Via dei Bardi - 03 Confessioni ubriache
di
EssEmmE
genere
prime esperienze
La bottiglia era un Chianti Classico del 2021, tenuto da parte per un’occasione speciale. E Chiara l’aveva finalmente tirata fuori per festeggiare l’esame più difficile del semestre: Anatomia 2. Superato con un brillante 30 e lode.
Era una sera tiepida, l’aria profumava di terra bagnata e gelsomino. Le finestre aperte lasciavano entrare i suoni della città, ovattati e lontani, mentre in casa l’atmosfera si era fatta dolce, rilassata, quasi tenera.
Avevano cucinato insieme: tagliolini al limone e pepe rosa, una ricetta che Giulia diceva di aver improvvisato, ma che sapeva di cura. Poi il vino, versato in due calici grandi, e una tavola apparecchiata senza formalità: tovagliette di stoffa, candele accese, piedi nudi che si sfioravano sotto il tavolo.
Chiara rideva spesso quella sera. Si era sciolta, letteralmente. Indossava un vestitino leggero, con le spalline sottili e il tessuto che le cadeva morbido addosso. Niente reggiseno sotto. I capezzoli le disegnavano piccoli cerchi tesi contro il cotone. Aveva lasciato i capelli sciolti, e le guance erano leggermente arrossate, forse per il vino, forse per Giulia.
Giulia la osservava con un sorriso di fondo, un sorriso che non lasciava mai le labbra. Portava una canottiera color sabbia, morbida, senza spalline, e uno shorts cortissimo, in lino. Le gambe incrociate sulla sedia, il bicchiere in mano, lo sguardo liquido e profondo.
«Sai che non ti ho mai vista così rilassata?» disse Giulia, appoggiando il calice vuoto sul tavolo.
Chiara sorrise, abbassando gli occhi. «Forse perché non mi rilasso mai.»
«È un peccato. Sei bellissima quando lasci andare le difese.»
Il complimento cadde come una goccia calda tra le pieghe di una conversazione già carica. Chiara lo accolse in silenzio. Poi, dopo un sorso lento, parlò.
«Posso confessarti una cosa? Ma… è una cosa un po’ intima.»
«Ti prego.» Giulia si sporse leggermente in avanti, le pupille dilatate. «Adoro le cose intime.»
Chiara rise, ma poi si fece seria. «Il mio primo orgasmo… l’ho avuto tardi. A diciannove anni. Da sola. E mi ha sconvolta. Non credevo potesse essere così… travolgente.»
Giulia si rilassò sulla sedia, e incrociò di nuovo le gambe. «È stato con un giocattolo o con le dita?»
Chiara si morse il labbro. «Con un getto d’acqua. Nella doccia. Poi ho iniziato a esplorare. Ho comprato il mio primo vibratore online. Una cosa piccolina, discreta. Ma mi ha aperto un mondo.»
«Com’era?» chiese Giulia, la voce più bassa, quasi ipnotica.
«Piccolo, rosa, molto semplice. Ma bastava appoggiarlo sul clitoride, e… boom. Non riuscivo a fermarmi. Lo facevo ogni sera, a volte anche due volte al giorno. Era come… scoprire che avevo un universo dentro e nessuno me lo aveva mai detto.»
Giulia annuiva lentamente, affascinata.
«Poi ho iniziato a voler provare di più. Ho preso uno stimolatore a onde d’aria. Sai, quelli che… aspirano e pulsano. È diventato il mio preferito. Mi fa venire così in fretta che a volte non riesco nemmeno a tenerlo acceso più di trenta secondi.»
«Ti piace venire in fretta?» chiese Giulia, quasi sussurrando.
Chiara arrossì. «No. Ma mi piace farmi desiderare il momento in cui posso. Trattenermi. Farlo durare. Costruire la tensione. È come studiare: più sudi, più godi il risultato.»
Giulia rise piano. «Hai una mente perversa, dottoretta.»
«E tu?» chiese Chiara, con un filo di sfida nella voce. «Quando hai capito che ti piaceva… toccarti?»
Giulia alzò le sopracciglia, poi prese un sorso di vino e lo lasciò scendere lentamente. «Molto prima di te. Forse a quindici anni. Era estate. Ero in campeggio con mia cugina, e una notte abbiamo dormito nella stessa tenda. La sentivo muoversi accanto a me. I suoi respiri… il ritmo delle mani. Era buio, ma capivo benissimo cosa stesse facendo.»
Chiara deglutì piano.
«E tu?»
«Io ascoltavo. Mi stringevo le cosce, cercando di non fare rumore. Ma poi, una notte, ho ceduto. Ho infilato la mano sotto le mutandine. E lì è iniziato tutto.»
«L’hai mai fatto con lei?» chiese Chiara, con la voce più rauca.
«No. Ma sapevamo entrambe. Era un tacito accordo. Di notte... ci masturbavamo insieme. Nello stesso sacco a pelo. Senza toccarci mai. Ma ascoltando ogni respiro, ogni gemito.»
Un silenzio carico di immagini si posò tra loro.
Chiara si sporse in avanti. «E adesso? Cosa ti piace?»
Giulia sorrise, complice. «La varietà. Ho una collezione. Mi piace alternare. A volte un dildo realistico, grande, spesso. Mi piace sentirlo entrare piano, spingere… altre volte uso una pallina vibrante e giro per casa col telecomando. A volte resto in mutandine sul divano e lo accendo all’improvviso.»
«In questa casa?» sussurrò Chiara, incredula.
Giulia annuì. «Sì. Tu eri in camera tua, con le cuffie. Una volta ho avuto un orgasmo mentre cucinavo la pasta.»
Risero entrambe. Ma la risata era diversa. Era bagnata, elettrica, liquida.
«Dio…» sussurrò Chiara. «Queste cose mi eccitano troppo.»
Giulia si alzò e prese la bottiglia. Ne versò ancora per entrambe. Poi tornò a sedersi, e questa volta le loro ginocchia si toccarono.
«Sai cosa mi piace davvero?» disse piano. «Sentire la voce dell’altra mentre viene. È una cosa… intima. Selvaggia. Vedere un corpo perdersi.»
Chiara non rispose. Ma i suoi occhi brillavano. La tensione vibrava tra le cosce, calda e insistente. Avrebbe voluto fare mille domande. Avrebbe voluto sapere se Giulia si fosse mai fatta leccare da una donna. Se avesse mai baciato il sesso di qualcuna. Se le piaceva essere guardata mentre si masturbava.
Ma si alzò.
«Io… vado a farmi una doccia.»
Giulia la seguì con lo sguardo. E quando sentì l’acqua scorrere… infilò una mano tra le gambe.
Sapevano entrambe cosa stavano facendo.
Separatamente.
Ma più vicine che mai.
Era una sera tiepida, l’aria profumava di terra bagnata e gelsomino. Le finestre aperte lasciavano entrare i suoni della città, ovattati e lontani, mentre in casa l’atmosfera si era fatta dolce, rilassata, quasi tenera.
Avevano cucinato insieme: tagliolini al limone e pepe rosa, una ricetta che Giulia diceva di aver improvvisato, ma che sapeva di cura. Poi il vino, versato in due calici grandi, e una tavola apparecchiata senza formalità: tovagliette di stoffa, candele accese, piedi nudi che si sfioravano sotto il tavolo.
Chiara rideva spesso quella sera. Si era sciolta, letteralmente. Indossava un vestitino leggero, con le spalline sottili e il tessuto che le cadeva morbido addosso. Niente reggiseno sotto. I capezzoli le disegnavano piccoli cerchi tesi contro il cotone. Aveva lasciato i capelli sciolti, e le guance erano leggermente arrossate, forse per il vino, forse per Giulia.
Giulia la osservava con un sorriso di fondo, un sorriso che non lasciava mai le labbra. Portava una canottiera color sabbia, morbida, senza spalline, e uno shorts cortissimo, in lino. Le gambe incrociate sulla sedia, il bicchiere in mano, lo sguardo liquido e profondo.
«Sai che non ti ho mai vista così rilassata?» disse Giulia, appoggiando il calice vuoto sul tavolo.
Chiara sorrise, abbassando gli occhi. «Forse perché non mi rilasso mai.»
«È un peccato. Sei bellissima quando lasci andare le difese.»
Il complimento cadde come una goccia calda tra le pieghe di una conversazione già carica. Chiara lo accolse in silenzio. Poi, dopo un sorso lento, parlò.
«Posso confessarti una cosa? Ma… è una cosa un po’ intima.»
«Ti prego.» Giulia si sporse leggermente in avanti, le pupille dilatate. «Adoro le cose intime.»
Chiara rise, ma poi si fece seria. «Il mio primo orgasmo… l’ho avuto tardi. A diciannove anni. Da sola. E mi ha sconvolta. Non credevo potesse essere così… travolgente.»
Giulia si rilassò sulla sedia, e incrociò di nuovo le gambe. «È stato con un giocattolo o con le dita?»
Chiara si morse il labbro. «Con un getto d’acqua. Nella doccia. Poi ho iniziato a esplorare. Ho comprato il mio primo vibratore online. Una cosa piccolina, discreta. Ma mi ha aperto un mondo.»
«Com’era?» chiese Giulia, la voce più bassa, quasi ipnotica.
«Piccolo, rosa, molto semplice. Ma bastava appoggiarlo sul clitoride, e… boom. Non riuscivo a fermarmi. Lo facevo ogni sera, a volte anche due volte al giorno. Era come… scoprire che avevo un universo dentro e nessuno me lo aveva mai detto.»
Giulia annuiva lentamente, affascinata.
«Poi ho iniziato a voler provare di più. Ho preso uno stimolatore a onde d’aria. Sai, quelli che… aspirano e pulsano. È diventato il mio preferito. Mi fa venire così in fretta che a volte non riesco nemmeno a tenerlo acceso più di trenta secondi.»
«Ti piace venire in fretta?» chiese Giulia, quasi sussurrando.
Chiara arrossì. «No. Ma mi piace farmi desiderare il momento in cui posso. Trattenermi. Farlo durare. Costruire la tensione. È come studiare: più sudi, più godi il risultato.»
Giulia rise piano. «Hai una mente perversa, dottoretta.»
«E tu?» chiese Chiara, con un filo di sfida nella voce. «Quando hai capito che ti piaceva… toccarti?»
Giulia alzò le sopracciglia, poi prese un sorso di vino e lo lasciò scendere lentamente. «Molto prima di te. Forse a quindici anni. Era estate. Ero in campeggio con mia cugina, e una notte abbiamo dormito nella stessa tenda. La sentivo muoversi accanto a me. I suoi respiri… il ritmo delle mani. Era buio, ma capivo benissimo cosa stesse facendo.»
Chiara deglutì piano.
«E tu?»
«Io ascoltavo. Mi stringevo le cosce, cercando di non fare rumore. Ma poi, una notte, ho ceduto. Ho infilato la mano sotto le mutandine. E lì è iniziato tutto.»
«L’hai mai fatto con lei?» chiese Chiara, con la voce più rauca.
«No. Ma sapevamo entrambe. Era un tacito accordo. Di notte... ci masturbavamo insieme. Nello stesso sacco a pelo. Senza toccarci mai. Ma ascoltando ogni respiro, ogni gemito.»
Un silenzio carico di immagini si posò tra loro.
Chiara si sporse in avanti. «E adesso? Cosa ti piace?»
Giulia sorrise, complice. «La varietà. Ho una collezione. Mi piace alternare. A volte un dildo realistico, grande, spesso. Mi piace sentirlo entrare piano, spingere… altre volte uso una pallina vibrante e giro per casa col telecomando. A volte resto in mutandine sul divano e lo accendo all’improvviso.»
«In questa casa?» sussurrò Chiara, incredula.
Giulia annuì. «Sì. Tu eri in camera tua, con le cuffie. Una volta ho avuto un orgasmo mentre cucinavo la pasta.»
Risero entrambe. Ma la risata era diversa. Era bagnata, elettrica, liquida.
«Dio…» sussurrò Chiara. «Queste cose mi eccitano troppo.»
Giulia si alzò e prese la bottiglia. Ne versò ancora per entrambe. Poi tornò a sedersi, e questa volta le loro ginocchia si toccarono.
«Sai cosa mi piace davvero?» disse piano. «Sentire la voce dell’altra mentre viene. È una cosa… intima. Selvaggia. Vedere un corpo perdersi.»
Chiara non rispose. Ma i suoi occhi brillavano. La tensione vibrava tra le cosce, calda e insistente. Avrebbe voluto fare mille domande. Avrebbe voluto sapere se Giulia si fosse mai fatta leccare da una donna. Se avesse mai baciato il sesso di qualcuna. Se le piaceva essere guardata mentre si masturbava.
Ma si alzò.
«Io… vado a farmi una doccia.»
Giulia la seguì con lo sguardo. E quando sentì l’acqua scorrere… infilò una mano tra le gambe.
Sapevano entrambe cosa stavano facendo.
Separatamente.
Ma più vicine che mai.
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