Confessioni
di
Xilia
genere
bisex
Amo il sesso orale, e amo andare subito al sodo.
Cosa c’è di più bello di una lingua, preferibilmente femminile, che ti assaggia e ti assapora con gusto? Non che disdegni le attenzioni di un uomo, sia chiaro, ma in genere sono più rudi, più sommari; esagerano sempre in qualcosa. Per non parlare di quella maledetta barba di tre giorni che pare carta vetrata.
Una donna invece solitamente conosce il giusto equilibrio tra delicatezza e forza, sa raggiungere quell’armonia di gesti che mi spinge ad abbandonarmi; sa cosa voglio e sa come darmelo.
(Francesca insegna inglese in un istituto tecnico statale. La vedessero, i suoi studenti straripanti di ormoni, con i capelli sciolti contro le mie cosce, il viso affondato nelle mie intimità. Vedessero, quel branco di segaioli brufolosi, come inarca la schiena la loro seria professoressa quando le accarezzo la piccola perla rosa che si schiude, quando si lascia andare al piacere. Mi piace pensare, mentre le mie mani scivolano sul suo corpo nudo e le mia dita le affondano dentro, a quei ragazzi che nella loro cameretta si masturbano pensando a lei, magari guardando la serie foto di qualche suo profilo pubblico, fantasticando della sua pelle, che io sento calda sulla mia, immaginando di sentirla gemere come io la sto sentendo. Come vorrei che la vedessero mentre un orgasmo le paralizza i muscoli e la sue labbra si aprono in un piccolo urlo soffocato.)
Quando è la mia, invece, la lingua in azione, meglio senza dubbio il genere maschile. Anche una donna dà appagamento e belle sensazioni, ma il godimento di avvolgere con la bocca un signor pisello, di sentirlo crescere succube dei tuoi movimenti, rinvigorire sempre più, fino ad esplodere in una fontana di lussuria, non ha paragoni. Penso non esista donna che amerà mai ricevere un rapporto orale come lo ama un uomo.
(Quante volte ho dormito usando la pancia di Daniel per cuscino, con il suo salsicciotto tra le labbra. Mi è sempre piaciuto giochicchiarci e ciucciarmelo un po’ mentre è inerte, piccolo e indifeso. Anche se di solito dura poco, poi l’arma è sguainata e pretende soddisfazione; ma dopo la soddisfazione posso sempre ricominciare a spupazzarmelo. Quante volte mi sono svegliata tossendo per un’esondazione di sperma in gola. E lui sempre a difendersi asserendo che stava sognando, che mai mi avrebbe fatto volontariamente uno scherzo simile… Una volta però l’ho beccato: i miei incisivi li ha apprezzati meno.)
Il mio attuale compagno si ritiene molto fortunato, perché sono una che ingoia, dice. Io non ci vedo niente di speciale. Lo trovo naturale, so che piace molto e devo riconoscere che mi eccita anche un po’. Certo che se sapesse quanti condividono la sua opinione, forse smetterebbe di usare l’aggettivo “molto”…
(Anna m’ha confidato che quando l’hanno assunta nel laboratorio analisi dove tutt’ora lavora, due colleghe – che lei chiama con rispetto “le stronze” – l’hanno obbligata moralmente a sottostare al loro rito d’iniziazione: le hanno dato in mano una fiala contenente liquido seminale appena esaminato e lei ha dovuto berlo di fronte a loro. Solo parecchio tempo dopo le hanno rivelato che in realtà non esisteva alcun rito d’iniziazione. Lei, sbalordendole, l’ha presa in ridere. Tanto, m’ha detto, un po’ più, un po’ meno…)
Ci metto impegno. Cerco di farlo bene e mi applico per perfezionarmi, anche se credo che, tornando al concetto di prima, son convinta che solo chi ha lo stesso sesso di quello su cui si sta adoperando sappia veramente come accontentarlo davvero. Se gli uomini non fossero così carichi di testosterone da sviluppare un’omofobia esagerata, magari scoprirebbero anche loro com’è appagante sentire una bocca che ci sa veramente fare e in grado di soddisfarli come davvero vorrebbero. Ma la maggior parte di loro si sente troppo “maschio”, e non saprà mai cosa si perde. Ché poi basta infilargli un dito nel sedere mentre glielo succhi, al “maschio”, che squittisce come una marmotta. E gli piace, eccome se gli piace.
Piace anche a me. Amplifica il piacere. Quando l’eccitazione si alza di livello piace anche a me sentirmi penetrare dietro. E piace agli uomini infilarmelo; bisogna solo stare attente perché nel travolgimento della passione magari non ci si accorge che lui come al solito esagera e le dita diventano due o tre. Dopo, tornata la quiete, fa male.
Ci sono anche quelli che non osano permettersi quest’ulteriore profanazione del mio corpo, o nemmeno si rendono conto che potrebbe piacermi, e quindi evitano, si concentrano nel rapporto e non ci provano neppure. Sono i più fortunati, perché sentirsi chiedere, quasi supplicare, di mettermi un dito nel didietro, son convinta che li faccia impazzire.
Ho invece sentimenti contrastanti riguardo al vero e proprio sesso anale, anche se spesso, soprattutto se sovreccitata dal rapporto in corso, ho lasciato fare. Non sempre pentendomene.
(Ho avuto solo una volta un’esperienza con due uomini, finora. Mi ci son trovata in mezzo, metaforicamente e non, e ho deciso di non negarmi. È stato un pomeriggio caldo dentro la tenda di quello che già da qualche mese era il mio ragazzo. Stavamo facendo l’amore cercando di non ansimare troppo forte, madidi di sudore. Gli stavo sopra. La cerniera dell’entrata era aperta per far circolare un minimo d’aria, tanto avevamo di fronte un muretto che ci nascondeva al resto del campeggio. Non mi sono accorta del suo amico. Sentivo le mani accarezzarmi le natiche mentre i miei fianchi ondeggiavano ritmici, le sentivo entrare anch’esse e mi piaceva. Solo quando il mio ragazzo mi ha stretto entrambi i seni ho compreso che quelle nel mio didietro non erano le sue. Mi sono voltata di scatto, bloccandomi. L’ amico mi ha sorriso. Ho esitato solo un secondo, poi mi sono rigirata verso il basso e ho ricominciato a muovermi. L’ho sentito sdraiarsi su di me; il suo sudore unirsi a quello della mia schiena, ed è iniziata la doppia penetrazione. Tante mani mi stringevano, mi accarezzavano, mi palpavano; un vortice di sensazioni mi è salito dal ventre, mi ha conquistata, annientando ogni mia forza. L’inevitabile apice, intenso e prolungato, è arrivato in pochi minuti, mentre dentro di me quei due corpi distinti si muovevano indipendenti, quasi uno contro l’altro, separati solo da qualche mia membrana interna. Alla fine mi sono venuti dentro entrambi, quasi contemporaneamente come nei peggiori film. Mi disse dopo che mi aveva concesso al suo amico perché gli doveva ‘un grosso favore’. Lo lascia quello stesso giorno, nauseata dall’espressione contrita e dispiaciuta che aveva messo su.)
Di oggetti non ne faccio uso solitamente. Be’, a parte qualche eccezione…
(Da ragazza ho scoperto per caso il piacere che può dare una lavatrice in centrifuga. Appoggiavo l’inguine all’angolo dell’elettrodomestico, le vibrazioni forti e costanti mi scioglievano velocemente le gambe… Gli orgasmi arrivavano multipli e prolungati, meglio che con la maggior parte dei giocattoli “specializzati”. Lo ammetto: lo faccio ancora. La lavatrice è la mia amante più segreta e fedele.)
Toccarsi è una cosa intima, pochissime volte ho ceduto a farlo davanti a qualcuno. Più volte sono stata spiata, o sorpresa in flagranza.
(“Hai strappato tutte le copie, brava,” mi disse il cuginastro arrogante difendendo la sua ‘libertà di stampa’, “ma di trovare il negativo non ci sperare proprio. L’ho nascosto così bene che non lo troverebbe neanche Indiana Jones!” Aveva ragione. E così ogni tanto rispunta ancora oggi qualche amico o parente a cui scappa detto che da ‘da qualche parte’ ha ancora quella foto di me ragazzina, ‘quella di cui andava tanto fiero tuo cugino, che t’ha fatto di nascosto mentre eri nuda a cavalcioni sul bracciolo del divano…’)
Chi mi conosce scommetto che non lo direbbe, ma mi piace mostrare le gambe. Cerco di farlo con una certa eleganza e mi trattengo dall’espormi troppo spesso, perché l’abitudine rende tutto sterile e scontato. Mi piace quando gli uomini si girano dopo avermi incrociato. Mi ha eccitato anche vedere il mio nome scritto sui muri dei bagni dell’ufficio: un ammiratore ‘m’inculerebbe fino a spaccarmi in due’, un altro suppone (o sa?) ch’io sia molto brava a fare pompini, un terzo mi epiteta semplicemente come ‘troia in calore’.
(Nella calca dell’autobus ho sentito prima una lieve palpata sul sedere, poi stringere con decisione. Gli è andata male, non ero in vena e ho ricambiato con una strizzata che l’ha piegato in due. Cercava di insultarmi ma non gli usciva il fiato. Una signora piuttosto prosperosa, che doveva aver sopportato più volte questo tipo attenzioni, mi ha sorriso entusiasta. “Brava, così si fa!”)
Mi piace che con me gli uomini stiano attenti. Molto attenti.
Il mio sito: https://vivereperraccontare.wordpress.com
Cosa c’è di più bello di una lingua, preferibilmente femminile, che ti assaggia e ti assapora con gusto? Non che disdegni le attenzioni di un uomo, sia chiaro, ma in genere sono più rudi, più sommari; esagerano sempre in qualcosa. Per non parlare di quella maledetta barba di tre giorni che pare carta vetrata.
Una donna invece solitamente conosce il giusto equilibrio tra delicatezza e forza, sa raggiungere quell’armonia di gesti che mi spinge ad abbandonarmi; sa cosa voglio e sa come darmelo.
(Francesca insegna inglese in un istituto tecnico statale. La vedessero, i suoi studenti straripanti di ormoni, con i capelli sciolti contro le mie cosce, il viso affondato nelle mie intimità. Vedessero, quel branco di segaioli brufolosi, come inarca la schiena la loro seria professoressa quando le accarezzo la piccola perla rosa che si schiude, quando si lascia andare al piacere. Mi piace pensare, mentre le mie mani scivolano sul suo corpo nudo e le mia dita le affondano dentro, a quei ragazzi che nella loro cameretta si masturbano pensando a lei, magari guardando la serie foto di qualche suo profilo pubblico, fantasticando della sua pelle, che io sento calda sulla mia, immaginando di sentirla gemere come io la sto sentendo. Come vorrei che la vedessero mentre un orgasmo le paralizza i muscoli e la sue labbra si aprono in un piccolo urlo soffocato.)
Quando è la mia, invece, la lingua in azione, meglio senza dubbio il genere maschile. Anche una donna dà appagamento e belle sensazioni, ma il godimento di avvolgere con la bocca un signor pisello, di sentirlo crescere succube dei tuoi movimenti, rinvigorire sempre più, fino ad esplodere in una fontana di lussuria, non ha paragoni. Penso non esista donna che amerà mai ricevere un rapporto orale come lo ama un uomo.
(Quante volte ho dormito usando la pancia di Daniel per cuscino, con il suo salsicciotto tra le labbra. Mi è sempre piaciuto giochicchiarci e ciucciarmelo un po’ mentre è inerte, piccolo e indifeso. Anche se di solito dura poco, poi l’arma è sguainata e pretende soddisfazione; ma dopo la soddisfazione posso sempre ricominciare a spupazzarmelo. Quante volte mi sono svegliata tossendo per un’esondazione di sperma in gola. E lui sempre a difendersi asserendo che stava sognando, che mai mi avrebbe fatto volontariamente uno scherzo simile… Una volta però l’ho beccato: i miei incisivi li ha apprezzati meno.)
Il mio attuale compagno si ritiene molto fortunato, perché sono una che ingoia, dice. Io non ci vedo niente di speciale. Lo trovo naturale, so che piace molto e devo riconoscere che mi eccita anche un po’. Certo che se sapesse quanti condividono la sua opinione, forse smetterebbe di usare l’aggettivo “molto”…
(Anna m’ha confidato che quando l’hanno assunta nel laboratorio analisi dove tutt’ora lavora, due colleghe – che lei chiama con rispetto “le stronze” – l’hanno obbligata moralmente a sottostare al loro rito d’iniziazione: le hanno dato in mano una fiala contenente liquido seminale appena esaminato e lei ha dovuto berlo di fronte a loro. Solo parecchio tempo dopo le hanno rivelato che in realtà non esisteva alcun rito d’iniziazione. Lei, sbalordendole, l’ha presa in ridere. Tanto, m’ha detto, un po’ più, un po’ meno…)
Ci metto impegno. Cerco di farlo bene e mi applico per perfezionarmi, anche se credo che, tornando al concetto di prima, son convinta che solo chi ha lo stesso sesso di quello su cui si sta adoperando sappia veramente come accontentarlo davvero. Se gli uomini non fossero così carichi di testosterone da sviluppare un’omofobia esagerata, magari scoprirebbero anche loro com’è appagante sentire una bocca che ci sa veramente fare e in grado di soddisfarli come davvero vorrebbero. Ma la maggior parte di loro si sente troppo “maschio”, e non saprà mai cosa si perde. Ché poi basta infilargli un dito nel sedere mentre glielo succhi, al “maschio”, che squittisce come una marmotta. E gli piace, eccome se gli piace.
Piace anche a me. Amplifica il piacere. Quando l’eccitazione si alza di livello piace anche a me sentirmi penetrare dietro. E piace agli uomini infilarmelo; bisogna solo stare attente perché nel travolgimento della passione magari non ci si accorge che lui come al solito esagera e le dita diventano due o tre. Dopo, tornata la quiete, fa male.
Ci sono anche quelli che non osano permettersi quest’ulteriore profanazione del mio corpo, o nemmeno si rendono conto che potrebbe piacermi, e quindi evitano, si concentrano nel rapporto e non ci provano neppure. Sono i più fortunati, perché sentirsi chiedere, quasi supplicare, di mettermi un dito nel didietro, son convinta che li faccia impazzire.
Ho invece sentimenti contrastanti riguardo al vero e proprio sesso anale, anche se spesso, soprattutto se sovreccitata dal rapporto in corso, ho lasciato fare. Non sempre pentendomene.
(Ho avuto solo una volta un’esperienza con due uomini, finora. Mi ci son trovata in mezzo, metaforicamente e non, e ho deciso di non negarmi. È stato un pomeriggio caldo dentro la tenda di quello che già da qualche mese era il mio ragazzo. Stavamo facendo l’amore cercando di non ansimare troppo forte, madidi di sudore. Gli stavo sopra. La cerniera dell’entrata era aperta per far circolare un minimo d’aria, tanto avevamo di fronte un muretto che ci nascondeva al resto del campeggio. Non mi sono accorta del suo amico. Sentivo le mani accarezzarmi le natiche mentre i miei fianchi ondeggiavano ritmici, le sentivo entrare anch’esse e mi piaceva. Solo quando il mio ragazzo mi ha stretto entrambi i seni ho compreso che quelle nel mio didietro non erano le sue. Mi sono voltata di scatto, bloccandomi. L’ amico mi ha sorriso. Ho esitato solo un secondo, poi mi sono rigirata verso il basso e ho ricominciato a muovermi. L’ho sentito sdraiarsi su di me; il suo sudore unirsi a quello della mia schiena, ed è iniziata la doppia penetrazione. Tante mani mi stringevano, mi accarezzavano, mi palpavano; un vortice di sensazioni mi è salito dal ventre, mi ha conquistata, annientando ogni mia forza. L’inevitabile apice, intenso e prolungato, è arrivato in pochi minuti, mentre dentro di me quei due corpi distinti si muovevano indipendenti, quasi uno contro l’altro, separati solo da qualche mia membrana interna. Alla fine mi sono venuti dentro entrambi, quasi contemporaneamente come nei peggiori film. Mi disse dopo che mi aveva concesso al suo amico perché gli doveva ‘un grosso favore’. Lo lascia quello stesso giorno, nauseata dall’espressione contrita e dispiaciuta che aveva messo su.)
Di oggetti non ne faccio uso solitamente. Be’, a parte qualche eccezione…
(Da ragazza ho scoperto per caso il piacere che può dare una lavatrice in centrifuga. Appoggiavo l’inguine all’angolo dell’elettrodomestico, le vibrazioni forti e costanti mi scioglievano velocemente le gambe… Gli orgasmi arrivavano multipli e prolungati, meglio che con la maggior parte dei giocattoli “specializzati”. Lo ammetto: lo faccio ancora. La lavatrice è la mia amante più segreta e fedele.)
Toccarsi è una cosa intima, pochissime volte ho ceduto a farlo davanti a qualcuno. Più volte sono stata spiata, o sorpresa in flagranza.
(“Hai strappato tutte le copie, brava,” mi disse il cuginastro arrogante difendendo la sua ‘libertà di stampa’, “ma di trovare il negativo non ci sperare proprio. L’ho nascosto così bene che non lo troverebbe neanche Indiana Jones!” Aveva ragione. E così ogni tanto rispunta ancora oggi qualche amico o parente a cui scappa detto che da ‘da qualche parte’ ha ancora quella foto di me ragazzina, ‘quella di cui andava tanto fiero tuo cugino, che t’ha fatto di nascosto mentre eri nuda a cavalcioni sul bracciolo del divano…’)
Chi mi conosce scommetto che non lo direbbe, ma mi piace mostrare le gambe. Cerco di farlo con una certa eleganza e mi trattengo dall’espormi troppo spesso, perché l’abitudine rende tutto sterile e scontato. Mi piace quando gli uomini si girano dopo avermi incrociato. Mi ha eccitato anche vedere il mio nome scritto sui muri dei bagni dell’ufficio: un ammiratore ‘m’inculerebbe fino a spaccarmi in due’, un altro suppone (o sa?) ch’io sia molto brava a fare pompini, un terzo mi epiteta semplicemente come ‘troia in calore’.
(Nella calca dell’autobus ho sentito prima una lieve palpata sul sedere, poi stringere con decisione. Gli è andata male, non ero in vena e ho ricambiato con una strizzata che l’ha piegato in due. Cercava di insultarmi ma non gli usciva il fiato. Una signora piuttosto prosperosa, che doveva aver sopportato più volte questo tipo attenzioni, mi ha sorriso entusiasta. “Brava, così si fa!”)
Mi piace che con me gli uomini stiano attenti. Molto attenti.
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