Il dentista
di
Elisewin
genere
etero
Sono ormai due anni che frequento questo studio dentistico, ma raramente sono venuta di mattina e raramente l’ho visto così vuoto, tanto che, appena aperta la porta della sala d’attesa, l’idea di aver sbagliato giorno dell’appuntamento mi è balenata in testa. Le solite assistenti non erano lì ad accogliermi, sempre carine e sorridenti. Sento i macchinari in uso, quindi deduco che qualcuno ci sia. Mi accomodo. Inizio a sfogliare il quotidiano, mi interessano le pagine di arte e cultura, tutto il resto, oggi, mi annoia.
Esce il paziente, un anziano, che con un sorriso mi saluta. A seguire esce il mio dentista: alto, brizzolato, occhi verdi, fisico non atletico. Come sempre, dal camice escono i peli della sua innata virilità. Mi sorride.
“Fortuna è arrivata una giovane questa mattina, come sta?”
“Bene, Dottore, grazie. Lei? È insolito vedere questo studio così vuoto. Mi consola il fatto che non dovrò aspettare molto.”
“Vero? Fa strano anche a me ma oggi va così, tutti a fare un bel corso d’aggiornamento.”
“Giusto. La professionalità si vede anche in questo.”
“Ciò implica che oggi dovrà aiutarmi un po’, mi serviranno le sue manine per tenere un po’ di cose.” , sorride malizioso.
“Non c’è problema, Dottore.” Sorrido anche io.
“Si accomodi. L’ultima stanza in fondo a destra. Arrivo subito.”
Mi alzo, prendo la borsa e mi dirigo verso la stanza. Mi tolgo la giacca di pelle, la appendo insieme alla borsa e mi siedo. Attendo che arrivi il dottore, pensando a “mi serviranno le sue manine…”.
“Allora, eccoci qui…che buon profumo che ha! Ogni volta che viene lascia il suo profumo qui per tutto il giorno. È un piacere.”
Mi imbarazzo, non mi ha mai dato tutta questa confidenza. Sorrido, imbarazzata e priva di parole. Si siede, annusa l’aria intorno a me ed esclama: “Si, si…è proprio un piacere. E poi mi piace che non lo cambi mai. Ormai la identifica.”
“Infatti non mi piace cambiarlo, lo adoro e lo sento ormai mio. Non è l’unico che mi identifica con il profumo.”
Mi sorride, poi sbircia la mia cartella, prepara il materiale.
“Oggi solo una piccola cura, purtroppo da solo non posso fare di più.”
“Non si preoccupi, però speriamo di finir presto tutto questo lavoro.”
“Io non lo spero molto, dove posso vederla poi?”.
Rimango attonita, non mi aspettavo delle avance così esplicite. Sdrammatizzo.
“Beh, Dottore, se proprio ci tiene, passo a trovarla anche senza cure, così magari evito anche il pagamento.”
Ride.
“Apra la bocca. Dovrebbe idratarle queste labbra, sono sempre secche. Oltre che belle, ma secche.”
“Ah, ci provo Dottore, ma non ho costanza.” Tralascio il “belle”. Sono un po’ rigida su quel lettino, rigida e forse un po’ eccitata. Inizia a curarmi, da sotto vedo i suoi peli fuoriuscire dal camice, i suoi occhi verdi e sento il suo odore prepotente. Mi eccito.
Il suo respiro è vicinissimo alla mia faccia, mi piace. Forse divento rossa.
“Si rilassi, purtroppo non posso mangiarla.”
A bocca aperta, con le sue mani dentro, la risposta non è assolutamente facile da dare.
Da qui osservo anche le sue labbra, sono rosse. Carnose e rosse, le immagino sul mio corpo, magari mentre un mio capezzolo vi si irrigidisce dentro.
“Tutto bene?” mi domanda. Annuisco, o arrossisco?. Mi sale un forte desiderio. È una tortura, averlo così vicino, e non potersene liberare. Mi appoggia l’aspiratore sul seno, si, proprio lì. Involontariamente? Non lo so, ma non credo. Lo riprendo con la mano prima che cada.
Lo riprende anche lui, sfiorandomi la mano. Forse nei miei occhi vede il panico, o vede che non vedo l’ora di essere presa da lui.
Continua la cura, il suo profumo è più insistente. Tira su la poltrona, mi fa sciacquare la bocca e poi prontamente, mi asciuga le labbra. Le struscia lentamente mentre mi guarda, poi con un dito mi massaggia il dente curato. Avrei voglia di chiudere le labbra e ciucciargli quel dito, fargli capire che non è l’unica cosa che posso accogliere lì. Mi sembra troppo. Non capisco se sia un sogno o se quei segnali mi siano seriamente arrivati.
Mi alzo, e mentre mi rivesto e lui scrive al computer, senza guardarmi esclama: “Posso darti del tu?”
“Certo, Dottore, nessun problema.”
“Si, ma dammi del tu anche tu, e chiamami Alessandro, no Dottore.”
“Ok, Alessandro.” Si gira, mi consegna un foglietto.
“Questo è il mio numero personale, chiamami quando hai bisogno. Io se avessi il tuo numero ti chiamerei per un caffè, o un drink domani sera, che ne dici?”.
“Non mi dispiacerebbe. Le mando un messaggio dopo, così avrà il mio numero.”
“Ah ah ah. Dammi del tu, ti ho detto.”
Sorrido. “Ti aspetto di là per il pagamento?”
“Si, certo. Arrivo”
Mi accomodo nel suo ufficio, come sono solita fare. Arriva da dietro e sento che socchiude la porta. La sua si posa sulla mia spalla, poi mi accarezza il collo e spostandosi davanti, si abbassa a baciarmi. Sento la sua lingua entrare prepotente nella mia bocca, mi assapora. Mi succhia un labbro, poi la sua lingua scorre veloce sul collo. I miei capezzoli diventano turgidi, la mia fica si bagna, la sento pulsare eccitata. Lo sfioro sul collo, sfioro quei peli che ho tanto desiderato, vedo il suo desiderio salire. Le sue mani si impossessano dei miei seni, si inginocchia davanti a me, e mentre continua a palparmi i seni, a stringerli, mi dice: “Sono due anni che sbircio le tue scollature, ogni maglia a collo alto è stata una sofferenza.”
“Potevi farmelo capire prima, Dottore. Questo tuo ruolo mi eccita.”
Mi stringe i seni, si tuffa con la faccia nella scollatura. Sento la sua lingua che cerca i miei capezzoli. Li trova, li fa diventare durissimi. Poi scivola con le mani sotto. Mi accarezza le cosce. Prendo il suo viso tra le mani, mi chino su di lui, leccandogli le labbra carnose. L esue mani si intrufolano sotto la mia gonna, scivolano sull’esterno coscia, arrivano sul mio culo. Con decisione mi tira giù le calze, io non smetto di baciare quelle labbra. Le succhio avidamente. La sua lingua è morbida, la desidero altrove, avida di piacere.
Si stacca, mi tira avanti con il sedere, mi allarga le gambe e con un movimento lentissimo mi tira la gonna su, osservando la scena, aspettando che le mie mutandine vengano fuori.
“Mmmmm…pizzo nero. Lo sapevo, porti spesso dei body in pizzo.”
“Dottore, mi lusinga che mi abbia osservata così bene…cosa altro hai visto e sai di me?”
“Ho visto tutto quello che potevo con discrezione…e ho immaginato tanto” Mentre mi parla, mi bacia le cosce salendo sempre più su, sempre più vicino alla mie mutandine. Inarco la schiena, mi ha provocato un brivido di piacere. Mi accarezza, mi prende per i fianchi e mi tira a sé, sprofondando la sua bocca sopra alle mie mutandine.
“Mmmmm…che buon odore…Dio, impazzisco…”. Mi sposta le mutandine, il mio sesso è ora nudo davanti a lui, e bagnato come non mai. Mi lecca il clitoride, una sola leccata è necessaria per farmi mugolare. Mi osserva, e mi lecca di nuovo. Mugolo. Ora mi succhia il clitoride, insistentemente. Ansimo. Mi appoggio alla sedia, mi abbandono al suo volere. Lecca insistentemente, mi scopa con la lingua mentre lotta con le mie mutandine. Mi osserva, vedo i suoi occhi verdi che mi osservano mentre godo. Sono quasi in estasi.
Suona il campanello. La porta, sempre aperta della sala d’attesa, si apre. Alessandro si stacca all’istante.
Si ferma deluso, mi accarezza le cosce. Gli accarezzo il viso, lo bacio sentendo il mio sapore. Mi tira su le calze, si alza e mi bacia.
“Hai il mio numero, ti prego chiamami. Dobbiamo continuare.” Nel frattempo mi rivesto, mi sistemo.
“Certo, hai almeno un orgasmo in sospeso. Non mancherò.” Mi accompagna alla porta del suo ufficio, ma non posso farne a meno. Gli metto una mano sul cazzo, che è durissimo. Lo afferro. Mi guarda arrossito.
“Dovevo controllare…” lo guardo malizioso. Apre la porta, sento la sua mano affondare nel mio sedere, esco bagnata e insoddisfatta.
Lo chiamerò, non si lasciano le cose a metà.
Esce il paziente, un anziano, che con un sorriso mi saluta. A seguire esce il mio dentista: alto, brizzolato, occhi verdi, fisico non atletico. Come sempre, dal camice escono i peli della sua innata virilità. Mi sorride.
“Fortuna è arrivata una giovane questa mattina, come sta?”
“Bene, Dottore, grazie. Lei? È insolito vedere questo studio così vuoto. Mi consola il fatto che non dovrò aspettare molto.”
“Vero? Fa strano anche a me ma oggi va così, tutti a fare un bel corso d’aggiornamento.”
“Giusto. La professionalità si vede anche in questo.”
“Ciò implica che oggi dovrà aiutarmi un po’, mi serviranno le sue manine per tenere un po’ di cose.” , sorride malizioso.
“Non c’è problema, Dottore.” Sorrido anche io.
“Si accomodi. L’ultima stanza in fondo a destra. Arrivo subito.”
Mi alzo, prendo la borsa e mi dirigo verso la stanza. Mi tolgo la giacca di pelle, la appendo insieme alla borsa e mi siedo. Attendo che arrivi il dottore, pensando a “mi serviranno le sue manine…”.
“Allora, eccoci qui…che buon profumo che ha! Ogni volta che viene lascia il suo profumo qui per tutto il giorno. È un piacere.”
Mi imbarazzo, non mi ha mai dato tutta questa confidenza. Sorrido, imbarazzata e priva di parole. Si siede, annusa l’aria intorno a me ed esclama: “Si, si…è proprio un piacere. E poi mi piace che non lo cambi mai. Ormai la identifica.”
“Infatti non mi piace cambiarlo, lo adoro e lo sento ormai mio. Non è l’unico che mi identifica con il profumo.”
Mi sorride, poi sbircia la mia cartella, prepara il materiale.
“Oggi solo una piccola cura, purtroppo da solo non posso fare di più.”
“Non si preoccupi, però speriamo di finir presto tutto questo lavoro.”
“Io non lo spero molto, dove posso vederla poi?”.
Rimango attonita, non mi aspettavo delle avance così esplicite. Sdrammatizzo.
“Beh, Dottore, se proprio ci tiene, passo a trovarla anche senza cure, così magari evito anche il pagamento.”
Ride.
“Apra la bocca. Dovrebbe idratarle queste labbra, sono sempre secche. Oltre che belle, ma secche.”
“Ah, ci provo Dottore, ma non ho costanza.” Tralascio il “belle”. Sono un po’ rigida su quel lettino, rigida e forse un po’ eccitata. Inizia a curarmi, da sotto vedo i suoi peli fuoriuscire dal camice, i suoi occhi verdi e sento il suo odore prepotente. Mi eccito.
Il suo respiro è vicinissimo alla mia faccia, mi piace. Forse divento rossa.
“Si rilassi, purtroppo non posso mangiarla.”
A bocca aperta, con le sue mani dentro, la risposta non è assolutamente facile da dare.
Da qui osservo anche le sue labbra, sono rosse. Carnose e rosse, le immagino sul mio corpo, magari mentre un mio capezzolo vi si irrigidisce dentro.
“Tutto bene?” mi domanda. Annuisco, o arrossisco?. Mi sale un forte desiderio. È una tortura, averlo così vicino, e non potersene liberare. Mi appoggia l’aspiratore sul seno, si, proprio lì. Involontariamente? Non lo so, ma non credo. Lo riprendo con la mano prima che cada.
Lo riprende anche lui, sfiorandomi la mano. Forse nei miei occhi vede il panico, o vede che non vedo l’ora di essere presa da lui.
Continua la cura, il suo profumo è più insistente. Tira su la poltrona, mi fa sciacquare la bocca e poi prontamente, mi asciuga le labbra. Le struscia lentamente mentre mi guarda, poi con un dito mi massaggia il dente curato. Avrei voglia di chiudere le labbra e ciucciargli quel dito, fargli capire che non è l’unica cosa che posso accogliere lì. Mi sembra troppo. Non capisco se sia un sogno o se quei segnali mi siano seriamente arrivati.
Mi alzo, e mentre mi rivesto e lui scrive al computer, senza guardarmi esclama: “Posso darti del tu?”
“Certo, Dottore, nessun problema.”
“Si, ma dammi del tu anche tu, e chiamami Alessandro, no Dottore.”
“Ok, Alessandro.” Si gira, mi consegna un foglietto.
“Questo è il mio numero personale, chiamami quando hai bisogno. Io se avessi il tuo numero ti chiamerei per un caffè, o un drink domani sera, che ne dici?”.
“Non mi dispiacerebbe. Le mando un messaggio dopo, così avrà il mio numero.”
“Ah ah ah. Dammi del tu, ti ho detto.”
Sorrido. “Ti aspetto di là per il pagamento?”
“Si, certo. Arrivo”
Mi accomodo nel suo ufficio, come sono solita fare. Arriva da dietro e sento che socchiude la porta. La sua si posa sulla mia spalla, poi mi accarezza il collo e spostandosi davanti, si abbassa a baciarmi. Sento la sua lingua entrare prepotente nella mia bocca, mi assapora. Mi succhia un labbro, poi la sua lingua scorre veloce sul collo. I miei capezzoli diventano turgidi, la mia fica si bagna, la sento pulsare eccitata. Lo sfioro sul collo, sfioro quei peli che ho tanto desiderato, vedo il suo desiderio salire. Le sue mani si impossessano dei miei seni, si inginocchia davanti a me, e mentre continua a palparmi i seni, a stringerli, mi dice: “Sono due anni che sbircio le tue scollature, ogni maglia a collo alto è stata una sofferenza.”
“Potevi farmelo capire prima, Dottore. Questo tuo ruolo mi eccita.”
Mi stringe i seni, si tuffa con la faccia nella scollatura. Sento la sua lingua che cerca i miei capezzoli. Li trova, li fa diventare durissimi. Poi scivola con le mani sotto. Mi accarezza le cosce. Prendo il suo viso tra le mani, mi chino su di lui, leccandogli le labbra carnose. L esue mani si intrufolano sotto la mia gonna, scivolano sull’esterno coscia, arrivano sul mio culo. Con decisione mi tira giù le calze, io non smetto di baciare quelle labbra. Le succhio avidamente. La sua lingua è morbida, la desidero altrove, avida di piacere.
Si stacca, mi tira avanti con il sedere, mi allarga le gambe e con un movimento lentissimo mi tira la gonna su, osservando la scena, aspettando che le mie mutandine vengano fuori.
“Mmmmm…pizzo nero. Lo sapevo, porti spesso dei body in pizzo.”
“Dottore, mi lusinga che mi abbia osservata così bene…cosa altro hai visto e sai di me?”
“Ho visto tutto quello che potevo con discrezione…e ho immaginato tanto” Mentre mi parla, mi bacia le cosce salendo sempre più su, sempre più vicino alla mie mutandine. Inarco la schiena, mi ha provocato un brivido di piacere. Mi accarezza, mi prende per i fianchi e mi tira a sé, sprofondando la sua bocca sopra alle mie mutandine.
“Mmmmm…che buon odore…Dio, impazzisco…”. Mi sposta le mutandine, il mio sesso è ora nudo davanti a lui, e bagnato come non mai. Mi lecca il clitoride, una sola leccata è necessaria per farmi mugolare. Mi osserva, e mi lecca di nuovo. Mugolo. Ora mi succhia il clitoride, insistentemente. Ansimo. Mi appoggio alla sedia, mi abbandono al suo volere. Lecca insistentemente, mi scopa con la lingua mentre lotta con le mie mutandine. Mi osserva, vedo i suoi occhi verdi che mi osservano mentre godo. Sono quasi in estasi.
Suona il campanello. La porta, sempre aperta della sala d’attesa, si apre. Alessandro si stacca all’istante.
Si ferma deluso, mi accarezza le cosce. Gli accarezzo il viso, lo bacio sentendo il mio sapore. Mi tira su le calze, si alza e mi bacia.
“Hai il mio numero, ti prego chiamami. Dobbiamo continuare.” Nel frattempo mi rivesto, mi sistemo.
“Certo, hai almeno un orgasmo in sospeso. Non mancherò.” Mi accompagna alla porta del suo ufficio, ma non posso farne a meno. Gli metto una mano sul cazzo, che è durissimo. Lo afferro. Mi guarda arrossito.
“Dovevo controllare…” lo guardo malizioso. Apre la porta, sento la sua mano affondare nel mio sedere, esco bagnata e insoddisfatta.
Lo chiamerò, non si lasciano le cose a metà.
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