Relazioni Familiari

di
genere
incesti

Lei era andata via un’altra volta, ed ero rimasta sola con lui. Sapevo però che presto o tardi sarebbe sicuramente tornata. Dopo tutto lui, con la sua pazienza e la sua capacità di comprensione, rimaneva pur sempre il suo punto fermo, il porto dove ritornare quando aveva dato sfogo agli astratti furori di cui di tanto in tanto diveniva preda. Una volta era un giovane amante, un’altra volta un lavoro che la portava lontano, oppure una nobile causa politica che la impegnava giorno e notte. Sinceramente da tempo avevo smesso di darmi una spiegazione di queste sue periodiche fughe. Non mi importava più niente se fosse la sua naturale irrequietezza o la paura di invecchiare o chissà cos’altro la vera causa del suo comportamento.
A me oramai importava solo di lui, che rimaneva ad aspettarla. Sempre . Malinconico ma sicuro del fatto che alla fine lei sarebbe tornata da lui. Non nascondo che tutto ciò mi procurava una rabbia indicibile. Vedevo soffrire uno degli uomini migliori che avessi conosciuto per le pazzie di una donna egoista.
Non riuscendo, quindi, più a sopportare di vederlo, triste e silenzioso, cercare un conforto nella lettura dei suoi libri preferiti, gli proposi di andare a cena fuori.
Giuro che fu solo per via di come mi guardava il cameriere, che mi accorsi che non mi ero certo vestita come una ragazza che intende trascorre una tranquilla serata con il proprio padre. Non potei allora fare a meno di domandarmi perché mi ero vestita in modo così provocante. Evidentemente avevo desiderato, anche se incoscientemente, di sedurre mio padre. Ma la questione era se questo desiderio di seduzione fosse dovuto a un riflesso condizionato, riconducibile alla mia vanità di donna, oppure a qualche inconfessabile sentimento che provavo nei suoi confronti.

Provai allora a immaginare quello che avrebbero potuto pensare i nostri vicini di tavolo vedendoci, e devo ammettere che mi divertì l’idea di sembrare agli occhi degli altri l’amante di mio padre. Quello che soprattutto mi faceva piacere era l’invidia e l’ammirazione di cui mio padre sarebbe stato oggetto. Lui che in fondo era un gran timidone, ora passava per un playboy e magari acquisiva punti anche tra le donne presenti. Pensai fosse un simpatico modo, per risarcirlo delle pene che stava ingiustamente soffrendo. Così feci di tutto per far credere che io fossi la sua amante. Lo chiamai sempre e solo per nome, e ogni volta che mi sembrava che qualcuno ci stesse guardando facevo la smorfiosetta con lui. Naturalmente mio padre non poté fare a meno di mostrarsi stupito per il mio strano comportamento, ma non gli dette molto peso, attribuendolo a una qualche mia pazzia tardo adolescenziale.

Ma appena tornati a casa, mi colse una gran tristezza perché essendo rimasti soli non avevo più alcun pretesto per comportarmi come la sua amante. Dovevo porre fine a quel bel gioco che per qualche istante aveva illuso anche me. Ora non avevo più scuse, dovevo tornare a essere la figlia. E fu allora che la situazione mi sembrò ingiusta. Ritenei, infatti, che fosse assurdo lasciare un uomo così fantastico ad una donna che lo faceva soffrire e non se lo meritava, quando io invece avrei saputo apprezzarlo veramente e renderlo felice, o quantomeno mi sarei dedicata a lui con tutta me stessa.
Ma adesso, ripensando a quel che successe, mi accorgo che tutto ciò non c’entrava niente, e forse volevo anch’io un uomo che soffrisse per me quanto vedevo lui soffrire per mia madre.

Decisa comunque a sedurlo, entrai in camera da letto con la scusa di ricevere un po’ di coccole dall’amato paparino prima di andare a dormire. Avevo indosso solo la giacca del pigiama e le mutandine, e mi sentivo irresistibile.
Lui era già a letto e stava leggendo un libro. Saltai sopra al talamo dei miei genitori e abbracciai mio padre. Mentre lo ricoprivo di teneri bacetti, cercavo, con fare innocente, di strusciare la gamba sul suo cazzo. D’improvviso vidi la sua espressione mutare, cercò di guardarmi bene negli occhi per capire cosa stesse succedendo, ma riuscii a non far trapelare niente delle mie intenzioni e mostrai il visino più tenero e ingenuo che io avessi mai sfoggiato. Lui sembrò allora rilassarsi, e lasciò che io proseguissi in quelle ambigue carezze. Quando poi sentii che il suo cazzo cominciava a indurirsi, gli montai sopra. Ma al fine di evitare qualche prematuro sospetto, per un minuto o due continuai a cercare di eccitarlo in maniera non troppo evidente. Me ne stavo distesa sopra di lui, e mentre con sciocche parole cercavo di distrarre la sua mente con piccoli movimenti del bacino cercavo di tener desti i suoi sensi. Forse a lui sarebbe piaciuto continuare in questo stupido giochetto, accontentarsi di un po’ di piacere senza dover tirar fuori il coraggio per avere di più. Ma non è così che sono fatta, io non ho paura di rischiare.
Quindi mi misi seduta sopra di lui, sopra il suo cazzo. Cominciai a dimenarmi in modo tale che non potessero esserci più dubbi sulle mie reali intenzioni. Sentii bene il suo cazzo duro, e per pochi secondi fatali lo vidi esitare. Certo poi riuscì a togliersi di dosso sua figlia, e riuscì poi a guardarla con una terribile aria di rimprovero, ma sapeva anche che aveva esitato e la sua erezione tradiva quel che voleva negare.
E se poté resistermi ancora qualche secondo, fu solo grazie a quel po’ di rabbia per il mio piccolo inganno.
Lo guardai negli occhi mentre presi il suo cazzo tra le mani. Volevo essere sicura che provasse più piacere possibile, volevo essere brava come mai mia madre lo era stata.
Quando lo vidi chiudere gli occhi e gustarsi la mia sega, provai una grande soddisfazione. Mi sembrava di aver superato mia madre, e piena di entusiasmo per il successo ottenuto cominciai a leccargli le palle.
Avrei fatto qualsiasi cosa per farlo godere. In quel momento volli pensare che mia madre fosse egoista anche a letto, e che perciò mio padre avesse sempre dovuto accontentare.
Smaniosa, allora, di esaudire finalmente ogni suo desiderio nascosto, presi a leccargli anche l’orifizio anale, e quindi gli infilai un dito nel culo per cercare di stimolare la prostata.
E mentre col dito continuavo a praticare tale massaggio, iniziai a succhiargli il cazzo con grande passione e dedizione. Il suo corpo sembrava fremere di piacere, ed io mi sentivo vittoriosa. Ero finalmente sicura di aver conquistato mio padre e spodestato mia madre. Ora non mi restava che completare l’impresa, accogliendo il suo cazzo nella fica. Ciò per me era molto importante, secondo la mia mentalità ancora un po’ ingenua si trattava di un vero e proprio suggello della mia conquista, d’altronde allora ero poco più che una ragazzina.
Mi misi quindi di nuovo sopra mio padre, strinsi nel pugno il suo membro, e lo feci entrare lentamente. Stetti immobile per qualche istante per sentirlo bene dentro di me, come ho detto in fondo ero solo una sciocca ragazzina.
Mio padre intanto rimaneva totalmente passivo, e lasciava a me qualsiasi iniziativa. Neppure una parola o un gesto proveniva da parte sua, solo sospiri di piaceri. Tuttavia questo non mi dava affatto da pensare, completamente presa nella mia parte di consumata amante, lo ritenei normale. Ora capisco che ero troppo concentrata sulle emozioni che stavo provando, per la prima volta, infatti, mi sentivo l’assoluta protagonista della scena. Ero l’unica donna della casa, l’unica donna della vita mio padre.
Con quella che credevo essere una raffinatissima tecnica, cercavo di far godere al massimo mio padre, variando il ritmo della penetrazione. Mi sollevavo piano, per far uscire il cazzo a poco a poco, e continuavo così per un paio di minuti. Poi prendevo ad agitarmi come una forsennata, cercando di farlo arrivare vicino all’orgasmo, e quindi ricominciavo a muovermi piano. Dopo quasi un quarto d’ora di questo trattamento decisi di farlo venire. Dato il suo livello d’eccitazione, mi bastò muovermi in maniera frenetica per un po’, per sentire il suo caldo sperma dentro di me.

Continuai a essere la sua amante per tutta la settimana successiva. Ogni notte entravo nuda nel suo letto, e lo eccitavo finché non sfoggiava una incredibile erezione, che cercavo di appagare al meglio.
Ero quindi ormai molto sicura del mio ruolo futuro, e già pensavo a come sarebbe stata la nostra vita insieme. Ma un giorno, rientrando a casa, sentii il suo profumo preferito. Bastò solo questo per gettarmi nello sconforto. Cercai allora di riprendermi, dicendo a me stessa che dato quello che era successo lei non poteva più riprenderselo. Avrebbe certo provato di tutto, ma ormai c’ero io al posto suo, e non poteva che fallire.
La mia illusione durò pochissimo, perché dalla camera da letto sentii provenire dei rumori inconfondibili. Avanzai allora verso la porta della camera. Ferma e immobile, vidi finalmente la verità, che avevo voluto negare. Mio padre era del tutto diverso, con voce forte e autoritaria le chiedeva quel che voleva: ”Puttana, resta in ginocchio così e adesso leccami bene le palle!”
Mia madre sembrava ubbidire e subire gli insulti e le umiliazioni, alle quali lui si divertiva a sottoporla.
Ora, dunque, era lei che si faceva dominare e ubbidiente faceva tutto ciò che chiedeva mio padre.
Lui non era passivo, come con me, mostrava un impeto e una foga che non gli avevo mai visto.
Mi fu così evidente la strana e potente passione che li univa, che li rendeva vittime e carnefici allo stesso tempo.
Non volli vedere o ascoltare altro. Passai la notte a casa di una mia amica, non me la sentivo proprio di confrontarmi con i miei genitori. E per un certo periodo cercai di stare fuori casa più che potevo, per frequentarli il meno possibile. E’ sempre dura quando dobbiamo ricrederci, riconoscere che ci eravamo sbagliati e che le persone che conosciamo sono molto diverse da quello che ci sembravano, soprattutto quando poi si tratta dei nostri genitori.
di
scritto il
2010-07-05
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