Io e mia sorella

di
genere
incesti

Era un sabato mattina come ogni altro quello di cui sto per narrarvi. Almeno così mi era parso appena avevo aperto gli occhi.
Mia sorella Angelica, più giovane di me di sei anni, dormiva nel letto accanto al mio.
Era piena estate e i miei erano partiti per il mare. Sarebbero tornati l’indomani, di lunedì.
La sveglia segnalava le 11. Non dovevo lavorare e mia sorella non aveva l’università.
Subito mi presi in mano il cazzo per segarlo.
Era un rituale, ogni mattina appena sveglio mi concedevo una sega. Mi rigenerava e mi faceva sentire meglio nell’affrontare la giornata.
Anche se avevo mezze fidanzate, amanti e scopamiche a bizzeffe, e le ho tuttora, quella sega mattutina mi serviva. A meno che non dormivo con una di loro e perciò, mi facevo una bella scopata. Ma insomma, la regola era: iniziare la giornata con un orgasmo.
Chiusi gli occhi e iniziai ad accarezzarmi l’uccello duro.
Nemmeno la solita lamentela di Angelica mi disturbò: “Ma perché non vai in bagno? Ogni mattina la stessa storia!”.
Ridacchiai: “Buongiorno”. Non aprii gli occhi. La sentii scendere dal letto e borbottare: “Ma vai in bagno!”
“Sto comodo qui” le risposi calmo.
Lo scrollai un po’.
“Sei un porco, mi fai schifo” replicò, con durezza.
Aprii gli occhi: “Ti sei alzata male?” le chiesi, senza smettere di toccarmi.
“Ogni mattina devo vederti mentre… sei vomitevole!” urlò.
La fissai, poi scrollai le spalle: “Sei acida perché non ti scopa nessuno eh?” la presi in giro.
Evidentemente avevo toccato un nervo scoperto perché mi piombò addosso urlando.
Iniziò a colpirmi, ovunque.
“Basta!” urlai. Ma lei mi morse una mano.
Quando mi ebbe colpito il cazzo, mi incazzai e la schiaffeggiai forte, poi con tutta la mia forza la ribaltai. La misi a pancia in giù e mi sdraiai su di lei, mettendole un ginocchio tra le gambe.
“Ma che cazzo hai, stupida?” urlai.
“Sei un porco!!!” gridò. Si divincolava. Io le bloccai le braccia dietro la schiena e mi stesi meglio su di lei. Le facevo male, e infatti si fermò.
La maglietta che usava per dormire era risalita ben oltre il culo rotondo, coperto da mutande bianche.
Aveva i capelli in disordine.
Il mio ginocchio era tra le sue cosce. Il mio cazzo nudo era sul suo culo.
Stavamo in silenzio.
Improvvisamente la sentii muoversi sotto di me.
“Ti faccio male?” chiesi.
“Sì” sussurrò senza rabbia.
Le lasciai le braccia. Ma rimasi su di lei.
Lei non disse nulla. Non mi chiese di spostarmi. Anzi, si mosse per far aderire la sua vagina al mio ginocchio. Poi ci si strusciò contro, a fondo. Nascose il viso contro le lenzuola.
“Che fai?” le chiesi.
“Niente. Stai zitto”
Il mio cazzo era ormai durissimo. Mi spostai per metterlo tra le natiche coperte dal cotone degli slip. Presi a strusciarmi anche io, incredulo.
Ci muovevamo in gran silenzio.
“Posso toglierti le mutande?” chiesi.
“Ok” mormorò.
Fui rapido, temendo che cambiasse idea.
Non mi fermai a riflettere e fu meglio. Insomma, era mia sorella!
Buttai via le mutandine. Aveva un culo eccezionale. Non mi ero mai accorto di questo. Glielo accarezzai lievemente.
Angelica gemette, allora le afferrai le chiappe con più sicurezza. Le impastai, le schiaffeggiai, le morsi, le baciai, le leccai.
Lei gemeva, ma non disse niente.
Finché il mio viso non scese a leccarle il centro dell’universo.
A quel punto lanciò un gridolino strozzato, si irrigidì. Tentò di chiudere le gambe. Ma le tenni aperte.
Baciai e leccai quella splendida e giovane fighetta senza peli. Era profumata. Le baciai e morsi piano l’interno coscia.
Lei rabbrividì.
“Rilassati” le sussurrai contro il clitoride.
E lei obbedì.
La lubrificai completamente. Mentre lei si lasciava andare a spasmi, urletti, frasi sconnesse.
Risalii su di lei, mi stesi e la penetrai.
“Oh” urlò.
Io risi.
Mi appoggiai con le mani al letto e mi sollevai mentre affondavo in lei.
Angelica era morbida e accogliente.
La vedevo mordersi un braccio.
“Urla tranquilla” le dissi.
Lei non rispose. Assecondava i miei colpi e li accompagnava con gemiti secchi di assenso.
Vidi crescere il suo orgasmo. Strinse il copriletto tra i pugni, gemette, poi gridò mentre veniva e giacque immobile.
Uscii da lei. La feci voltare.
Angelica teneva gli occhi chiusi. La strinsi a me. Rabbrividiva e gemeva. Quando si fu calmata mi alzai e la feci alzare a sua volta e inginocchiare davanti al mio cazzo.
Lei non si fece pregare. Lo afferrò e se lo infilò in bocca. Era brava, ma non un’esperta. D’altronde aveva solo vent’anni.
Le mostravo come fare spostandole la testa e dandole il ritmo.
Prima che potessi venire, la staccai e mi sdraiai sul suo letto, la testa sul cuscino, rilassato.
Lei si arrampicò su di me e si penetrò con la mia asta.
La lasciai cavalcare. Io stavo immobile. La osservavo mentre senza più vergogna o ritegno mi saltava sopra. A sua volta mi guardava negli occhi.
“Togliti la maglia” le dissi.
Obbedì. Aveva due tette belle piene. Immediatamente le strinsi tra le mani. Appoggiò le mani contro il muro e si chinò su di me per permettermi di leccare quella meraviglia.
Mai avevo succhiato due tette con maggiore voglia. Erano stupende, grosse ma sode.
Improvvisamente scattò indietro. Iniziò a cavalcarmi con una brutalità assurda. Sorrisi mentre lei a occhi chiusi urlava con quanto fiato aveva in gola. Poi contrasse le cosce e tenne il mio cazzo bloccato dentro di sé mentre gli spasmi facevano vibrare a scatti il suo corpo.
Ansimava. Mi guardò e ricambiò il mio sorriso.
“Splendido” disse, finalmente. Si sdraiò su di me per riposarsi.
La abbracciai forte, il cazzo ancora in lei.
Quando la sentii respirare tranquillamente, la feci sdraiare sulla schiena e le fui dentro.
“Sei una gran scopata” le dissi.
“Anche tu, cavoli” sospirò accogliendomi.
Le diedi un bacio sulla fronte.
Mentre me la facevo con delicatezza, squillò il cellulare.
Lei imprecò. Ridendo presi il telefono dal comodino.
“Il tuo” dissi.
“Lascialo squillare”
“Sono mamma e papà. Rispondi”
“Cazzo! Togliti allora”
“Niente affatto” risi maligno. E premetti il tasto verde.
Angelica mi fissò con odio.
Ero lentissimo, le succhiavo i capezzoli, le baciavo il collo. Lei fu bravissima, si mordeva le labbra per non gemere ma quando parlava il suo tono era normale. Era rossa come un peperone. Mi affondava le unghie della mano libera nella schiena ma fu impeccabile. Quando chiuse la comunicazione spense il telefono e lo lanciò sul mio letto.
“Ti odio” ruggì, stringendosi alla mia schiena.
Le concessi due orgasmi lentissimi che la lasciarono sfinita. Ma per me non era abbastanza. La sentivo urlare e qualche volta dire il mio nome.
Disse di amarmi, poi di odiarmi. Mi baciò addirittura in bocca mentre veniva. Io acconsentii a tutto.
Angelica era una scoperta. E la potevo avere ogni volta che ne avessi avuto voglia. Glielo feci presente mentre stava per raggiungere un orgasmo. Mi fermai.
“Va bene, va bene. Ma non fermarti” mi disse sconvolta.
“Aspettami, per favore. Veniamo insieme” le dissi.
“Vienimi dentro”
“Davvero? Sei protetta?”
“No. Ti prego vienimi dentro, ti voglio dentro” disse languidamente.
Era sconvolta, anche se era venuta mille volte sembrava che da quell’orgasmo dipendesse la vita.
Ridendo soddisfatto la penetrai veloce, quando venne strillando mi disse: “Ti amo Luca!”
“Anche io, sorellina” le sussurrai.
La feci venire per bene, poi gridando a mia volta le inondai la fica di sperma.
“E se resti incinta?” le sussurrai.
“Lo tengo” sussurrò baciandomi.
Ci addormentammo abbracciati, felici di questo nuovo rapporto.

Naturalmente ci furono un sacco di occasioni per stare insieme. Entrambi i genitori lavoravano fino a tardi, non rientravano mai prima delle otto. Io rientravo a mezzogiorno a mangiare e alle cinque avevo già finito. Avevamo tutto il resto del pomeriggio per amarci. Riuscivo a venirle dentro almeno due volte ogni volta.
Tre mesi dopo, proposi a mia sorella di andare ad abitare insieme. Avevo trovato un piccolo appartamento vicino a dove lavoravo.
Accettò immediatamente. Potevamo finalmente liberarci dei genitori.
Nel frattempo Angelica si era laureata e anche lei aveva trovato lavoro.
Alla fine le scopate diedero il loro frutto. Sei mesi dopo essere andati a vivere da soli ho messo incinta Angelica.
Siamo al settimo cielo. Avremo un figlio.
Con l'avanzare della gravidanza Angelica diventa sempre più bella. Una pancia bella tonda, due seni belli sodi che cominciano a fare latte. Quando facciamo l'amore le ciuccio sempre quelle belle tette. I suoi capezzoli sono diventati molto grossi e sensibili. Si ergono imperiosi appena li sfioro.
Dall'ecografia scopriamo che sono gemelli: maschio e femmina. Quando lo abbiamo detto ai nostri genitori sono rimasti di sasso. Non saprei dire se sono felici o angosciati. Abbiamo detto loro la verità, cioè che scopiamo e che i bambini sono miei.
Nove mesi dopo nascono Lucia e Giorgio. Sanissimi.
Mamma e papà hanno accettato la nostra situazione e sono felici di essere nonni.
Angelica riesce ad allattare entrambi i bambini. E' dura per lei accudire due bambini insieme, ma dopo un primo periodo di adattamento, riesce senza problemi a occuparsi di loro.
Una sera, mentre li sta allattando, mi dice che vuole altri bambini.
“Ne sei sicura?” chiedo dubbioso.
“Sì, sono sicura. Almeno altri tre. Ti amo e voglio sentire ancora i tuoi figli crescere dentro di me.”
“Ma come facciamo? Questa casa è piccola, non ci stanno cinque figli!”
“Ho una fantastica sorpresa per te!” mi dice eccitata. “Ho vinto al gratta e vinci! Cinque milioni!”
“Cosa?! Cinque milioni!” sono sbalordito.
“Sì! Cinque milioni! Ho già dato il mandato alla banca per l'incasso. Appena arrivano i soldi possiamo comprarci una casa più grande.”
Mi avvento su di lei e la bacio appassionatamente. Il cazzo mi si rizza subito, ma deve finire di allattare i bambini.
Appena si addormentano li mettiamo nel lettino. Uno di testa e uno di piedi. Sono ancora piccoli e ci stanno entrambi senza problemi.
Rientriamo subito nella nostra camera e la scopo senza ritegno per tutta la notte. La foga e la passione con cui ci amiamo è impressionante. Tanto che resta incinta di nuovo.
Quando arrivano i soldi ci diamo da fare per trovare una casa. Troviamo una villa che fa al caso nostro. Quattro camere da letto, due bagni, sala, cucina più lavanderia con bagno nel garage annesso. C'è anche una taverna e una mansarda, ma per ora li lasciamo al rustico. Ci penseremo quando i bambini diverranno grandi.
Alla nascita di Gabriele, Angelica smette di lavorare. C'è una donna che viene a fare le pulizie e a cucinare, così mia sorella può stare dietro ai bambini.

Passano dieci anni, e dei cinque bambini previsti, ne sono arrivati otto. Quattro maschi e quattro femmine. Lucia e Giorgio, 10 anni. Gabriele, 9 anni, Sara, 7 anni, Francesco e Alice (gemelli), 5 anni, Tommaso, 3 anni, Martina, 2 anni.
E ora Angelica è ancora incinta e ancora sono gemelli: Andrea e Giada nasceranno tra poche settimane.
Non so dire chi è più felice, se io o mia sorella. Non credevo che avrei potuto amare una famiglia così tanto numerosa.
scritto il
2015-03-30
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