Via dei Bardi - 11 Le vacanze di Giulia

di
genere
etero

Il paese d’origine di Giulia era un posto che si accendeva d’estate come un fuoco d’artificio: esplosivo, rumoroso, pieno di colori. Sulla costa romagnola, a metà tra due comuni pieni di stabilimenti balneari e locali da ballo, il centro si svuotava durante il giorno per riempirsi la sera di luci, di odori di fritto e salsedine, di turisti abbronzati con le camicie sbottonate e le ragazze in top che lasciavano intravedere più pelle che tessuto.

Lei ci era cresciuta in mezzo, ma ogni anno ci tornava come se fosse un’altra.
Ogni anno il suo corpo era un po’ più consapevole, un po’ più vivo.
E quell’estate… era viva fino all’ultima fibra.

Il primo giorno aveva già ricevuto due messaggi da vecchi amici, un invito a una festa sulla spiaggia e uno a cena.
Aveva accettato tutto.
Perché il cuore batteva forte. E il sesso — anche se non cercato — le saliva addosso con ogni brezza marina, ogni goccia di crema sulla pelle.

La sera, si guardava allo specchio prima di uscire.
Top bianco, niente reggiseno.
Gonna di jeans, corta, appena abbastanza per lasciare scoperte le cosce levigate.
Sandali bassi, caviglie sottili.

Si piaceva. E sapeva di piacere.

Usciva con le amiche, con la scusa del “solo un drink”, ma tornava sempre a casa con la bocca più arrossata, i capelli più scomposti, il corpo più caldo.

Ogni sera, uno sguardo la faceva vibrare.
Ogni sera, un ragazzo le offriva da bere, le parlava troppo vicino, le metteva la mano bassa sulla schiena.
E ogni sera, lei sentiva quel familiare formicolio tra le cosce, la voglia di lasciarsi andare, di sentire una bocca tra le gambe, una mano premere dietro la nuca.

A volte si lasciava baciare.

Una notte, sulla spiaggia, un ragazzo con gli occhi chiari e l’accento del nord le aveva baciato le spalle mentre guardavano il fuoco. Le aveva passato la lingua sulla clavicola, le aveva infilato le dita sotto l’elastico della gonna.
Lei era bagnata. Umidissima.

Si erano sdraiati sulla sabbia, nascosti dietro una duna.
Lui le aveva leccato il seno, sopra la stoffa. Le mutandine erano scostate. Un dito era scivolato dentro.

Ma quando le aveva chiesto:
«Ci stai?»
Lei aveva alzato lo sguardo.

Aveva visto l’assenza nei suoi occhi.
Un’assenza totale.
Non era lei che voleva. Era un corpo da scopare e dimenticare.

Si era alzata, si era rivestita.
E se n’era andata.
Fradicia, eccitata come non mai, ma più sola di prima.

Era così ogni sera.

Un altro ragazzo.
Un’altra occasione.
Una mano sulla coscia. Una bocca umida.
Un’erezione premuta contro il fianco mentre ballavano sotto le luci del lido.

E ogni volta, il cuore si stringeva.
Perché l’eccitazione era vera, intensa, quasi insopportabile…
ma il resto non c’era.
Nessuno la cercava per Giulia. Solo per la sua figa.

La notte, tornata a casa, si infilava sotto le lenzuola sudata, truccata a metà.
E si masturbava.
Con rabbia.

Non romantico. Non morbido.
Ma violento e preciso.
Due dita dentro. Il clitoride schiacciato. La faccia contro il cuscino.
Pensando al fuoco sulla spiaggia, al dito che l’aveva penetrata, alla bocca che l’aveva leccata…
Ma più di tutto… a quella lingua che una volta le era venuta incontro mentre succhiava un cazzo.

A Chiara.

Perché solo lei l’aveva guardata con desiderio e rispetto.
Solo lei aveva tremato allo stesso modo, nella stessa stanza, senza toccarla mai.

E adesso Giulia la desiderava come non mai.
scritto il
2025-04-08
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