L'Eco del Tradimento
di
jamba76
genere
tradimenti
Eravamo sposati da 15 anni, io e Francesco, entrambi con 40 anni sulle spalle, e la nostra vita trascorreva in un'apparente felicità. Avevamo stabilità economica, un'intesa che molti ci invidiavano, e il sesso era sempre piacevole. Certo, come penso tutte le coppie di lunga data, non c'era spesso la passione e l'ardore di un tempo, ma alla fine era sempre soddisfacente. Non sono mai stata una donna "assatanata". Fisicamente, mi sono sempre considerata normalissima: un metro e sessantacinque, capelli castani che tendono a incresparsi con l'umidità, e un corpo che rifletteva il comfort di una vita vissuta con amore e non con la preoccupazione dell'apparenza. Negli anni mi sono lasciata un po' andare, prendendo qualche chilo; la pancia non è più piatta, e il lato B è un po' più rotondo, ma nel complesso mi sento ancora piacente. Non che mi sia mai interessato, ma ogni tanto vedo lo sguardo di qualche uomo indugiare sul mio corpo, come se fosse curioso di esplorare ciò che il tempo ha sagomato.
Mio marito, Francesco, è sempre stato un bel uomo, con un fisico che avrebbe fatto invidia a molti. Ha un metro e ottanta di altezza, con capelli neri corti e occhi di un marrone intenso. Il suo corpo è ben definito, con muscoli tonici che si notano quando cammina senza maglietta, e una virilità che si manifesta nei suoi gesti gentili. Il suo pene è normale, perfetto per le nostre notti tranquille, ma mai abbastanza per accendere quella scintilla di desiderio sfrenato. Ha un carattere mite, è un'anima buona, difficilmente si arrabbia ed è sempre accondiscendente, sia con me che con gli altri. Spesso lo rimprovero perché questa parte del suo carattere lo porta ad essere "succube" degli altri, che spesso ne approfittano.
Anni fa, per caso durante la vanca, conoscemmo una coppia di qualche anno più grande di noi, Marco e Debora, rispettivamente 60 e 50 anni. Pensai che fosse la classica amicizia estiva invece, nonostante non avessimo nulla in comune continuammo a frequentarci; complice la vicinanza e sopratutto Francesco stravedeva per Marco, non mancava mai di raccontarmi quanto fosse eccezionale.
"Non capisco cosa ci trovi in lui," dissi una sera, mentre sistemavo i piatti dopo cena, sentendo il calore della sua presenza dietro di me.
"È un uomo di mondo, sa come si fa ad avere successo," rispose Francesco con un sorriso che tradiva ammirazione, accarezzandomi il fianco con un tocco che prometteva intimità.
Marco, però, era l'opposto di Francesco in termini fisici. Alto quasi due metri, con un corpo massiccio che non era definito ma piuttosto robusto, come se fosse stato scolpito dalla pura forza bruta. Aveva spalle larghe, braccia e gambe possenti, e una pancia che sporgeva leggermente, non per la mancanza di forma, ma per la sua imponenza. Il suo volto aveva lineamenti marcati, con una barba sempre un po' lunga che gli dava un'aria da predatore. E poi c'era il suo cazzo, che Debora sin da subito non perse occasione di come qualcosa di straordinario, lungo, largo, e che lui sapeva usare con una maestria che faceva rabbrividire. Il suo carattere dominante mi aveva sempre intimidita, quel modo di fare che sembrava dire: "Io comando qui."
Debora, invece, era una donna di straordinaria eleganza, con una presenza che riempiva ogni stanza. Aveva un volto dai lineamenti delicati ma decisi, incorniciato da capelli biondi, leggermente brizzolati, che portava con orgoglio. La sua altezza, un po' più di me, le conferiva un'aria di autorità, e il suo corpo, nonostante i 50 anni, era in una forma invidiabile: pancia piatta, seno probabilmente rifatto ma che si integrava perfettamente con il suo fisico, e un lato B alto e sodo che sfidava la gravità. Era sempre curata, il suo abbigliamento mai fuori luogo, che fosse un semplice vestito da giorno o un abito da sera, tutto sembrava fatto su misura per esaltare le sue curve. Caratterialmente, Debora era una donna di classe, con una sicurezza innata che non aveva bisogno di ostentare, ma che si percepiva in ogni suo gesto. Aveva un sorriso contagioso, ma dietro quel sorriso c'era l'astuzia di chi sa esattamente cosa vuole e come ottenerlo. Tuttavia, il suo elogio del cazzo di Marco mi aveva sempre incuriosito, lasciandomi a chiedermi come una donna così raffinata potesse vantarsi di qualcosa di così crudo.
Una sera, organizzarono una cena in un locale. Non avendo prenotato, aspettammo qualche minuto all'ingresso. Il posto non era grandissimo e quindi eravamo tutti abbastanza vicini.
"Dopo di te," disse Marco, guidandomi verso l'ingresso con una mano che sembrava scivolare troppo vicino al mio sedere, il suo tocco quasi bruciava attraverso il tessuto del vestito, e io mi sentii subito intimidita dalla sua presenza dominante.
Dopo qualche minuto, sentii una mano appoggiarsi proprio lì; mi girai e vidi che era Marco. Pensai che fosse involontario ma mi spostai un po' più avanti. Subito dopo, si fece sotto appoggiando ancora la mano; stavo per girarmi arrabbiata quando arrivò il cameriere per portarci al tavolo. Accelerai quindi il passo seguendo il cameriere per togliermi dall'impaccio.
"Non ci posso credere," sussurrai a Francesco, che mi guardò con un'espressione confusa.
Marco, sempre dietro di me, e complice l'affollamento del locale, sicuro che nessuno lo sentisse, mi disse: "Hai un culetto bello morbido, complimenti."
Rimasi di stucco e probabilmente arrossii, sentendo un calore salire dal mio interno. Non seppi cosa dire; non mi era mai capitato di ricevere un complimento così sfrontato, e con il rischio che Francesco sentisse.
"Che cazzo dici, Marco?" dissi, cercando di mantenere la voce bassa, il disgusto evidente nel mio tono, ma anche un certo timore per il suo atteggiamento dominante.
Marco non disse nulla limitandosi ad un ghigno, sfidandomi con lo sguardo. Persi inesorabilmente la sfida ed abbassai lo sguardo.
Durante tutta la cena continuavo ad essere a disagio. Spesso incrociavo il suo sguardo e non sono sicura ma credo che abbia provato a farmi "piedino", il suo piede che cercava il mio sotto il tavolo, sfiorando la mia gamba con una lentezza che mi fece sentire un brivido. E mentre mi trovavo lì, a cercare di ignorare Marco, ripensai alle parole di Debora, chiedendomi come mai avesse elogiato tanto la mazza di Marco. Non era gelosa? Perché elogiare queste qualità del marito? Non aveva paura che potessi esserne interessata?
"Tutto bene?" mi chiese Francesco, notando il mio disagio, la sua mano che cercava la mia sotto il tavolo.
"Sì, solo un po' stanca," risposi, cercando di nascondere il turbamento, anche se il mio corpo tradiva una reazione che non volevo ammettere.
Tornai a casa un po' turbata ma decisi ancora di lasciar correre e non dire nulla a mio marito.
A casa Francesco volle fare sesso, ero un po’ stanca ma non mi rifiutai, fu il “solito” sesso ma ogni tanto, non so perché, mi vennero in mente le parole di Debora “ha una mazza esagerata, lungo e largo”
Qualche settimana dopo, ci incontrammo di nuovo per un barbecue in un parco. L'atmosfera era rilassata, con il sole che scaldava la pelle e la leggera brezza che portava il profumo del cibo alla griglia. Avevo indossato un semplice vestito primaverile, leggero e comodo.
Mentre Francesco e Marco si occupavano della griglia, Debora e io parlavamo del più e del meno. Marco, come sempre, trovava il modo di avvicinarsi troppo.
"Vado a prendere un po' d'acqua," dissi, allontanandomi verso un gazebo dove c'era un tavolo con le bevande.
Marco mi seguì, e mentre mi chinavo per prendere una bottiglia d'acqua, sentii qualcosa di duro e caldo premere contro le mie chiappe. Mi girai di scatto e vidi Marco con un sorriso compiaciuto, il suo cazzo ben visibile sotto i pantaloncini corti.
"Cosa stai facendo?" sibilai, cercando di mantenere la voce bassa, il disgusto evidente nel mio tono, ma anche una certa paura.
"Ti faccio sentire cosa ti aspetta," rispose con un ghigno, spingendo ancora più vicino.
"Non voglio," dissi, cercando di allontanarmi, sentendo un mix di repulsione e un'inaspettata eccitazione.
Ritornammo al gruppo, ma il ricordo di quella sensazione mi tormentava per tutto il pomeriggio.
Il giorno dopo chiamai Marco, decisa a chiarire definitivamente che quel tipo di attenzioni non erano gradite.
"Marco, dobbiamo parlare," dissi con voce ferma, sentendo il cuore battere forte nel petto.
"Perché, non ti è piaciuto?" rispose con una risata bassa e beffarda, che mi fece ricordare il tocco delle sue mani e il calore del suo corpo.
"Non è questione di piacere, non voglio che succeda di nuovo," insistetti, sentendo la mia voce tremare leggermente.
"Scusa, non volevo metterti a disagio," rispose, ma il suo tono era tutt'altro che contrito. "Sono in zona, passo a scusarmi di persona," affermò, senza lasciarmi scelta.
Non riuscii a dire nulla prima che chiuse la telefonata. Passarono pochi minuti e sentii suonare il citofono. Appena entrò, gli dissi che non era il caso che venisse, l'importante era che avesse capito che non gradivo quel tipo di attenzioni. Sul suo volto comparve un sorriso strano, quasi compiaciuto.
"Non era mia intenzione metterti a disagio o farti arrabbiare, sto solo accellerando, tanto lo sai anche tu che ti scoperò che ti piacerà. Mi afferrò con forza la mano e la mise sul suo cazzo. Rimasi immobile sioccata incapace di reagire. Lo sentivo duro e caldo sotto i pantaloni. Imbambolata mi ripresi solo quando mi disse “ ti piace? Dai tiralo fuori”. In quel momento molai la presa e lo respinsi.
Mi guardò negli occhi, mi strinse un fianco e mi portò a sé, sussurrandomi: "Non è che alla fine invece ti piace e cerchi solo di darti un contegno da brava mogliettina?" “ma perché non hai detto nulla? Il suo respiro caldo vicino al mio orecchio mi fece sentire un brivido lungo la schiena.
Cercai di allontanarmi ma era decisamente forte; mi strinse ancora a sé, sentendo il calore del suo corpo contro il mio, poi mi lasciò andare. Gli dissi che era meglio andasse via; rise e se ne andò. Rimasi sconvolta tutto il giorno, anche Francesco se ne accorse, ma non sapevo cosa dire. Effettivamente, se raccontassi tutto adesso, lui potrebbe pensare che è quello che volevo anche io... decisi di tacere, alla fine, se non gli davo corda, non poteva succedere nulla e prima o poi si sarebbe stancato.
Nei mesi successivi, ci vedemmo altre poche volte, e ogni incontro era per me una prova di forza per mantenere le distanze. Ogni volta era un assalto non si risparmiava mai di farmi complimenti o di farmi sentire “la sua presenza”. Più il tempo passava e più pensavo che avrei dovuto raccontare tutto a Francesco ma avevo sempre timore che pensasse alla mia infedeltà non avendoglielo detto tutto.
Arrivò l'estate e Francesco, una sera, mi disse che Marco e sua moglie ci avevano invitato a cena a casa loro. Vivono in una bella villa molto grande, con anche una grande piscina. Provai a desistere ma insistette molto
"Ho pensato che potevamo andare già dal pomeriggio così possiamo stare un po' in piscina," propose Francesco con entusiasmo, immaginando già i nostri corpi baciati dal sole.
Mio malgrado feci buon viso a cattivo gioco. Quando arrivammo a casa loro, non vidi Debora e chiesi a Marco dove fosse.
"È via per la sua solita settimana al mare da sola," rispose Marco con un sorriso che non riuscivo a decifrare, mentre i suoi occhi sembravano leggermi dentro.
Restai un attimo sola con Francesco e gli chiesi come mai non mi disse nulla: chiuse subito il discorso dicendomi che non lo sapeva nemmeno lui ma che tanto non cambiava nulla.
Marco mi chiamò un paio di volte per chiedere se potessi dare un'occhiata ai fornelli, e non perdeva occasione per sfiorarmi o farmi sentire la sua presenza.
"Potresti controllare la carne, per favore?" disse, facendomi passare vicino a lui in modo che il suo corpo sfiorasse il mio, il calore della sua pelle che mi faceva sentire il battito del cuore accelerare.
Quando fu quasi pronto, ordinò a Francesco di andare in cantina a prendere il vino, mi stupi la sua prontezza. Scatto subito in piedi dicendo: "Non ci metterò tanto," lasciandomi sola con Marco.
Rimanemmo soli io e Marco. Ero ancora in costume e con un pareo. Per togliermi dall'imbarazzo, andai in cucina per dare un'occhiata ai fornelli. Marco arrivò da dietro, posò una sua manona e iniziò ad accarezzarmi il sedere, il suo tocco che mi faceva sentire un calore inaspettato. Si avvicinò al mio orecchio e mi disse: "Avevo ragione, morbido e vellutato, te lo scopa quel finocchio di tuo marito il culo?"
Mi leccò un orecchio ed una scossa mi attraversò tutto il corpo; non riuscivo a muovermi, un po' perché ero impietrita, e anche perché lui era veramente massiccio. Scostò il pareo e il costume e arrivò con un dito alla mia intimità; mi scappò un gridolino e mi bagnai immediatamente, sentendo un desiderio che non riuscivo a controllare. Sentendomi bagnata, mi girò dicendomi: "Lo sapevo che ti piaceva, girati che voglio vederti in faccia, troietta." A quelle parole avvampai che non riusci a ribellarmi, girandomi e rimanendo in sua balia.
Continuò ad accarezzarmi con un dito; le gambe mi tremavano e ad un certo punto, quasi sul più bello, mi sembrò di vedere Francesco che dal soggiorno ci osservava.
"basta, c'è mio marito," gli dissi con un filo di voce, la mia eccitazione che contrastava con il senso di colpa.
"E’ già tornato il coglione? Tranquilla che poi continuiamo" rispose con un ghigno, la sua arroganza che mi faceva sentire una miscela di repulsione e desiderio.
Anche in questo caso non dissi nulla a Francesco. Sicuramente ci aveva visto perché non ha detto nulla? Ero sconvolta ed arrabbiata. Arrabbiata con me stessa: non avevo fatto nulla per impedire che mi toccasse e mi ero bagnata come una quindicenne ed ero quasi venuta, ma anche con Francesco: perché è rimasto lì impalato a guardare?
A metà cena dissi a Francesco che volevo andare a casa.
"Ma la serata è bella, possiamo divertirci ancora," rispose lui, guardandomi con occhi imploranti, la sua mano che cercava la mia sotto il tavolo.
"Massì, dai, finita la cena torniamo in piscina, l'acqua è riscaldata," rilanciò subito Marco con un tono che non ammetteva repliche, i suoi occhi che mi spogliavano con lo sguardo.
Durante la cena, Marco iniziò a parlare di sesso, guardando Francesco con un sorriso beffardo.
"Le donne, Francesco, amano il grosso, vero?" disse Marco, fissandolo con uno sguardo che non lasciava dubbi sul suo intento. "Non è vero, tesoro?" chiese, rivolgendosi a me, ma senza aspettare una risposta, continuò. "Tuo marito non ha quello che serve, vero? È per questo che ti ecciti tanto quando senti un vero uomo vicino."
Francesco abbassò lo sguardo, il suo silenzio che parlava per lui, l'umiliazione che si leggeva chiara nei suoi occhi.
"Non rispondi, Francesco? Hai perso la lingua?" insistette Marco, il suo tono carico di disprezzo. "Guarda come si eccita tua moglie con un vero uomo."
Non dissi nulla, il mio sguardo che si spostava tra i due, la vergogna e l'eccitazione che si mescolavano dentro di me, ma mantenendo un'espressione di disagio.
Ci spostammo in piscina e lì Marco continuò a umiliare Francesco, parlando di quanto le donne preferiscano un uomo con un cazzo grande, mentre io sentivo il suo ancora duro contro di me.
"Sei sicuro di meritarla? Una donna così ha bisogno di esigenze abbondanti, non normali," disse Marco, la sua mano che si posava sulla mia schiena, facendomi sentire il suo corpo contro il mio.
Francesco abbozzò un sorriso, abbassando lo sguardo. Ecco che il suo carattere mite ritornava fuori; neanche davanti a un'umiliazione del genere riusciva a reagire.
Poi, ad un certo punto, Marco disse (ordinò) a Francesco: "hai freddo vai pure dentro, noi rimaniamo ancora un po' qui", lui non obiettò, uscì dalla piscina e rientrò in casa.
Mi ritrovai quindi da sola in piscina con Marco che continuava a strofinare il suo sesso, decisamente consistente, sul mio sedere, il suo respiro caldo sul mio collo che mi faceva sentire un brivido lungo tutta la spina dorsale. Anche in questa occasione mi arrabbia con me stessa e con Francesco. Perchè non esco anche io dalla piscina e raggiunto mio marito? Possibile che Francesco non si accorga che il suo amico sta fregando il cazzo contro il mio culo?
Riusci solo a dire "Non farlo, Francesco e in casa e poi è tua amico" cercando di mantenere un tono di fermezza, ma la mia voce tradiva il mio corpo traditore.
"Vuoi negare che ti piace?" chiese Marco, il suo viso a pochi centimetri dal mio, il suo respiro caldo che mescolava con il mio.
Non risposi, il mio corpo che si tradiva, il piacere che cercava di soffocare, mentre lui continuava a strusciarsi contro di me.
Mi girò e mi baciò con un'intensità che mi tolse il fiato; lasciai che lo facesse, sentendo la sua lingua esplorare la mia bocca, il suo sapore che si mescolava al mio. Mi appoggio al bordo della piscina si abbassò i suoi boxer, scostò il bordo del mio costume e pensai "Ecco ci siamo, adesso mi scopa." Volevo ribellarmi ma ero come ipnotizzata. Appoggiò la cappella contro la mia intimità, fece una leggera pressione e iniziò a spingere piano, ogni centimetro che avanzava dentro di me mi faceva sentire più piena, più viva. Si avvicino al mio orecchio e mi sussurrò “ te l’avevo detto che ti avrei scopata”
E mentre Marco mi penetrava, non potevo fare a meno di pensare alle parole di Debora.
"Non può essere solo per le dimensioni," pensai, sentendo ogni spinta di Marco che mi portava a un piacere che non avevo mai provato con Francesco. Era il modo in cui sapeva muoversi, la sua sicurezza, la sua forza bruta che si trasformava in una danza sensuale dentro di me.
Il ritmo cambiò subito dopo, aumentando a dismisura, ogni spinta era come un treno a tutta velocità. Il sesso con Francesco è sempre stato molto appagante, ma qui ero in estasi, sentivo ogni nervo del mio corpo vibrare di piacere. Venni, un'ondata di piacere che mi attraversò, facendomi chiudere gli occhi mentre cercavo di soffocare i gemiti per non farmi sentire da Francesco. Marco si fermò un attimo, mi fece gustare il mio orgasmo, lasciando sempre il suo sesso dentro di me, sentendo le mie contrazioni intorno a lui.
Appena mi ripresi, uscì, si tirò su i boxer, e una sensazione di delusione mi attraversò vedendo che si fermava. Il mio corpo bramava ancora il suo tocco, il piacere che aveva iniziato a darmi, e ora quella pausa sembrava una promessa non mantenuta.
"Vedo che sei delusa," disse Marco con un'aria sarcastica, notando la mia espressione. "Non ho ancora finito, andiamo solo dove siamo più comodi."
Con quelle parole, la tensione sessuale che aveva momentaneamente allentato si riaccese, la sua promessa di continuare altrove che mi faceva sentire un brivido di anticipazione mescolato a vergogna. Mi prese per mano e mi accompagno verso casa, mi venne subito in mente che dentro casa c’era Francesco, ingenuamente prima di entrare mi sistemai il custume (come se non avessi visto nulla). Appena dentro abbassai lo sguardo piena di imbarazzo e sensi di colpa, Marco si rivolse a Francesco con tono autoritario “noi andiamo a farci una doccia che fa un po’ freddo”, tu vai a sistemare fuori in piscina. Senza aspettare una risposta mi strattono ed andammo verso la zona notte. Non andammo in bagno ma in camera sua, il mio corpo ancora in costume da bagno, senza bisogno di spogliarmi ulteriormente. Marco mi spinse sul letto, il suo corpo che mi sovrastava, e riprese da dove aveva interrotto. Ogni spinta era un confronto diretto con Francesco, non solo per le dimensioni ma per la maestria con cui Marco mi faceva sentire desiderata, posseduta, e incredibilmente viva.
In quel momento, tra un gemito e l'altro, ripensai a Debora, chiedendomi se anche lei provasse questa sensazione di essere totalmente consumata dal piacere, se fosse questo il motivo per cui parlava con tale orgoglio di Marco.
E mentre Marco continuava a scoparmi, mi stupii di come un uomo così più grande di me, con i suoi sessant'anni, riuscisse a farmi sentire così giovane e piena di desiderio. Era un confronto che non potevo evitare con Francesco, il cui amore e gentilezza erano sempre stati presenti, ma che in questo momento mi sembravano inadeguati di fronte alla tempesta di sensazioni che Marco scatenava in me.
Per tutta la durata dell’amplesso continuo ad insultarmi chiamandomi troietta, mogleittna vogliosa di cazzo. Se in un contesto normlae questo linguaggio mi avrebbe profondamente indegniato in questo caso regalava scariche di adrenalina ad ogni parola.
Mi girò a pecorina e ricomincio a scoparmi con la stessa foga. Ormai non riuscivo più a contenrmi sicuramente Francesco mi setiva godere se sentiva Marco che mi insultava.
Sempre a pecora marco mi chiese se volevo che Francesco venisse in camera, se venisse a vedere come prendevo il suo cazzone. Gli dissi di no che non volevo.
Si fermo sfilandosi da, ogni affondo mi faceva male ma non volevo che smettesse, ogni affondo era una coltellata ma anche una scarica di adrenalina. Probabilemtne nota un velo di delusione sul mio volto e mi deisse che non aveva finito voleva solo vedermi mentre godeva. Non pensai a quello che disse ma solo a continuare a godere, appena mi rigirò ricomincio da dove aveva appena interrotto e ricomincia anche io: hi hi hi hi hai, hi hi
Dopo avermi portato a numerosi orgasmi, Marco si fermò, il suo cazzo ancora duro dentro di me, e con un ultimo affondo, venne, riempiendomi completamente.
Si sfilò, aveva ancora il cazzo barzotto, mi afferrò per i capelli facendomi urlare e mi infilò il suo cazzo in bocca. Detto il ritmo del pompino, tornò duro come il marmo in poco tempo.
"Sei più brava con la fica che con il cazzo," mi disse, il suo tono beffardo che mi faceva sentire umiliata ma anche desiderosa di compiacerlo.
Continuai fino a farlo venire, sentendo la sua sborra riempirmi la bocca, un sapore amaro e salato che mi ricordava la nostra connessione profana.
Si alzò ed andò in bagno. Mi ripresi un attimo e solo lì realizzai quello che avevo fatto. Avevo ceduto a un altro uomo, un uomo che non apprezzavo e che era molto più grande di me. Avevo goduto, ma chiaramente ero dispiaciata per aver tradito Francesco che era chissà dove. Era ancora di là? Se ne era andato via? Realmente non si era accorto di nulla?
Si era fatto veramente tardi, ma non volevo uscire da quella stanza; avrei dovuto incrociare lo sguardo di Francesco. Andai in bagno per darmi una sistemata, provai a farmi almeno un bidet ma Marco non volle, dicendomi che voleva che la sua sborrata rimanesse nella mia fica fino a casa; ed anche in questo caso non seppi rifiutarmi. Mi rivestii, cercando di cancellare i segni del nostro amplesso, come se Francesco dal soggiorno non avesse sentito ed immaginato tutto.
Quando tornammo in soggiorno, Francesco era lì, il suo sguardo che raccontava tutto. Marco, con un sorrisino beffardo, disse: "Noi la doccia l'abbiamo fatta, se vuoi puoi approfittarne anche tu, ma se è tardi potete anche andare a casa."
Francesco, con una voce che tradiva una miscela di vergogna e confusione, rispose: "Preferisco andare a casa, vista l'ora non voglio disturbare."
Disturbare? Il tuo amico ha appena riempito tua moglie e non vuoi disturbare? pensai, sentendo una tensione crescere dentro di me.
Arrivammo a casa in silenzio, un silenzio pesante che sembrava urlare tutte le domande non poste. Appena entrati, Francesco si fiondò in bagno, si fece la doccia ed uscì con il pigiama. Entrai io, mi spogliai guardandomi allo specchio. Vidi parecchi segni sul mio corpo, manate e morsi che domani si sarebbero trasformati in lividi e mi avrebbero accompagnato nel ricordo dell'amplesso per diversi giorni. Mi feci una lunga doccia calda dove ebbi l'occasione per pensare all'accaduto. Avevo goduto come non mai ma avevo tradito Francesco; come avrebbe reagito? Mi avrebbe lasciata? Avrei dovuto lasciarlo io?
Uscii dal bagno, stanca e pronta per una lunga dormita ristoratrice. Domani avrei pensato al da farsi. Aprii la porta e mi ritrovai davanti Francesco; senza pensarci un attimo lo abbracciai e lo strinsi forte. Lo stesso fece anche lui, questo mi rincuorò; avvicinai la mia bocca al suo orecchio e gli sussurrai: "Scusa".
Mi guardò, mi prese il viso tra le sue mani e mi disse che non dovevo chiedere scusa di nulla, Marco aveva ragione: io avevo bisogno di più di quello che poteva darmi lui. Mi prese per mano e andammo in camera. Sotto le lenzuola mi spogliò e si spogliò, iniziò ad accarezzarmi, le sue mani che conoscevano il mio corpo come nessun altro, ma ora ogni tocco mi ricordava il contrasto con la forza brutale di Marco.
"Non voglio perderti," disse Francesco, il suo tocco che cercava di ricostruire ciò che era stato rotto.
"Non mi perderai," risposi, sentendo un calore diverso, una connessione che andava oltre il tradimento.
Facemmo l'amore, fu dolce e delicato come sempre, ma c'era una nuova intensità, una ricerca di qualcosa che avevamo perso e che forse potevamo ritrovare. Le sue dita esploravano ogni curva del mio corpo con una tenerezza che contrastava con la rudezza di Marco. Mi portò all'orgasmo una volta e venne, il suo corpo che cercava di affermare il suo amore per me attraverso movimenti lenti e profondi. Ci addormentammo nudi e abbracciati, il sonno che portava via le paure del giorno, ma il ricordo di Marco ancora vivo nel mio corpo.
Mio marito, Francesco, è sempre stato un bel uomo, con un fisico che avrebbe fatto invidia a molti. Ha un metro e ottanta di altezza, con capelli neri corti e occhi di un marrone intenso. Il suo corpo è ben definito, con muscoli tonici che si notano quando cammina senza maglietta, e una virilità che si manifesta nei suoi gesti gentili. Il suo pene è normale, perfetto per le nostre notti tranquille, ma mai abbastanza per accendere quella scintilla di desiderio sfrenato. Ha un carattere mite, è un'anima buona, difficilmente si arrabbia ed è sempre accondiscendente, sia con me che con gli altri. Spesso lo rimprovero perché questa parte del suo carattere lo porta ad essere "succube" degli altri, che spesso ne approfittano.
Anni fa, per caso durante la vanca, conoscemmo una coppia di qualche anno più grande di noi, Marco e Debora, rispettivamente 60 e 50 anni. Pensai che fosse la classica amicizia estiva invece, nonostante non avessimo nulla in comune continuammo a frequentarci; complice la vicinanza e sopratutto Francesco stravedeva per Marco, non mancava mai di raccontarmi quanto fosse eccezionale.
"Non capisco cosa ci trovi in lui," dissi una sera, mentre sistemavo i piatti dopo cena, sentendo il calore della sua presenza dietro di me.
"È un uomo di mondo, sa come si fa ad avere successo," rispose Francesco con un sorriso che tradiva ammirazione, accarezzandomi il fianco con un tocco che prometteva intimità.
Marco, però, era l'opposto di Francesco in termini fisici. Alto quasi due metri, con un corpo massiccio che non era definito ma piuttosto robusto, come se fosse stato scolpito dalla pura forza bruta. Aveva spalle larghe, braccia e gambe possenti, e una pancia che sporgeva leggermente, non per la mancanza di forma, ma per la sua imponenza. Il suo volto aveva lineamenti marcati, con una barba sempre un po' lunga che gli dava un'aria da predatore. E poi c'era il suo cazzo, che Debora sin da subito non perse occasione di come qualcosa di straordinario, lungo, largo, e che lui sapeva usare con una maestria che faceva rabbrividire. Il suo carattere dominante mi aveva sempre intimidita, quel modo di fare che sembrava dire: "Io comando qui."
Debora, invece, era una donna di straordinaria eleganza, con una presenza che riempiva ogni stanza. Aveva un volto dai lineamenti delicati ma decisi, incorniciato da capelli biondi, leggermente brizzolati, che portava con orgoglio. La sua altezza, un po' più di me, le conferiva un'aria di autorità, e il suo corpo, nonostante i 50 anni, era in una forma invidiabile: pancia piatta, seno probabilmente rifatto ma che si integrava perfettamente con il suo fisico, e un lato B alto e sodo che sfidava la gravità. Era sempre curata, il suo abbigliamento mai fuori luogo, che fosse un semplice vestito da giorno o un abito da sera, tutto sembrava fatto su misura per esaltare le sue curve. Caratterialmente, Debora era una donna di classe, con una sicurezza innata che non aveva bisogno di ostentare, ma che si percepiva in ogni suo gesto. Aveva un sorriso contagioso, ma dietro quel sorriso c'era l'astuzia di chi sa esattamente cosa vuole e come ottenerlo. Tuttavia, il suo elogio del cazzo di Marco mi aveva sempre incuriosito, lasciandomi a chiedermi come una donna così raffinata potesse vantarsi di qualcosa di così crudo.
Una sera, organizzarono una cena in un locale. Non avendo prenotato, aspettammo qualche minuto all'ingresso. Il posto non era grandissimo e quindi eravamo tutti abbastanza vicini.
"Dopo di te," disse Marco, guidandomi verso l'ingresso con una mano che sembrava scivolare troppo vicino al mio sedere, il suo tocco quasi bruciava attraverso il tessuto del vestito, e io mi sentii subito intimidita dalla sua presenza dominante.
Dopo qualche minuto, sentii una mano appoggiarsi proprio lì; mi girai e vidi che era Marco. Pensai che fosse involontario ma mi spostai un po' più avanti. Subito dopo, si fece sotto appoggiando ancora la mano; stavo per girarmi arrabbiata quando arrivò il cameriere per portarci al tavolo. Accelerai quindi il passo seguendo il cameriere per togliermi dall'impaccio.
"Non ci posso credere," sussurrai a Francesco, che mi guardò con un'espressione confusa.
Marco, sempre dietro di me, e complice l'affollamento del locale, sicuro che nessuno lo sentisse, mi disse: "Hai un culetto bello morbido, complimenti."
Rimasi di stucco e probabilmente arrossii, sentendo un calore salire dal mio interno. Non seppi cosa dire; non mi era mai capitato di ricevere un complimento così sfrontato, e con il rischio che Francesco sentisse.
"Che cazzo dici, Marco?" dissi, cercando di mantenere la voce bassa, il disgusto evidente nel mio tono, ma anche un certo timore per il suo atteggiamento dominante.
Marco non disse nulla limitandosi ad un ghigno, sfidandomi con lo sguardo. Persi inesorabilmente la sfida ed abbassai lo sguardo.
Durante tutta la cena continuavo ad essere a disagio. Spesso incrociavo il suo sguardo e non sono sicura ma credo che abbia provato a farmi "piedino", il suo piede che cercava il mio sotto il tavolo, sfiorando la mia gamba con una lentezza che mi fece sentire un brivido. E mentre mi trovavo lì, a cercare di ignorare Marco, ripensai alle parole di Debora, chiedendomi come mai avesse elogiato tanto la mazza di Marco. Non era gelosa? Perché elogiare queste qualità del marito? Non aveva paura che potessi esserne interessata?
"Tutto bene?" mi chiese Francesco, notando il mio disagio, la sua mano che cercava la mia sotto il tavolo.
"Sì, solo un po' stanca," risposi, cercando di nascondere il turbamento, anche se il mio corpo tradiva una reazione che non volevo ammettere.
Tornai a casa un po' turbata ma decisi ancora di lasciar correre e non dire nulla a mio marito.
A casa Francesco volle fare sesso, ero un po’ stanca ma non mi rifiutai, fu il “solito” sesso ma ogni tanto, non so perché, mi vennero in mente le parole di Debora “ha una mazza esagerata, lungo e largo”
Qualche settimana dopo, ci incontrammo di nuovo per un barbecue in un parco. L'atmosfera era rilassata, con il sole che scaldava la pelle e la leggera brezza che portava il profumo del cibo alla griglia. Avevo indossato un semplice vestito primaverile, leggero e comodo.
Mentre Francesco e Marco si occupavano della griglia, Debora e io parlavamo del più e del meno. Marco, come sempre, trovava il modo di avvicinarsi troppo.
"Vado a prendere un po' d'acqua," dissi, allontanandomi verso un gazebo dove c'era un tavolo con le bevande.
Marco mi seguì, e mentre mi chinavo per prendere una bottiglia d'acqua, sentii qualcosa di duro e caldo premere contro le mie chiappe. Mi girai di scatto e vidi Marco con un sorriso compiaciuto, il suo cazzo ben visibile sotto i pantaloncini corti.
"Cosa stai facendo?" sibilai, cercando di mantenere la voce bassa, il disgusto evidente nel mio tono, ma anche una certa paura.
"Ti faccio sentire cosa ti aspetta," rispose con un ghigno, spingendo ancora più vicino.
"Non voglio," dissi, cercando di allontanarmi, sentendo un mix di repulsione e un'inaspettata eccitazione.
Ritornammo al gruppo, ma il ricordo di quella sensazione mi tormentava per tutto il pomeriggio.
Il giorno dopo chiamai Marco, decisa a chiarire definitivamente che quel tipo di attenzioni non erano gradite.
"Marco, dobbiamo parlare," dissi con voce ferma, sentendo il cuore battere forte nel petto.
"Perché, non ti è piaciuto?" rispose con una risata bassa e beffarda, che mi fece ricordare il tocco delle sue mani e il calore del suo corpo.
"Non è questione di piacere, non voglio che succeda di nuovo," insistetti, sentendo la mia voce tremare leggermente.
"Scusa, non volevo metterti a disagio," rispose, ma il suo tono era tutt'altro che contrito. "Sono in zona, passo a scusarmi di persona," affermò, senza lasciarmi scelta.
Non riuscii a dire nulla prima che chiuse la telefonata. Passarono pochi minuti e sentii suonare il citofono. Appena entrò, gli dissi che non era il caso che venisse, l'importante era che avesse capito che non gradivo quel tipo di attenzioni. Sul suo volto comparve un sorriso strano, quasi compiaciuto.
"Non era mia intenzione metterti a disagio o farti arrabbiare, sto solo accellerando, tanto lo sai anche tu che ti scoperò che ti piacerà. Mi afferrò con forza la mano e la mise sul suo cazzo. Rimasi immobile sioccata incapace di reagire. Lo sentivo duro e caldo sotto i pantaloni. Imbambolata mi ripresi solo quando mi disse “ ti piace? Dai tiralo fuori”. In quel momento molai la presa e lo respinsi.
Mi guardò negli occhi, mi strinse un fianco e mi portò a sé, sussurrandomi: "Non è che alla fine invece ti piace e cerchi solo di darti un contegno da brava mogliettina?" “ma perché non hai detto nulla? Il suo respiro caldo vicino al mio orecchio mi fece sentire un brivido lungo la schiena.
Cercai di allontanarmi ma era decisamente forte; mi strinse ancora a sé, sentendo il calore del suo corpo contro il mio, poi mi lasciò andare. Gli dissi che era meglio andasse via; rise e se ne andò. Rimasi sconvolta tutto il giorno, anche Francesco se ne accorse, ma non sapevo cosa dire. Effettivamente, se raccontassi tutto adesso, lui potrebbe pensare che è quello che volevo anche io... decisi di tacere, alla fine, se non gli davo corda, non poteva succedere nulla e prima o poi si sarebbe stancato.
Nei mesi successivi, ci vedemmo altre poche volte, e ogni incontro era per me una prova di forza per mantenere le distanze. Ogni volta era un assalto non si risparmiava mai di farmi complimenti o di farmi sentire “la sua presenza”. Più il tempo passava e più pensavo che avrei dovuto raccontare tutto a Francesco ma avevo sempre timore che pensasse alla mia infedeltà non avendoglielo detto tutto.
Arrivò l'estate e Francesco, una sera, mi disse che Marco e sua moglie ci avevano invitato a cena a casa loro. Vivono in una bella villa molto grande, con anche una grande piscina. Provai a desistere ma insistette molto
"Ho pensato che potevamo andare già dal pomeriggio così possiamo stare un po' in piscina," propose Francesco con entusiasmo, immaginando già i nostri corpi baciati dal sole.
Mio malgrado feci buon viso a cattivo gioco. Quando arrivammo a casa loro, non vidi Debora e chiesi a Marco dove fosse.
"È via per la sua solita settimana al mare da sola," rispose Marco con un sorriso che non riuscivo a decifrare, mentre i suoi occhi sembravano leggermi dentro.
Restai un attimo sola con Francesco e gli chiesi come mai non mi disse nulla: chiuse subito il discorso dicendomi che non lo sapeva nemmeno lui ma che tanto non cambiava nulla.
Marco mi chiamò un paio di volte per chiedere se potessi dare un'occhiata ai fornelli, e non perdeva occasione per sfiorarmi o farmi sentire la sua presenza.
"Potresti controllare la carne, per favore?" disse, facendomi passare vicino a lui in modo che il suo corpo sfiorasse il mio, il calore della sua pelle che mi faceva sentire il battito del cuore accelerare.
Quando fu quasi pronto, ordinò a Francesco di andare in cantina a prendere il vino, mi stupi la sua prontezza. Scatto subito in piedi dicendo: "Non ci metterò tanto," lasciandomi sola con Marco.
Rimanemmo soli io e Marco. Ero ancora in costume e con un pareo. Per togliermi dall'imbarazzo, andai in cucina per dare un'occhiata ai fornelli. Marco arrivò da dietro, posò una sua manona e iniziò ad accarezzarmi il sedere, il suo tocco che mi faceva sentire un calore inaspettato. Si avvicinò al mio orecchio e mi disse: "Avevo ragione, morbido e vellutato, te lo scopa quel finocchio di tuo marito il culo?"
Mi leccò un orecchio ed una scossa mi attraversò tutto il corpo; non riuscivo a muovermi, un po' perché ero impietrita, e anche perché lui era veramente massiccio. Scostò il pareo e il costume e arrivò con un dito alla mia intimità; mi scappò un gridolino e mi bagnai immediatamente, sentendo un desiderio che non riuscivo a controllare. Sentendomi bagnata, mi girò dicendomi: "Lo sapevo che ti piaceva, girati che voglio vederti in faccia, troietta." A quelle parole avvampai che non riusci a ribellarmi, girandomi e rimanendo in sua balia.
Continuò ad accarezzarmi con un dito; le gambe mi tremavano e ad un certo punto, quasi sul più bello, mi sembrò di vedere Francesco che dal soggiorno ci osservava.
"basta, c'è mio marito," gli dissi con un filo di voce, la mia eccitazione che contrastava con il senso di colpa.
"E’ già tornato il coglione? Tranquilla che poi continuiamo" rispose con un ghigno, la sua arroganza che mi faceva sentire una miscela di repulsione e desiderio.
Anche in questo caso non dissi nulla a Francesco. Sicuramente ci aveva visto perché non ha detto nulla? Ero sconvolta ed arrabbiata. Arrabbiata con me stessa: non avevo fatto nulla per impedire che mi toccasse e mi ero bagnata come una quindicenne ed ero quasi venuta, ma anche con Francesco: perché è rimasto lì impalato a guardare?
A metà cena dissi a Francesco che volevo andare a casa.
"Ma la serata è bella, possiamo divertirci ancora," rispose lui, guardandomi con occhi imploranti, la sua mano che cercava la mia sotto il tavolo.
"Massì, dai, finita la cena torniamo in piscina, l'acqua è riscaldata," rilanciò subito Marco con un tono che non ammetteva repliche, i suoi occhi che mi spogliavano con lo sguardo.
Durante la cena, Marco iniziò a parlare di sesso, guardando Francesco con un sorriso beffardo.
"Le donne, Francesco, amano il grosso, vero?" disse Marco, fissandolo con uno sguardo che non lasciava dubbi sul suo intento. "Non è vero, tesoro?" chiese, rivolgendosi a me, ma senza aspettare una risposta, continuò. "Tuo marito non ha quello che serve, vero? È per questo che ti ecciti tanto quando senti un vero uomo vicino."
Francesco abbassò lo sguardo, il suo silenzio che parlava per lui, l'umiliazione che si leggeva chiara nei suoi occhi.
"Non rispondi, Francesco? Hai perso la lingua?" insistette Marco, il suo tono carico di disprezzo. "Guarda come si eccita tua moglie con un vero uomo."
Non dissi nulla, il mio sguardo che si spostava tra i due, la vergogna e l'eccitazione che si mescolavano dentro di me, ma mantenendo un'espressione di disagio.
Ci spostammo in piscina e lì Marco continuò a umiliare Francesco, parlando di quanto le donne preferiscano un uomo con un cazzo grande, mentre io sentivo il suo ancora duro contro di me.
"Sei sicuro di meritarla? Una donna così ha bisogno di esigenze abbondanti, non normali," disse Marco, la sua mano che si posava sulla mia schiena, facendomi sentire il suo corpo contro il mio.
Francesco abbozzò un sorriso, abbassando lo sguardo. Ecco che il suo carattere mite ritornava fuori; neanche davanti a un'umiliazione del genere riusciva a reagire.
Poi, ad un certo punto, Marco disse (ordinò) a Francesco: "hai freddo vai pure dentro, noi rimaniamo ancora un po' qui", lui non obiettò, uscì dalla piscina e rientrò in casa.
Mi ritrovai quindi da sola in piscina con Marco che continuava a strofinare il suo sesso, decisamente consistente, sul mio sedere, il suo respiro caldo sul mio collo che mi faceva sentire un brivido lungo tutta la spina dorsale. Anche in questa occasione mi arrabbia con me stessa e con Francesco. Perchè non esco anche io dalla piscina e raggiunto mio marito? Possibile che Francesco non si accorga che il suo amico sta fregando il cazzo contro il mio culo?
Riusci solo a dire "Non farlo, Francesco e in casa e poi è tua amico" cercando di mantenere un tono di fermezza, ma la mia voce tradiva il mio corpo traditore.
"Vuoi negare che ti piace?" chiese Marco, il suo viso a pochi centimetri dal mio, il suo respiro caldo che mescolava con il mio.
Non risposi, il mio corpo che si tradiva, il piacere che cercava di soffocare, mentre lui continuava a strusciarsi contro di me.
Mi girò e mi baciò con un'intensità che mi tolse il fiato; lasciai che lo facesse, sentendo la sua lingua esplorare la mia bocca, il suo sapore che si mescolava al mio. Mi appoggio al bordo della piscina si abbassò i suoi boxer, scostò il bordo del mio costume e pensai "Ecco ci siamo, adesso mi scopa." Volevo ribellarmi ma ero come ipnotizzata. Appoggiò la cappella contro la mia intimità, fece una leggera pressione e iniziò a spingere piano, ogni centimetro che avanzava dentro di me mi faceva sentire più piena, più viva. Si avvicino al mio orecchio e mi sussurrò “ te l’avevo detto che ti avrei scopata”
E mentre Marco mi penetrava, non potevo fare a meno di pensare alle parole di Debora.
"Non può essere solo per le dimensioni," pensai, sentendo ogni spinta di Marco che mi portava a un piacere che non avevo mai provato con Francesco. Era il modo in cui sapeva muoversi, la sua sicurezza, la sua forza bruta che si trasformava in una danza sensuale dentro di me.
Il ritmo cambiò subito dopo, aumentando a dismisura, ogni spinta era come un treno a tutta velocità. Il sesso con Francesco è sempre stato molto appagante, ma qui ero in estasi, sentivo ogni nervo del mio corpo vibrare di piacere. Venni, un'ondata di piacere che mi attraversò, facendomi chiudere gli occhi mentre cercavo di soffocare i gemiti per non farmi sentire da Francesco. Marco si fermò un attimo, mi fece gustare il mio orgasmo, lasciando sempre il suo sesso dentro di me, sentendo le mie contrazioni intorno a lui.
Appena mi ripresi, uscì, si tirò su i boxer, e una sensazione di delusione mi attraversò vedendo che si fermava. Il mio corpo bramava ancora il suo tocco, il piacere che aveva iniziato a darmi, e ora quella pausa sembrava una promessa non mantenuta.
"Vedo che sei delusa," disse Marco con un'aria sarcastica, notando la mia espressione. "Non ho ancora finito, andiamo solo dove siamo più comodi."
Con quelle parole, la tensione sessuale che aveva momentaneamente allentato si riaccese, la sua promessa di continuare altrove che mi faceva sentire un brivido di anticipazione mescolato a vergogna. Mi prese per mano e mi accompagno verso casa, mi venne subito in mente che dentro casa c’era Francesco, ingenuamente prima di entrare mi sistemai il custume (come se non avessi visto nulla). Appena dentro abbassai lo sguardo piena di imbarazzo e sensi di colpa, Marco si rivolse a Francesco con tono autoritario “noi andiamo a farci una doccia che fa un po’ freddo”, tu vai a sistemare fuori in piscina. Senza aspettare una risposta mi strattono ed andammo verso la zona notte. Non andammo in bagno ma in camera sua, il mio corpo ancora in costume da bagno, senza bisogno di spogliarmi ulteriormente. Marco mi spinse sul letto, il suo corpo che mi sovrastava, e riprese da dove aveva interrotto. Ogni spinta era un confronto diretto con Francesco, non solo per le dimensioni ma per la maestria con cui Marco mi faceva sentire desiderata, posseduta, e incredibilmente viva.
In quel momento, tra un gemito e l'altro, ripensai a Debora, chiedendomi se anche lei provasse questa sensazione di essere totalmente consumata dal piacere, se fosse questo il motivo per cui parlava con tale orgoglio di Marco.
E mentre Marco continuava a scoparmi, mi stupii di come un uomo così più grande di me, con i suoi sessant'anni, riuscisse a farmi sentire così giovane e piena di desiderio. Era un confronto che non potevo evitare con Francesco, il cui amore e gentilezza erano sempre stati presenti, ma che in questo momento mi sembravano inadeguati di fronte alla tempesta di sensazioni che Marco scatenava in me.
Per tutta la durata dell’amplesso continuo ad insultarmi chiamandomi troietta, mogleittna vogliosa di cazzo. Se in un contesto normlae questo linguaggio mi avrebbe profondamente indegniato in questo caso regalava scariche di adrenalina ad ogni parola.
Mi girò a pecorina e ricomincio a scoparmi con la stessa foga. Ormai non riuscivo più a contenrmi sicuramente Francesco mi setiva godere se sentiva Marco che mi insultava.
Sempre a pecora marco mi chiese se volevo che Francesco venisse in camera, se venisse a vedere come prendevo il suo cazzone. Gli dissi di no che non volevo.
Si fermo sfilandosi da, ogni affondo mi faceva male ma non volevo che smettesse, ogni affondo era una coltellata ma anche una scarica di adrenalina. Probabilemtne nota un velo di delusione sul mio volto e mi deisse che non aveva finito voleva solo vedermi mentre godeva. Non pensai a quello che disse ma solo a continuare a godere, appena mi rigirò ricomincio da dove aveva appena interrotto e ricomincia anche io: hi hi hi hi hai, hi hi
Dopo avermi portato a numerosi orgasmi, Marco si fermò, il suo cazzo ancora duro dentro di me, e con un ultimo affondo, venne, riempiendomi completamente.
Si sfilò, aveva ancora il cazzo barzotto, mi afferrò per i capelli facendomi urlare e mi infilò il suo cazzo in bocca. Detto il ritmo del pompino, tornò duro come il marmo in poco tempo.
"Sei più brava con la fica che con il cazzo," mi disse, il suo tono beffardo che mi faceva sentire umiliata ma anche desiderosa di compiacerlo.
Continuai fino a farlo venire, sentendo la sua sborra riempirmi la bocca, un sapore amaro e salato che mi ricordava la nostra connessione profana.
Si alzò ed andò in bagno. Mi ripresi un attimo e solo lì realizzai quello che avevo fatto. Avevo ceduto a un altro uomo, un uomo che non apprezzavo e che era molto più grande di me. Avevo goduto, ma chiaramente ero dispiaciata per aver tradito Francesco che era chissà dove. Era ancora di là? Se ne era andato via? Realmente non si era accorto di nulla?
Si era fatto veramente tardi, ma non volevo uscire da quella stanza; avrei dovuto incrociare lo sguardo di Francesco. Andai in bagno per darmi una sistemata, provai a farmi almeno un bidet ma Marco non volle, dicendomi che voleva che la sua sborrata rimanesse nella mia fica fino a casa; ed anche in questo caso non seppi rifiutarmi. Mi rivestii, cercando di cancellare i segni del nostro amplesso, come se Francesco dal soggiorno non avesse sentito ed immaginato tutto.
Quando tornammo in soggiorno, Francesco era lì, il suo sguardo che raccontava tutto. Marco, con un sorrisino beffardo, disse: "Noi la doccia l'abbiamo fatta, se vuoi puoi approfittarne anche tu, ma se è tardi potete anche andare a casa."
Francesco, con una voce che tradiva una miscela di vergogna e confusione, rispose: "Preferisco andare a casa, vista l'ora non voglio disturbare."
Disturbare? Il tuo amico ha appena riempito tua moglie e non vuoi disturbare? pensai, sentendo una tensione crescere dentro di me.
Arrivammo a casa in silenzio, un silenzio pesante che sembrava urlare tutte le domande non poste. Appena entrati, Francesco si fiondò in bagno, si fece la doccia ed uscì con il pigiama. Entrai io, mi spogliai guardandomi allo specchio. Vidi parecchi segni sul mio corpo, manate e morsi che domani si sarebbero trasformati in lividi e mi avrebbero accompagnato nel ricordo dell'amplesso per diversi giorni. Mi feci una lunga doccia calda dove ebbi l'occasione per pensare all'accaduto. Avevo goduto come non mai ma avevo tradito Francesco; come avrebbe reagito? Mi avrebbe lasciata? Avrei dovuto lasciarlo io?
Uscii dal bagno, stanca e pronta per una lunga dormita ristoratrice. Domani avrei pensato al da farsi. Aprii la porta e mi ritrovai davanti Francesco; senza pensarci un attimo lo abbracciai e lo strinsi forte. Lo stesso fece anche lui, questo mi rincuorò; avvicinai la mia bocca al suo orecchio e gli sussurrai: "Scusa".
Mi guardò, mi prese il viso tra le sue mani e mi disse che non dovevo chiedere scusa di nulla, Marco aveva ragione: io avevo bisogno di più di quello che poteva darmi lui. Mi prese per mano e andammo in camera. Sotto le lenzuola mi spogliò e si spogliò, iniziò ad accarezzarmi, le sue mani che conoscevano il mio corpo come nessun altro, ma ora ogni tocco mi ricordava il contrasto con la forza brutale di Marco.
"Non voglio perderti," disse Francesco, il suo tocco che cercava di ricostruire ciò che era stato rotto.
"Non mi perderai," risposi, sentendo un calore diverso, una connessione che andava oltre il tradimento.
Facemmo l'amore, fu dolce e delicato come sempre, ma c'era una nuova intensità, una ricerca di qualcosa che avevamo perso e che forse potevamo ritrovare. Le sue dita esploravano ogni curva del mio corpo con una tenerezza che contrastava con la rudezza di Marco. Mi portò all'orgasmo una volta e venne, il suo corpo che cercava di affermare il suo amore per me attraverso movimenti lenti e profondi. Ci addormentammo nudi e abbracciati, il sonno che portava via le paure del giorno, ma il ricordo di Marco ancora vivo nel mio corpo.
8
2
voti
voti
valutazione
5
5
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto sucessivo
Il piano inclinato - passione incontrollata PARTE 1
Commenti dei lettori al racconto erotico