Come in un vecchio film
di
Albert.gi
genere
etero
“Il film è già iniziato”, disse con voce atona la scialba signora seduta oltre il vetro.
Sorrisi fingendomi dispiaciuto. “Fa niente, entro comunque.”
Mi guardò dal basso all’alto con una smorfia di disapprovazione prima di darmi il biglietto.
Fossi stato in una moderna multisala non me l’avrebbero concesso, ne ero consapevole, ma in quel vecchio cinema del centro, uno dei pochi rimasti, tutto funzionava come una volta, si poteva entrare a film iniziato e riguardare l’inizio alla proiezione successiva.
Ma a me non interessava, non ero certo lì per il film.
Oltrepassati i pesanti tendaggi di velluto fui avvolto dal buio, mi ci volle un minuto buono perché gli occhi si abituassero.
Come previsto l’affluenza era davvero scarsa in quella domenica pomeriggio di inizio estate, mi domandai come riuscissero a ripagarsi dei costi dell’energia elettrica, in tutta la sala contavo otto o nove teste, non di più.
Affari loro, sospirai dirigendomi verso il corridoio laterale alla mia destra. Avanzai di tre file e mi sedetti sull’ultima poltrona esterna.
Nella fila davanti, spostato verso il centro, vedevo la sagoma di un uomo solo, forse l’unico single del cinema oltre me.
Sembrava calvo o con i capelli rasati cortissimi, e a giudicare da quanto le spalle sporgevano dalla poltroncina doveva essere molto alto.
Osservai nervosamente l’orologio, le sedici e ventuno.
Sentivo l’ansia crescere, era come se un pesante macigno mi si stesse appoggiando sulle spalle rendendo ogni respiro più difficoltoso.
Dubbi e ripensamenti mi tormentavano, mordicchiavo l’interno guancia fino a farmi male, iniziavo a pentirmi di quella folle idea.
Il tipo della fila davanti accese lo smart-phone, la luce emessa dal monitor lo illuminò per qualche secondo mostrandomi parte del suo profilo, pizzetto corto e curato, naso grande, leggermente adunco. Poi rimise in stand-by il telefono e tornò a dedicarsi al film.
Osservai nuovamente l’ora, le sedici e venticinque.
Forse aveva cambiato idea.
Neanche il tempo di terminare il pensiero che un tenue bagliore alle mie spalle mi fece sussultare.
Qualcuno aveva aperto le pesanti tende d’ingresso.
Rimasi immobile, senza voltarmi.
Poi la vidi.
Nel corridoio centrale, esattamente all’altezza della mia fila.
Minigonna cortissima, top arricciato sopra al seno e una giacchetta sulle spalle, esattamente come aveva scritto sulla chat. Sicuramente calzava anche i sandali neri in vernice col tacco altissimo, ma dalla mia posizione non riuscivo a vederli.
Non mi degnò di uno sguardo, teneva gli occhi fissi sullo schermo, una mano appoggiata alla spalliera della fila davanti e la borsetta a tracolla.
Mi parve di notare un respiro profondo ma forse fu solo immaginazione, da quella distanza non potevo certo cogliere i movimenti del suo torace. Però era tesa pure lei, ne ero certo, lo si vedeva dalla postura. Tesa e combattuta, esattamente come me.
Forse più di me.
Esitò a lungo in quel corridoio, spostò il peso da una gamba all’altra per un paio di volte poi si decise.
Due passi in avanti, uno a destra e lentamente iniziò a scorrere fra i sedili. Fin quando, con apparente disinvoltura, si sedette accanto allo sconosciuto con la testa rasata.
Non gli disse nulla, non lo guardò neppure, si limitò a sedersi nella poltrona a fianco.
E il mio cuore si fermò per un lunghissimo, interminabile istante.
Come accidenti ci era venuto in mente? mi domandai torturandomi le pellicine ai lati delle unghia, come diavolo eravamo arrivati a questo?
Beh, il come lo ricordavo benissimo, era il perché che mi sfuggiva il quel momento.
Ero sposato con Claudia da cinque anni, fra noi andava tutto bene, eravamo felici, con un bel rapporto di coppia e un’ottima intesa sessuale. Nessun problema, nessun calo di desiderio, niente che facesse presagire strane tentazioni.
Poi quella sera dello scorso inverno, mentre ce ne stavamo sdraiati sul nostro enorme divano a guardare la TV, eravamo capitati chissà come su un vecchio film italiano. Si intitolava ‘Sesso e Volentieri’, avrei scoperto poi, regia di Dino Risi, girato nel lontano 1982, anno nel quale io iniziavo le scuole elementari mentre Claudia metteva i suoi primi passi. Non lo avevamo mai visto, non ne avevamo neanche sentito parlare, nessuno di noi è mai stato amante dei vecchi film sbiaditi.
Stavo per cambiare canale quando Claudia mi aveva fermato, colpita dalla scena che stava andando in onda. Una giovanissima Laura Antonelli era entrata in una sala cinematografica a proiezione iniziata e si era seduta accanto a quello che sembrava essere uno sconosciuto, poi con un misto di malizia e pudore gli aveva appoggiato una mano sulla patta dei pantaloni. Un altrettanto giovane Johnny Dorelli, seduto nella fila dietro, si era messo a spiarla, non si capiva bene se interessato o infastidito.
Claudia era rimasta colpita dall’audacia di quella scena in un film comico di tanti anni prima, scena con significati decisamente espliciti, come quando lo sconosciuto con aria goduriosa aveva messo il cappello sul pube per nascondere i massaggi intimi della bella Antonelli. Per non parlare di quando, poco dopo, le aveva portato entrambe le mani sulla nuca e senza troppi riguardi l’aveva spinta verso il basso in un chiaro quanto scabroso invito.
A quel punto Johnny Dorelli era intervenuto offendendo in malo modo lo sconosciuto e l’intrigante scena era terminata. E con essa il nostro interesse.
Avevo quindi cambiato canale, riprendendo il mio distratto zapping, e solo qualche ora più tardi, mentre a letto ci scambiavamo tenere effusioni, quella scena ci era tronata in mente.
A dire il vero era tornata in mente a lei, era stata Claudia a riprendere l’argomento e a chiedermi come avessi interpretato l’intrigante sequenza a tre.
Non conoscendo la trama del film avevo ipotizzato un fidanzato geloso intento a pedinare la compagna malandrina, mentre secondo lei si era trattato di un gioco di coppia, col marito guardone che sul più bello non se l’era sentita di arrivare fino in fondo.
Interessante interpretazione, avevo osservato ridendo, e per qualche minuto ci eravamo addentrati in quel tema scabroso con divertenti battute e piccanti allusioni.
Poi, fra una risata e l’altra, avevo inserito un malizioso: “Io non l'avrei fermata...”, frase scherzosa e provocatoria, buttata lì solo per scandalizzare, ma che invece aveva prodotto ben altre reazioni. Claudia mi aveva guardato strano, un’espressione perplessa e curiosa al tempo stesso, e la discussione aveva ripreso nuova linfa.
Ecco, sospirai, com’era nato quell’assurdo pensiero. Non potevo che assumermene tutte le responsabilità.
Nel frattempo Claudia si stava sistemando sulla poltrona, era scivolata leggermente in avanti e aveva appoggiato la testa sulla spalliera, immaginai che avesse allargato le gambe.
E, se si era attenuta fedelmente a quanto scritto in chat, sotto l’intrigante minigonna non c’era alcun impedimento.
Da come alzò gli occhi al cielo capii che la mano di ‘zucca rasata' aveva già raggiunto il bersaglio e quindi sì, aveva fatto come promesso, niente slip.
Nella penombra la vidi spalancare la bocca in quello che sembrava essere un silenzioso gemito di piacere, il cuore iniziò a martellarmi dolorosamente contro lo sterno e la gola si fece arida, priva di qualsiasi salivazione. Ma la sensazione più strana fu scoprirmi terribilmente eccitato.
Una prepotente erezione aveva preso forma dentro ai miei jeans nel sapere mia moglie toccata da un altro.
Sensazione non così strana poi, mi dissi scuotendo la testa, in fondo lo sapevo, l'idea mi aveva eccitato fin dal primo momento, quel pensiero osceno aveva stimolato sia la mia fantasia che quella di Claudia.
Una cosa però era la fantasia, immaginarlo come un sogno erotico, ben diverso era viverlo per davvero, in prima persona.
Dopo quella sera l’argomento sembrava completamente dimenticato e invece qualche mese più tardi, mentre eravamo seduti all'intero di un cinema, Claudia aveva ripreso a scherzarci, come se le fosse tornato in mente all’improvviso.
In quell'istante la vidi girarsi verso di me, era la prima volta che mi cercava con lo sguardo.
Il chiarore prodotto dalla proiezione non era sufficiente per vederla bene, coglievo solo il suo bel profilo, intuivo i suoi sospiri e sentivo i suoi occhi su di me.
Poi l'uomo si piegò in avanti e abbassandole il top prese a baciarle i seni nudi.
Istintivamente lanciai uno sguardo alle file dietro, non c'era nessun altro all’infuori di me, meglio così, lo spettacolo offerto dai due iniziava ad essere fin troppo esplicito.
Soprattutto quando Claudia cominciò a muovere la testa da una parte all'altra lasciando chiaramente intendere di essere in preda al suo orgasmo.
Seguì una breve pausa fra i due, lui era tornato nella sua poltrona e si era sistemato comodo, appoggiato alla spalliera per quanto la sua statura glielo consentisse, mentre Claudia era rimasta rilassata al suo posto, forse intenta a rifiatare.
Chissà se stava fingendo o se aveva goduto per davvero, mi domandai.
Poi la vidi raddrizzarsi e abbassare lo sguardo alla sua destra, mi fu subito chiaro che l’uomo aveva estratto il cazzo dai pantaloni, glielo stava mostrando e la mia mogliettina osservava interessata. Il cuore ebbe un ulteriore sussulto, una specie di tonfo sordo che pulsò fino nei timpani. Aveva iniziato a lavorarglielo di mano, ne ero certo, vedevo la spalla di Claudia ondeggiare lentamente e la testa dell’uomo abbandonarsi all’indietro.
Non sapevamo chi fosse quel tipo, quanti anni avesse e neppure da dove venisse, Claudia l’aveva agganciato in uno di quei siti di incontri on-line che avevamo iniziato a frequentare per gioco. O almeno all’inizio era per gioco, un gioco nato quasi per caso osservando la scena di un vecchio film.
Poi il gioco ci aveva preso la mano e nei nostri dialoghi era comparsa sempre più spesso la parola ‘davvero’.
“Ti ecciterebbe davvero guardarmi?”
“Riusciresti davvero a farlo con uno sconosciuto?”
“Non ci credo, davvero non mi fermeresti?”
“Fin dove saresti disposta ad arrivare, per davvero?”
E lentamente i confini si erano delineati, la fantasia aveva preso una forma sempre più reale e plausibile. Persino possibile.
L’ambiente non poteva che essere un vecchio cinema.
I limiti ben chiari e tassativi, niente scopate e niente baci.
“E quindi che ci si incontra a fare se è vietato scopare?” aveva polemizzato il primo uomo prescelto.
“E’ vietato scopare ed è vietato baciare”, gli aveva risposto Claudia. “nessun altro vincolo. Ma anche nessuna certezza, è giusto che tu lo sappia. A te la scelta.”
Quello aveva rinunciato senza esitazioni, bollandola come ragazzina segaiola.
Il tipo successivo invece si era detto molto intrigato. Sia dall’ambientazione che dall’incertezza dell’esito.
Era ‘zucca rasata’ quel tipo, per sua stessa definizione: ‘uomo di mezza età, bella presenza, molto ben dotato’.
Aveva accettato anche l’incontro al buio, sulla fiducia, senza scambi di foto, e immaginai che in quel momento si stesse leccando i baffi. Sicuramente aveva considerato esagerato il profilo nel quale Claudia si era definita ‘Mogliettina trentacinquenne curiosa e graziosa, dal fisico slanciato con ogni cosa al suo posto’, e invece quegli attributi erano tutti veri, persino modesti, e di certo aveva avuto modo di constatarlo.
Quando lo vidi allungare la testa verso di lei pensai volesse baciarla invece si limitò a sussurrarle qualcosa all’orecchio. Per un po’ i due si guardarono negli occhi poi lui sollevò il braccio sinistro e glielo passò attorno alle spalle. Accadde tutto molto lentamente, forse troppo lentamente, ebbi il tempo per rendermi conto e assimilare, persino per trattenere il fiato.
Esattamente come nel nostro vecchio film il tipo aveva portato la mano sulla nuca di mia moglie e le stava spingendo la testa verso il basso. Lei fece un po’ di resistenza rendendo il tutto molto melodrammatico, penoso e allo stesso tempo morbosamente eccitante. I due si erano scambiati un’ultima occhiata poi la testa di Claudia era scomparsa.
E lui si era lasciato andare al più classico gesto di soddisfazione, abbandonandosi all’indietro con un profondo sospiro liberatorio.
Non era scontato, non lo era affatto, pensai con le pellicine delle unghia ormai sanguinanti.
Concesso sì, era entro i limiti che ci eravamo posti ma Claudia l’aveva praticamente escluso. Farsi toccare ci stava, anche una sega ci stava se il tipo l’avesse garbata, difficilmente però sarebbe andata oltre. Molto difficilmente, aveva precisato.
E invece da qualche minuto la sua testa era sparita dalla mia visuale, vedevo solo ‘zucca rasata’ attento e concentrato a guardare verso il basso, di tanto in tanto si muoveva come per spostarle i capelli. Evidentemente voleva godersi lo spettacolo.
Non riuscii a resistere oltre, con le braccia incrociate mi appoggiai alla spalliera davanti e mi sporsi, anch’io volevo la mia parte di spettacolo. Ero sei poltrone più a destra, piuttosto distante da loro ma la scena che si presentò ai miei occhi fu di un erotismo e di un’oscenità devastante.
Nella penombra che regnava fra i sedili vidi la testa di Claudia muoversi in maniera ritmica, un su-e-giù lento e profondo, di grande impatto. Non sembrava avere alcuna fretta, si lavorava il cazzo dello sconosciuto con grande enfasi, decisa a metterci tutto il tempo necessario.
Non l’avrei mai detto.
Come non avrei mai detto la mia reazione, quasi d’intinto cominciai a toccarmi, impazzivo di eccitazione. Forse intuire fu meglio che vedere, se avessi visto quel cazzo entrare e uscire dalla sua bocca ne sarei morto, mentre quella scena esplicita ma confusa, con i dettagli nascosti nella semioscurità, mi parve di straordinario effetto, mille volte più eccitante.
Per un paio di volte la vidi anche fermarsi e alzare lo sguardo su di lui, stava volutamente prolungando il tutto, la maialina, esattamente come faceva con me quando mi sentiva vicino al traguardo.
Quindi ci aveva preso gusto, pensai entrando con la mano dentro i pantaloni, stamattina era certa che non avrebbe trovato il coraggio ora invece le stava persino piacendo.
Alla seconda pausa lui tornò a spingerle con decisione la testa verso il basso, evidentemente cominciava ad essere al limite della sopportazione. Non tolse più la mano, accompagnò per tutto il tempo il saliscendi della testa di Claudia e quando iniziò ad agitarsi sulla poltrona capii che stava venendo.
La cosa andò avanti per un tempo che a me parve interminabile -durante il quale mi ero preso il cazzo in mano e me lo ero menato per un po’-, poi finalmente Claudia sollevò il busto e si girò dall’altra parte, forse per liberarsi di tutto ciò che aveva ricevuto in bocca o forse solo per ripulirsi.
Mi lasciai cadere contro lo schienale della poltrona, sembravo più sfinito io di ‘zucca rasata’, rimisi a fatica il cazzo eretto nello slip e chiusi i pantaloni, cercando di prendere lunghi e profondi respiri.
Per qualche minuto non accadde nulla, poi il tipo si alzò, girò le spalle a Claudia e senza neppure guardarla scivolò fra le poltrone.
Quando mi passò accanto era controluce, non riuscii a vederlo in viso ma capii che mi stava fissando, credo si fosse accorto solo in quel momento della mia presenza e probabilmente stava realizzando di aver dato spettacolo. Senza curarsene troppo passò oltre e uscì dalla sala.
Lasciai trascorrere qualche altro minuto prima di alzarmi, percorsi a ritroso il tragitto appena fatto da ‘zucca rasata’ e andai a sedermi al suo posto.
Era ancora caldo.
Claudia si girò verso di me, nel suo viso scorsi un sorrisino fiero. “Allora? Sono stata brava?”
Provai inutilmente a deglutire. “Dovresti chiederlo a lui.”
“Oh, lui ha apprezzato, fidati”, sogghignò. “A me interessa sapere se sono piaciuta a te.”
Mi strinsi nelle spalle incapace di rispondere. Avevo una gran confusione in testa, un frullato di contrastanti emozioni.
Allora Claudia portò la mano sul mio inguine e annuì. “A giudicare da ‘questo’…” palpò l’uccello in tutta la sua lunghezza, “direi che ti sono piaciuta...”
“Non posso negare che sia stato estremamente eccitante.”
“Beh”, altro risolino, “ho fatto del mio meglio.”
“Sì, sì, questo l’ho notato”, un pesante respiro. “E a te? a te è piaciuto?”
Mi rispose allo stesso modo, con un’alzata di spalle.
E io replicai i suoi gesti, scendendo con la mano fra le sue cosce.
La fica era oscenamente bagnata, le grandi labbra ancora dischiuse, al mio tocco inarcò la schiena. “Eh sì”, annuii con voce atona, “direi che ti sei eccitata anche tu. Senti che lago, maialina, hai tutta la minigonna bagnata!”
Si morse il labbro inferiore. “Chi l’avrebbe mai detto, vero?” sogghignò nuovamente.
Già, chi l’avrebbe mai detto. E io che avevo persino ipotizzato che avesse finto l’orgasmo. “Quindi hai goduto anche tu…” non era una domanda, non ce n’era bisogno.
“Che vuoi”, sospirò, “ha scoperto subito il mio punto debole…” la sua voce si trasformò in un sussurro caldo e sensuale. “E’ arrivato anche… dietro… prima con un dito… poi con due…”
L’aveva toccata anche lì. No, mi corressi, non solo toccata, aveva addirittura messo due dita nel suo bellissimo e sensibilissimo culo, e lei si era sciolta come neve al sole.
“Dimmi del suo cazzo, amore. Era così fornito come descrive nel profilo?”
“Naaa, non mi è parso niente di straordinario”, fece ciondolare la testa, “sarà perché io sono abituata molto bene!” rise e me lo tirò fuori, impugnandolo bene alla base.
“Un cazzo perfetto da prendere in bocca, quindi…”
Mi fissò con quell’aria ingenua e maliziosa che conoscevo bene e si avvicinò maggiormente. L’alito sapeva di menta, stava succhiando una caramella per togliersi il sapore del suo seme. O forse per non farlo sentire a me. “Non credevo che l’avrei fatto.”
Neppure io. “E cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Mentre gli facevo una sega mi si è avvicinato…” un altro dei suoi sorrisini trattenuti a fatica. “Hai una bocca bellissima, mi ha sussurrato all’orecchio, e hai l’aria di una a cui piace da impazzire succhiare il cazzo. Esattamente così, testuali parole, in pratica ha detto che ho la faccia da bocchinara.”
“Una grande, solenne verità”, annuii. “Sottoscrivo in pieno.”
Scoppiò a ridere facendo girare qualcuno dalle file davanti. Poi tornò ad abbassare il tono. “Ah sì? Trovi davvero?” domandò provocante mentre la sua mano iniziava a masturbare piano. “La tua mogliettina ha la faccia da bocchinara?”
“Assolutamente sì e oggi più che mai, amore. Hai la faccia di una chi si è divertita un sacco a fargli un sontuoso pompino.”
Mi leccò un labbro. “Non posso negarlo, all’inizio ero un po’ titubante ma poi l’ho trovato divertente. Sapere che mi guardavi mi ha eccitato in modo morboso, mille volte in più di quanto avrei potuto immaginare.”
“E visto che ti divertivi tanto, glielo hai fatto fino in fondo…”
“Avrei dovuto sporcargli tutti i vestiti?” quant’era brava a fare quell’espressione da innocente troietta. “No, dai, non potevo. E poi lui continuava a ripetere: ‘non fermarti, non vedo l’ora di goderti in bocca’…” si avvicinò al mio orecchio, “a dire il vero le parole esatte erano: ‘non vedo l’ora di sborrarti in bocca’, un gran porco, vero?”
“Essì, un gran porco. Proprio come piace a te.”
Mi morse il lobo dell’orecchio. “In effetti più diceva di volermi sborrare in bocca e più mi eccitavo, ci crederesti? Mi eccitavo da impazzire, avrei voluto guardarti negli occhi mentre lo facevo.”
“La mia fantastica bocchinara,” le spinsi la testa in giù, esattamente come aveva fatto lui.
Prima di dedicarsi al mio cazzo si sfilò la caramella e me la porse. “Con lui però ho sputato quasi tutto, mentre con te sarò molto più brava, vedrai!”
“E col…” sorrisino confuso. “Col prossimo, come sarai?”
Sgranò occhi divertiti. “Col prossimo? Esperienza da ripetere?”
Pazzesco, avevo ancora il cuore sottosopra e il respiro affannato eppure sì, morivo dalla voglia di ammirarla ancora.
E non vi era alcun dubbio, moriva dalla voglia anche lei.
“Assolutamente da ripetere.”
Sorrisi fingendomi dispiaciuto. “Fa niente, entro comunque.”
Mi guardò dal basso all’alto con una smorfia di disapprovazione prima di darmi il biglietto.
Fossi stato in una moderna multisala non me l’avrebbero concesso, ne ero consapevole, ma in quel vecchio cinema del centro, uno dei pochi rimasti, tutto funzionava come una volta, si poteva entrare a film iniziato e riguardare l’inizio alla proiezione successiva.
Ma a me non interessava, non ero certo lì per il film.
Oltrepassati i pesanti tendaggi di velluto fui avvolto dal buio, mi ci volle un minuto buono perché gli occhi si abituassero.
Come previsto l’affluenza era davvero scarsa in quella domenica pomeriggio di inizio estate, mi domandai come riuscissero a ripagarsi dei costi dell’energia elettrica, in tutta la sala contavo otto o nove teste, non di più.
Affari loro, sospirai dirigendomi verso il corridoio laterale alla mia destra. Avanzai di tre file e mi sedetti sull’ultima poltrona esterna.
Nella fila davanti, spostato verso il centro, vedevo la sagoma di un uomo solo, forse l’unico single del cinema oltre me.
Sembrava calvo o con i capelli rasati cortissimi, e a giudicare da quanto le spalle sporgevano dalla poltroncina doveva essere molto alto.
Osservai nervosamente l’orologio, le sedici e ventuno.
Sentivo l’ansia crescere, era come se un pesante macigno mi si stesse appoggiando sulle spalle rendendo ogni respiro più difficoltoso.
Dubbi e ripensamenti mi tormentavano, mordicchiavo l’interno guancia fino a farmi male, iniziavo a pentirmi di quella folle idea.
Il tipo della fila davanti accese lo smart-phone, la luce emessa dal monitor lo illuminò per qualche secondo mostrandomi parte del suo profilo, pizzetto corto e curato, naso grande, leggermente adunco. Poi rimise in stand-by il telefono e tornò a dedicarsi al film.
Osservai nuovamente l’ora, le sedici e venticinque.
Forse aveva cambiato idea.
Neanche il tempo di terminare il pensiero che un tenue bagliore alle mie spalle mi fece sussultare.
Qualcuno aveva aperto le pesanti tende d’ingresso.
Rimasi immobile, senza voltarmi.
Poi la vidi.
Nel corridoio centrale, esattamente all’altezza della mia fila.
Minigonna cortissima, top arricciato sopra al seno e una giacchetta sulle spalle, esattamente come aveva scritto sulla chat. Sicuramente calzava anche i sandali neri in vernice col tacco altissimo, ma dalla mia posizione non riuscivo a vederli.
Non mi degnò di uno sguardo, teneva gli occhi fissi sullo schermo, una mano appoggiata alla spalliera della fila davanti e la borsetta a tracolla.
Mi parve di notare un respiro profondo ma forse fu solo immaginazione, da quella distanza non potevo certo cogliere i movimenti del suo torace. Però era tesa pure lei, ne ero certo, lo si vedeva dalla postura. Tesa e combattuta, esattamente come me.
Forse più di me.
Esitò a lungo in quel corridoio, spostò il peso da una gamba all’altra per un paio di volte poi si decise.
Due passi in avanti, uno a destra e lentamente iniziò a scorrere fra i sedili. Fin quando, con apparente disinvoltura, si sedette accanto allo sconosciuto con la testa rasata.
Non gli disse nulla, non lo guardò neppure, si limitò a sedersi nella poltrona a fianco.
E il mio cuore si fermò per un lunghissimo, interminabile istante.
Come accidenti ci era venuto in mente? mi domandai torturandomi le pellicine ai lati delle unghia, come diavolo eravamo arrivati a questo?
Beh, il come lo ricordavo benissimo, era il perché che mi sfuggiva il quel momento.
Ero sposato con Claudia da cinque anni, fra noi andava tutto bene, eravamo felici, con un bel rapporto di coppia e un’ottima intesa sessuale. Nessun problema, nessun calo di desiderio, niente che facesse presagire strane tentazioni.
Poi quella sera dello scorso inverno, mentre ce ne stavamo sdraiati sul nostro enorme divano a guardare la TV, eravamo capitati chissà come su un vecchio film italiano. Si intitolava ‘Sesso e Volentieri’, avrei scoperto poi, regia di Dino Risi, girato nel lontano 1982, anno nel quale io iniziavo le scuole elementari mentre Claudia metteva i suoi primi passi. Non lo avevamo mai visto, non ne avevamo neanche sentito parlare, nessuno di noi è mai stato amante dei vecchi film sbiaditi.
Stavo per cambiare canale quando Claudia mi aveva fermato, colpita dalla scena che stava andando in onda. Una giovanissima Laura Antonelli era entrata in una sala cinematografica a proiezione iniziata e si era seduta accanto a quello che sembrava essere uno sconosciuto, poi con un misto di malizia e pudore gli aveva appoggiato una mano sulla patta dei pantaloni. Un altrettanto giovane Johnny Dorelli, seduto nella fila dietro, si era messo a spiarla, non si capiva bene se interessato o infastidito.
Claudia era rimasta colpita dall’audacia di quella scena in un film comico di tanti anni prima, scena con significati decisamente espliciti, come quando lo sconosciuto con aria goduriosa aveva messo il cappello sul pube per nascondere i massaggi intimi della bella Antonelli. Per non parlare di quando, poco dopo, le aveva portato entrambe le mani sulla nuca e senza troppi riguardi l’aveva spinta verso il basso in un chiaro quanto scabroso invito.
A quel punto Johnny Dorelli era intervenuto offendendo in malo modo lo sconosciuto e l’intrigante scena era terminata. E con essa il nostro interesse.
Avevo quindi cambiato canale, riprendendo il mio distratto zapping, e solo qualche ora più tardi, mentre a letto ci scambiavamo tenere effusioni, quella scena ci era tronata in mente.
A dire il vero era tornata in mente a lei, era stata Claudia a riprendere l’argomento e a chiedermi come avessi interpretato l’intrigante sequenza a tre.
Non conoscendo la trama del film avevo ipotizzato un fidanzato geloso intento a pedinare la compagna malandrina, mentre secondo lei si era trattato di un gioco di coppia, col marito guardone che sul più bello non se l’era sentita di arrivare fino in fondo.
Interessante interpretazione, avevo osservato ridendo, e per qualche minuto ci eravamo addentrati in quel tema scabroso con divertenti battute e piccanti allusioni.
Poi, fra una risata e l’altra, avevo inserito un malizioso: “Io non l'avrei fermata...”, frase scherzosa e provocatoria, buttata lì solo per scandalizzare, ma che invece aveva prodotto ben altre reazioni. Claudia mi aveva guardato strano, un’espressione perplessa e curiosa al tempo stesso, e la discussione aveva ripreso nuova linfa.
Ecco, sospirai, com’era nato quell’assurdo pensiero. Non potevo che assumermene tutte le responsabilità.
Nel frattempo Claudia si stava sistemando sulla poltrona, era scivolata leggermente in avanti e aveva appoggiato la testa sulla spalliera, immaginai che avesse allargato le gambe.
E, se si era attenuta fedelmente a quanto scritto in chat, sotto l’intrigante minigonna non c’era alcun impedimento.
Da come alzò gli occhi al cielo capii che la mano di ‘zucca rasata' aveva già raggiunto il bersaglio e quindi sì, aveva fatto come promesso, niente slip.
Nella penombra la vidi spalancare la bocca in quello che sembrava essere un silenzioso gemito di piacere, il cuore iniziò a martellarmi dolorosamente contro lo sterno e la gola si fece arida, priva di qualsiasi salivazione. Ma la sensazione più strana fu scoprirmi terribilmente eccitato.
Una prepotente erezione aveva preso forma dentro ai miei jeans nel sapere mia moglie toccata da un altro.
Sensazione non così strana poi, mi dissi scuotendo la testa, in fondo lo sapevo, l'idea mi aveva eccitato fin dal primo momento, quel pensiero osceno aveva stimolato sia la mia fantasia che quella di Claudia.
Una cosa però era la fantasia, immaginarlo come un sogno erotico, ben diverso era viverlo per davvero, in prima persona.
Dopo quella sera l’argomento sembrava completamente dimenticato e invece qualche mese più tardi, mentre eravamo seduti all'intero di un cinema, Claudia aveva ripreso a scherzarci, come se le fosse tornato in mente all’improvviso.
In quell'istante la vidi girarsi verso di me, era la prima volta che mi cercava con lo sguardo.
Il chiarore prodotto dalla proiezione non era sufficiente per vederla bene, coglievo solo il suo bel profilo, intuivo i suoi sospiri e sentivo i suoi occhi su di me.
Poi l'uomo si piegò in avanti e abbassandole il top prese a baciarle i seni nudi.
Istintivamente lanciai uno sguardo alle file dietro, non c'era nessun altro all’infuori di me, meglio così, lo spettacolo offerto dai due iniziava ad essere fin troppo esplicito.
Soprattutto quando Claudia cominciò a muovere la testa da una parte all'altra lasciando chiaramente intendere di essere in preda al suo orgasmo.
Seguì una breve pausa fra i due, lui era tornato nella sua poltrona e si era sistemato comodo, appoggiato alla spalliera per quanto la sua statura glielo consentisse, mentre Claudia era rimasta rilassata al suo posto, forse intenta a rifiatare.
Chissà se stava fingendo o se aveva goduto per davvero, mi domandai.
Poi la vidi raddrizzarsi e abbassare lo sguardo alla sua destra, mi fu subito chiaro che l’uomo aveva estratto il cazzo dai pantaloni, glielo stava mostrando e la mia mogliettina osservava interessata. Il cuore ebbe un ulteriore sussulto, una specie di tonfo sordo che pulsò fino nei timpani. Aveva iniziato a lavorarglielo di mano, ne ero certo, vedevo la spalla di Claudia ondeggiare lentamente e la testa dell’uomo abbandonarsi all’indietro.
Non sapevamo chi fosse quel tipo, quanti anni avesse e neppure da dove venisse, Claudia l’aveva agganciato in uno di quei siti di incontri on-line che avevamo iniziato a frequentare per gioco. O almeno all’inizio era per gioco, un gioco nato quasi per caso osservando la scena di un vecchio film.
Poi il gioco ci aveva preso la mano e nei nostri dialoghi era comparsa sempre più spesso la parola ‘davvero’.
“Ti ecciterebbe davvero guardarmi?”
“Riusciresti davvero a farlo con uno sconosciuto?”
“Non ci credo, davvero non mi fermeresti?”
“Fin dove saresti disposta ad arrivare, per davvero?”
E lentamente i confini si erano delineati, la fantasia aveva preso una forma sempre più reale e plausibile. Persino possibile.
L’ambiente non poteva che essere un vecchio cinema.
I limiti ben chiari e tassativi, niente scopate e niente baci.
“E quindi che ci si incontra a fare se è vietato scopare?” aveva polemizzato il primo uomo prescelto.
“E’ vietato scopare ed è vietato baciare”, gli aveva risposto Claudia. “nessun altro vincolo. Ma anche nessuna certezza, è giusto che tu lo sappia. A te la scelta.”
Quello aveva rinunciato senza esitazioni, bollandola come ragazzina segaiola.
Il tipo successivo invece si era detto molto intrigato. Sia dall’ambientazione che dall’incertezza dell’esito.
Era ‘zucca rasata’ quel tipo, per sua stessa definizione: ‘uomo di mezza età, bella presenza, molto ben dotato’.
Aveva accettato anche l’incontro al buio, sulla fiducia, senza scambi di foto, e immaginai che in quel momento si stesse leccando i baffi. Sicuramente aveva considerato esagerato il profilo nel quale Claudia si era definita ‘Mogliettina trentacinquenne curiosa e graziosa, dal fisico slanciato con ogni cosa al suo posto’, e invece quegli attributi erano tutti veri, persino modesti, e di certo aveva avuto modo di constatarlo.
Quando lo vidi allungare la testa verso di lei pensai volesse baciarla invece si limitò a sussurrarle qualcosa all’orecchio. Per un po’ i due si guardarono negli occhi poi lui sollevò il braccio sinistro e glielo passò attorno alle spalle. Accadde tutto molto lentamente, forse troppo lentamente, ebbi il tempo per rendermi conto e assimilare, persino per trattenere il fiato.
Esattamente come nel nostro vecchio film il tipo aveva portato la mano sulla nuca di mia moglie e le stava spingendo la testa verso il basso. Lei fece un po’ di resistenza rendendo il tutto molto melodrammatico, penoso e allo stesso tempo morbosamente eccitante. I due si erano scambiati un’ultima occhiata poi la testa di Claudia era scomparsa.
E lui si era lasciato andare al più classico gesto di soddisfazione, abbandonandosi all’indietro con un profondo sospiro liberatorio.
Non era scontato, non lo era affatto, pensai con le pellicine delle unghia ormai sanguinanti.
Concesso sì, era entro i limiti che ci eravamo posti ma Claudia l’aveva praticamente escluso. Farsi toccare ci stava, anche una sega ci stava se il tipo l’avesse garbata, difficilmente però sarebbe andata oltre. Molto difficilmente, aveva precisato.
E invece da qualche minuto la sua testa era sparita dalla mia visuale, vedevo solo ‘zucca rasata’ attento e concentrato a guardare verso il basso, di tanto in tanto si muoveva come per spostarle i capelli. Evidentemente voleva godersi lo spettacolo.
Non riuscii a resistere oltre, con le braccia incrociate mi appoggiai alla spalliera davanti e mi sporsi, anch’io volevo la mia parte di spettacolo. Ero sei poltrone più a destra, piuttosto distante da loro ma la scena che si presentò ai miei occhi fu di un erotismo e di un’oscenità devastante.
Nella penombra che regnava fra i sedili vidi la testa di Claudia muoversi in maniera ritmica, un su-e-giù lento e profondo, di grande impatto. Non sembrava avere alcuna fretta, si lavorava il cazzo dello sconosciuto con grande enfasi, decisa a metterci tutto il tempo necessario.
Non l’avrei mai detto.
Come non avrei mai detto la mia reazione, quasi d’intinto cominciai a toccarmi, impazzivo di eccitazione. Forse intuire fu meglio che vedere, se avessi visto quel cazzo entrare e uscire dalla sua bocca ne sarei morto, mentre quella scena esplicita ma confusa, con i dettagli nascosti nella semioscurità, mi parve di straordinario effetto, mille volte più eccitante.
Per un paio di volte la vidi anche fermarsi e alzare lo sguardo su di lui, stava volutamente prolungando il tutto, la maialina, esattamente come faceva con me quando mi sentiva vicino al traguardo.
Quindi ci aveva preso gusto, pensai entrando con la mano dentro i pantaloni, stamattina era certa che non avrebbe trovato il coraggio ora invece le stava persino piacendo.
Alla seconda pausa lui tornò a spingerle con decisione la testa verso il basso, evidentemente cominciava ad essere al limite della sopportazione. Non tolse più la mano, accompagnò per tutto il tempo il saliscendi della testa di Claudia e quando iniziò ad agitarsi sulla poltrona capii che stava venendo.
La cosa andò avanti per un tempo che a me parve interminabile -durante il quale mi ero preso il cazzo in mano e me lo ero menato per un po’-, poi finalmente Claudia sollevò il busto e si girò dall’altra parte, forse per liberarsi di tutto ciò che aveva ricevuto in bocca o forse solo per ripulirsi.
Mi lasciai cadere contro lo schienale della poltrona, sembravo più sfinito io di ‘zucca rasata’, rimisi a fatica il cazzo eretto nello slip e chiusi i pantaloni, cercando di prendere lunghi e profondi respiri.
Per qualche minuto non accadde nulla, poi il tipo si alzò, girò le spalle a Claudia e senza neppure guardarla scivolò fra le poltrone.
Quando mi passò accanto era controluce, non riuscii a vederlo in viso ma capii che mi stava fissando, credo si fosse accorto solo in quel momento della mia presenza e probabilmente stava realizzando di aver dato spettacolo. Senza curarsene troppo passò oltre e uscì dalla sala.
Lasciai trascorrere qualche altro minuto prima di alzarmi, percorsi a ritroso il tragitto appena fatto da ‘zucca rasata’ e andai a sedermi al suo posto.
Era ancora caldo.
Claudia si girò verso di me, nel suo viso scorsi un sorrisino fiero. “Allora? Sono stata brava?”
Provai inutilmente a deglutire. “Dovresti chiederlo a lui.”
“Oh, lui ha apprezzato, fidati”, sogghignò. “A me interessa sapere se sono piaciuta a te.”
Mi strinsi nelle spalle incapace di rispondere. Avevo una gran confusione in testa, un frullato di contrastanti emozioni.
Allora Claudia portò la mano sul mio inguine e annuì. “A giudicare da ‘questo’…” palpò l’uccello in tutta la sua lunghezza, “direi che ti sono piaciuta...”
“Non posso negare che sia stato estremamente eccitante.”
“Beh”, altro risolino, “ho fatto del mio meglio.”
“Sì, sì, questo l’ho notato”, un pesante respiro. “E a te? a te è piaciuto?”
Mi rispose allo stesso modo, con un’alzata di spalle.
E io replicai i suoi gesti, scendendo con la mano fra le sue cosce.
La fica era oscenamente bagnata, le grandi labbra ancora dischiuse, al mio tocco inarcò la schiena. “Eh sì”, annuii con voce atona, “direi che ti sei eccitata anche tu. Senti che lago, maialina, hai tutta la minigonna bagnata!”
Si morse il labbro inferiore. “Chi l’avrebbe mai detto, vero?” sogghignò nuovamente.
Già, chi l’avrebbe mai detto. E io che avevo persino ipotizzato che avesse finto l’orgasmo. “Quindi hai goduto anche tu…” non era una domanda, non ce n’era bisogno.
“Che vuoi”, sospirò, “ha scoperto subito il mio punto debole…” la sua voce si trasformò in un sussurro caldo e sensuale. “E’ arrivato anche… dietro… prima con un dito… poi con due…”
L’aveva toccata anche lì. No, mi corressi, non solo toccata, aveva addirittura messo due dita nel suo bellissimo e sensibilissimo culo, e lei si era sciolta come neve al sole.
“Dimmi del suo cazzo, amore. Era così fornito come descrive nel profilo?”
“Naaa, non mi è parso niente di straordinario”, fece ciondolare la testa, “sarà perché io sono abituata molto bene!” rise e me lo tirò fuori, impugnandolo bene alla base.
“Un cazzo perfetto da prendere in bocca, quindi…”
Mi fissò con quell’aria ingenua e maliziosa che conoscevo bene e si avvicinò maggiormente. L’alito sapeva di menta, stava succhiando una caramella per togliersi il sapore del suo seme. O forse per non farlo sentire a me. “Non credevo che l’avrei fatto.”
Neppure io. “E cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“Mentre gli facevo una sega mi si è avvicinato…” un altro dei suoi sorrisini trattenuti a fatica. “Hai una bocca bellissima, mi ha sussurrato all’orecchio, e hai l’aria di una a cui piace da impazzire succhiare il cazzo. Esattamente così, testuali parole, in pratica ha detto che ho la faccia da bocchinara.”
“Una grande, solenne verità”, annuii. “Sottoscrivo in pieno.”
Scoppiò a ridere facendo girare qualcuno dalle file davanti. Poi tornò ad abbassare il tono. “Ah sì? Trovi davvero?” domandò provocante mentre la sua mano iniziava a masturbare piano. “La tua mogliettina ha la faccia da bocchinara?”
“Assolutamente sì e oggi più che mai, amore. Hai la faccia di una chi si è divertita un sacco a fargli un sontuoso pompino.”
Mi leccò un labbro. “Non posso negarlo, all’inizio ero un po’ titubante ma poi l’ho trovato divertente. Sapere che mi guardavi mi ha eccitato in modo morboso, mille volte in più di quanto avrei potuto immaginare.”
“E visto che ti divertivi tanto, glielo hai fatto fino in fondo…”
“Avrei dovuto sporcargli tutti i vestiti?” quant’era brava a fare quell’espressione da innocente troietta. “No, dai, non potevo. E poi lui continuava a ripetere: ‘non fermarti, non vedo l’ora di goderti in bocca’…” si avvicinò al mio orecchio, “a dire il vero le parole esatte erano: ‘non vedo l’ora di sborrarti in bocca’, un gran porco, vero?”
“Essì, un gran porco. Proprio come piace a te.”
Mi morse il lobo dell’orecchio. “In effetti più diceva di volermi sborrare in bocca e più mi eccitavo, ci crederesti? Mi eccitavo da impazzire, avrei voluto guardarti negli occhi mentre lo facevo.”
“La mia fantastica bocchinara,” le spinsi la testa in giù, esattamente come aveva fatto lui.
Prima di dedicarsi al mio cazzo si sfilò la caramella e me la porse. “Con lui però ho sputato quasi tutto, mentre con te sarò molto più brava, vedrai!”
“E col…” sorrisino confuso. “Col prossimo, come sarai?”
Sgranò occhi divertiti. “Col prossimo? Esperienza da ripetere?”
Pazzesco, avevo ancora il cuore sottosopra e il respiro affannato eppure sì, morivo dalla voglia di ammirarla ancora.
E non vi era alcun dubbio, moriva dalla voglia anche lei.
“Assolutamente da ripetere.”
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