Via dei Bardi - 06 Voglia di sole
di
EssEmmE
genere
confessioni
La vita era tornata a correre, dritta e ferma come un binario.
Dopo la serata in discoteca, le ragazze avevano ripreso il ritmo degli esami, e le giornate si erano riempite di orari, scadenze, caffè amari e appunti sparsi. Il caldo aveva avvolto Firenze in una cappa lenta e spessa, e l’appartamento al terzo piano era diventato un rifugio semi-eremitico, fatto di ventilatori, tazze sporche lasciate sui davanzali, e pile di libri in ogni stanza.
La sera in discoteca non era più stata nominata.
Non era necessario.
Era rimasta lì, sospesa nell’aria. In quella notte in cui avevano baciato altri, toccato altri, ma si erano guardate — l’una nelle mani dell’altro, l’altra con gli occhi fissi addosso. Un gesto che era stato più intimo di qualsiasi penetrazione.
Chiara era tornata ai suoi ritmi.
Sveglia presto, studio organizzato, pause programmate. La notte, dopo aver chiuso il libro, lasciava che il corpo parlasse. Ogni due o tre sere, apriva il suo cassetto, lo faceva con calma, con una specie di riverenza. Sceglieva uno dei suoi toys — spesso il piccolo succhiaclitoride rosa, o il plug con la pietra — e si concedeva quel momento solo suo. Il corpo sdraiato sul lenzuolo, le cosce divaricate, la mano che accarezzava piano il pube rasato, fino a trovare il punto giusto.
Le fantasie erano sempre le stesse, eppure ogni volta diverse.
Pensava alle dita di Giulia che toccavano il bicchiere sudato. Alla sua lingua mentre parlava. Alla camicia trasparente, lasciata aperta. Pensava a lei che si masturbava nella stanza accanto. La immaginava nuda, le gambe aperte, il wand premuto sul clitoride, la bocca aperta in un gemito muto.
Giulia faceva lo stesso.
Nel cuore della notte, con la finestra aperta, si spogliava completamente. Si lasciava accarezzare dall’aria calda, infilava un dildo tra le gambe e si guardava allo specchio. A volte si metteva in ginocchio, altre restava supina, con una gamba sollevata e la bocca dischiusa.
Aveva ripensato mille volte alla sera in discoteca.
Ma più ancora, ripensava a Chiara nel taxi, al profumo di lei, al calore che emanava anche solo stando seduta accanto.
Nessuna delle due diceva nulla. Ma l’estate portava con sé la promessa di una fine.
E la fine della sessione si avvicinava.
Una sera, Chiara chiuse il libro con un sospiro.
Erano le dieci passate, e la luce del soggiorno era fioca, filtrata solo da una lampada da tavolo e dalla luna che entrava dalla finestra.
Giulia era stesa sul divano, gambe nude, maglietta arrotolata fino all’ombelico, un bicchiere di vino in mano.
«Finito?» chiese.
«Ultimo esame tra tre giorni. Poi libertà.»
Giulia sollevò il bicchiere. «Brindiamo in anticipo.»
Chiara si avvicinò, sedendosi sul divano. Le loro gambe si toccarono, appena.
«Hai pensato a dove vorresti andare?» domandò Giulia.
«Ovunque. Mare, montagna, un posto dove posso dormire senza sveglia e magari prendere il sole senza reggiseno.»
Giulia sorrise. «Senza reggiseno o senza niente?»
Chiara la guardò. C’era un lampo negli occhi. Poi: «Senza niente, se potessi. L’ho fatto una volta, sai?»
«Davvero?»
«Sì. L’anno scorso. Isola d’Elba. Spiaggia piccola, quasi deserta. Mi sono tolta tutto. Sentire il sole sul corpo… lì, dove di solito sei sempre coperta… è stato…»
«Erotico?» suggerì Giulia.
Chiara annuì. «Sì. Molto.»
Ci fu un silenzio. Poi Giulia bevve e appoggiò il bicchiere. «Anch’io l’ho fatto.»
Chiara si voltò verso di lei.
«Ero in campagna, da sola. Lontana da tutto. Mi sono messa su una coperta, sotto un albero. Ho tolto il bikini, piano, e sono rimasta lì. Il sole sul seno, tra le gambe. Le cicale. Il silenzio.»
«Ti sei toccata?» chiese Chiara, la voce un filo.
Giulia la guardò. Poi sorrise. «Sì. Lentamente. Mi sono massaggiata il corpo. Ho passato le dita tra le labbra. Era caldo. Mi sentivo viva. Animale.»
Chiara si morse il labbro. «A me il sole sul clitoride mi ha fatta impazzire. Era come se ogni cellula si accendesse.»
«Ti piacerebbe rifarlo?» domandò Giulia.
«Sì. Ma con la persona giusta.»
Lo dissero così, come se parlassero d’altro. Ma le gambe ora si toccavano. Le mani erano vicine. E il vino faceva tremare le parole.
«Qual è la cosa più pazza che hai fatto?» chiese Chiara, cercando di cambiare tono.
Giulia rise. «Una volta ho fatto sesso nel bagno di una biblioteca.»
«Con chi?»
«Con un ragazzo conosciuto quel giorno. Aveva gli occhiali. Mi ha presa da dietro contro la porta. Non era nemmeno bravo. Ma l’idea… mi ha fatta godere come una pazza dopo, da sola.»
Chiara rise. «Io… l’ho fatto una volta in spiaggia. Di notte. La sabbia ovunque. Ma non mi importava. Era caldo, umido, il rumore delle onde…»
Giulia si avvicinò appena. «Ti sei mai fatta guardare?»
«No. Ma l’idea mi piace. Tu?»
«Una volta ho lasciato la finestra aperta apposta. Mi sono masturbata nuda, davanti alla finestra. E ho visto un uomo che mi guardava dal balcone di fronte.»
«Ti è piaciuto?»
«Da morire.»
Restarono in silenzio, il respiro lento, i pensieri disordinati.
Il desiderio era lì. Vivo. Inespresso.
Non si toccarono. Non si baciarono.
Ma quella notte, nelle loro stanze, si accarezzarono più a lungo del solito. Con più forza. Con più immagini nella testa. E lo stesso nome sulle labbra.
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