore di ciò che potrebbe scoprire.

Francesca e Antonio erano ancora nella camera, avevano cambiato posizione. Lui l'aveva messa a pecora, e nonostante fossero due ore che praticamente le martellava la fica con quel grosso cazzo, il dolore intenso a ogni affondo era palpabile. Tuttavia, Francesca non riusciva a farlo smettere, né voleva farlo. Il ritmo non accennava a diminuire, lento e costante come un metronomo.

"Hi, hi, hi," ogni affondo era un gemito ormai non più sommesso, un misto di dolore e piacere che la faceva impazzire.

"Guarda come ti prendo, troia," diceva Antonio con voce rocca, tornato a essere il dominatore rozzo e volgare del primo amplesso. "Ti piace, cazzo, vero? Ti piace quando te lo metto tutto dentro."

"Sì, cazzo, non smettere!" implorava Francesca, la voce spezzata dal piacere e dal dolore, sentendo ogni centimetro di lui che la riempiva. Il peso di Antonio su di lei, il suo cazzo che la penetrava profondamente, la portavano a un livello di eccitazione che non sapeva possibile. "Fammi sentire quanto sei grosso."

Ogni spinta era un'asserzione di dominio, di desiderio, di un piacere che rasentava la tortura. Antonio non era più il compagno dolce della doccia, ma un amante che la possedeva con una ferocia che Francesca non poteva fare a meno di desiderare.

"Sei mia, cazzo, tutta mia," continuava, spingendo con forza, ogni affondo che faceva sentire a Francesca il suo potere, la sua presenza. "Voglio farti urlare, voglio sentirti venire di nuovo."

Il dolore si mescolava con il piacere in un modo che la faceva sentire viva, ogni gemito che usciva dalle sue labbra era un riconoscimento di quella sensazione unica. "Scopami, Antonio, scopami fino a farmi impazzire," gridava, lasciandosi andare completamente, accettando il dolore come parte del piacere che stava provando.

Mentre si godeva l'ennesimo orgasmo, Francesca rifletteva che era venuta quattro volte. "Mi ha fatta venire quattro volte," pensava, sorpresa e divertita dal suo stesso corpo. Antonio le aveva dato un attimo di tregua, ma appena aveva ripreso fiato, ricominciava da dove aveva finito. Pun, pun, pun, un metronomo di piacere e dolore.

"Cazzo, mi fai male," gemeva Francesca, la voce che si mescolava con un piacere che non riusciva a negare. "Cazzo, è grosso," aggiungeva, sentendo ogni centimetro di lui che la penetrava di nuovo.

"Ti piace così, piccola troia?" diceva Antonio, con un tono che era un misto di seduzione e comando. "Guarda come ti apro, come ti prendo tutta."

Francesca aveva perso la testa, non ragionava più, il dolore dappertutto era come una conferma della loro connessione brutale. "Non smettere, cazzo, non smettere," supplicava, anche se ogni spinta le ricordava quanto fosse intensa questa esperienza. "Mi fai impazzire, cazzo."

Il ritmo di Antonio era implacabile, una tortura dolce e crudele che portava Francesca a un livello di eccitazione e dolore che non aveva mai conosciuto. Ogni affondo era come un marchio, un segno della loro passione sfrenata.

"Senti come ti riempio, come ti faccio mia," continuava, ogni parola che accompagnava una spinta, un'affermazione della loro connessione primitiva. "Sei fatta per il mio cazzo, lo senti?"

Il suo corpo era un campo di battaglia tra il piacere e il dolore, ogni gemito era un riconoscimento del suo stato estatico. "Sì, sì, sono tua, scopami fino a farmi urlare," gridava, ormai oltre ogni riserva, ogni senso di colpa, completamente immersa nel momento.

Mentre la stava scopando ancora a pecora, Antonio appoggiava un dito sul culetto di Francesca. Lei gli toglieva la mano, ridendo, "Non ci pensare nemmeno, voglio tornare a casa con le mie gambe." Antonio rideva con lei, "Ok, ci penseremo la prossima volta." La girava, mettendola in posizione missionaria, e ricominciava a scoparla. Gli affondi avevano la stessa profondità e forza, Francesca era allo stremo.

"Non ce la faccio più, sono distrutta," lo implorava Francesca, la voce tra il gemito e la supplica, ogni parola che usciva tra i respiri affannosi. "Vieni, ti prego, vieni."

Continuava con i suoi colpi decisi, ogni spinta che la faceva sentire come se fosse sul punto di spezzarsi. "Sei così stretta, cazzo, mi fai impazzire," diceva, la voce che si mescolava con il piacere imminente.

Ancora qualche colpo, e anche lui si libra, il suo orgasmo che esplode con una forza che fa eco a quello di Francesca. Ancora una volta, le inonda la fica, riempiendola con il suo seme, ogni goccia che segna la fine di quell'incontro selvaggio.

"Cazzo, sei fantastica," gemeva Antonio, mentre il suo corpo si rilassava sopra quello di Francesca, il suo cazzo che ancora pulsava dentro di lei. "Guarda come ti ho riempita."

Francesca sentiva il calore del suo orgasmo che si mescolava con il suo, un misto di sollievo e stanchezza che la travolgeva. "Cazzo, Antonio, mi hai distrutta," riusciva a dire, la voce spezzata dal piacere e dalla fatica, il corpo che sentiva ogni colpo dato e ricevuto.

Così, con il sudore che si mescolava e il respiro che si placava, Francesca e Antonio giacevano lì, il corpo di lei che testimoniava la loro passione, il suo interno che sentiva ancora il calore di lui, mentre il mondo esterno, con tutte le sue complicazioni, sembrava lontano anni luce.

Erano passate ormai tre ore. Francesca dava un tenero bacio sulle labbra di Antonio, si alzava dicendo, "Mi faccio una doccia, poi è il caso di andare. Vado da sola questa volta." Con le gambe tremanti per il piacere e l'esaurimento, si dirigeva verso il bagno.

Ogni passo era una sensazione di essere stata completamente posseduta, il corpo che ricordava ogni spinta, ogni gemito, ogni orgasmo. Entrava nella doccia, l'acqua calda che scorreva sul suo corpo era come una benedizione, lavando via il sudore ma non il ricordo di quello che era successo. Si insaponava, le mani che passavano sui seni sensibili, sul culo ancora rosso per le carezze di Antonio, e tra le gambe, dove sentiva un leggero bruciore che la faceva sorridere tra sé.

Mentre si lavava, immaginava il seme di Antonio che scivolava via, mescolandosi con l'acqua, un ultimo segno della loro connessione. "Cazzo, mi ha fatta godere come non mai," pensava, sentendo una sorta di gratitudine perversa per quell'esperienza brutale e appagante.

"Devo tornare alla realtà," si diceva, cercando di riprendere il controllo, ma il suo corpo la tradiva, ancora eccitato per quello che aveva vissuto. Si toccava leggermente, sentendo quanto era ancora sensibile, un brivido di piacere che la percorreva anche sotto il getto dell'acqua.

Una volta finita la doccia, si avvolgeva in un asciugamano, il corpo che sembrava rinascere sotto le carezze dell'acqua, ma la mente che sapeva che ora toccava ad Antonio. Lui entrava nel bagno, il suo cazzo che ancora portava i segni del loro incontro, il corpo che esibiva la forza del suo desiderio appena soddisfatto.

"Sei una visione, cazzo," diceva Antonio, guardandola con occhi pieni di desiderio, anche se sapeva che il momento era passato. "Mi hai fatto impazzire, piccola."

Gli sorrideva Francesca, un misto di complicità e stanchezza. "Non dimenticherò mai questo," rispondeva, mentre lo guardava prepararsi per la doccia, sapendo che quel ricordo sarebbe stato sia una benedizione che una maledizione.

Così, con il vapore che riempiva il bagno e l'eco dei loro gemiti che sembrava ancora aleggiare nell'aria, Francesca e Antonio si preparavano a tornare alla normalità, ma nessuno dei due poteva negare quanto quell'incontro avesse cambiato qualcosa dentro di loro.

Paolo guardava nervosamente l'orologio, erano tre ore che erano entrati nel locale e di loro non c'era traccia. Poi, all'improvviso, eccoli spuntare dalla porta: prima Antonio, poi lei, sua moglie Francesca. La guardava da lontano, cercando di scorgere segni di chissà cosa, ma era troppo lontano, sembrava solo sorridente. Salivano in macchina e vedeva che si dirigevano verso l'outlet. Pochi minuti dopo, riceveva un messaggio da Francesca, chiedendogli se poteva andare a prenderla. Rispondeva che aveva finito ed arrivava. Calcolava che da casa all'outlet ci voleva una mezz'oretta. Aspettava un po' in macchina, riflettendo.

Mentre attendeva, rifletteva su come avrebbe dovuto comportarsi ora. Cosa avrebbe dovuto fare? Avrebbe dovuto chiedere cosa avevano fatto in queste tre ore e dove fossero stati? Avrebbe dovuto chiedere conto dei baci che aveva visto? L'eccitazione era ancora alle stelle e realmente il cazzo e i testicoli gli facevano male. Decideva che non avrebbe detto nulla. Avrebbe fatto finta di niente, perché altrimenti avrebbe dovuto spiegare il motivo per cui li aveva seguiti fin dall'inizio.
Arrivava al parcheggio, scriveva a sua moglie chiedendo dove fossero, ricevendo come risposta: "Al primo bar vicino al parcheggio." Arrivava cercando di mantenere un'aria calma e rilassata. Li vedeva da lontano, entrambi sorridenti, complici o forse era solo la sua sensazione. Si sedeva, scambiavano due chiacchiere generiche e poi si alzavano per andare via, ognuno per la sua strada. Salutandosi, a Paolo veniva spontaneo ringraziare Antonio per aver fatto compagnia a sua moglie.

"Grazie, Antonio, per aver tenuto compagnia a Francesca oggi," diceva, cercando di mantenere un tono naturale, ma dentro di sé sentiva il turbinio di emozioni.

Questo ringraziamento colse di sorpresa un po' tutti.

Antonio si sentiva un po' in imbarazzo, riuscendo a dire solo un generico "Ma figurati," con un sorriso che non riusciva a nascondere completamente la tensione.

Francesca lo guardava stranita, pensando tra sé e sé: "Quanto è cretino." Ma dentro di lei, un mix di sensi di colpa e desiderio riaffiorava, ricordando ogni tocco, ogni parola sporca sussurrata da Antonio.

Così, tra sorrisi, sguardi e parole che nascondevano più di quanto rivelassero, la giornata si chiudeva, lasciando tutti con un carico di emozioni contrastanti, di desideri inespressi e di un'aria di complicità che Paolo non poteva fare a meno di percepire, anche se non ne conosceva la vera profondità.

Paolo e Francesca salivano in macchina per dirigersi verso casa. Era ormai tardo pomeriggio e il viaggio durava un po' più del previsto, complice il traffico aumentato. Subito dopo la partenza, il volto felice e sorridente di Francesca si trasformava in una maschera seria e decisa. Paolo se ne accorgeva e provava a chiedere se fosse tutto ok, non ricevendo alcuna risposta.

"Lo sai che è importante la call di domani," diceva Paolo, cercando di riempire il silenzio con qualcosa di banale.

"Sì, certo, la call di domani," rispondeva Francesca, ma il suo tono era distante, la mente altrove. Nella sua testa, riaffioravano i rimorsi. Aveva goduto come una delle peggiori puttane, tradendo suo marito che era a casa per lavorare. Era arrabbiata con se stessa, arrabbiata con suo marito, ed era arrabbiata con Antonio. "Non doveva avere quel grosso cazzo," pensava, un misto di rimpianto e desiderio che la tormentava.

Arrivavano a casa, Francesca cercava di tornare alla normalità, cambiandosi e indossando una comoda tuta per poi preparare la cena. Paolo provava ancora a scusarsi per essere tornato a casa.

"Scusa se sono tornato a casa per lavorare, non volevo rovinarti la giornata," diceva Paolo.

"Massi, dai, non è un problema. Se dovevi lavorare, non ti preoccupare," minimizzava Francesca, cercando di nascondere il tumulto interiore.

"Magari ci torniamo un'altra volta io e te," proponeva Paolo, cercando di mantenere una conversazione normale. Ma poi gli scappava dalla bocca, "Ma almeno è bello questo outlet? Ti è piaciuto farci un giro?"

Francesca rispondeva, "Sì, è carino," faceva una lunga pausa, poi, di spalle senza guardare Paolo, diceva con una voce ferma e decisa: "Ma tu sei sicuro che abbiamo fatto un giro?"

A quelle parole, "Ma sei sicuro che abbiamo fatto solo un giro?", il sangue di Paolo raggelava e una scarica di adrenalina raggiungeva il suo membro, che ancora non si era scaricato da quella mattina. Pensava per un attimo a una risposta, poteva dire la verità, che li aveva visti baciarsi, che li aveva visti entrare all'interno del ristorante per uscirne tre ore dopo, ma diceva solo, con una voce che cercava di nascondere il tumulto interiore: "Be', certo, questo era il programma."

Sentendo queste parole, a Francesca saliva una rabbia incontrollata. Si voltava di scatto verso Paolo, si avvicinava con un tono minaccioso, poi, quando era a un palmo dal suo viso, quasi urlando, diceva: "Questo era il programma? Cretino!" A Francesca veniva naturale afferrargli le palle e stringerle con forza. Con ancora più ferocia, gli urlava in faccia: "Mi ha scopata, coglione! Hai capito che mi ha scopato? Ti hanno scopato la moglie, coglione!"

Paolo a stento tratteneva le lacrime; quella ferocia in sua moglie non l'aveva mai vista, aveva quasi paura. Non ancora contenta, continuava ad urlargli, stringendo sempre più forte i testicoli. "Ha una mazza esagerata e la sa usare alla grande. Non immagini neanche come mi abbia fatto sentire e come mi abbia trattata. Non ha neanche voluto usare i preservativi. Lascio a te immaginare dove abbia finito." Balbettando, con i testicoli nella morsa di sua moglie che gli dolevano, provava a dire: "In bocca? Sulla pancia come faccio io?"

"Mi ha riempito la fica, coglione. Mi ha sborrato come una troia, coglione, e senza chiedermi il permesso... coglione." Queste parole erano come pugni al volto, dure e cattive. Non si aspettava questa reazione e neanche che si fosse fatta riempire. Non sapendo cosa altro dire, abbassava lo sguardo.

Francesca stringeva ancora di più le palle di Paolo e poi mollava di colpo la presa. "Io vado a letto, mi ha distrutto il corpo e la fica. Se vuoi, mangia." Se ne andava in camera, chiudendo la porta con un tonfo che risuonava come un punto finale a una giornata che aveva cambiato tutto.

Paolo rimaneva imbambolato in mezzo alla stanza per qualche minuto. Sicuramente i vicini avranno sentito le urla, cosa penseranno adesso di lui? Un brivido gli scuoteva ancora il membro teso. I suoi più profondi desideri si erano realizzati, ma non sapeva se essere felice o triste. Non si aspettava questo tipo di reazione e non era neanche sicuro che, alla fine, volesse davvero che sua moglie cedesse. Cercava di riprendersi, spiluccava qualcosa, metteva a posto la cucina e si preparava per la notte. Apriva timidamente la porta della camera da letto, chiedendo a Francesca se dormisse. Lei non rispondeva e si girava dall'altra parte. Paolo entrava nella sua parte del letto, rimanendo sul bordo quasi a non voler dare fastidio a Francesca. La notte passava, ma era piena di mille pensieri; solo poco prima del mattino riusciva ad addormentarsi.

Non appena Francesca mollava i testicoli di Paolo e si girava dandogli le spalle, sorrideva. Si sentiva potente e forte; lo sguardo impaurito di suo marito l'aveva fatta sentire ancora più forte. Ma appena dentro al letto, ripensava all'accaduto. Sì, lui l'aveva lasciata da sola, ma era lei che aveva ceduto, e non solo oggi; aveva accettato tutte le avance di Antonio, che via via erano diventate sempre più audaci. Si malediceva, dandosi della puttana, ma la rabbia nei confronti di suo marito riaffiorava. Perché non aveva fatto nulla per fermarla? Perché l'aveva lasciata sola e indifesa? E Antonio... come si permetteva di avere un cazzo così grosso? A quel pensiero, rideva come una stupida.

Francesca: La notte era agitata per lei, passava dal sognare di godere, trovandosi bagnata al risveglio, per poi sognare di umiliare ancora suo marito, per poi, svegliandosi, pentirsi di quei brutti pensieri. Ma anche per lei arrivava il mattino. Si svegliava comunque di buon'ora, si alzava, andava in bagno, e prima di andare a fare colazione, infilava la testa nella camera da letto. Vedendo che suo marito dormiva ancora, lasciava perdere la colazione e si rinfilava nel letto. Si avvicinava al corpo di suo marito e lo baciava con passione e trasporto, cercando di riconnettersi con lui, di trovare un equilibrio tra i desideri esplorati e la realtà del loro matrimonio.

Paolo si svegliava con quel bacio caldo e passionale, in un secondo il cazzo gli diventava duro. Sua moglie si avvicinava al suo orecchio, gli succhiava un lobo per poi morderlo, strappandogli un urlo misto di dolore e godimento. Poi gli sussurrava "Ti amo, stupido." A quelle parole, Paolo si sentiva in paradiso; sua moglie lo amava. Le mani di Francesca scendevano sul cazzo di Paolo, lo avvolgevano e iniziavano a segarlo, portandolo in estasi. Si riprendeva, iniziando ad accarezzare anche lui la moglie. Si alzava, la spogliava del pigiama e degli slip, si avventava sulla sua fica per leccarla, ma si fermava qualche secondo a guardarla, vedendola decisamente arrossata.

Si vergognava, ricordandosi del motivo per cui era così arrossata e temette il giudizio di Paolo. Paolo si tuffava con ardore a leccare la fica di sua moglie, portandola all'orgasmo. Mentre si godeva questo orgasmo, Francesca pensava che Antonio non l'avesse leccata per niente, poi pensava anche che lui non lecca, martella. Sorrideva a questo pensiero.

Paolo si spogliava completamente, afferrava le gambe di Francesca e infilava il cazzo dentro la sua fica con un colpo secco. Francesca sussultava dal dolore, i postumi di ieri si facevano sentire. Con tutta la dolcezza di questo mondo, chiedeva a Paolo di fare piano, vedendo il suo volto un po' rabbuiato, ma tirandolo a sé gli diceva: "Fai piano, non devi dimostrare nulla."

Continuava a scopare con tutto l'ardore che poteva, ma per Francesca il pensiero non poteva che andare ad Antonio. Cercava di scacciare il ricordo, anche per rispetto per suo marito.

"Cazzo, Paolo, piano," gemeva Francesca, mentre il suo corpo rispondeva al tocco di suo marito, ma la mente vagava. "Non devi essere lui, voglio solo te," sussurrava, cercando di connettersi con Paolo, di dimenticare per un attimo il piacere brutale che aveva provato.

"Ti amo, cazzo, voglio farti sentire bene," rispondeva Paolo, il suo ritmo che si adattava alle richieste di Francesca, cercando di bilanciare il desiderio di compiacerla con la consapevolezza del dolore che le causava. Ogni spinta era un tentativo di riconquistare ciò che sentiva di aver perso, di dimostrare che il loro amore poteva superare tutto.

Mentre Paolo la penetrava con dolcezza, Francesca pensava, "È diverso, ma è il mio Paolo," cercando di godere del momento, di sentirsi amata e desiderata, anche se il fantasma del piacere di ieri aleggiava ancora su di lei. "Cazzo, sei il mio uomo, mi fai sentire sempre bene," diceva, cercando di riaffermare la loro connessione, di allontanare i ricordi di Antonio e di vivere quel momento di intimità con il suo marito.

La metteva alla missionaria, le alzava le gambe e ricominciava a scoparla con nuovo vigore. Paolo le chiedeva, mentre si godeva sua moglie, se fosse vero quello che gli aveva urlato ieri. "Cosa?" divagava Francesca, mentre si lasciava andare al piacere di stare con suo marito.

"Che ha una grossa mazza, Francesca, è vero che ha una grossa mazza?" chiedeva Paolo.

Francesca non rispondeva immediatamente, il ritmo di Paolo aumentava, e Francesca si lamentava del dolore. "Piano, Paolo, mi fai male," lo guardava negli occhi, poi confessava: "Sì, è vero. Antonio ha un grosso cazzo, appena più lungo del tuo ma molto, molto più largo."

Quelle parole erano come un colpo al cuore per Paolo, ma anche un'ulteriore spinta al suo desiderio. Voleva dimostrarle che, nonostante tutto, poteva ancora darle piacere, poteva ancora essere il suo uomo. Il ritmo si faceva più intenso, ogni spinta un tentativo di cancellare l'immagine di Antonio dalla mente di Francesca, di riconquistare il suo corpo.

Francesca sentiva ogni colpo di Paolo, il dolore mescolato con il piacere, un promemoria di ciò che era successo, ma anche della realtà del suo amore per suo marito. "Ma sei tu che voglio," sussurrava, cercando di infondere in quelle parole tutto il suo amore, la sua confusione, e il desiderio di tornare a essere solo loro due.

Paolo accelerava il ritmo, e Francesca intuiva che stesse arrivando al culmine. Con un filo di voce, diceva: "Non venirmi dentro, dove vuoi ma non dentro." Paolo si rabbuiava ulteriormente in volto, e Francesca quasi si pentiva di quello che aveva detto. Ieri sera gli aveva urlato che Antonio le aveva riempito la fica, e ora impediva a suo marito di fare lo stesso?

Guardandolo con dolcezza, Francesca gli diceva: "Te l'ho detto, non devi dimostrare nulla. Non sei lui, tu sei mio marito, l'uomo che ho scelto e con cui intendo stare il resto della vita."

Paolo sentiva quelle parole come una carezza, ma anche come un coltello che gli ricordava ciò che era successo. "Cazzo, Francesca," gemeva, il ritmo che diventava quasi frenetico, cercando di trovare il suo piacere mentre rispettava la sua richiesta. Si ritirava appena in tempo, il suo orgasmo che esplodeva sul suo ventre, ogni goccia di seme che testimoniava la sua frustrazione e il suo amore.

"Mi dispiace, amore," sussurrava Francesca, sentendo il calore del suo seme sulla pelle, un contrasto con la freddezza delle sue parole precedenti. "Non volevo farti sentire meno uomo, ma non voglio che il nostro letto sia contaminato da ieri."

Paolo, con il respiro affannoso, si lasciava cadere accanto a lei, il cuore che batteva forte non solo per l'atto fisico, ma per l'emozione di quelle parole, per l'amore e il dolore che si mescolavano in quel momento. "Non voglio perderti," diceva, la voce bassa, quasi spezzata, mentre cercava di accettare la realtà di quello che Francesca gli aveva rivelato.

Francesca sentiva il bisogno di abbracciarlo, di confortarlo, di ricordargli che, nonostante tutto, era lui l'uomo della sua vita. "Non mi perderai, Paolo. È a te che appartengo," diceva, cercando di ricostruire il loro legame, di mettere da parte il fantasma di Antonio, almeno per ora.

Francesca si alzava e andava in bagno per farsi una doccia, tornava nuda in camera e iniziava a spalmarsi una delle creme che utilizzava di solito. Paolo la osservava disteso sul letto, gli piaceva guardarla nuda. Vedeva parecchi segni sulle chiappe, sulle gambe e notava che spalmandosi la crema, ogni tanto notava un gesto di dolore sul volto di sua moglie. Francesca notava che Paolo la guardava e intuiva che avesse notato i segni e i lividi, senza pensarci gli diceva: "Cazzo, guarda che segni che mi ha lasciato! Dovrò saltare la palestra per almeno 10 giorni. Cosa posso raccontare a chi li vede?"

Con l'ingenuità di un bambino, Paolo rispondeva
"Be', potresti dire che hai un marito molto focoso?"

Francesca lo guardava di sottecchi, scherzando: "Focoso, preparati che è tardi."

Mentre si osservava allo specchio, Francesca vedeva i segni della passione di Antonio, ogni livido una testimonianza della sua forza, del suo dominio. "Cazzo, mi ha scopata come un animale," pensava, mentre il dolore fisico si mescolava con una strana sensazione di orgoglio per aver esplorato quei limiti.

Paolo, osservando i segni, sentiva una miscela di gelosia e desiderio. "Vorrei essere stato io a lasciarti quei segni," pensava, immaginando di possederla con la stessa intensità, ma con un amore che solo lui poteva darle.

Così, tra creme e segni sul corpo, tra parole scherzose e verità nascoste, Francesca e Paolo iniziavano la loro giornata, con l'ombra del giorno precedente che ancora aleggiava su di loro, ma con un tentativo di tornare alla normalità, dove ogni tocco e ogni parola cercava di ricostruire ciò che era stato infranto.
Quella domenica decisero di rimanere a casa. Francesca era ancora stanca dal pomeriggio del giorno precedente e voleva riprendersi. Paolo cercava di chiedere qualche dettaglio, ma Francesca era sempre sfuggente. Alla sua ennesima insistenza, però, lei alzò lo sguardo, la frustrazione e il dolore che si mescolavano nella sua voce. "Ma perché vuoi che ti ferisca così? È stato un animale e mi ha distrutto," confessava con una voce che tremava leggermente. Paolo, preoccupato, le chiese se le avesse fatto del male fisicamente, e Francesca, con un tocco di dolcezza che sembrava voler placare il tormento di entrambi, gli accarezzava il viso. "Dai, guardiamo la tv," propose, cercando di distogliere l'attenzione da un argomento che sembrava solo ferirli ulteriormente.

Il lunedì, mentre Francesca era al lavoro, ricevette un messaggio di saluto da parte di Antonio. Decise di ignorarlo, sperando che quel gesto bastasse a chiudere quella parentesi della sua vita. Tuttavia, dopo un paio d'ore, Antonio provò a chiamarla. Rispose, parlando del più e del meno, cercando di mantenere la conversazione su un piano superficiale. Antonio, con la sua voce che sapeva essere tanto seducente quanto pericolosa, le chiese di suo marito, se avesse fatto domande riguardo a sabato. "No, non ha capito nulla," mentì Francesca, il cuore che batteva un po' più forte al ricordo di quel tradimento. Prima di chiudere la conversazione, Antonio le disse con un tono che mescolava promessa e minaccia: "Se si può rivedere... ti ho fatto una promessa, ti ricordi?" Francesca chiuse la conversazione e tornò al lavoro, ma le parole di Antonio le risuonavano nella mente.

Tornata a casa, mentre si cambiava in bagno come faceva di solito, si fermò davanti allo specchio. Si girò di lato, osservando il suo bel lato B, un punto di orgoglio per lei. In quel momento, le ultime parole dette al telefono da Antonio le tornarono in mente: "Ti ho fatto una promessa." E con esse, ricordò anche la promessa - la prossima volta le avrebbe scopato il culo. Un brivido di eccitazione e paura le percorse la schiena. Era un mix di desiderio per l'avventura proibita e il timore dell'intimità estrema che aveva solo immaginato nei suoi momenti più oscuri. Ripensare a quelle parole le faceva sentire il cuore in gola, una combinazione di piacere e colpa che si mescolavano in un vortice di emozioni contrastanti. La promessa di Antonio era come un marchio invisibile sulla sua pelle, un segreto che ora portava con sé, un pensiero che la tormentava e la eccitava allo stesso tempo mentre guardava il suo riflesso allo specchio, chiedendosi cosa avrebbe fatto la prossima volta che Antonio avrebbe tentato di avvicinarsi.
Con un po' di imbarazzo, Francesca decise che non poteva più tenere per sé quel segreto. Paolo era appena arrivato a casa, e con il cuore che batteva forte per l'ansia e il senso di colpa, gli andò incontro. Con lo sguardo basso, come se stesse cercando di nascondere la verità che ormai premeva per essere rivelata, gli disse: "Mi ha chiamato Antonio. Mi ha chiesto se tu avessi intuito qualcosa e poi mi ha detto che vuole rivedermi perché vuole mantenere una promessa fatta." Le parole le uscirono in un sussurro, un misto di vergogna e onestà che non riusciva più a trattenere, mentre il peso di quella confessione sembrava quasi tangibile nell'aria tra di loro.
Quale promessa ti ha fatto Antonio, disse Paolo? Ma non devo mica per forza accettare di incontralo si scherzi Francesca. Ok ma ti ho chiesto della promessa ribattè Paolo. Con lo sguardo sempre più basso e la voce che ormai era bassissima: che la prossima volta vuole scoparmi il culo.
Paolo fece un respiro profondo si voltò ed andò in bagno per cambiarsi, il volto di francesco si riempi di lacrime, attesa davanti alla porta salto al collo di suo marito singhiozzando chiedendogli di perdonarla, giurando che è stata solo la passione del momento, che non prova nulla per lui. Francesco ribatte dicendo che le sue parole la contraddicevano. Se realene era stata solo la passione del momento non avrebbe dovuto dare peso alla successiva richiesta. Tu vuoi incontralo. Francesca abbasso ancora lo sguardo bisbigliando: non lo so, hai ragione. Tenendo lo sguardo basso noto subito l’erezione che spuntava dai pantaloni della tuta. Si stupi della cosa, ma come veramente si eccita? Alzando lo sguardo lo affronta: ma ti stai eccitando? I ruoli adesso sono invertiti è paolo che gioca in difesa cercando di coprirsi alla bene e meglio. Tu paolo vuoi che io lo incontri un altra volta? Paolo serio risponde: si, no, non lo so cosa voglio. Francesca prese in mano la situazione e disse: entrambi non sappiamo realemtne cosa vogliamo, e se provassimo un altra volta? Magari in modo diverso. Come rispose curioso francesco. Mi sembra di capire che tu ti ecciti per questa cosa e se mi osservassi da vicino? Dovrei essere presente mentre Antonio di chiava quasi urlò Paolo? Si magari nascosto in modo che non ti veda. A paolo gli sembrò una buona idea ma non disse nulla. Francesca rincarò la dose dicendo: vuoi che lo chiami adesso? Ancora una volta paolo non rispose. Francesca prese in mano il cellulare penso di chiamare ma effettivamente era troppo imbarazzante preferì scrivergli un messaggio: “questa sera mio marito parte per lavoro, domani ho preso un giorno di ferie… vuoi “venire” a casa mia”, si stupi per la schiettezza ma schiaccio invio ugualmente senza farlo leggere a Paolo.
La risposta non tardo ad arrivare: lo sapevo che lo avresti voluto presto il mio cazzone. Domani mattina presto vengo da te, la giornata sarà lunga, ma voglio che tu ti faccia trovare nel letto, lascia la porta aperta, voglio infilarmi tra le lenzuola.
scritto il
2025-01-09
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