Via dei Bardi - 10 L’acqua fredda e il fuoco sotto pelle

di
genere
etero

Le montagne avevano un modo tutto loro di riportare Chiara a sé stessa.
Il tempo sembrava dilatarsi, e le giornate erano fatte di silenzi lunghi, aria fresca, e luce netta che disegnava ogni curva del paesaggio con precisione chirurgica.
Dopo Firenze, quella pace le sembrava quasi irreale.

Dormiva nella sua vecchia stanza, tra i poster del liceo e il letto di legno chiaro, e passava le giornate tra letture leggere, pranzi in famiglia e lunghe passeggiate in solitaria.
Tuttavia, per quanto tutto fosse familiare, dentro Chiara ribolliva un’irrequietezza che non riusciva a contenere.

Le notti erano sature di ricordi recenti.
Di sudore.
Di gemiti.
Di Giulia.

Per questo, quando Alessandro le scrisse con tono casuale — “Vieni a farti un giro al lago?” — lei accettò.
Aveva bisogno di staccare. Di normalità.
Di rimettere i piedi per terra.

Si incontrarono nel parcheggio di un rifugio, tra profumo di pini e ombra di larici altissimi.
Alessandro era cambiato.
Più uomo nei lineamenti, nel modo di muoversi. Portava una felpa leggera e un paio di pantaloni sportivi che gli segnavano le cosce forti. I capelli più lunghi, tirati indietro, la barba incolta ma curata.
Ma il sorriso era lo stesso: genuino, aperto.

Camminarono insieme per un sentiero immerso nel verde.
Parlavano piano, a tratti, con quella confidenza intermittente che appartiene solo agli amici d’infanzia.
Niente flirt.
Solo piccoli accenni.
Ma la corrente sotterranea, silenziosa, c’era.

Chiara lo osservava mentre lui camminava davanti a lei per un tratto: il modo in cui le spalle si muovevano sotto la felpa, i polpacci che si tendevano a ogni passo.
Non c’era l’urgenza del desiderio.
C’era la curiosità lenta di chi si ritrova.

Dopo circa mezz’ora, arrivarono.
Un piccolo laghetto tra le rocce, incastonato tra gli alberi. L’acqua era ferma, scura, freschissima.
E nessuno intorno.

«Te lo ricordi?» chiese lui, sorridendo.
Chiara annuì. «Ci venivo con mio nonno da piccola. Ma era sempre troppo fredda per fare il bagno.»

«Lo è ancora.»
«Allora sarà una sfida.»

Si guardarono. Un attimo più lungo del previsto.

Poi si voltarono entrambi, quasi nello stesso istante, per cambiarsi.

Chiara non si tolse tutto.
Sfilò la T-shirt, rimanendo in reggiseno sportivo. Poi si abbassò i pantaloni, e sotto aveva un paio di mutandine di cotone scuro.
Lo stesso fece lui: via la felpa, via i pantaloni. Rimase in boxer.

Niente di sessuale.
Eppure lo era.

Perché l’intimo bagnato, si sa… non copre nulla.

Si tuffarono quasi insieme.
L’acqua era un colpo al petto.
Chiara gridò, ridendo, mentre si stringeva le braccia attorno al corpo. Il tessuto le aderì alla pelle, scolpendo ogni forma: i capezzoli duri sotto il reggiseno, le curve morbide dei fianchi, il ventre che si sollevava e si abbassava a ogni respiro.

Alessandro emerse accanto a lei, spingendosi i capelli all’indietro.
Il suo sguardo si posò dove non avrebbe dovuto, ma non con malizia. Con ammirazione.

«Hai freddo?» chiese.
«Sì. Ma è una bella sensazione.»

Nuotarono per qualche minuto.
Poi tornarono verso la riva.
Si sedettero su una roccia calda al sole, l’acqua che gocciolava sui corpi, il tessuto che si asciugava piano.

Lei si strinse le ginocchia al petto.
Lui si sdraiò a pancia in su.

«Hai mai pensato di non tornare più in città?» chiese lui.
«Ultimamente… ci penso spesso.»

Silenzio. Solo il rumore del vento tra i rami.

Poi lui si sollevò su un gomito.
La guardò.

«Sai che sei cambiata?»

«In meglio o in peggio?»
«In… intensità. Sembri più… piena. Più donna.»

Lei abbassò lo sguardo. Un sorriso incerto.

Lui le spostò un ciuffo di capelli bagnati dalla guancia. Le dita le sfiorarono la tempia. Poi il mento. Poi restarono lì, sospese.
Avrebbe potuto baciarla.
Ma non lo fece.

«Hai qualcuno?» chiese.

Chiara ci mise qualche secondo.
Poi: «Non so.»

E non era una bugia.

Il sole asciugava la pelle con lentezza.
Chiara sentiva ogni goccia d’acqua evaporare come un bacio caldo, come una mano gentile che le accarezzava la schiena. Seduta sulla roccia, con le ginocchia al petto e il reggiseno sportivo ancora bagnato che le si appiccicava addosso, aveva lo sguardo fisso sull’acqua, ma la mente altrove.

Alessandro le era accanto, sdraiato, con le braccia dietro la testa e gli occhi socchiusi.
La sua presenza era semplice. Solida. Non invadente. Ma percettibile.
Il suo odore: misto di sapone, sudore fresco e pino.
La sua pelle: ancora umida, ancora tiepida.
Il suo sesso: premuto contro il tessuto sottile dei boxer, visibile. Palese.

Chiara non era indifferente.
Ma non era nemmeno pronta a lasciarsi cadere.

Quando si voltò verso di lui, lo trovò a fissarla.

Non il corpo. Non il seno. Non le gambe.
Il viso.

«Mi piace stare con te così. Senza dire troppe cose.»

Lei annuì.
E poi, dopo un attimo: «È strano. Sento che potrei… ma non sono sicura se voglio.»

Alessandro si sollevò sui gomiti. La osservò.
Si avvicinò appena.

«Io lo sento anch’io. Ma… non ti voglio spingere.»

Le sue dita le toccarono la mano.
Solo quella.
Ma fu come se le avessero accarezzato tutto il fianco.

Lei lo lasciò fare. Non si tirò indietro.

«Se ti baciassi…?»
La domanda fu sussurrata.

Chiara inspirò piano. Poi:
«Non fermarti. Ma non correre.»

Il bacio fu lento.
Le labbra si cercarono con cautela, quasi in punta di piedi.
Il sapore dell’acqua di lago, il sale della pelle.
Niente lingua, all’inizio. Solo bocche che si riconoscevano.
Poi un'apertura.
Un respiro.
Una lingua che sfiorava.
Chiara chiuse gli occhi.

Si sentì baciata con rispetto.
Con desiderio.
Ma senza assalto.

Le mani di Alessandro salirono piano lungo i suoi fianchi.
Sfiorarono il bordo del reggiseno, poi si posarono sui lati dei seni.
Solo un contatto.
Ma sufficiente a farle vibrare l’interno coscia.

Chiara lo guidò giù.
Si sdraiarono tra i vestiti sparsi sull’erba.

Lui sopra.
Lei sotto.

La baciava sul collo, tra i seni, sul ventre.
La maglietta e il reggiseno ancora bagnati la stringevano, ma non li tolse.
Era come voler lasciare un velo. Una difesa.
O forse… una distanza.

Quando la mano di lui raggiunse l’elastico delle mutandine, lei sollevò appena i fianchi.
Le scostò.
Non le tolse.

Le accarezzò il pube. Rasato. Umido.
Infilò un dito, poi un secondo.
La trovò calda, bagnata, pronta.

Chiara si morse il labbro.
La testa le scivolò all’indietro.
Si lasciò toccare.

Ma quando lui cercò di toglierle le mutandine, lei gli prese il polso.

«Aspetta.»

Alessandro si fermò.
Ansimava leggermente.
Chiara lo guardò.

«Hai un preservativo?»
Scosse la testa. «No.»

Silenzio.

Le dita di lui erano ancora tra le sue cosce.
Ma immobili.

Chiara deglutì.
Le mani le tremavano.

Poi lui parlò.
«L’unica alternativa… se davvero volessimo… sarebbe…»

Non finì la frase.
Ma lei lo capì.

Il suo sguardo le era sceso dietro.
L’altra via.
Quella che non aveva mai lasciato esplorare a nessuno.

Chiara chiuse gli occhi.
La pelle d’oca sulle braccia.

Lui le sfiorò il fianco.
Poi il gluteo.
Poi il solco tra le natiche.

«Mai fatto?»
Lei scosse la testa.
«Hai paura?»
«No. O forse sì. Ma non solo di quello.»

Lui si fermò.

«C’è… qualcun altro?»

Chiara lo guardò.
Lo baciò piano.
Poi sussurrò:
«C’è una presenza. Nella testa. Nella pelle. Una che non se ne va.»

E in quel momento, Giulia era lì.
Nei pensieri.
Nel corpo.
Tra le gambe.
Nel respiro trattenuto.

Chiara si sollevò.
Lo guardò.

«Mi piace che tu non abbia insistito.»
«Mi piace che tu non abbia mentito.»

Si rivestirono piano.
Il silenzio non era imbarazzante.
Era pieno di rispetto. E forse di un’intesa più sincera di quanto si aspettassero.

Quando si salutarono, lui la abbracciò.

Le labbra sfiorarono la sua tempia.

E le disse:
«Se non ci sarà un altro… e se ti andrà… io ci sarò.»

Chiara non rispose.
Ma sorrise.

E quel sorriso…
era tutto meno che un no.
scritto il
2025-04-07
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