L'ultimo mondiale di Giovanna
di
Skoda77
genere
dominazione
Erano ormai 10 anni che Giovanna gestiva il pub accanto al metrò. L’aveva ereditato dal padre dopo la sua morte; l’attività era gratificante, molti soldi entravano regolarmente e le sue doti manageriali aiutarono il successo del locale. Un grande piano terra sempre affollato, un soppalco per il biliardo e un’ampia cantina/magazzino le consentivano di soddisfare più di un vizio economico e la passione per i viaggi. Dopo due settimane di relax Giovanna era appena tornata da Sidney, quando riprese in prima persona in mano il lavoro; il suo assistente Davide aveva organizzato nel frattempo tutti gli addobbi (bandiere e sciarpe) e installato due maxischermi per trasmettere le partite del mondiale di calcio. A servire aveva tre brave cameriere, quindi la sua presenza attiva nel pub si limitava ad alcuni momenti di cassa, a lunghe chiacchierate con i clienti abituali, o a qualche pettegolezzo con le commesse dei negozi accanto le quali accompagnavano i rispettivi fidanzati per assistere alle partite. Il rito della visione collettiva delle partite al pub di Giovanna era oramai consolidato, sia per gli incontri della nazionale italiana che per gli altri big match. Turisti e immigrati che lavoravano nei dintorni affollarono il locale sin dall’inizio del mondiale. La sera del secondo incontro dei quarti di finale Giovanna era più allegra del solito. La vacanza riuscì a mitigare ogni preoccupazione ed ansia per un divorzio che l’aveva provata per tutto l’inverno. Ma ora si era ripresa, pronta ad iniziare una nuova vita. A quarantadue anni era più bella che a venti. Una prorompente donna non molto alta con i capelli neri corti che esaltavano i suoi occhi nocciola e il suo viso giovanile. Quella sera era vestita sportiva come sempre quando era al pub: un pantalone della tuta le fasciava il sedere e le gambe modellate dalla piscina, la sua più grande passione, una semplicissima maglietta bianca senza maniche che aveva solo il “difetto” di esaltare la sua terza abbondante e l’abbronzatura delle sue braccia. Le sue risate contagiose, il suo sorriso smagliante e il fascino di quella donna calda e sensuale colpirono Diego all’istante.
Diego era un aitante pezzo di merda. Lavorava come magazziniere in uno supermercato dall’altra parte della città. Era lì per puro caso, aveva appena mollato l’ennesima ragazza e dopo un giro in macchina solitario si era fermato per bere qualcosa. Il calcio non gli interessava. Passava da una storia all’altra, chiudendo i ponti ogni volta che il rapporto diventava serio. Non aveva paura di impegnarsi, semplicemente voleva solo divertirsi. Scopare e basta con più donne possibili. Trent’anni buttati nell’olimpo della lussuria. Alto, biondo ed attraente, un viso che non combaciava di certo con il carattere menefreghista. Diego adocchiò Giovanna alla prima risata della donna. Lei era in piedi dietro il bancone e parlava divertita con una coppia di clienti, probabilmente marito e moglie. La posizione delle braccia appoggiate sul bancone favoriva una spettacolare vista: le tette erano compresse e la scollatura della maglietta ne esaltavano le forme. Diego era già alla terza birra, una formalità per lui, e guardando Giovanna muoversi e parlare con un misto di civetteria giovanile e classe da signora, iniziò a pensare a quanto potesse essere porca a letto una quarantenne così eccitante. La guardava con insistenza, la spogliava con gli occhi secondo dopo secondo. La gente che affollava il locale gli permetteva di continuare a guardarla senza rischio di essere notato. Verso la fine della partita molte persone uscirono per fumare in strada e Diego decise di fare altrettanto. Doveva riordinare le idee. Una donna cosi bella doveva essere sua, quindi pensò il modo di approcciarla. La differenza di età andava a suo svantaggio, magari lei non era interessata ad una relazione con un uomo più giovane, però aveva notato che lei non portava la fede al dito. Forse una speranza c’era, in fondo lui desiderava una bella scopata non promettergli un matrimonio!
Diego si appoggiò ad un albero e si accese la sigaretta. Pensava di avvicinarla a fine partita, offrirle un invito a cena, lavorarsela per bene. Giovanna appariva porca ma di classe quindi sarebbe stata la sua conquista più difficile. Mentre fantasticava Diego notò due slavi, dalle facce poco raccomandabili e dai fisici un po’ sfatti, che parlottavano su un motorino a pochi passi. I due erano completamente ubriachi e forse non si accorsero che Diego gli ascoltava. L’accento slavo lo conosceva bene, la sua unica storia seria avvenne molti anni prima con Nadia, una ragazza croata. Non dovette sforzarsi più di tanto per decifrare il colloquio dei due tizi:
“Cazzo oggi è la grande serata sei pronto?”
“Ovvio Roman. Quella puttana avrà quello che una cagna del genere si merita”.
“Ahahah cazzo si bello. Sono tre mesi che ci giriamo intorno, stanotte la faremo godere come una vacca schifosa. E alla fine le piacerà pure”.
“Si! Roman si! Hai visto com’è bella la troia stasera. Ha messo su la tutina che mi fa impazzire”.
“Aahahah cazzo. Le la riduco a brandelli, cagna italiana”.
Sentendo quelle parole Diego si gelò all’istante. Non c’erano margini d’errore, aveva capito bene. Quei due slavi avevano in mente di stuprare la bella proprietaria proprio quella notte.
“Dai cazzo finiamo questa birra e andiamo sotto casa sua. È tutto pianificato, l’aspettiamo lì.”
“Ma andiamo ora Roman?”
“Si cazzo ora. Tanto quella troia tra un po’ smetterà di chiacchierare e se ne tornerà a casa”.
Le risate dei due slavi facevano da contrappunto all’orrendo piano che stavano per attuare. Diego era pensieroso, assalito da dubbi e pericolosi istinti. Doveva intervenire prima che Giovanna finisse ignara nella loro trappola. Tuttavia qualcosa lo confondeva, un istinto animale e selvaggio gli bloccava umanità e senso morale. Parte di lui voleva assistere allo stupro di quella donna cosi bella e sensuale. Immaginava le mani di quei due slavi mentre la tenevano ferma, sentiva le urla della donna, pensava alle sue tette palpate senza ritegno, alle sue lacrime mentre se la scopavano.
Come imbambolato rientrò al pub per pagare e decidere sul da farsi. Mentre era in fila alla cassa, ascoltò Giovanna chiacchierare a pochi metri da lui con la coppia d’amici:
“Dai ma non importa che sei vestita sportiva, non ci vediamo mai, tra due giorni partiamo per la casa al mare e ci si vede tra due mesi. Eddai eddai” – le disse l’amica.
“Ma Paola dai guarda sono in tuta e maglietta!” – le rispose Giovanna.
“Giovanna non accettò scuse! Eddai! E poi guardati che fisico hai, sei uno schianto pure in tuta! Ci divertiamo dai, la villa di Alfredo è bellissima lo sai e non abbiamo mai occasione per una rimpatriata. Facciamo l’alba come ai tempi della scuola! Tanto non hai impegni, anche noi dormiamo da lui e un pigiama lo troviamo. Cosa ti costa? – incalzava la donna.
“E va bene mi avete convinta, disgraziati!” – concluse Giovanna sorridendo.
Quando Diego uscì dal locale e vide i due slavi che armeggiavano con i motorini respirò profondamente. Quei due schifosi erano in partenza per appostarsi sotto casa della donna. Però Giovanna era stata fortunata, aveva accettato l’invito amarcord dei suoi amici scampando al suo terribile destino. Diego dovette constatare con amarezza che i desideri inconfessabili di poco prima non l’avevano abbandonato. Anzi si sentiva deluso e per un attimo maledì quella coppia d’amici insistenti. Tuttavia gli fu ben presto chiaro un fatto evidente: Giovanna si era salvata quella notte, ma difficilmente i due slavi si sarebbero arresi al primo tentativo fallito. Se era vero che i due bastardi le giravano attorno da settimane ci avrebbero provato di nuovo, non si sarebbero lasciati sfuggire una preda cosi eccitante…
Giovanna aprì gli occhi e si rigirò nel letto per prolungare quel delizioso dormiveglia. La nottata passata a casa dei vecchi amici di università era stata fantastica. Come tornare vent’anni indietro! Quando a pomeriggio inoltrato fu riaccompagnata a casa si lasciò andare ad una serata di pigro e meritato relax. Una bagno rinfrescante, un bella cenetta e qualche episodio della sua sere tv preferita. Mentre le luci della tapparella inesorabilmente la strappavano dal torpore del sonno, Giovanna pensò al programma della giornata: shopping al centro commerciale, un salto al pub per sistemare i conti con Andrea e poi nel tardo pomeriggio la partenza per la casa dei suoi genitori. Sarebbe tornata in città solo per aiutare Andrea a sistemare il locale, il giorno della finale mondiale. Dopo la colazione cominciò il rituale della scelta del vestito. Era un po’ viziata lo sapeva, le piaceva ancora perdere ore allo specchio, provando un vestito dopo l’altro. Ma in fondo che male c’era? Era una quarantenne splendida, e da poco divorziata. Un pizzico di malizia nella sua vita era solo che benedetto. Con una banalissima tuta e maglietta, due sere prima era stata la più ammirata alla festicciola amarcord. Ex compagni oramai sposati e in carriera, molti con figli, non avevano lesinato audaci complimenti e buffe avance. Quando due ore dopo raggiunse la macchina, gli sguardi attenti del portiere e dell’addetto alle pulizie la gratificarono ulteriormente. Come non guardarla poi. L’elegante camicia bianca di lino e la gonna nera tre dita sopra il ginocchio esaltavano il suo fisico da modella mancata. Salì in macchina e partì alla volta del centro commerciale.
Diego fumava nervosamente una sigaretta durante una pausa lavoro. Era già la quarta in meno di venti minuti. Erano due giorni che non faceva altro che pensare a lei, a Giovanna. A quel sorriso gentile e la risata contagiosa, alle sue braccia abbronzate e alla scollatura della sua maglietta. Ma soprattutto pensava ai due slavi, a quei due bastardi che stavano progettando di aggredire e violentare la bella proprietaria del pub. Diego pensava alle sensazioni dell’altra sera. Non avrebbe fatto niente per salvarla, ora ne era certo. Si era eccitato sentendo i discorsi di Roman e quell’altro. Si era immaginato le loro mani sul seno prosperoso di Giovanna, le vedeva mentre le palpavano oscenamente le cosce, pronti ad abusare senza pietà di lei. Che gran figlio di puttana che era.
Roman e Mladen erano in piedi accanto allo scaffale della roba da mare. A quindici metri da loro Giovanna passava in rassegna, una ad una, le nuove gonne arrivate. I due l’avevano seguita fin dall’uscita dal palazzo. Erano settimane che la pedinavano quasi giornalmente, conoscendo oramai abitudini, orari e i luoghi più frequentati. L’imprevisto di due notti prima gli aveva se possibile ancora più infoiati. La loro voglia di possedere quell’affascinante preda aveva raggiunto limiti disumani. Il piano era saltato, ma era solo questione di tempo perché trovassero l’occasione giusta. Giovanna si avviò in camerino per provare una gonna con lo spacco laterale che l’aveva conquistata. Mladen si avvicinò furtivamente per approfittare della vista che un gioco di specchi, e la tendina che non si chiudeva del tutto, offriva del camerino se ci si piazzava in un determinato punto del negozio. Era la seconda volta che uno dei due riusciva con quello stratagemma a spiare Giovanna. In passato l’avevano già fatto con decine e decine di donne: dalle studentesse che cercavano la lingerie più arrapante per i fidanzati, alle madri di famiglia che provavano questo o quel vestito. Giovanna fece scivolare alle caviglie la gonna nera. Il suo sedere rassodato dalla piscina era scandagliato centimetro per centimetro da Mladen. La visione seppur laterale era quasi perfetta, gli slip color argento rappresentavano l’ultimo riparo dell’intimità di Giovanna.
Sei ore più tardi Giovanna era sull’autostrada per raggiungere la casa dei genitori. L’aria condizionata offriva quel refrigerio necessario per sconfiggere l’afa insopportabile di Luglio. Con una mano si alzava ritmicamente l’elegante gonna a pieghe per godere in pieno di quella ventata di freschezza. Lo shopping era stato fatto, i conti sistemati e una paio di giorni con i suoi l’attendevano. Giovanna era rilassata e soddisfatta di come tutto, dopo il brutto inverno, si stesse lentamente sistemando.
In città Diego tornava a casa dopo l’ennesima stressante giornata al magazzino. I suoi torbidi pensieri non l’avevano certo abbandonato, ma ancora non sapeva esattamente come agire. A chilometri di distanza, in un altro quartiere Roman e Mladen festeggiavano con una birra la buona notizia ascoltato di soppiatto ore prima: la bella Giovanna sarebbe tornata in città quella domenica...
Gli studenti spagnoli della Scuola Internazionale festeggiavano improvvisando balli e cori. Mischiati ai turisti e alla gente del quartiere trasformarono, per qualche ora, in una succursale della Rambla il piazzale davanti al pub. La mezzanotte era passata da poco e gli schiamazzi non cessavano; per una notte sarebbero stati loro i chiassosi e folcloristici padroni del posto. Il pub era ancora molto affollato, l’orario di chiusura era ancora lontano di due ore e mezza. Diego in disparte e mischiato ad una decina di spagnoli ubriachi osservava la porta, la quale dava sul magazzino al piano di sotto, con occhi indagatori. Aspettava che Giovanna tornasse; era scesa giù da un paio di minuti. Diego era convinto che quella sera i due slavi avrebbero concluso il loro orrendo piano. Schifoso e brutale non meno del desiderio di Diego di assistere alla violenza senza salvare la bella proprietaria. Improvvisamente Roman e Mladen approfittando del baccano generale, e degli occhi attenti solo al lavoro di Andrea e delle cameriere, si avvicinarono alla porta e senza ulteriori indecisioni entrarono. Il colpo di scena sorprese Diego mandandogli di traverso l’ultimo sorso di birra.
“Cazzo quei due non hanno aspettato che tornasse a casa…l’aggrediranno lì nel magazzino…sono dei pazzi!” – pensò.
Giovanna sistemava le casse di vino uno sopra l’altra. La serata era stata un successo, le partite di calcio erano da sempre per il pub una possibilità di guadagno irrinunciabile. Felice e rilassata dopo i giorni passati a casa dei genitori Giovanna osservò la sua figura riflessa nel grande specchio accanto alle casse. Un sorriso compiaciuto non poté mancare, mentre guardava il leggero vestito estivo coprirle senza troppa convinzione le sue belle gambe abbronzate. La generosa scollatura lasciava “respirare” gran parte dei suoi seni. Il rumore dei passi alle sue spalle la fece voltare di scatto, davanti a lei Roman e Mladen la guardavano con occhi che nessuna donna vorrebbero mai vedere. Per alcuni secondi il silenzio invase lo stanzone contornato solo dai rumori dei festeggiamenti del piano di sopra. L’accennato sorriso beffardo di Mladen a Roman era il segnale: un altro secondo ancora e i due l’avrebbero assalita. Giovanna gli anticipò parlando con voce calda e controllata:
“Bene alla fine vi siete decisi.”
I due la guardavano con occhi interrogativi.
“Ma per quale cretinetta mi avete preso ragazzi? Mi sono accorta che mi pedinavate da un pezzo!
Le parole di Giovanna gli avevano presi in contropiede. Cercando di mantenere la situazione sotto controllo Mladen disse con voce autoritaria:
“Ci hai visti troia? Bene, allora sai che ora devi fare la brava se non vuoi fare una brutta fine eh. Lo sai?
“Ahahahah ma certo. Volete violentarmi qua sotto vero? Non avete neanche aspettato un momento migliore, un posto più sicuro, siete due idioti! – la calma e la sensualità della voce di Giovanna erano come una coltellata ai piani brutali dei due slavi che non aspettavano altro che lottare con la propria vittima; era la cosa che più gli eccitava.
“Perché volete abusare di me, cos’ho di cosi eccitante, avrò quasi vent’anni più di voi. Cosa vi piace del mio corpo?” – continuò Giovanna mentre si avvicinò languidamente ai due slavi. Con una mano toccò il pacco di Mladen da sopra i jeans. Con una mano cominciò a tirar giù la lampo cercando il contatto con quel cazzo già bello duro.
“Allora cosa ho fatto per meritarmi i vostri soprusi?”
La situazione era ormai chiara. Giovanna aveva ribaltato i ruoli e comandava il gioco. Cominciò a masturbare il cazzo di Mladen, mentre con una faccia da porca consumata fece cenno a Roman di smetterla di stare lì impalato e silenziosi. Così anche lui si slacciò i jeans tirando fuori venticinque centimetri di cazzo. Gli occhi soddisfatti di Giovanna approvarono in pieno la visione!
Mentre le mani di Giovanna erano impegnate in quella doppia sega, i due si avvicinarono a lei per facilitarle il compito. Le accarezzavano la frangetta e il collo. Tra un gemito e l’altro Mladen rispose alle domande della donna.
“Ci hai fatto impazzire sin dalla prima volta che ti abbiamo visto…ahh continua…Ti spiavamo mentre lavoravi, quando facevi shopping, vai in giro come una cagna in carriera”.
“A sì e volevate violentarmi per punirmi vero?”
“Ohh sii, siii cagna”.
Giovanna cominciò un lungo pompino, dedicandosi prima a Mladen e poi a Roman. I due le tirarono giù le spalline del vestito accarezzando voraci i capezzoli dritti. La bella proprietaria gli eccitava con profondi ingoi e leccate strategiche intorno a tutto il glande. Insaziabile non si fermò fino a quando i gemiti continui dei due slavi, non preannunciarono l’imminente orgasmo.
“Continua voglio venirti in faccia” – disse estasiato Mladen.
Giovanna si alzò si sistemò il vestito e con la voce calda di poco prima disse:
“No miei cari bastardelli. È la vostra bella signora a decidere. La vedete quella porticina là? Bene dà sul retro, cosi ve ne andate. Già tanto che nessuno vi ha visto entrare. Immagino che sapete dove abito giusto?”
“Certo ma…”
“Bene bene ascoltatemi. Ora devo lasciare i vostri bei cazzi. Andate sotto casa mia, io per le tre sarò di ritorno. Voglio vedere se siete davvero capaci a violentarmi come si deve. Ok?”
Mladen era eccitato come un cavallo da monta. Il volto dolcissimo e la sensuale carnalità di quella quarantenne nascondeva una donna porca e perversa. A modo suo sentiva già di amarla!
“Va bene Giovanna. Così sia”.
Giovanna uscì dalla porta del magazzino. Il suo volto era felice e sbarazzino come sempre. Quando Diego la vide trasalì. Nella mezz’ora precedente non aveva trovato il modo di scendere di sotto. Andrea si era piazzato lì accanto a sistemare il frigo dei super alcolici. Trovare l’attimo giusto era impossibile. Diego era confuso. Giovanna non dava certo l’aspetto di una donna che era stata appena violentata, perché l’uomo era ovviamente questo che si aspettava succedesse la sotto. Immaginò i due slavi mentre l’assalivano e la minacciavano. Immaginò i gemiti di paura e di sottomissione di lei mentre i due le stupravano il culo e la fica. Cosi avvenne davvero? Gli occhi e i comportamenti di Giovanna mostravano la solita donna di sempre. Diego non sapeva proprio cosa pensare… FINE
Commenti e critiche sempre ben accette. Potete scrivermi a marco.dionisi@yahoo.com
Diego era un aitante pezzo di merda. Lavorava come magazziniere in uno supermercato dall’altra parte della città. Era lì per puro caso, aveva appena mollato l’ennesima ragazza e dopo un giro in macchina solitario si era fermato per bere qualcosa. Il calcio non gli interessava. Passava da una storia all’altra, chiudendo i ponti ogni volta che il rapporto diventava serio. Non aveva paura di impegnarsi, semplicemente voleva solo divertirsi. Scopare e basta con più donne possibili. Trent’anni buttati nell’olimpo della lussuria. Alto, biondo ed attraente, un viso che non combaciava di certo con il carattere menefreghista. Diego adocchiò Giovanna alla prima risata della donna. Lei era in piedi dietro il bancone e parlava divertita con una coppia di clienti, probabilmente marito e moglie. La posizione delle braccia appoggiate sul bancone favoriva una spettacolare vista: le tette erano compresse e la scollatura della maglietta ne esaltavano le forme. Diego era già alla terza birra, una formalità per lui, e guardando Giovanna muoversi e parlare con un misto di civetteria giovanile e classe da signora, iniziò a pensare a quanto potesse essere porca a letto una quarantenne così eccitante. La guardava con insistenza, la spogliava con gli occhi secondo dopo secondo. La gente che affollava il locale gli permetteva di continuare a guardarla senza rischio di essere notato. Verso la fine della partita molte persone uscirono per fumare in strada e Diego decise di fare altrettanto. Doveva riordinare le idee. Una donna cosi bella doveva essere sua, quindi pensò il modo di approcciarla. La differenza di età andava a suo svantaggio, magari lei non era interessata ad una relazione con un uomo più giovane, però aveva notato che lei non portava la fede al dito. Forse una speranza c’era, in fondo lui desiderava una bella scopata non promettergli un matrimonio!
Diego si appoggiò ad un albero e si accese la sigaretta. Pensava di avvicinarla a fine partita, offrirle un invito a cena, lavorarsela per bene. Giovanna appariva porca ma di classe quindi sarebbe stata la sua conquista più difficile. Mentre fantasticava Diego notò due slavi, dalle facce poco raccomandabili e dai fisici un po’ sfatti, che parlottavano su un motorino a pochi passi. I due erano completamente ubriachi e forse non si accorsero che Diego gli ascoltava. L’accento slavo lo conosceva bene, la sua unica storia seria avvenne molti anni prima con Nadia, una ragazza croata. Non dovette sforzarsi più di tanto per decifrare il colloquio dei due tizi:
“Cazzo oggi è la grande serata sei pronto?”
“Ovvio Roman. Quella puttana avrà quello che una cagna del genere si merita”.
“Ahahah cazzo si bello. Sono tre mesi che ci giriamo intorno, stanotte la faremo godere come una vacca schifosa. E alla fine le piacerà pure”.
“Si! Roman si! Hai visto com’è bella la troia stasera. Ha messo su la tutina che mi fa impazzire”.
“Aahahah cazzo. Le la riduco a brandelli, cagna italiana”.
Sentendo quelle parole Diego si gelò all’istante. Non c’erano margini d’errore, aveva capito bene. Quei due slavi avevano in mente di stuprare la bella proprietaria proprio quella notte.
“Dai cazzo finiamo questa birra e andiamo sotto casa sua. È tutto pianificato, l’aspettiamo lì.”
“Ma andiamo ora Roman?”
“Si cazzo ora. Tanto quella troia tra un po’ smetterà di chiacchierare e se ne tornerà a casa”.
Le risate dei due slavi facevano da contrappunto all’orrendo piano che stavano per attuare. Diego era pensieroso, assalito da dubbi e pericolosi istinti. Doveva intervenire prima che Giovanna finisse ignara nella loro trappola. Tuttavia qualcosa lo confondeva, un istinto animale e selvaggio gli bloccava umanità e senso morale. Parte di lui voleva assistere allo stupro di quella donna cosi bella e sensuale. Immaginava le mani di quei due slavi mentre la tenevano ferma, sentiva le urla della donna, pensava alle sue tette palpate senza ritegno, alle sue lacrime mentre se la scopavano.
Come imbambolato rientrò al pub per pagare e decidere sul da farsi. Mentre era in fila alla cassa, ascoltò Giovanna chiacchierare a pochi metri da lui con la coppia d’amici:
“Dai ma non importa che sei vestita sportiva, non ci vediamo mai, tra due giorni partiamo per la casa al mare e ci si vede tra due mesi. Eddai eddai” – le disse l’amica.
“Ma Paola dai guarda sono in tuta e maglietta!” – le rispose Giovanna.
“Giovanna non accettò scuse! Eddai! E poi guardati che fisico hai, sei uno schianto pure in tuta! Ci divertiamo dai, la villa di Alfredo è bellissima lo sai e non abbiamo mai occasione per una rimpatriata. Facciamo l’alba come ai tempi della scuola! Tanto non hai impegni, anche noi dormiamo da lui e un pigiama lo troviamo. Cosa ti costa? – incalzava la donna.
“E va bene mi avete convinta, disgraziati!” – concluse Giovanna sorridendo.
Quando Diego uscì dal locale e vide i due slavi che armeggiavano con i motorini respirò profondamente. Quei due schifosi erano in partenza per appostarsi sotto casa della donna. Però Giovanna era stata fortunata, aveva accettato l’invito amarcord dei suoi amici scampando al suo terribile destino. Diego dovette constatare con amarezza che i desideri inconfessabili di poco prima non l’avevano abbandonato. Anzi si sentiva deluso e per un attimo maledì quella coppia d’amici insistenti. Tuttavia gli fu ben presto chiaro un fatto evidente: Giovanna si era salvata quella notte, ma difficilmente i due slavi si sarebbero arresi al primo tentativo fallito. Se era vero che i due bastardi le giravano attorno da settimane ci avrebbero provato di nuovo, non si sarebbero lasciati sfuggire una preda cosi eccitante…
Giovanna aprì gli occhi e si rigirò nel letto per prolungare quel delizioso dormiveglia. La nottata passata a casa dei vecchi amici di università era stata fantastica. Come tornare vent’anni indietro! Quando a pomeriggio inoltrato fu riaccompagnata a casa si lasciò andare ad una serata di pigro e meritato relax. Una bagno rinfrescante, un bella cenetta e qualche episodio della sua sere tv preferita. Mentre le luci della tapparella inesorabilmente la strappavano dal torpore del sonno, Giovanna pensò al programma della giornata: shopping al centro commerciale, un salto al pub per sistemare i conti con Andrea e poi nel tardo pomeriggio la partenza per la casa dei suoi genitori. Sarebbe tornata in città solo per aiutare Andrea a sistemare il locale, il giorno della finale mondiale. Dopo la colazione cominciò il rituale della scelta del vestito. Era un po’ viziata lo sapeva, le piaceva ancora perdere ore allo specchio, provando un vestito dopo l’altro. Ma in fondo che male c’era? Era una quarantenne splendida, e da poco divorziata. Un pizzico di malizia nella sua vita era solo che benedetto. Con una banalissima tuta e maglietta, due sere prima era stata la più ammirata alla festicciola amarcord. Ex compagni oramai sposati e in carriera, molti con figli, non avevano lesinato audaci complimenti e buffe avance. Quando due ore dopo raggiunse la macchina, gli sguardi attenti del portiere e dell’addetto alle pulizie la gratificarono ulteriormente. Come non guardarla poi. L’elegante camicia bianca di lino e la gonna nera tre dita sopra il ginocchio esaltavano il suo fisico da modella mancata. Salì in macchina e partì alla volta del centro commerciale.
Diego fumava nervosamente una sigaretta durante una pausa lavoro. Era già la quarta in meno di venti minuti. Erano due giorni che non faceva altro che pensare a lei, a Giovanna. A quel sorriso gentile e la risata contagiosa, alle sue braccia abbronzate e alla scollatura della sua maglietta. Ma soprattutto pensava ai due slavi, a quei due bastardi che stavano progettando di aggredire e violentare la bella proprietaria del pub. Diego pensava alle sensazioni dell’altra sera. Non avrebbe fatto niente per salvarla, ora ne era certo. Si era eccitato sentendo i discorsi di Roman e quell’altro. Si era immaginato le loro mani sul seno prosperoso di Giovanna, le vedeva mentre le palpavano oscenamente le cosce, pronti ad abusare senza pietà di lei. Che gran figlio di puttana che era.
Roman e Mladen erano in piedi accanto allo scaffale della roba da mare. A quindici metri da loro Giovanna passava in rassegna, una ad una, le nuove gonne arrivate. I due l’avevano seguita fin dall’uscita dal palazzo. Erano settimane che la pedinavano quasi giornalmente, conoscendo oramai abitudini, orari e i luoghi più frequentati. L’imprevisto di due notti prima gli aveva se possibile ancora più infoiati. La loro voglia di possedere quell’affascinante preda aveva raggiunto limiti disumani. Il piano era saltato, ma era solo questione di tempo perché trovassero l’occasione giusta. Giovanna si avviò in camerino per provare una gonna con lo spacco laterale che l’aveva conquistata. Mladen si avvicinò furtivamente per approfittare della vista che un gioco di specchi, e la tendina che non si chiudeva del tutto, offriva del camerino se ci si piazzava in un determinato punto del negozio. Era la seconda volta che uno dei due riusciva con quello stratagemma a spiare Giovanna. In passato l’avevano già fatto con decine e decine di donne: dalle studentesse che cercavano la lingerie più arrapante per i fidanzati, alle madri di famiglia che provavano questo o quel vestito. Giovanna fece scivolare alle caviglie la gonna nera. Il suo sedere rassodato dalla piscina era scandagliato centimetro per centimetro da Mladen. La visione seppur laterale era quasi perfetta, gli slip color argento rappresentavano l’ultimo riparo dell’intimità di Giovanna.
Sei ore più tardi Giovanna era sull’autostrada per raggiungere la casa dei genitori. L’aria condizionata offriva quel refrigerio necessario per sconfiggere l’afa insopportabile di Luglio. Con una mano si alzava ritmicamente l’elegante gonna a pieghe per godere in pieno di quella ventata di freschezza. Lo shopping era stato fatto, i conti sistemati e una paio di giorni con i suoi l’attendevano. Giovanna era rilassata e soddisfatta di come tutto, dopo il brutto inverno, si stesse lentamente sistemando.
In città Diego tornava a casa dopo l’ennesima stressante giornata al magazzino. I suoi torbidi pensieri non l’avevano certo abbandonato, ma ancora non sapeva esattamente come agire. A chilometri di distanza, in un altro quartiere Roman e Mladen festeggiavano con una birra la buona notizia ascoltato di soppiatto ore prima: la bella Giovanna sarebbe tornata in città quella domenica...
Gli studenti spagnoli della Scuola Internazionale festeggiavano improvvisando balli e cori. Mischiati ai turisti e alla gente del quartiere trasformarono, per qualche ora, in una succursale della Rambla il piazzale davanti al pub. La mezzanotte era passata da poco e gli schiamazzi non cessavano; per una notte sarebbero stati loro i chiassosi e folcloristici padroni del posto. Il pub era ancora molto affollato, l’orario di chiusura era ancora lontano di due ore e mezza. Diego in disparte e mischiato ad una decina di spagnoli ubriachi osservava la porta, la quale dava sul magazzino al piano di sotto, con occhi indagatori. Aspettava che Giovanna tornasse; era scesa giù da un paio di minuti. Diego era convinto che quella sera i due slavi avrebbero concluso il loro orrendo piano. Schifoso e brutale non meno del desiderio di Diego di assistere alla violenza senza salvare la bella proprietaria. Improvvisamente Roman e Mladen approfittando del baccano generale, e degli occhi attenti solo al lavoro di Andrea e delle cameriere, si avvicinarono alla porta e senza ulteriori indecisioni entrarono. Il colpo di scena sorprese Diego mandandogli di traverso l’ultimo sorso di birra.
“Cazzo quei due non hanno aspettato che tornasse a casa…l’aggrediranno lì nel magazzino…sono dei pazzi!” – pensò.
Giovanna sistemava le casse di vino uno sopra l’altra. La serata era stata un successo, le partite di calcio erano da sempre per il pub una possibilità di guadagno irrinunciabile. Felice e rilassata dopo i giorni passati a casa dei genitori Giovanna osservò la sua figura riflessa nel grande specchio accanto alle casse. Un sorriso compiaciuto non poté mancare, mentre guardava il leggero vestito estivo coprirle senza troppa convinzione le sue belle gambe abbronzate. La generosa scollatura lasciava “respirare” gran parte dei suoi seni. Il rumore dei passi alle sue spalle la fece voltare di scatto, davanti a lei Roman e Mladen la guardavano con occhi che nessuna donna vorrebbero mai vedere. Per alcuni secondi il silenzio invase lo stanzone contornato solo dai rumori dei festeggiamenti del piano di sopra. L’accennato sorriso beffardo di Mladen a Roman era il segnale: un altro secondo ancora e i due l’avrebbero assalita. Giovanna gli anticipò parlando con voce calda e controllata:
“Bene alla fine vi siete decisi.”
I due la guardavano con occhi interrogativi.
“Ma per quale cretinetta mi avete preso ragazzi? Mi sono accorta che mi pedinavate da un pezzo!
Le parole di Giovanna gli avevano presi in contropiede. Cercando di mantenere la situazione sotto controllo Mladen disse con voce autoritaria:
“Ci hai visti troia? Bene, allora sai che ora devi fare la brava se non vuoi fare una brutta fine eh. Lo sai?
“Ahahahah ma certo. Volete violentarmi qua sotto vero? Non avete neanche aspettato un momento migliore, un posto più sicuro, siete due idioti! – la calma e la sensualità della voce di Giovanna erano come una coltellata ai piani brutali dei due slavi che non aspettavano altro che lottare con la propria vittima; era la cosa che più gli eccitava.
“Perché volete abusare di me, cos’ho di cosi eccitante, avrò quasi vent’anni più di voi. Cosa vi piace del mio corpo?” – continuò Giovanna mentre si avvicinò languidamente ai due slavi. Con una mano toccò il pacco di Mladen da sopra i jeans. Con una mano cominciò a tirar giù la lampo cercando il contatto con quel cazzo già bello duro.
“Allora cosa ho fatto per meritarmi i vostri soprusi?”
La situazione era ormai chiara. Giovanna aveva ribaltato i ruoli e comandava il gioco. Cominciò a masturbare il cazzo di Mladen, mentre con una faccia da porca consumata fece cenno a Roman di smetterla di stare lì impalato e silenziosi. Così anche lui si slacciò i jeans tirando fuori venticinque centimetri di cazzo. Gli occhi soddisfatti di Giovanna approvarono in pieno la visione!
Mentre le mani di Giovanna erano impegnate in quella doppia sega, i due si avvicinarono a lei per facilitarle il compito. Le accarezzavano la frangetta e il collo. Tra un gemito e l’altro Mladen rispose alle domande della donna.
“Ci hai fatto impazzire sin dalla prima volta che ti abbiamo visto…ahh continua…Ti spiavamo mentre lavoravi, quando facevi shopping, vai in giro come una cagna in carriera”.
“A sì e volevate violentarmi per punirmi vero?”
“Ohh sii, siii cagna”.
Giovanna cominciò un lungo pompino, dedicandosi prima a Mladen e poi a Roman. I due le tirarono giù le spalline del vestito accarezzando voraci i capezzoli dritti. La bella proprietaria gli eccitava con profondi ingoi e leccate strategiche intorno a tutto il glande. Insaziabile non si fermò fino a quando i gemiti continui dei due slavi, non preannunciarono l’imminente orgasmo.
“Continua voglio venirti in faccia” – disse estasiato Mladen.
Giovanna si alzò si sistemò il vestito e con la voce calda di poco prima disse:
“No miei cari bastardelli. È la vostra bella signora a decidere. La vedete quella porticina là? Bene dà sul retro, cosi ve ne andate. Già tanto che nessuno vi ha visto entrare. Immagino che sapete dove abito giusto?”
“Certo ma…”
“Bene bene ascoltatemi. Ora devo lasciare i vostri bei cazzi. Andate sotto casa mia, io per le tre sarò di ritorno. Voglio vedere se siete davvero capaci a violentarmi come si deve. Ok?”
Mladen era eccitato come un cavallo da monta. Il volto dolcissimo e la sensuale carnalità di quella quarantenne nascondeva una donna porca e perversa. A modo suo sentiva già di amarla!
“Va bene Giovanna. Così sia”.
Giovanna uscì dalla porta del magazzino. Il suo volto era felice e sbarazzino come sempre. Quando Diego la vide trasalì. Nella mezz’ora precedente non aveva trovato il modo di scendere di sotto. Andrea si era piazzato lì accanto a sistemare il frigo dei super alcolici. Trovare l’attimo giusto era impossibile. Diego era confuso. Giovanna non dava certo l’aspetto di una donna che era stata appena violentata, perché l’uomo era ovviamente questo che si aspettava succedesse la sotto. Immaginò i due slavi mentre l’assalivano e la minacciavano. Immaginò i gemiti di paura e di sottomissione di lei mentre i due le stupravano il culo e la fica. Cosi avvenne davvero? Gli occhi e i comportamenti di Giovanna mostravano la solita donna di sempre. Diego non sapeva proprio cosa pensare… FINE
Commenti e critiche sempre ben accette. Potete scrivermi a marco.dionisi@yahoo.com
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