L'ospite (l'incestuosa voglia di Monica) - cap. 1
di
Xilia
genere
incesti
Quando Paolo è rientrato in casa e ha sentito quei gemiti - femminili! - provenire dalla camera dei suoi, ci si è silenziosamente avvicinato e ha sbirciato dalla porta socchiusa, rimanendo letteralmente esterrefatto in contemplazione dei corpi nudi delle due donne impegnate a darsi piacere sul letto matrimoniale.
Uno dei due corpi, quello carponi con le intimità rivolte proprio verso di lui ed il viso affondato tra le cosce dell’altra, lo ha già visto molte altre volte, ma mai in quella posizione! È quello di sua madre, Monica, bella trentaquattrenne che ha probabilmente bruciato un po’ troppo in fretta le tappe e ora si ritrova un figlio appena maggiorenne, per l’appunto Paolo, una figlia che ha da poco scoperto di averne ereditato il suadente corpo e la voglia di intense passioni e un marito, fortunatamente anche lui ancora in piena forma e vigore.
L’altro corpo, con la schiena appoggiata alla spalliera, le gambe spalancate e la bravissima lingua di sua madre infilata dentro, è il mio.
Malgrado la penombra ora vedo bene la sua espressione a dir poco sorpresa e il suo sguardo pietrificato sulla scena che gli stiamo offrendo.
Lui non lo sa, ma lo stiamo mettendo in atto proprio per lui, questo spettacolo. Sua madre, anche se lui non può esserne a conoscenza, sapeva che sarebbe tornato prima. L’idea di farsi “sorprendere” nuda da lui, in quel modo, e magari anche riuscire ad eccitarlo, senza il rischio di provarci direttamente, le era piaciuta molto.
Dal rigonfiamento dei suoi pantaloni che sta lievitando velocemente direi che stiamo avendo successo.
E che rigonfiamento... Monica mi ha mostrato nei giorni scorsi un autoscatto che il figlio si è fatto al pene eretto; lei lo ha trovato curiosando sul suo portatile (lo so, non si dovrebbe, ma resistere alla tentazione non è sempre facile), e devo ammettere che sono rimasta ammutolita dalle sue misure esagerate. E, credetemi, ne ho visti parecchi in vita mia con cui fare il confronto. “Nemmeno mio marito, che certo non si può lamentare, ce l’ha così grosso!” mi ha detto lei con un pizzico, si fa per dire, di malizia. “Non riesco a pensare ad altro... Non riesco nemmeno a trovare le parole per confidarti quello che provo...” Farsi suo figlio. Queste sono le parole che non trovava.
In quanto a me credo sia stata proprio quella foto a farmi decidere di approfondire la questione e a propormi di aiutarla, ma questo a Monica non l’ho detto.
Ed è proprio al soggetto di quella foto che penso mentre le dita di sua madre schiudono le mie grandi labbra e la sua bocca succhia avida il mio clitoride...
Le afferro la testa e me la spingo contro il sesso, con forza - proprio come farà suo marito con me fra qualche giorno, peraltro -, poi allungandomi su di lei le appoggio una mano tra le natiche e le penetro il buco con il medio. Il ragazzo, con lo sguardo ipnotizzato su ciò che sta facendo il mio dito, si porta istintivamente una mano all’inguine e se lo tocca attraverso il tessuto della tuta che ne prende la forma e mi mostra le reali dimensioni del giovane e probabilmente inesperto attributo.
È davvero eccezionale. Questa volta sono io ad incantarmi osservandolo. E lui improvvisamente se ne accorge. Scatta all’indietro. Non faccio in tempo a far nulla per rassicurarlo: è già sparito.
Tocco la spalla di Monica per avvertirla che non c’è più bisogno di continuare la recita, anche se francamente l’avrei lasciata finire volentieri.
“Vado da lui” le dico sottovoce. Lei non riesce nemmeno a parlare. Mi guarda alzarmi, infilarmi unicamente la canottiera ed uscire dalla stanza.
Busso alla sua porta.
“Avanti.” Ha la voce bassa, lenta, impostata come quella degli eroi dei film d’oltreoceano.
Entro e gli sorrido, il più angelica e fraterna possibile. È seduto sul suo letto a una piazza.
“Ciao, io sono Marinella...” Gli allungo la mano e lui, sempre serio, me la stringe. È piuttosto evidente che gli metto soggezione, ma anche che indubbiamente non gli sono indifferente e che sta ancora cercando di capire quale reazione dovrebbe avere dopo quello che mi ha visto fare.
Mi siedo di fianco a lui, ben sapendo quel che la sola canottiera non può coprire.
“Sei l’amante di mia madre?” mi chiede dopo averci pensato qualche secondo.
“No, sono solo un’amica.” Mi guarda negli occhi, con un certo scetticismo. “Una di quelle amiche a cui può raccontare tutto... Anche ciò che agli altri non riesce a raccontare.” Rimane in silenzio. “Mi ha parlato molto di te, Paolo. Ero davvero curiosa di conoscerti...” Gli appoggio la mano sulla coscia, come volessi cercare un semplice gesto di complicità. “Quello che hai visto... Io e lei...” Pausa ad effetto. “È che a volte è normale lasciarsi un po’ andare, capisci?”
I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza e io riesco a pensare solo che anche il suo gigantesco fallo è a pochi centimetri di distanza dalle mie dita...
Nel silenzio i secondi si dilatano, mentre i nostri sguardi si perdono l’uno nell’altro.
È il momento.
Lo bacio. Ci metto tutto il mio impegno.
Lui, come auspicavo, ricambia: sento la sua lingua cercare la mia. Gli piace.
Piace anche a me. Sposto la mano verso il suo portento e lo trovo subito, ovviamente. È già enorme e non è nemmeno completamente eretto.
Gli scosto l’elastico della tuta e glielo tiro fuori. Lui è tutto un fremito tra le mie braccia.
Inizio a masturbarlo, strusciando istintivamente il mio corpo sul suo, mentre le nostre bocche rimangono incollate.
Bastano un paio di movimenti e questo capolavoro della natura si erge in tutta la sua magnificenza. Non ne ho mai tenuto in mano uno così prima d’ora.
Mi sottraggo al bacio e gli sorrido nuovamente. “Complimenti...” sussurro.
“G... Grazie...” bofonchia lui in piena estasi.
Prendo la sua mano e l’accompagno tra le mie cosce nude. Le divarico leggermente per agevolarlo. Le sue dita esplorano le mie intimità ancora fradice della saliva di sua madre. Mi affondano dentro con facilità.
Lui è girato verso di me e quindi non se n’è reso conto, ma Monica è nascosta nel buio del corridoio, perversamente ammaliata.
Le faccio l’occhiolino, poi mi chino e accolgo quel glande fuori misura nella mia bocca. Paolo sussulta e si irrigidisce.
Mi riempie tutta la cavità orale; non è facile fare quello che invece voglio fargli al meglio. Per fortuna l’esperienza mi aiuta.
Lui apprezza. Decisamente. Penso che sarà una cosa veloce...
“Oh, cazzo!” urla all’improvviso tirandosi indietro. Si cè girato, forse proprio per paura che sua madre ci potesse vedere, e i loro sguardi si sono incrociati.
Anche lei, come lui poco fa, ha una mano tra le gambe; parrebbe per coprirsi, ma io so che in realtà si sta toccando.
“Calma...” Non mi scompongo. “Non dirmi che non ti ha mai visto nudo... E poi anche tu ci stavi guardando prima, no?” Lo riprendo in bocca, come nulla fosse. Lui, come speravo, non ha la forza di volontà di sottrarsi - modestamente: come potrebbe? - e mi lascia fare.
Il silenzio ora è irreale, rotto solo dagli inevitabili rumori della fellatio.
Madre e figlio si fissano più volte. Sulle loro facce non c’è un vero imbarazzo, ma solo un lieve disagio; ampiamente compensato dall’eccitazione che ormai permea l’ambiente.
Paolo ansima, sempre più freneticamente.
E infine deflagra, inondandomi gola ed esofago.
Indice e medio contratti nello spasmo dell’orgasmo dentro la mia vagina mi fanno male (sopporto; ho subìto ben di peggio).
Alzo lo sguardo verso Monica. Ha ancora le mani tra le gambe, le guance arrossate e il respiro forte: è sicuramente venuta insieme al figlio, ammirandone la potenza dell’amplesso.
Cerco di sorriderle, con la bocca ancora piena.
Ora devo trovare una scusa per correre a baciarla...
Altri miei racconti li potete trovare qui: vivereperraccontare.wordpress.com
Uno dei due corpi, quello carponi con le intimità rivolte proprio verso di lui ed il viso affondato tra le cosce dell’altra, lo ha già visto molte altre volte, ma mai in quella posizione! È quello di sua madre, Monica, bella trentaquattrenne che ha probabilmente bruciato un po’ troppo in fretta le tappe e ora si ritrova un figlio appena maggiorenne, per l’appunto Paolo, una figlia che ha da poco scoperto di averne ereditato il suadente corpo e la voglia di intense passioni e un marito, fortunatamente anche lui ancora in piena forma e vigore.
L’altro corpo, con la schiena appoggiata alla spalliera, le gambe spalancate e la bravissima lingua di sua madre infilata dentro, è il mio.
Malgrado la penombra ora vedo bene la sua espressione a dir poco sorpresa e il suo sguardo pietrificato sulla scena che gli stiamo offrendo.
Lui non lo sa, ma lo stiamo mettendo in atto proprio per lui, questo spettacolo. Sua madre, anche se lui non può esserne a conoscenza, sapeva che sarebbe tornato prima. L’idea di farsi “sorprendere” nuda da lui, in quel modo, e magari anche riuscire ad eccitarlo, senza il rischio di provarci direttamente, le era piaciuta molto.
Dal rigonfiamento dei suoi pantaloni che sta lievitando velocemente direi che stiamo avendo successo.
E che rigonfiamento... Monica mi ha mostrato nei giorni scorsi un autoscatto che il figlio si è fatto al pene eretto; lei lo ha trovato curiosando sul suo portatile (lo so, non si dovrebbe, ma resistere alla tentazione non è sempre facile), e devo ammettere che sono rimasta ammutolita dalle sue misure esagerate. E, credetemi, ne ho visti parecchi in vita mia con cui fare il confronto. “Nemmeno mio marito, che certo non si può lamentare, ce l’ha così grosso!” mi ha detto lei con un pizzico, si fa per dire, di malizia. “Non riesco a pensare ad altro... Non riesco nemmeno a trovare le parole per confidarti quello che provo...” Farsi suo figlio. Queste sono le parole che non trovava.
In quanto a me credo sia stata proprio quella foto a farmi decidere di approfondire la questione e a propormi di aiutarla, ma questo a Monica non l’ho detto.
Ed è proprio al soggetto di quella foto che penso mentre le dita di sua madre schiudono le mie grandi labbra e la sua bocca succhia avida il mio clitoride...
Le afferro la testa e me la spingo contro il sesso, con forza - proprio come farà suo marito con me fra qualche giorno, peraltro -, poi allungandomi su di lei le appoggio una mano tra le natiche e le penetro il buco con il medio. Il ragazzo, con lo sguardo ipnotizzato su ciò che sta facendo il mio dito, si porta istintivamente una mano all’inguine e se lo tocca attraverso il tessuto della tuta che ne prende la forma e mi mostra le reali dimensioni del giovane e probabilmente inesperto attributo.
È davvero eccezionale. Questa volta sono io ad incantarmi osservandolo. E lui improvvisamente se ne accorge. Scatta all’indietro. Non faccio in tempo a far nulla per rassicurarlo: è già sparito.
Tocco la spalla di Monica per avvertirla che non c’è più bisogno di continuare la recita, anche se francamente l’avrei lasciata finire volentieri.
“Vado da lui” le dico sottovoce. Lei non riesce nemmeno a parlare. Mi guarda alzarmi, infilarmi unicamente la canottiera ed uscire dalla stanza.
Busso alla sua porta.
“Avanti.” Ha la voce bassa, lenta, impostata come quella degli eroi dei film d’oltreoceano.
Entro e gli sorrido, il più angelica e fraterna possibile. È seduto sul suo letto a una piazza.
“Ciao, io sono Marinella...” Gli allungo la mano e lui, sempre serio, me la stringe. È piuttosto evidente che gli metto soggezione, ma anche che indubbiamente non gli sono indifferente e che sta ancora cercando di capire quale reazione dovrebbe avere dopo quello che mi ha visto fare.
Mi siedo di fianco a lui, ben sapendo quel che la sola canottiera non può coprire.
“Sei l’amante di mia madre?” mi chiede dopo averci pensato qualche secondo.
“No, sono solo un’amica.” Mi guarda negli occhi, con un certo scetticismo. “Una di quelle amiche a cui può raccontare tutto... Anche ciò che agli altri non riesce a raccontare.” Rimane in silenzio. “Mi ha parlato molto di te, Paolo. Ero davvero curiosa di conoscerti...” Gli appoggio la mano sulla coscia, come volessi cercare un semplice gesto di complicità. “Quello che hai visto... Io e lei...” Pausa ad effetto. “È che a volte è normale lasciarsi un po’ andare, capisci?”
I nostri visi sono a pochi centimetri di distanza e io riesco a pensare solo che anche il suo gigantesco fallo è a pochi centimetri di distanza dalle mie dita...
Nel silenzio i secondi si dilatano, mentre i nostri sguardi si perdono l’uno nell’altro.
È il momento.
Lo bacio. Ci metto tutto il mio impegno.
Lui, come auspicavo, ricambia: sento la sua lingua cercare la mia. Gli piace.
Piace anche a me. Sposto la mano verso il suo portento e lo trovo subito, ovviamente. È già enorme e non è nemmeno completamente eretto.
Gli scosto l’elastico della tuta e glielo tiro fuori. Lui è tutto un fremito tra le mie braccia.
Inizio a masturbarlo, strusciando istintivamente il mio corpo sul suo, mentre le nostre bocche rimangono incollate.
Bastano un paio di movimenti e questo capolavoro della natura si erge in tutta la sua magnificenza. Non ne ho mai tenuto in mano uno così prima d’ora.
Mi sottraggo al bacio e gli sorrido nuovamente. “Complimenti...” sussurro.
“G... Grazie...” bofonchia lui in piena estasi.
Prendo la sua mano e l’accompagno tra le mie cosce nude. Le divarico leggermente per agevolarlo. Le sue dita esplorano le mie intimità ancora fradice della saliva di sua madre. Mi affondano dentro con facilità.
Lui è girato verso di me e quindi non se n’è reso conto, ma Monica è nascosta nel buio del corridoio, perversamente ammaliata.
Le faccio l’occhiolino, poi mi chino e accolgo quel glande fuori misura nella mia bocca. Paolo sussulta e si irrigidisce.
Mi riempie tutta la cavità orale; non è facile fare quello che invece voglio fargli al meglio. Per fortuna l’esperienza mi aiuta.
Lui apprezza. Decisamente. Penso che sarà una cosa veloce...
“Oh, cazzo!” urla all’improvviso tirandosi indietro. Si cè girato, forse proprio per paura che sua madre ci potesse vedere, e i loro sguardi si sono incrociati.
Anche lei, come lui poco fa, ha una mano tra le gambe; parrebbe per coprirsi, ma io so che in realtà si sta toccando.
“Calma...” Non mi scompongo. “Non dirmi che non ti ha mai visto nudo... E poi anche tu ci stavi guardando prima, no?” Lo riprendo in bocca, come nulla fosse. Lui, come speravo, non ha la forza di volontà di sottrarsi - modestamente: come potrebbe? - e mi lascia fare.
Il silenzio ora è irreale, rotto solo dagli inevitabili rumori della fellatio.
Madre e figlio si fissano più volte. Sulle loro facce non c’è un vero imbarazzo, ma solo un lieve disagio; ampiamente compensato dall’eccitazione che ormai permea l’ambiente.
Paolo ansima, sempre più freneticamente.
E infine deflagra, inondandomi gola ed esofago.
Indice e medio contratti nello spasmo dell’orgasmo dentro la mia vagina mi fanno male (sopporto; ho subìto ben di peggio).
Alzo lo sguardo verso Monica. Ha ancora le mani tra le gambe, le guance arrossate e il respiro forte: è sicuramente venuta insieme al figlio, ammirandone la potenza dell’amplesso.
Cerco di sorriderle, con la bocca ancora piena.
Ora devo trovare una scusa per correre a baciarla...
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