Doppi Sensi
di
Albert.gi
genere
etero
Da oltre un minuto ho il dito appoggiato sul tasto del mouse, basta una lieve pressione e la mail partirà, il nostro solito scambio di battute. Ma oggi non è come le altre volte.
Oggi è diverso perché lei è diversa.
Ancora non riesco a credere a ciò che è successo poco fa eppure non l’ho sognato. Non è stata neppure una casualità, un gesto involontario o inconsapevole, no, l’ha fatto di proposito, deliberatamente, devo solo capire a che scopo.
Più ci ripenso e più mi sembra assurdo.
All’arrivo in ufficio ha superato il solito gruppetto di colleghi in attesa davanti all’ascensore e mi è venuta accanto. Siamo entrati per primi, affiancati, un cordiale sorriso e un semplice buongiorno, niente di più, però mi si è posizionata davanti e ho sentito immediatamente la sua mano sfiorarmi l’inguine.
Sorridendo si è girata. “Ops scusa, siamo stretti come sardine!”
“Figurati,” ho alzato le spalle sornione, “nessun problema, anzi… magari fossimo anche più stretti…”
Lei ha continuato a fissarmi, una strana espressione nel viso, poi la sua mano birichina si è appoggiata nuovamente e non per sfiorare stavolta. Col braccio nascosto dietro la schiena mi ha palpato senza mezze misure fra tutta quella gente ignara, portandomi velocemente ad una piena erezione. Senza mai distogliere lo sguardo ha maneggiato il mio uccello da sopra i pantaloni, godendosi le mie espressioni incredule e i miei buffi tentativi di rimanere impassibile.
Purtroppo il quarto piano è arrivato in fretta, è scesa con la maggior parte dei colleghi lasciandomi lì, sconcertato, con una evidente erezione che a fatica sono riuscito a nascondere.
Conosco Martina già da qualche anno, da quando si è trasferita al reparto amministrazione al piano sotto al mio. È una donna attraente e piena di fascino anche se non più giovanissima, non conosco l’età esatta, so che ha qualche anno più di me, sui quarantacinque direi, comunque portati molto bene, fisico tonico, aspetto giovanile e curato, sempre elegantissima.
Da qualche tempo abbiamo una fitta corrispondenza mail per motivi professionali e in maniera del tutto spontanea il tono di queste mail è diventato scherzoso, quasi goliardico. Dapprima in maniera velata poi sempre più esplicita abbiamo iniziato a giocare con doppi sensi piccanti. Misure, tempi e dimensioni non erano riferiti solo ai prodotti aziendali, assumevano anche altri significati, con divertenti e scabrosi giochi di parole.
C’è stato un momento in cui mi sono anche illuso e ho cercato di spingermi oltre, di azzardare un approccio, ma lei ha delicatamente fatto capire che le piaceva scherzare, niente altro.
Felicemente sposata, ripeteva in continuazione, sognatrice ma fedele.
Ed oggi, all’improvviso…
Non capisco, sono confuso, forse si sta prendendo gioco di me.
Sono riuscito a resistere un paio d’ore in questo stato di ansia e incertezza poi non ce l’ho più fatta e ho spedito la prima mail.
«Caffè?»
«Volentieri, offri tu?»
Eccomi qui, indeciso su come rispondere. Ho scritto: «Certo, come sempre. Continuo a sperare che un giorno o l’altro tu voglia sdebitarti…» ma non sono convinto, vorrei qualcosa di più incisivo, un riferimento a quanto successo stamattina.
Non mi viene in mente niente di adatto così spedisco questa banalità.
La risposta è immediata. «Sperare non costa nulla… ci si vede fra due minuti al distributore del caffè.»
La vedo uscire dall’ascensore, mi sembra più incantevole del solito, la gonna corta, i sandali a tacco alto, le lunghe gambe abbronzate. È la Martina di sempre, a pensarci bene, sono io che ho troppo testosterone in corpo.
Non riesco a far finta di niente, prima ancora che finisca il caffè le chiedo a cosa devo il piacere della bellissima carezza in ascensore.
Sorride con una malizia che non le riconosco. “Chiamiamola curiosità. Non fai che scrivere di volumi, superfici, estensioni… che vuoi, oggi non ho resistito alla tentazione di verificare…”
“Guarda che non erano riferimenti personali, non mi sono mai vantato di nulla, nessuna presunzione. Le mie semmai erano illazioni, indagini sui tuoi gusti...”
Fa spallucce. “Ero curiosa comunque, dispiaciuto?”
“Proprio per niente. Però a questo punto sono curioso io, a che conclusione sei giunta?”
Sorride ancora, alzando gli occhi al cielo. “Che vuoi, è stata solo una carezza innocente, difficile giungere a conclusioni.”
Carezza innocente un cavolo!
Mi guardo attorno. “Beh, non sia mai detto che ti lascio con una simile curiosità. Se vuoi controllare di persona…” faccio il gesto di slacciarmi i pantaloni.
Scoppia a ridere poi armeggia nella sua borsa estraendone una biro. Mi prende la mano destra e scrive un serie di numeri sul mio palmo. “Questo è il mio cellulare. Mandami un selfie se ti va, controllerò più che volentieri.”
Mi strizza l’occhio e si allontana con passo deciso, facendo ondeggiare più del solito il suo sedere morbido e rotondo. La seguo con lo sguardo finché le porte dell’ascensore non si chiudono, sono ancora più turbato e confuso.
Ci ho messo almeno mezz’ora a decidermi, e ora sono chiuso in bagno con i pantaloni abbassati. È tutto terribilmente strano, quasi surreale, però Martina non sembra il tipo di donna da prendersi gioco di me, quella capace di utilizzare un simile escamotage per sputtanarmi con amiche o colleghe. Comunque sia, per maggior sicurezza, ho deciso per una foto totalmente anonima dalla quale sia impossibile risalire al sottoscritto. Un esplicito primo piano del cazzo eretto, senza alcun dettaglio personale.
C’è sempre la provenienza, il mio telefono, ed è questo che mi ha fatto riflettere così a lungo, non vorrei che finisse in mani sbagliate e che si equivocasse, però alla fine i sensi hanno prevalso sulla ragione.
Fra le varie foto scelgo la migliore, l’ho scattata di lato, con la mano appoggiata al pube che impugna il cazzo alla base, sembra più lungo da questa prospettiva. Non c’è voluto molto impegno per trovare la massima erezione, mi è bastato ripensare alle sue carezze di stamattina.
Imposto il suo numero e scrivo due righe sotto l’immagine in modo che risulti chiara l’origine dell’iniziativa. «Eccoti un primo piano di ciò che hai chiesto. Ho soddisfatto la tua curiosità?»
Non sono ancora rientrato in ufficio che già arriva la risposta. «Interessante. Davvero interessante. Curiosità soddisfatta.» fra quelle parole alcune emoticon, faccine stupite e altre sorridenti.
«E tu non mi concedi nulla?» digito immediatamente, sempre più intrigato.
In risposta una serie di punti interrogativi.
«Sono curioso anch’io…» le spiego.
Per diversi minuti non succede nulla, non so come interpretare questo silenzio.
A dire il vero è Martina nel suo insieme che non riesco ad interpretare, oggi mi sta letteralmente sconvolgendo.
Sobbalzo quando il cellulare vibra fra le mie mani, ha risposto.
Con immagine.
La ritrae in bagno, in piedi davanti alla specchio, girata di spalle. Il busto è rivolto all’indietro per osservare la sua immagine riflessa, il viso seminascosto dal telefono nell’atto in cui scatta la foto al suo sedere completamente nudo.
Mi manca il respiro.
«Se non ricordo male,» c’è scritto sotto l’immagine, «sei un estimatore del… dell’ingresso di servizio. Ora dimmi tu cosa ne pensi.»
Nelle nostre mail scherzose parlavamo del Lato B femminile utilizzando doppi sensi come ‘ingresso di servizio’ o ‘porta sul retro’, e non ho mai nascosto il mio assoluto apprezzamento per quel suo particolare anatomico.
Con eccessiva modestia ha sempre cercato di smontare i miei complimenti, diceva che l’età e qualche chilo di troppo avevano agevolato la forza di gravità, ma ora ho la prova che non mi sbagliavo. Forse non sarà tonico e sodo come quando aveva vent’anni ma rimane un fantastico fondoschiena. E glielo scrivo con tutti gli aggettivi possibili.
«Troppo gentile!» risponde con le solite faccine sorridenti.
Credo sia arrivato il momento di farmi più incisivo. «Ritengo però ci sia un’ingiustizia di fondo: tu oltre ad aver visto hai anche toccato.»
«Oh, senti senti… quindi sono nuovamente in debito.»
«Esatto.»
«Mi sa che prima o poi dovrò davvero sdebitarmi…»
Adesso o mai più, penso. «Oggi rimango in ufficio per la pausa pranzo, se vuoi venirmi a trovare…»
«Ci penserò.»
Sono sincero, ci spero ma non lo credo possibile, presentarsi nel mio ufficio in pausa pranzo, quando tutto il piano è vuoto e silenzioso, equivale ad una dichiarazione di disponibilità, cosa che da lei non mi aspetto.
Invece oggi è decisa a stupirmi, poco prima delle tredici sento bussare alla porta del mio ufficio, ho un tuffo al cuore quando la vedo apparire.
Entra con un sorriso spavaldo, non sembra affatto a disagio, forse sono più imbarazzato io. Cerco un’espressione decisa, ricambio il sorriso mentre le vado incontro.
Si ferma a un passo da me, testa appena inclinata, sguardo provocante. “Allora?”
Non dico nulla, mi limito ad annuire.
Porto le mani sui suoi fianchi, scendo lungo la gonna, mi insinuo sotto e risalgo passandole dietro. Il cuore martella sempre più veloce mentre afferro le morbide natiche, le avvolgo con le dita, le sollevo e le separo, trovo siano meravigliose. Per un attimo ho pensato fosse ancora senza slip, come nella foto, poi ho incontrato la sottile striscia di tessuto ed ho capito che indossa un perizoma.
“Soddisfatto?” domanda dopo qualche secondo.
“A dire il vero continuerei per ore…”
Sorride facendo ondeggiare i vaporosi capelli ramati. “Qui ormai siamo pari, ora devo sdebitarmi per tutti i caffè che mi hai offerto…” sento le sue mani slacciare la cintura dei miei pantaloni, “e per quello avevo altro in mente…”
Mi sospinge delicatamente all’indietro continuando ad armeggiare con i miei pantaloni, quando raggiungo la poltroncina li ha aperti e li fa scivolare fino a terra. Mi invita a sedermi, si inginocchia ai miei piedi ed abbassa anche l’elastico dello slip, raccogliendo fra le mani la mia esuberante erezione.
Quando sento le sue labbra avvolgermi il cazzo in un caldo e umido abbraccio mi abbandono in un profondo sospiro di piacere. “Non potevo immaginare modo migliore nel quale potessi sdebitarti…”
Ghigna maliziosa con le labbra appoggiate al mio glande. “Avevo il sospetto…”
Per diversi minuti mi delizia con un fantastico pompino, è un vero fenomeno con quella bocca, ho provato a fermarla ma senza molta convinzione, mi sto divertendo troppo. Lei comunque non ha intenzione di fermarsi, intende sdebitarsi così, mi ha detto.
Quando si accorge che la mia resistenza è ormai agli sgoccioli mi porge il suo smartphone. “Ti va di filmarmi?”
“Filmarti?”
Riprende a succhiare e annuisce con sguardo terribilmente provocante. “Voglio rivedermi dopo. Voglio guardarmi mentre mi vieni in bocca…”
Quella frase sconcia mi provoca una scarica di adrenalina, immaginavo fosse una donna disinibita ma non fino a questo punto.
Non sembra voglia aggiungere ulteriori spiegazioni, ha già selezionato la funzione videocamera sul smart-phone e col cazzo fra le labbra mi sta invitando a filmare.
Beh, contenta lei, mi dico. Come il led rosso si accende indicando l’inizio della registrazione sento il suo impegno aumentare, sembra scatenata ora, fissa languida l’obiettivo del telefono e si accanisce sul mio cazzo con una passione straordinaria.
“Se continui così non resisto…” le sussurro.
I suoi occhi sorridono in un silenzioso ‘lo so…’, si aiuta con entrambe le mani, ora, mi tocca, mi accarezza, mi masturba mentre le sue labbra vellutate scivolano su e giù lungo il mio cazzo portandomi velocemente all’apice del piacere.
L’orgasmo mi travolge impetuoso, intenso e lunghissimo, Martina non si ferma neanche per un istante, mi fa godere nella sua bocca lasciando che il seme le coli fuori dalle labbra in uno spettacolo incredibilmente sensuale.
Quando è certa di avermi spremuto fino all’ultimo si solleva dal mio grembo, sorride ammiccante verso l’obiettivo del telefono, si pulisce le labbra col dorso della mano poi torna a baciare il mio cazzo che sta lentamente perdendo vigore.
“Fantastico…” riesco a dire solamente, ho il respiro affannato e mille pensieri che si accavallano in testa. “Quando posso offrirti il prossimo caffe?”
Scoppia in una squillante risata, è bellissima e molto sexy, penso, mai conosciuta una donna così.
“Com’è venuto il filmato?” cambia discorso.
“Non garantisco sulla fermezza della mano, soprattutto nel finale, avevo altro per la testa…” le porgo il telefono mentre sullo schermo compare il pop-up di un messaggio in ingresso, quasi senza volere scorgo il testo che per un attimo scorre sulla parte superiore.
RENZO «Amore ti prego…»
“Credo sia tuo marito…” le dico sentendomi in colpa per avere letto.
Afferra il telefono e annuisce, non sembra affatto preoccupata. “Lasciamolo ancora un po’ sulle spine,” sospira con un sorriso ironico, “poi gli invierò il filmato.”
“Questo… filmato?”
“Sì!” annuisce con naturalezza sedendosi sulla scrivania. “Finora ha visto solo la foto, del tuo cazzo, fra un po’ vedrà quanto mi sono divertita a giocarci…”
Sono costernato, non so davvero cosa pensare. “Non capisco, Martina.”
Fa spallucce. “Ti ricordi ‘sognatrice ma fedele’? Beh, ero l’unica ad essere fedele, a quanto pare. Renzo ha un’amante da mesi e forse non è la prima. Un’amante molto più giovane di me, ovviamente, pare sia un classico negli uomini cinquantenni, la crisi di mezz’età…”
“Come l’hai saputo?”
“Non importa,” sbuffa. “Ancora non ho deciso cosa fare, se lasciarlo o no, i ragazzi sono ancora giovani, mi dispiace per loro…”
Una lunga pausa, lo sguardo perso nel vuoto. “Comunque sia, per lo meno un po’ di sana vendetta, se voglio ci metto niente a trovare un amante anch’io, che lo sappia…”
“Ok,” sospiro con un pizzico di delusione, “ora finalmente ho capito, sono la tua arma di vendetta.”
Scende dalla scrivania e si siede sulle mie ginocchia. “Davide… mi divertivo a scherzare con te perché mi faceva piacere sentirmi desiderata, non sai quante volte ho sognato di potermi comportare come oggi. Però ero una donna sposata e madre, ho sempre creduto nel matrimonio, nelle responsabilità di una famiglia, per questo mi limitavo a sognarti.”
“Oggi invece avevi in mente di vendicarti e così…”
“E così ho pensato a te. Ma non solo per vendetta, giuro.”
Ci fissiamo a lungo negli occhi, sentire le sue cosce calde sulle mie è molto stimolante, mi fa uno strano effetto questa donna.
“Se davvero vuoi inviare quel filmato…” torno a infilare le mani sotto la gonna, “ti servirà la mia autorizzazione, la mia liberatoria. È la legge sulla privacy…”
Trattiene a fatica il sorriso. “Non vorrai dire che sono ancora in debito…”
“Beh, se vuoi la mia liberatoria…”
Le mani arrivano fra le sue natiche, spostano il tessuto del perizoma e la toccano proprio lì in mezzo, nel punto più sensibile.
“Non starai pensando…” poi abbassa lo sguardo e vede il mio cazzo che lentamente ma inesorabilmente riprende vita, sorride stupita. “Oh oh, quante energie ragazzo!”
“Sei tu a darmele. Tu e il tuo bel culetto!”
Allarga le gambe agevolando le mie carezze poi si stringe a me, le braccia attorno al collo e le labbra incollate al mio orecchio. “Sai, poco fa ero indecisa su come sdebitarmi, conoscendo i tuoi gusti avevo pensato anche a quello…” la sua voce è un alito caldo, morbosamente sensuale, “ma è talmente tanto tempo che non lo faccio… una volta era la passione anche di mio marito, ma da parecchio ormai ha altri interessi.”
“Un’ingiustizia a cui occorre porre immediato rimedio.”
Inizio a penetrarla con un dito e lei geme inarcando la schiena. “Adesso che mi ci fai pensare… credo che tu abbia ragione…”
Si alza decisa, mi volta le spalle e si sdraia col busto sulla mia scrivania, i piedi a terra e il suo bel sedere esposto ai miei desideri. “L’ingresso di servizio è tutto tuo, ti chiedo solo un ultimo favore…” sorride guardando all’indietro.
“Tutto ciò che vuoi.”
Mi porge nuovamente il cellulare e fa l’occhiolino. “Lo so, dopo avrò bisogno di una nuova liberatoria, ma sarà un piacere chiedertela…”
Oggi è diverso perché lei è diversa.
Ancora non riesco a credere a ciò che è successo poco fa eppure non l’ho sognato. Non è stata neppure una casualità, un gesto involontario o inconsapevole, no, l’ha fatto di proposito, deliberatamente, devo solo capire a che scopo.
Più ci ripenso e più mi sembra assurdo.
All’arrivo in ufficio ha superato il solito gruppetto di colleghi in attesa davanti all’ascensore e mi è venuta accanto. Siamo entrati per primi, affiancati, un cordiale sorriso e un semplice buongiorno, niente di più, però mi si è posizionata davanti e ho sentito immediatamente la sua mano sfiorarmi l’inguine.
Sorridendo si è girata. “Ops scusa, siamo stretti come sardine!”
“Figurati,” ho alzato le spalle sornione, “nessun problema, anzi… magari fossimo anche più stretti…”
Lei ha continuato a fissarmi, una strana espressione nel viso, poi la sua mano birichina si è appoggiata nuovamente e non per sfiorare stavolta. Col braccio nascosto dietro la schiena mi ha palpato senza mezze misure fra tutta quella gente ignara, portandomi velocemente ad una piena erezione. Senza mai distogliere lo sguardo ha maneggiato il mio uccello da sopra i pantaloni, godendosi le mie espressioni incredule e i miei buffi tentativi di rimanere impassibile.
Purtroppo il quarto piano è arrivato in fretta, è scesa con la maggior parte dei colleghi lasciandomi lì, sconcertato, con una evidente erezione che a fatica sono riuscito a nascondere.
Conosco Martina già da qualche anno, da quando si è trasferita al reparto amministrazione al piano sotto al mio. È una donna attraente e piena di fascino anche se non più giovanissima, non conosco l’età esatta, so che ha qualche anno più di me, sui quarantacinque direi, comunque portati molto bene, fisico tonico, aspetto giovanile e curato, sempre elegantissima.
Da qualche tempo abbiamo una fitta corrispondenza mail per motivi professionali e in maniera del tutto spontanea il tono di queste mail è diventato scherzoso, quasi goliardico. Dapprima in maniera velata poi sempre più esplicita abbiamo iniziato a giocare con doppi sensi piccanti. Misure, tempi e dimensioni non erano riferiti solo ai prodotti aziendali, assumevano anche altri significati, con divertenti e scabrosi giochi di parole.
C’è stato un momento in cui mi sono anche illuso e ho cercato di spingermi oltre, di azzardare un approccio, ma lei ha delicatamente fatto capire che le piaceva scherzare, niente altro.
Felicemente sposata, ripeteva in continuazione, sognatrice ma fedele.
Ed oggi, all’improvviso…
Non capisco, sono confuso, forse si sta prendendo gioco di me.
Sono riuscito a resistere un paio d’ore in questo stato di ansia e incertezza poi non ce l’ho più fatta e ho spedito la prima mail.
«Caffè?»
«Volentieri, offri tu?»
Eccomi qui, indeciso su come rispondere. Ho scritto: «Certo, come sempre. Continuo a sperare che un giorno o l’altro tu voglia sdebitarti…» ma non sono convinto, vorrei qualcosa di più incisivo, un riferimento a quanto successo stamattina.
Non mi viene in mente niente di adatto così spedisco questa banalità.
La risposta è immediata. «Sperare non costa nulla… ci si vede fra due minuti al distributore del caffè.»
La vedo uscire dall’ascensore, mi sembra più incantevole del solito, la gonna corta, i sandali a tacco alto, le lunghe gambe abbronzate. È la Martina di sempre, a pensarci bene, sono io che ho troppo testosterone in corpo.
Non riesco a far finta di niente, prima ancora che finisca il caffè le chiedo a cosa devo il piacere della bellissima carezza in ascensore.
Sorride con una malizia che non le riconosco. “Chiamiamola curiosità. Non fai che scrivere di volumi, superfici, estensioni… che vuoi, oggi non ho resistito alla tentazione di verificare…”
“Guarda che non erano riferimenti personali, non mi sono mai vantato di nulla, nessuna presunzione. Le mie semmai erano illazioni, indagini sui tuoi gusti...”
Fa spallucce. “Ero curiosa comunque, dispiaciuto?”
“Proprio per niente. Però a questo punto sono curioso io, a che conclusione sei giunta?”
Sorride ancora, alzando gli occhi al cielo. “Che vuoi, è stata solo una carezza innocente, difficile giungere a conclusioni.”
Carezza innocente un cavolo!
Mi guardo attorno. “Beh, non sia mai detto che ti lascio con una simile curiosità. Se vuoi controllare di persona…” faccio il gesto di slacciarmi i pantaloni.
Scoppia a ridere poi armeggia nella sua borsa estraendone una biro. Mi prende la mano destra e scrive un serie di numeri sul mio palmo. “Questo è il mio cellulare. Mandami un selfie se ti va, controllerò più che volentieri.”
Mi strizza l’occhio e si allontana con passo deciso, facendo ondeggiare più del solito il suo sedere morbido e rotondo. La seguo con lo sguardo finché le porte dell’ascensore non si chiudono, sono ancora più turbato e confuso.
Ci ho messo almeno mezz’ora a decidermi, e ora sono chiuso in bagno con i pantaloni abbassati. È tutto terribilmente strano, quasi surreale, però Martina non sembra il tipo di donna da prendersi gioco di me, quella capace di utilizzare un simile escamotage per sputtanarmi con amiche o colleghe. Comunque sia, per maggior sicurezza, ho deciso per una foto totalmente anonima dalla quale sia impossibile risalire al sottoscritto. Un esplicito primo piano del cazzo eretto, senza alcun dettaglio personale.
C’è sempre la provenienza, il mio telefono, ed è questo che mi ha fatto riflettere così a lungo, non vorrei che finisse in mani sbagliate e che si equivocasse, però alla fine i sensi hanno prevalso sulla ragione.
Fra le varie foto scelgo la migliore, l’ho scattata di lato, con la mano appoggiata al pube che impugna il cazzo alla base, sembra più lungo da questa prospettiva. Non c’è voluto molto impegno per trovare la massima erezione, mi è bastato ripensare alle sue carezze di stamattina.
Imposto il suo numero e scrivo due righe sotto l’immagine in modo che risulti chiara l’origine dell’iniziativa. «Eccoti un primo piano di ciò che hai chiesto. Ho soddisfatto la tua curiosità?»
Non sono ancora rientrato in ufficio che già arriva la risposta. «Interessante. Davvero interessante. Curiosità soddisfatta.» fra quelle parole alcune emoticon, faccine stupite e altre sorridenti.
«E tu non mi concedi nulla?» digito immediatamente, sempre più intrigato.
In risposta una serie di punti interrogativi.
«Sono curioso anch’io…» le spiego.
Per diversi minuti non succede nulla, non so come interpretare questo silenzio.
A dire il vero è Martina nel suo insieme che non riesco ad interpretare, oggi mi sta letteralmente sconvolgendo.
Sobbalzo quando il cellulare vibra fra le mie mani, ha risposto.
Con immagine.
La ritrae in bagno, in piedi davanti alla specchio, girata di spalle. Il busto è rivolto all’indietro per osservare la sua immagine riflessa, il viso seminascosto dal telefono nell’atto in cui scatta la foto al suo sedere completamente nudo.
Mi manca il respiro.
«Se non ricordo male,» c’è scritto sotto l’immagine, «sei un estimatore del… dell’ingresso di servizio. Ora dimmi tu cosa ne pensi.»
Nelle nostre mail scherzose parlavamo del Lato B femminile utilizzando doppi sensi come ‘ingresso di servizio’ o ‘porta sul retro’, e non ho mai nascosto il mio assoluto apprezzamento per quel suo particolare anatomico.
Con eccessiva modestia ha sempre cercato di smontare i miei complimenti, diceva che l’età e qualche chilo di troppo avevano agevolato la forza di gravità, ma ora ho la prova che non mi sbagliavo. Forse non sarà tonico e sodo come quando aveva vent’anni ma rimane un fantastico fondoschiena. E glielo scrivo con tutti gli aggettivi possibili.
«Troppo gentile!» risponde con le solite faccine sorridenti.
Credo sia arrivato il momento di farmi più incisivo. «Ritengo però ci sia un’ingiustizia di fondo: tu oltre ad aver visto hai anche toccato.»
«Oh, senti senti… quindi sono nuovamente in debito.»
«Esatto.»
«Mi sa che prima o poi dovrò davvero sdebitarmi…»
Adesso o mai più, penso. «Oggi rimango in ufficio per la pausa pranzo, se vuoi venirmi a trovare…»
«Ci penserò.»
Sono sincero, ci spero ma non lo credo possibile, presentarsi nel mio ufficio in pausa pranzo, quando tutto il piano è vuoto e silenzioso, equivale ad una dichiarazione di disponibilità, cosa che da lei non mi aspetto.
Invece oggi è decisa a stupirmi, poco prima delle tredici sento bussare alla porta del mio ufficio, ho un tuffo al cuore quando la vedo apparire.
Entra con un sorriso spavaldo, non sembra affatto a disagio, forse sono più imbarazzato io. Cerco un’espressione decisa, ricambio il sorriso mentre le vado incontro.
Si ferma a un passo da me, testa appena inclinata, sguardo provocante. “Allora?”
Non dico nulla, mi limito ad annuire.
Porto le mani sui suoi fianchi, scendo lungo la gonna, mi insinuo sotto e risalgo passandole dietro. Il cuore martella sempre più veloce mentre afferro le morbide natiche, le avvolgo con le dita, le sollevo e le separo, trovo siano meravigliose. Per un attimo ho pensato fosse ancora senza slip, come nella foto, poi ho incontrato la sottile striscia di tessuto ed ho capito che indossa un perizoma.
“Soddisfatto?” domanda dopo qualche secondo.
“A dire il vero continuerei per ore…”
Sorride facendo ondeggiare i vaporosi capelli ramati. “Qui ormai siamo pari, ora devo sdebitarmi per tutti i caffè che mi hai offerto…” sento le sue mani slacciare la cintura dei miei pantaloni, “e per quello avevo altro in mente…”
Mi sospinge delicatamente all’indietro continuando ad armeggiare con i miei pantaloni, quando raggiungo la poltroncina li ha aperti e li fa scivolare fino a terra. Mi invita a sedermi, si inginocchia ai miei piedi ed abbassa anche l’elastico dello slip, raccogliendo fra le mani la mia esuberante erezione.
Quando sento le sue labbra avvolgermi il cazzo in un caldo e umido abbraccio mi abbandono in un profondo sospiro di piacere. “Non potevo immaginare modo migliore nel quale potessi sdebitarti…”
Ghigna maliziosa con le labbra appoggiate al mio glande. “Avevo il sospetto…”
Per diversi minuti mi delizia con un fantastico pompino, è un vero fenomeno con quella bocca, ho provato a fermarla ma senza molta convinzione, mi sto divertendo troppo. Lei comunque non ha intenzione di fermarsi, intende sdebitarsi così, mi ha detto.
Quando si accorge che la mia resistenza è ormai agli sgoccioli mi porge il suo smartphone. “Ti va di filmarmi?”
“Filmarti?”
Riprende a succhiare e annuisce con sguardo terribilmente provocante. “Voglio rivedermi dopo. Voglio guardarmi mentre mi vieni in bocca…”
Quella frase sconcia mi provoca una scarica di adrenalina, immaginavo fosse una donna disinibita ma non fino a questo punto.
Non sembra voglia aggiungere ulteriori spiegazioni, ha già selezionato la funzione videocamera sul smart-phone e col cazzo fra le labbra mi sta invitando a filmare.
Beh, contenta lei, mi dico. Come il led rosso si accende indicando l’inizio della registrazione sento il suo impegno aumentare, sembra scatenata ora, fissa languida l’obiettivo del telefono e si accanisce sul mio cazzo con una passione straordinaria.
“Se continui così non resisto…” le sussurro.
I suoi occhi sorridono in un silenzioso ‘lo so…’, si aiuta con entrambe le mani, ora, mi tocca, mi accarezza, mi masturba mentre le sue labbra vellutate scivolano su e giù lungo il mio cazzo portandomi velocemente all’apice del piacere.
L’orgasmo mi travolge impetuoso, intenso e lunghissimo, Martina non si ferma neanche per un istante, mi fa godere nella sua bocca lasciando che il seme le coli fuori dalle labbra in uno spettacolo incredibilmente sensuale.
Quando è certa di avermi spremuto fino all’ultimo si solleva dal mio grembo, sorride ammiccante verso l’obiettivo del telefono, si pulisce le labbra col dorso della mano poi torna a baciare il mio cazzo che sta lentamente perdendo vigore.
“Fantastico…” riesco a dire solamente, ho il respiro affannato e mille pensieri che si accavallano in testa. “Quando posso offrirti il prossimo caffe?”
Scoppia in una squillante risata, è bellissima e molto sexy, penso, mai conosciuta una donna così.
“Com’è venuto il filmato?” cambia discorso.
“Non garantisco sulla fermezza della mano, soprattutto nel finale, avevo altro per la testa…” le porgo il telefono mentre sullo schermo compare il pop-up di un messaggio in ingresso, quasi senza volere scorgo il testo che per un attimo scorre sulla parte superiore.
RENZO «Amore ti prego…»
“Credo sia tuo marito…” le dico sentendomi in colpa per avere letto.
Afferra il telefono e annuisce, non sembra affatto preoccupata. “Lasciamolo ancora un po’ sulle spine,” sospira con un sorriso ironico, “poi gli invierò il filmato.”
“Questo… filmato?”
“Sì!” annuisce con naturalezza sedendosi sulla scrivania. “Finora ha visto solo la foto, del tuo cazzo, fra un po’ vedrà quanto mi sono divertita a giocarci…”
Sono costernato, non so davvero cosa pensare. “Non capisco, Martina.”
Fa spallucce. “Ti ricordi ‘sognatrice ma fedele’? Beh, ero l’unica ad essere fedele, a quanto pare. Renzo ha un’amante da mesi e forse non è la prima. Un’amante molto più giovane di me, ovviamente, pare sia un classico negli uomini cinquantenni, la crisi di mezz’età…”
“Come l’hai saputo?”
“Non importa,” sbuffa. “Ancora non ho deciso cosa fare, se lasciarlo o no, i ragazzi sono ancora giovani, mi dispiace per loro…”
Una lunga pausa, lo sguardo perso nel vuoto. “Comunque sia, per lo meno un po’ di sana vendetta, se voglio ci metto niente a trovare un amante anch’io, che lo sappia…”
“Ok,” sospiro con un pizzico di delusione, “ora finalmente ho capito, sono la tua arma di vendetta.”
Scende dalla scrivania e si siede sulle mie ginocchia. “Davide… mi divertivo a scherzare con te perché mi faceva piacere sentirmi desiderata, non sai quante volte ho sognato di potermi comportare come oggi. Però ero una donna sposata e madre, ho sempre creduto nel matrimonio, nelle responsabilità di una famiglia, per questo mi limitavo a sognarti.”
“Oggi invece avevi in mente di vendicarti e così…”
“E così ho pensato a te. Ma non solo per vendetta, giuro.”
Ci fissiamo a lungo negli occhi, sentire le sue cosce calde sulle mie è molto stimolante, mi fa uno strano effetto questa donna.
“Se davvero vuoi inviare quel filmato…” torno a infilare le mani sotto la gonna, “ti servirà la mia autorizzazione, la mia liberatoria. È la legge sulla privacy…”
Trattiene a fatica il sorriso. “Non vorrai dire che sono ancora in debito…”
“Beh, se vuoi la mia liberatoria…”
Le mani arrivano fra le sue natiche, spostano il tessuto del perizoma e la toccano proprio lì in mezzo, nel punto più sensibile.
“Non starai pensando…” poi abbassa lo sguardo e vede il mio cazzo che lentamente ma inesorabilmente riprende vita, sorride stupita. “Oh oh, quante energie ragazzo!”
“Sei tu a darmele. Tu e il tuo bel culetto!”
Allarga le gambe agevolando le mie carezze poi si stringe a me, le braccia attorno al collo e le labbra incollate al mio orecchio. “Sai, poco fa ero indecisa su come sdebitarmi, conoscendo i tuoi gusti avevo pensato anche a quello…” la sua voce è un alito caldo, morbosamente sensuale, “ma è talmente tanto tempo che non lo faccio… una volta era la passione anche di mio marito, ma da parecchio ormai ha altri interessi.”
“Un’ingiustizia a cui occorre porre immediato rimedio.”
Inizio a penetrarla con un dito e lei geme inarcando la schiena. “Adesso che mi ci fai pensare… credo che tu abbia ragione…”
Si alza decisa, mi volta le spalle e si sdraia col busto sulla mia scrivania, i piedi a terra e il suo bel sedere esposto ai miei desideri. “L’ingresso di servizio è tutto tuo, ti chiedo solo un ultimo favore…” sorride guardando all’indietro.
“Tutto ciò che vuoi.”
Mi porge nuovamente il cellulare e fa l’occhiolino. “Lo so, dopo avrò bisogno di una nuova liberatoria, ma sarà un piacere chiedertela…”
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