Miss Ce-l'ho-solo-io
di
Albert.gi
genere
etero
Fu il secondo giorno di vacanza che la vidi.
Era dietro al banco bar dello stabilimento balneare, canotta scollata da cui sbirciava un seno scolpito nel marmo, carnagione ambrata e due occhi verdi che illuminavano uno stupendo viso imbronciato.
Quando si girò verso la macchina del caffè per preparare i cappuccini sentii una gomitata al costato. “Che stragnocca galattica!” sussurrò Mirco sogghignando.
Mi limitai ad annuire con enfasi, davvero notevole.
Avrà avuto una ventina d’anni, poco di più, e a parte le tette, che esibiva in maniera sfrontata, era stato il viso a colpirmi maggiormente, un viso di una bellezza impressionante.
Non si può dire però che fosse simpatica per quanto bella, non ci degnò di un saluto, di un sorriso, neppure un cenno del capo, appoggiò i cappuccini sul banco e tornò a girarci le spalle. Dovetti chiamarla tre volte -con un educato ‘Signorina…’- per chiederle il conto, e lei non fece altro che appoggiarmi lo scontrino davanti.
“Forse è muta,” dissi a Mirco in tono abbastanza alto perché lei mi sentisse, ma ovviamente fece finta di nulla.
Sapevo che non era muta, l’avevo sentita discutere col padre mentre ci preparava i cappuccini, era solo molto spocchiosa ed estremamente piena di sé.
Vabbè, non me ne sarei fatto certo un problema, potevo vivere anche senza il suo saluto.
Anche perché non ero lì a caccia di fauna locale, stavo trascorrendo la mia tranquilla vacanza assieme a Valentina, la mia compagna, e al solito gruppo di amici, tre coppie stabili e mature, senza figli, senza troppi problemi.
Quell’anno avevamo deciso per la costa marchigiana, un paesino ai confini con l’Abruzzo col borgo vecchio arroccato su una collina. E avevamo scelto a caso quello stabilimento balneare piccolo e un po’ antico, molto familiare. I gestori erano tutti simpatici ed espansivi, tutti tranne lei.
Ma, tornai a ripetere, se la tirasse quanto voleva, la cosa non mi toccava.
Quel pomeriggio, però, quando la vidi scendere in spiaggia con alcuni coetanei, dovetti fare uno sforzo per richiudere la mandibola che mi era crollata come colpita da improvvisa paralisi, il viso e le tette erano solo la punta dell’iceberg, quella ragazza era obbiettivamente straordinaria.
Aveva sciolto i capelli che in quel momento le ricadevano ribelli e fluenti fino a metà della schiena, e da lì in giù era l’apoteosi della perfezione. La schiena si incurvava, con un’evidente fossetta centrale, nel punto esatto in cui prendeva forma un sedere che neppure uno scultore avrebbe potuto fare meglio (neanche con i suggerimenti di Tinto Brass). Sodo, tonico e rotondo, con due perfette natiche che si sfioravano appena, maliziosamente evidenziato da un bikini brasiliano che non lasciava nulla all’immaginazione. A seguire due gambe dall’abbronzatura perfetta, lunghe, snelle e affusolate, non riuscivo a trovarle un solo difetto. Anche i piedi sembravano quelli di una pubblicità, con unghia perfettamente laccate in tinta col bikini.
Si voltò indietro e casualmente incrociò il mio sguardo, pensai che avrebbe finto di non vedermi invece indugiò col suo cipiglio arrogante e sollevò appena le spalle come a dirmi: “Che cazzo guardi?”
Mi tolsi dall’imbarazzo con un vago sorriso ebete e tornai al mio romanzo noir, in effetti che cazzo stavo guardando? Ero in vacanza con Valentina e anche fossi stato solo quella non era certo roba per me. Decisamente troppo giovane -a spanne una ventina d’anni di differenza- e sicuramente troppo bella.
I giorni seguenti trascorsero sereni, stavo bene con gli amici e con Valentina, fu una vacanza piacevole e divertente, l’unico problema era quando incontravo lei. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, era più forte di me, cercavo di fare l’indifferente, mi nascondevo dietro gli occhiali da sole ma non potevo non osservarla. E quando se ne accorgeva, mi fulminava con quella solita espressione da ‘che cazzo guardi?’.
Era onestamente imbarazzante, mi sentivo un pervertito. Per una ragazza della sua età rientravo già nella categoria dei ‘matusa’, probabilmente mi vedeva come un vecchio bavoso che fantasticava sulle ragazzine.
In realtà nessuna delle due cose era vera, non le sbavavo dietro e neppure fantasticavo su di lei, semplicemente non riuscivo a fare a meno di ammirare la sua bellezza.
Mi ripromisi di provare ad ignorarla e per qualche giorno ci riuscii, ma poi quel giovedì fu devastante.
Le donne erano andate a fare una passeggiata sul bagnasciuga, Mirco e Luca stavano cazzeggiando in acqua mentre io ero rimasto sul lettino alle prese con le ultime pagine del libro. Un’ombra mi oscurò il sole per un secondo, spostai leggermente lo sguardo alla mia destra e vidi le sue lunghe gambe lì accanto.
Non ci fu bisogno di alzare lo sguardo, l’avevo riconosciuta, quelle gambe non si confondevano con altre e indossava lo stesso minuscolo bikini. Stava parlando con un’amica poco distante, sentivo il suo accento spiccatamente marchigiano, le parole troncate e qualche incomprensibile termine dialettale. Onestamente da cotanta gnocca mi aspettavo un linguaggio più fine e ricercato ma a guardare bene era una semplice ragazzotta di paese, tutti i meriti erano da attribuire a madre natura, lei di suo ci aveva messo ben poco.
Era a non più di un metro da me, di profilo, e anche restando immobile potevo vedere con la coda dell’occhio la parte terminale delle sue gambe e l’inizio del ventre. Fu impossibile non soffermare lo sguardo su quel gran ‘gnocco di topa’ che riempiva la parte anteriore dello slip, Mirco col suo simpatico slang l’aveva già ribattezzata ‘musona’, vezzeggiativo che dalle nostre parti si attribuisce alle donne spesso imbronciate o a quelle col Monte di Venere particolarmente pronunciato. E a lei si addiceva in entrambi i casi, ma in quel momento era la seconda caratteristica a rapire il mio sguardo, sporgeva in maniera vistosa oltre le fossette iliache ed era reso ancor più evidente dal ventre liscio e piatto.
Non so se si accorse che la stavo guardando, comunque fece due passi in avanti, verso la sua amica, e si girò di lato, dandomi la schiena.
Per un attimo pensai l’avesse fatto apposta, ero riuscito a restare tre giorni senza cercarla con lo sguardo e all’improvviso mi ritrovavo il suo perfetto culo a meno di due metri di distanza, con vista dal basso verso l’altro, la miglior prospettiva al mondo. Per tutti i tre minuti e ventisei secondi che rimase lì, non feci altro che fissarlo in silenziosa adorazione.
E censurai immediatamente i pensieri che si stavano formando nella mia mente, in quell’occasione sì, che avevo iniziato a fantasticare, non posso negarlo.
Il giorno dopo la vidi solo in tarda mattinata, dopo il bagno in mare ero salito per farmi una doccia e lei era lì, intenta a sistemare i tavoli sotto la veranda.
Ovviamente ci cascai nuovamente, mi incantai a guardarla e lei mi lanciò il solito sguardo gelido, accompagnato quella volta anche da una smorfia del viso.
Decisi di far finta di nulla, tanto non c’era rimedio, i miei occhi sembravano calamitati. Dopo la visione di qualche ora prima, poi…
Terminata la doccia mi avvicinai a quella che con molto ottimismo veniva definita ‘Cabina Spogliatoio’, trovandola però occupata. Così mentre attendevo il mio turno continuai imperterrito a fissare la giovane, fregandomene della sua aria seccata.
Se voleva fare la gran donna che facesse pure, io non ci pensavo proprio ad abbassare lo sguardo.
Poi un’anziana signora uscì dallo spogliatoio e il gioco a chi cede prima si concluse.
Senza vincitori.
Pur essendo piuttosto grande, circa il doppio di una cabina normale, all’interno di quello spogliatoio ci si muoveva appena tanto era piena di cianfrusaglie. Sul pavimento e sugli attaccapanni stavano buste a rete piene di secchielli e palette e il resto dello spazio era occupato da salvagenti, braccioli e un paio di materassini gonfiabili.
Avevo appena tolto lo slip bagnato e mi stavo asciugando con la salvietta quando vidi una sagoma davanti alle stecche in legno della porta.
Provò inutilmente ad aprire, avevo girato la maniglia sulla posizione bloccata. “Occupato!” esclamai.
L’ombra rimase lì davanti in attesa così proseguii nelle mie azioni, ma non appena appoggiai l’asciugamano per prende il costume asciutto sentii una chiave infilarsi nella toppa esterna.
“Occupato!” tornai a ripetere a voce più alta.
L’intruso non se ne preoccupò, con un movimento deciso socchiuse la porta.
Feci appena in tempo a coprirmi con le mani che la giovane figlia del bagnino infilò dentro la testa.
Era lei l’intruso!
“E che cavolo, ce l’hai un attimo di pazienza?” le dissi leggermente irritato.
Ovviamente non rispose, mi squadrò per un lungo secondo con la sua espressione altezzosa poi si girò all’indietro, osservando con attenzione fuori dalla porta.
“Allora?” sbottai. “Dobbiamo stare qui un pezzo?”
In maniera sorprendente entrò nella cabina e chiuse la porta alle sue spalle. Ero disorientato, incredulo, che cavolo stava facendo?
Voleva ancora giocare a chi cede per primo?
Contenta lei…
Tolsi le mani a protezione del mio inguine e le appoggiai con enfasi sui fianchi, era entrata mentre ero nudo, no? E allora che si guardasse pure il mio cazzo, se voleva.
“Quindi ragazzina?” sospirai in tono provocatorio.
Essì cavolo, senza alcun pudore abbassò gli occhi e si mise proprio a fissarmi il cazzo. Ma ancora più sorprendente allungò entrambe le mani e cominciò ad accarezzarmelo.
“Ma che diavolo…” balbettai e lei prontamente mi bloccò appoggiandomi l’indice sulle labbra.
La sua espressione era ancora altera ma c’era una luce nuova nei suoi occhi, una luce strana. Sembrava quasi malizia.
Dopo avermi zittito tornò a lavorarsi il mio cazzo a due mani, lo impugnava davvero bene la ragazzina, in pochi secondi me lo tirò al suo massimo splendore; ero eccitato e confuso, non ci capivo davvero nulla.
Eravamo talmente vicini che la mia cappella le arrivava a contatto dell’ombelico, lei però non si scompose, continuò a masturbarmi delicatamente tenendo gli occhi fissi nei miei.
E allora, cavolo, se toccava lei, io che dovevo fare? starmene con le mani in mano con quel gran pezzo di ragazza davanti?
Non mi lasciò il tempo per terminare il pensiero, con un movimento rapido e aggraziato si chinò ai miei piedi, spostando i capelli di lato.
Possibile?
Possibilissimo, le sue piccole mani delicate accompagnarono il mio incredulo cazzo verso quel musetto austero, fu un’emozione pazzesca sentire la punta della lingua esplorare la pelle liscia e cristallina della mia cappella.
Una mano scese sullo scroto a palparmi delicatamente i testicoli mentre l’altra prese a manovrare il mio uccello come fosse la leva di un joystick, lo spostava a destra, a sinistra e verso l’alto per fare in modo che la morbida lingua potesse raggiungermi da ogni angolatura. Ci metteva proprio un grande impegno, sembrava alle prese con un gelato che si scioglie troppo in fretta.
Iniziavo a diventare ansioso, non vedevo l’ora di sentire qualcosa di più sostanzioso così le misi una mano fra i bellissimi capelli in un inequivocabile invito.
Fu la prima volta che la vidi sorridere. Nulla di eclatante, appena un accenno di incurvatura delle labbra, però le conferì un’aria particolarmente birichina.
Poi gli occhi tornarono sul suo bel gelato, lo scappellò per bene spingendo la mano all’indietro fin contro il mio pube, tolse un pelo ribelle che era rimasto sul prepuzio e si portò il tutto alla bocca.
All’inizio lo assaggiò senza troppa foga, spiluccando solo la cappella, ma ben presto prese confidenza e cominciò a muovere la testa avanti e indietro, accogliendo nella sua calda bocca una bella porzione di cazzo.
Dovetti ammettere che ci sapeva fare la giovane ‘ce-l’ho-solo-io’, non ai livelli di Valentina, vera e indiscussa artista del pompino, ma con le dovute proporzioni era sicuramente sulla buona strada. Quelle labbra carnose che a lungo mi avevano stregato svolgevano egregiamente il loro compito, scivolavano morbide su tutta la mia sensibilissima asta, seguendo a tempo il movimento della mano.
Il caldo afoso di quella cabina, lo stupore e l’emozione di trovarmi lì con lei, uniti all’abilità di quel pompino, misero a dura prova i miei sensi.
Già dopo pochi minuti iniziai a sentire i classici brividi dietro al collo e i muscoli delle gambe cominciavano pericolosamente a irrigidirsi.
Beh, per quanto fossi un convinto estimatore e appassionato di pompini, non potevo farmi sfuggire una tale occasione, quando mai mi sarebbe capitato nuovamente un corpo come quello fra le mani?
Richiamai la sua attenzione e fermai quel meraviglioso avanti-e-indietro accarezzandole il viso. “Ehi, se continui così finirai per imboccare la via di non ritorno,” sussurrai sorridendo fra me, quel ‘imboccare’ era in tutti i significati del termine, “e non mi sembra ancora il momento… vorrei prima poterti guardare, toccare, vorrei…”
Mi interruppe scuotendo la testa. “Tanto per essere chiari: io non scopo con quelli della tua età!”
“Ah!” esclamai confuso. Cercai invano parole adatte ma mi uscì solo un: “A quelli della mia… età, ti diverti solo a succhiarglielo?”
E che cavolo, avevo quarantadue anni, mica settanta!
Non finse neppure di essere offesa, la mia insinuazione le scivolò come nulla fosse. “Quelli della tua età neanche li vedo, se proprio vuoi saperlo, ma con te è stato piuttosto difficile, è una settimana che mi mangi con gli occhi!”
In effetti…
“E allora?”
“Allora…” fece spallucce. “sei un adulto, neanche così male, hai una gran bella moglie e la faccia da porco, ho immaginato che non ti mancasse l’esperienza. Quale test migliore per avere un giudizio imparziale su come me la cavo di bocca?”
Giudizio imparziale, adulto, faccia da porco, non ci capivo proprio niente e il cazzo accennò ad abbassare la china.
Lei non glielo concesse, lo riprese subito fra le sue deliziose manine. “Eh no, mica abbiamo tutta la mattina!” gli disse inclinando la testa di lato.
“Ma scusa”, cercai di restare concentrato, “a che ti serve un giudizio imparziale di uno della mia età?”
Due veloci pompate in gola, una specie di respirazione artificiale che ridiedero immediata vita al mio uccello. “Che tu ci creda o no ho iniziato da poco, non ho grande esperienza. E quella poca è solo con qualche coetaneo di poche pretese, a loro va bene tutto pur di godere. Ma adesso sto frequentando un tipo super, uno di ventinove anni che so essere molto esperto e non vorrei fare magre figure. Così ho pensato che uno come te potesse dirmi come me la cavo e magari darmi qualche suggerimento…”
“Fantastico…” commentai incredulo. Miss ce-l’ho-solo-io voleva diventare miss nessuna-lo– succhia-come-me. Davvero una ragazza di sani principi! “Quindi io sarei una specie di commissione d’esame”, proseguii con un evidente filo d’ironia. “Ma i voti vanno da zero a dieci come alle superiori o al trenta come all’università?”
Mi guardò di sbieco. “Piantala di fare lo scemo! Vuoi che la finiamo qui?” una polemica e provocatoria leccatina alla punta della cappella.
Eh no, a questo punto col cavolo che volevo finirla lì! “Ok, tu non scopi con quelli della mia età, e per curiosità, quanti anni hai?”
“Ventitré.”
Beh, pensavo peggio, evitai di dirle che avevo solo diciannove anni in più, a me sembravano pochi ma potevo immaginare che lei la pensasse diversamente.
“E a ventitré anni hai appena iniziato a usare quelle meravigliose labbra?”
“Qualcosa in contrario?” domandò con arroganza. Poi, visti i motivi per cui eravamo lì, si sentì in dovere di spiegare. “L’amore lo faccio da tanti anni ma questo no, non mi andava, mi schifava l’idea. Poi, a forza di insistere, un po’ di tempo fa ho provato e… insomma, è stato meno peggio del previsto.” Uno sbuffo di sufficienza. “Anche perché sembra che certi ragazzi non possano farne a meno!”
Una spiegazione abbastanza convincente ma quel ‘meno peggio del previsto’ poteva risparmiarselo. Le era piaciuto altroché il gusto del cazzo, quello che mi aveva fatto provare poco prima non lasciava adito a dubbi.
E glielo dissi con molto tatto. “ Allora sei una che apprende velocemente, l’impressione è stata ottima, non avrei mai detto che eri alle prime armi.”
Un velo di malcelato orgoglio le illuminò lo sguardo. “Quindi posso continuare?”
Rimasi un istante a riflettere, non volevo arrendermi, era troppo bella per non poterla neppure sfiorare. “Ok, appurato che non scopi con quelli della mia età, la mia esperienza però potrebbe esserti utile anche per altro”, proposi con un sorriso invitante. “Potrei farti provare come usa la lingua un uomo d’esperienza, che ne dici? Così, quando arriverai all’intimità con tuo bel ventinovenne, vedrai se è uno che ci sa fare per davvero. E dopo, sarò felicissimo di esaminare le tue capacità… orali. Con tanto di suggerimenti, se vuoi.”
Il suo sguardo vagò a lungo senza meta, si vedeva che era tentata. Sbuffò. “Non abbiamo molto tempo, fra un po’ è ora di pranzo, mio padre mi cercherà per servire a tavola.”
Ci mancava solo che mi facessi trovare in cabina con la figlia ventitreenne del bagnino! “Allora non perdiamolo, questo tempo.”
Si alzò in piedi e con una naturalezza disarmante sfilò lo slip. Per un attimo mi si bloccò il respiro davanti a quello spettacolo, era come se il costume le fosse rimasto disegnato addosso per effetto della perfetta abbronzatura.
Sospinse un materassino sopra ad altri gonfiabili e vi si appoggiò contro, non era del tutto sdraiata ma era il massimo che si potesse ottenere in quel luogo angusto e io non persi tempo a rannicchiarmi fra le sue gambe.
Quel meraviglioso Monte di Venere svettava completamente depilato, una dolce collinetta liscia e vellutata, divisa a metà da quella invitante fessura ancora del tutto accostata.
Divaricai le cosce tenendole a due mani e infilai la testa nel mezzo, fu una sensazione strana appoggiare la lingua a quella patatina giovane, provai una insolita euforia e allo stesso tempo mi sentii l’adulto con la faccia da porco da lei citato poco prima.
Con non poca soddisfazione la scoprii umida e viscida, la piccola e arrogante troietta si era eccitata nel succhiare il cazzo del ‘vecchietto’, altro che ‘meno peggio del previsto’, le piaceva proprio gustarselo in gola, si era bagnata anche a giocare col mio! Quella scoperta mi fece mettere da parte ogni residuo scrupolo e cominciai a leccarla come meglio sapevo, scopandola fino in fondo con la punta della lingua prima di dedicarmi al suo sviluppatissimo clitoride.
E potevo tralasciare il bottoncino bruno al centro di quelle perfette natiche? Certo che no, e la sua reazione stupita e confusa -ma affatto dispiaciuta- mi fece capire di essere stato il primo ad osare fin lì.
Di tanto in tanto sbirciavo in cerca dei suoi occhi, continuava a fare la sostenuta, non sembrava intenzionata a darmi troppe soddisfazioni allora mi concentrai alla fonte del piacere, succhiai e torturai a lungo il turgido clitoride fino a strapparle i primi ansimi soffocati. Quando mi resi conto che ormai aveva mollato gli ormeggi aggiunsi anche due dita e il gradimento fu immediato, inarcò la schiena e mugolò mordendosi il labbro.
Poco prima che il suo orgasmo rompesse gli argini infilai un falange anche in quel culo da Oscar e lei non ci pensò proprio a protestare, venne agitandosi come un ossesso con la mia lingua famelica sul grilletto, due dita in fondo alla passera e buona parte del pollice infilato nel culo.
Non credo ci volesse un grande indovino per predire un futuro di gioie e soddisfazioni a quello stratosferico fondoschiena.
Mentre ancora ansante e sudata cercava di riprendere fiato salii su di lei per sbirciare sotto al reggiseno, non avevo degnato di alcuna attenzione quelle splendide tette, almeno una palpatina dovevo concedermela.
“Ecco”, le dissi soddisfatto, “ora sai cosa aspettarti da un uomo esperto. E considera”, le strizzai l’occhio, “che questo sarebbe solo l’antipasto.”
Non le chiesi se le era piaciuto, non l’avrebbe mai ammesso, ma fu comunque appagante vedere la luce che brillava nei suoi occhi. Si stava certamente chiedendo in cosa consistesse l’intero pasto.
Ero stato bravo a vendere me stesso, in realtà non credo che non avrei fatto una gran figura se avesse voluto provare anche il resto, ero talmente eccitato e carico di erotismo che sarei venuto prima di metterglielo dentro!
Ma intanto lei mi guardava con quegli occhi e io gongolavo fiero.
Poi, senza una parola, si ricompose. Raccolse da terra il suo slippino e lo infilò, invitandomi a prendere il suo posto sull’umido e bollente materassino.
“Ora sono tutto tuo”, incrociai le mani dietro la nuca, “pronto a valutazioni e suggerimenti.”
Riprese da dove l’avevo interrotta una decina di minuti prima, stavolta la posizione leggermente reclinata del mio corpo le consentiva di muoversi meglio su di me, la sua testa saliva e scendeva seguendo la mano, da sotto mi masturbava e subito sopra le sue labbra succhiavano e mi deliziavano, era un po’ spicciativo come pompino ma sicuramente gradevole.
Le dissi che comprendevo i motivi di urgenza dettati dal particolare momento, però le consigliai di provare almeno un po’ a farlo senza mani.
“Come in bicicletta”, aggiunsi con un sorrisino scemo, “quando diventi bravina, devi provare ad andare anche senza mani.”
Mi guardò per qualche secondo perplessa poi si aggrappò ai miei fianchi e si esibì come le avevo chiesto, solo di bocca, e il risultato fu sorprendente.
Riuscì in pochi minuti a portarmi all’apice, fui costretto a farle i complimenti per le fantastiche labbra e i suoi occhi sorrisero compiaciuti.
“Ora però non ce la faccio più”, ansimai fermandola un secondo, “se continui ancora un po’ vengo.”
“Devo mandare giù?” mi domandò con una smorfia schifata.
Spalancai gli occhi sorridendo. “Come sei abituata a farlo, ai tuoi coetanei?”
“In genere finisco con la sega, un paio di volte con la bocca ma poi ho sputato…”
“Guarda, ti dico la mia: il tuo pompino è già da laurea così, mi hai davvero stupito, per essere una principiante hai un notevole talento.”
“E per avere il trenta e lode come devo finirlo? È obbligatorio ingoiare?”
“Secondo me devi finirlo come piace a te, per diventare sempre più brava e appassionata devi fare ciò che piace a te, senza forzature. E se lui è intelligente, capirà.”
Scosse la testa con aria buffa. “Allora, da quello che ho sentito dire, non è così intelligente.”
“E tu fregatene. Fagli capire che a te piace farlo, che ne vai pazza, ma che ti piace farlo come vuoi tu, non come vuole lui.”
“Come piace a me”, ripeté pensierosa poi senza aggiungere altro tornò a ficcarselo in gola.
Ormai avevo l’orgasmo sull’orlo del precipizio, come riprese a succhiare sentii il lungo e magico piacere avvolgermi tutto il corpo, dalla pianta dei piedi alla radice dei capelli.
Irrigidii tutti i muscoli -soprattutto ‘il’ muscolo- e lei se ne accorse immediatamente, cercò i miei occhi per vedermi godere.
Mi resi conto in quell’istante che non sapevo il suo nome, non sapevo come chiamarla, così le dissi solo: “Oh cavolo è stupendo, sto per venire, cazzo sto per venire…”
Ero proprio curioso di vedere come avrebbe deciso di farlo.
Quando l’onda impetuosa del piacere raggiunse la sua massima altezza, pronta a travolgermi, socchiusi gli occhi un istante, solo un attimo, prima dell’orgasmo.
E fu in quell’attimo che una luce accecante illuminò le mie palpebre.
“Ehi, ehi amore!” sentii all’improvviso.
Portai la mani a schermo del viso e aprii gli occhi, boccheggiando.
“Ehi amore”, ripeté Valentina sorridendomi.
Valentina?
Angosciato mi guardai attorno, ero sul lettino, sotto il torrido sole di luglio, tutto sudato.
Niente cabina spogliatoio, niente materassino, niente miss ce-l’ho-solo-io.
E niente favoloso pompino.
Cazzo, proprio sul più bello!
“Amore”, tornò a sussurrarmi la mia compagna con sguardo divertito, “credo tu abbia fatto uno strano sogno, è meglio che ti giri pancia in giù, stai dando spettacolo!” e sogghignò spostando lo sguardo verso il mio pube.
Mi sollevai per guardare a mia volta, era onestamente imbarazzante.
Per fortuna sopra allo slip avevo indossato il pantaloncino, ma l’erezione era comunque evidente, credo che anche gli amici stessero ridendo di me.
Raccolsi le gambe per mascherare l’inquietante protuberanza e Valentina rise ancora. “Oppure amore, se riesci a raggiungere il mare senza dare troppo scandalo…” il suo bellissimo sguardo da maialina tentatrice, “in acqua ci penso io a mettere a cuccia la bestia!”
Risi con lei e la baciai sulle labbra, mi sentii in colpa per quella assurda fantasia, meno male che era stato solo un sogno.
Beh, pensai mentre con le braccia a penzoloni correvo verso il mare, meno male un cavolo, non facciamo troppo i virtuosi. Per quanto amassi Valentina, per quanto fosse sicuramente la donna più importante e sexy della mia vita… beh, una mezzoretta in quella cabina con Miss ce-l’ho-solo-io l’avrei fatta volentieri.
Molto più che volentieri.
Anche perché, si sa, cose così succedono solo nei sogni!
Racconto leggero e scherzoso nato per caso in una mattina di mezza estate. Fissando due tette perfette, due gambe da favola e un culo da sogno.
Era dietro al banco bar dello stabilimento balneare, canotta scollata da cui sbirciava un seno scolpito nel marmo, carnagione ambrata e due occhi verdi che illuminavano uno stupendo viso imbronciato.
Quando si girò verso la macchina del caffè per preparare i cappuccini sentii una gomitata al costato. “Che stragnocca galattica!” sussurrò Mirco sogghignando.
Mi limitai ad annuire con enfasi, davvero notevole.
Avrà avuto una ventina d’anni, poco di più, e a parte le tette, che esibiva in maniera sfrontata, era stato il viso a colpirmi maggiormente, un viso di una bellezza impressionante.
Non si può dire però che fosse simpatica per quanto bella, non ci degnò di un saluto, di un sorriso, neppure un cenno del capo, appoggiò i cappuccini sul banco e tornò a girarci le spalle. Dovetti chiamarla tre volte -con un educato ‘Signorina…’- per chiederle il conto, e lei non fece altro che appoggiarmi lo scontrino davanti.
“Forse è muta,” dissi a Mirco in tono abbastanza alto perché lei mi sentisse, ma ovviamente fece finta di nulla.
Sapevo che non era muta, l’avevo sentita discutere col padre mentre ci preparava i cappuccini, era solo molto spocchiosa ed estremamente piena di sé.
Vabbè, non me ne sarei fatto certo un problema, potevo vivere anche senza il suo saluto.
Anche perché non ero lì a caccia di fauna locale, stavo trascorrendo la mia tranquilla vacanza assieme a Valentina, la mia compagna, e al solito gruppo di amici, tre coppie stabili e mature, senza figli, senza troppi problemi.
Quell’anno avevamo deciso per la costa marchigiana, un paesino ai confini con l’Abruzzo col borgo vecchio arroccato su una collina. E avevamo scelto a caso quello stabilimento balneare piccolo e un po’ antico, molto familiare. I gestori erano tutti simpatici ed espansivi, tutti tranne lei.
Ma, tornai a ripetere, se la tirasse quanto voleva, la cosa non mi toccava.
Quel pomeriggio, però, quando la vidi scendere in spiaggia con alcuni coetanei, dovetti fare uno sforzo per richiudere la mandibola che mi era crollata come colpita da improvvisa paralisi, il viso e le tette erano solo la punta dell’iceberg, quella ragazza era obbiettivamente straordinaria.
Aveva sciolto i capelli che in quel momento le ricadevano ribelli e fluenti fino a metà della schiena, e da lì in giù era l’apoteosi della perfezione. La schiena si incurvava, con un’evidente fossetta centrale, nel punto esatto in cui prendeva forma un sedere che neppure uno scultore avrebbe potuto fare meglio (neanche con i suggerimenti di Tinto Brass). Sodo, tonico e rotondo, con due perfette natiche che si sfioravano appena, maliziosamente evidenziato da un bikini brasiliano che non lasciava nulla all’immaginazione. A seguire due gambe dall’abbronzatura perfetta, lunghe, snelle e affusolate, non riuscivo a trovarle un solo difetto. Anche i piedi sembravano quelli di una pubblicità, con unghia perfettamente laccate in tinta col bikini.
Si voltò indietro e casualmente incrociò il mio sguardo, pensai che avrebbe finto di non vedermi invece indugiò col suo cipiglio arrogante e sollevò appena le spalle come a dirmi: “Che cazzo guardi?”
Mi tolsi dall’imbarazzo con un vago sorriso ebete e tornai al mio romanzo noir, in effetti che cazzo stavo guardando? Ero in vacanza con Valentina e anche fossi stato solo quella non era certo roba per me. Decisamente troppo giovane -a spanne una ventina d’anni di differenza- e sicuramente troppo bella.
I giorni seguenti trascorsero sereni, stavo bene con gli amici e con Valentina, fu una vacanza piacevole e divertente, l’unico problema era quando incontravo lei. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso, era più forte di me, cercavo di fare l’indifferente, mi nascondevo dietro gli occhiali da sole ma non potevo non osservarla. E quando se ne accorgeva, mi fulminava con quella solita espressione da ‘che cazzo guardi?’.
Era onestamente imbarazzante, mi sentivo un pervertito. Per una ragazza della sua età rientravo già nella categoria dei ‘matusa’, probabilmente mi vedeva come un vecchio bavoso che fantasticava sulle ragazzine.
In realtà nessuna delle due cose era vera, non le sbavavo dietro e neppure fantasticavo su di lei, semplicemente non riuscivo a fare a meno di ammirare la sua bellezza.
Mi ripromisi di provare ad ignorarla e per qualche giorno ci riuscii, ma poi quel giovedì fu devastante.
Le donne erano andate a fare una passeggiata sul bagnasciuga, Mirco e Luca stavano cazzeggiando in acqua mentre io ero rimasto sul lettino alle prese con le ultime pagine del libro. Un’ombra mi oscurò il sole per un secondo, spostai leggermente lo sguardo alla mia destra e vidi le sue lunghe gambe lì accanto.
Non ci fu bisogno di alzare lo sguardo, l’avevo riconosciuta, quelle gambe non si confondevano con altre e indossava lo stesso minuscolo bikini. Stava parlando con un’amica poco distante, sentivo il suo accento spiccatamente marchigiano, le parole troncate e qualche incomprensibile termine dialettale. Onestamente da cotanta gnocca mi aspettavo un linguaggio più fine e ricercato ma a guardare bene era una semplice ragazzotta di paese, tutti i meriti erano da attribuire a madre natura, lei di suo ci aveva messo ben poco.
Era a non più di un metro da me, di profilo, e anche restando immobile potevo vedere con la coda dell’occhio la parte terminale delle sue gambe e l’inizio del ventre. Fu impossibile non soffermare lo sguardo su quel gran ‘gnocco di topa’ che riempiva la parte anteriore dello slip, Mirco col suo simpatico slang l’aveva già ribattezzata ‘musona’, vezzeggiativo che dalle nostre parti si attribuisce alle donne spesso imbronciate o a quelle col Monte di Venere particolarmente pronunciato. E a lei si addiceva in entrambi i casi, ma in quel momento era la seconda caratteristica a rapire il mio sguardo, sporgeva in maniera vistosa oltre le fossette iliache ed era reso ancor più evidente dal ventre liscio e piatto.
Non so se si accorse che la stavo guardando, comunque fece due passi in avanti, verso la sua amica, e si girò di lato, dandomi la schiena.
Per un attimo pensai l’avesse fatto apposta, ero riuscito a restare tre giorni senza cercarla con lo sguardo e all’improvviso mi ritrovavo il suo perfetto culo a meno di due metri di distanza, con vista dal basso verso l’altro, la miglior prospettiva al mondo. Per tutti i tre minuti e ventisei secondi che rimase lì, non feci altro che fissarlo in silenziosa adorazione.
E censurai immediatamente i pensieri che si stavano formando nella mia mente, in quell’occasione sì, che avevo iniziato a fantasticare, non posso negarlo.
Il giorno dopo la vidi solo in tarda mattinata, dopo il bagno in mare ero salito per farmi una doccia e lei era lì, intenta a sistemare i tavoli sotto la veranda.
Ovviamente ci cascai nuovamente, mi incantai a guardarla e lei mi lanciò il solito sguardo gelido, accompagnato quella volta anche da una smorfia del viso.
Decisi di far finta di nulla, tanto non c’era rimedio, i miei occhi sembravano calamitati. Dopo la visione di qualche ora prima, poi…
Terminata la doccia mi avvicinai a quella che con molto ottimismo veniva definita ‘Cabina Spogliatoio’, trovandola però occupata. Così mentre attendevo il mio turno continuai imperterrito a fissare la giovane, fregandomene della sua aria seccata.
Se voleva fare la gran donna che facesse pure, io non ci pensavo proprio ad abbassare lo sguardo.
Poi un’anziana signora uscì dallo spogliatoio e il gioco a chi cede prima si concluse.
Senza vincitori.
Pur essendo piuttosto grande, circa il doppio di una cabina normale, all’interno di quello spogliatoio ci si muoveva appena tanto era piena di cianfrusaglie. Sul pavimento e sugli attaccapanni stavano buste a rete piene di secchielli e palette e il resto dello spazio era occupato da salvagenti, braccioli e un paio di materassini gonfiabili.
Avevo appena tolto lo slip bagnato e mi stavo asciugando con la salvietta quando vidi una sagoma davanti alle stecche in legno della porta.
Provò inutilmente ad aprire, avevo girato la maniglia sulla posizione bloccata. “Occupato!” esclamai.
L’ombra rimase lì davanti in attesa così proseguii nelle mie azioni, ma non appena appoggiai l’asciugamano per prende il costume asciutto sentii una chiave infilarsi nella toppa esterna.
“Occupato!” tornai a ripetere a voce più alta.
L’intruso non se ne preoccupò, con un movimento deciso socchiuse la porta.
Feci appena in tempo a coprirmi con le mani che la giovane figlia del bagnino infilò dentro la testa.
Era lei l’intruso!
“E che cavolo, ce l’hai un attimo di pazienza?” le dissi leggermente irritato.
Ovviamente non rispose, mi squadrò per un lungo secondo con la sua espressione altezzosa poi si girò all’indietro, osservando con attenzione fuori dalla porta.
“Allora?” sbottai. “Dobbiamo stare qui un pezzo?”
In maniera sorprendente entrò nella cabina e chiuse la porta alle sue spalle. Ero disorientato, incredulo, che cavolo stava facendo?
Voleva ancora giocare a chi cede per primo?
Contenta lei…
Tolsi le mani a protezione del mio inguine e le appoggiai con enfasi sui fianchi, era entrata mentre ero nudo, no? E allora che si guardasse pure il mio cazzo, se voleva.
“Quindi ragazzina?” sospirai in tono provocatorio.
Essì cavolo, senza alcun pudore abbassò gli occhi e si mise proprio a fissarmi il cazzo. Ma ancora più sorprendente allungò entrambe le mani e cominciò ad accarezzarmelo.
“Ma che diavolo…” balbettai e lei prontamente mi bloccò appoggiandomi l’indice sulle labbra.
La sua espressione era ancora altera ma c’era una luce nuova nei suoi occhi, una luce strana. Sembrava quasi malizia.
Dopo avermi zittito tornò a lavorarsi il mio cazzo a due mani, lo impugnava davvero bene la ragazzina, in pochi secondi me lo tirò al suo massimo splendore; ero eccitato e confuso, non ci capivo davvero nulla.
Eravamo talmente vicini che la mia cappella le arrivava a contatto dell’ombelico, lei però non si scompose, continuò a masturbarmi delicatamente tenendo gli occhi fissi nei miei.
E allora, cavolo, se toccava lei, io che dovevo fare? starmene con le mani in mano con quel gran pezzo di ragazza davanti?
Non mi lasciò il tempo per terminare il pensiero, con un movimento rapido e aggraziato si chinò ai miei piedi, spostando i capelli di lato.
Possibile?
Possibilissimo, le sue piccole mani delicate accompagnarono il mio incredulo cazzo verso quel musetto austero, fu un’emozione pazzesca sentire la punta della lingua esplorare la pelle liscia e cristallina della mia cappella.
Una mano scese sullo scroto a palparmi delicatamente i testicoli mentre l’altra prese a manovrare il mio uccello come fosse la leva di un joystick, lo spostava a destra, a sinistra e verso l’alto per fare in modo che la morbida lingua potesse raggiungermi da ogni angolatura. Ci metteva proprio un grande impegno, sembrava alle prese con un gelato che si scioglie troppo in fretta.
Iniziavo a diventare ansioso, non vedevo l’ora di sentire qualcosa di più sostanzioso così le misi una mano fra i bellissimi capelli in un inequivocabile invito.
Fu la prima volta che la vidi sorridere. Nulla di eclatante, appena un accenno di incurvatura delle labbra, però le conferì un’aria particolarmente birichina.
Poi gli occhi tornarono sul suo bel gelato, lo scappellò per bene spingendo la mano all’indietro fin contro il mio pube, tolse un pelo ribelle che era rimasto sul prepuzio e si portò il tutto alla bocca.
All’inizio lo assaggiò senza troppa foga, spiluccando solo la cappella, ma ben presto prese confidenza e cominciò a muovere la testa avanti e indietro, accogliendo nella sua calda bocca una bella porzione di cazzo.
Dovetti ammettere che ci sapeva fare la giovane ‘ce-l’ho-solo-io’, non ai livelli di Valentina, vera e indiscussa artista del pompino, ma con le dovute proporzioni era sicuramente sulla buona strada. Quelle labbra carnose che a lungo mi avevano stregato svolgevano egregiamente il loro compito, scivolavano morbide su tutta la mia sensibilissima asta, seguendo a tempo il movimento della mano.
Il caldo afoso di quella cabina, lo stupore e l’emozione di trovarmi lì con lei, uniti all’abilità di quel pompino, misero a dura prova i miei sensi.
Già dopo pochi minuti iniziai a sentire i classici brividi dietro al collo e i muscoli delle gambe cominciavano pericolosamente a irrigidirsi.
Beh, per quanto fossi un convinto estimatore e appassionato di pompini, non potevo farmi sfuggire una tale occasione, quando mai mi sarebbe capitato nuovamente un corpo come quello fra le mani?
Richiamai la sua attenzione e fermai quel meraviglioso avanti-e-indietro accarezzandole il viso. “Ehi, se continui così finirai per imboccare la via di non ritorno,” sussurrai sorridendo fra me, quel ‘imboccare’ era in tutti i significati del termine, “e non mi sembra ancora il momento… vorrei prima poterti guardare, toccare, vorrei…”
Mi interruppe scuotendo la testa. “Tanto per essere chiari: io non scopo con quelli della tua età!”
“Ah!” esclamai confuso. Cercai invano parole adatte ma mi uscì solo un: “A quelli della mia… età, ti diverti solo a succhiarglielo?”
E che cavolo, avevo quarantadue anni, mica settanta!
Non finse neppure di essere offesa, la mia insinuazione le scivolò come nulla fosse. “Quelli della tua età neanche li vedo, se proprio vuoi saperlo, ma con te è stato piuttosto difficile, è una settimana che mi mangi con gli occhi!”
In effetti…
“E allora?”
“Allora…” fece spallucce. “sei un adulto, neanche così male, hai una gran bella moglie e la faccia da porco, ho immaginato che non ti mancasse l’esperienza. Quale test migliore per avere un giudizio imparziale su come me la cavo di bocca?”
Giudizio imparziale, adulto, faccia da porco, non ci capivo proprio niente e il cazzo accennò ad abbassare la china.
Lei non glielo concesse, lo riprese subito fra le sue deliziose manine. “Eh no, mica abbiamo tutta la mattina!” gli disse inclinando la testa di lato.
“Ma scusa”, cercai di restare concentrato, “a che ti serve un giudizio imparziale di uno della mia età?”
Due veloci pompate in gola, una specie di respirazione artificiale che ridiedero immediata vita al mio uccello. “Che tu ci creda o no ho iniziato da poco, non ho grande esperienza. E quella poca è solo con qualche coetaneo di poche pretese, a loro va bene tutto pur di godere. Ma adesso sto frequentando un tipo super, uno di ventinove anni che so essere molto esperto e non vorrei fare magre figure. Così ho pensato che uno come te potesse dirmi come me la cavo e magari darmi qualche suggerimento…”
“Fantastico…” commentai incredulo. Miss ce-l’ho-solo-io voleva diventare miss nessuna-lo– succhia-come-me. Davvero una ragazza di sani principi! “Quindi io sarei una specie di commissione d’esame”, proseguii con un evidente filo d’ironia. “Ma i voti vanno da zero a dieci come alle superiori o al trenta come all’università?”
Mi guardò di sbieco. “Piantala di fare lo scemo! Vuoi che la finiamo qui?” una polemica e provocatoria leccatina alla punta della cappella.
Eh no, a questo punto col cavolo che volevo finirla lì! “Ok, tu non scopi con quelli della mia età, e per curiosità, quanti anni hai?”
“Ventitré.”
Beh, pensavo peggio, evitai di dirle che avevo solo diciannove anni in più, a me sembravano pochi ma potevo immaginare che lei la pensasse diversamente.
“E a ventitré anni hai appena iniziato a usare quelle meravigliose labbra?”
“Qualcosa in contrario?” domandò con arroganza. Poi, visti i motivi per cui eravamo lì, si sentì in dovere di spiegare. “L’amore lo faccio da tanti anni ma questo no, non mi andava, mi schifava l’idea. Poi, a forza di insistere, un po’ di tempo fa ho provato e… insomma, è stato meno peggio del previsto.” Uno sbuffo di sufficienza. “Anche perché sembra che certi ragazzi non possano farne a meno!”
Una spiegazione abbastanza convincente ma quel ‘meno peggio del previsto’ poteva risparmiarselo. Le era piaciuto altroché il gusto del cazzo, quello che mi aveva fatto provare poco prima non lasciava adito a dubbi.
E glielo dissi con molto tatto. “ Allora sei una che apprende velocemente, l’impressione è stata ottima, non avrei mai detto che eri alle prime armi.”
Un velo di malcelato orgoglio le illuminò lo sguardo. “Quindi posso continuare?”
Rimasi un istante a riflettere, non volevo arrendermi, era troppo bella per non poterla neppure sfiorare. “Ok, appurato che non scopi con quelli della mia età, la mia esperienza però potrebbe esserti utile anche per altro”, proposi con un sorriso invitante. “Potrei farti provare come usa la lingua un uomo d’esperienza, che ne dici? Così, quando arriverai all’intimità con tuo bel ventinovenne, vedrai se è uno che ci sa fare per davvero. E dopo, sarò felicissimo di esaminare le tue capacità… orali. Con tanto di suggerimenti, se vuoi.”
Il suo sguardo vagò a lungo senza meta, si vedeva che era tentata. Sbuffò. “Non abbiamo molto tempo, fra un po’ è ora di pranzo, mio padre mi cercherà per servire a tavola.”
Ci mancava solo che mi facessi trovare in cabina con la figlia ventitreenne del bagnino! “Allora non perdiamolo, questo tempo.”
Si alzò in piedi e con una naturalezza disarmante sfilò lo slip. Per un attimo mi si bloccò il respiro davanti a quello spettacolo, era come se il costume le fosse rimasto disegnato addosso per effetto della perfetta abbronzatura.
Sospinse un materassino sopra ad altri gonfiabili e vi si appoggiò contro, non era del tutto sdraiata ma era il massimo che si potesse ottenere in quel luogo angusto e io non persi tempo a rannicchiarmi fra le sue gambe.
Quel meraviglioso Monte di Venere svettava completamente depilato, una dolce collinetta liscia e vellutata, divisa a metà da quella invitante fessura ancora del tutto accostata.
Divaricai le cosce tenendole a due mani e infilai la testa nel mezzo, fu una sensazione strana appoggiare la lingua a quella patatina giovane, provai una insolita euforia e allo stesso tempo mi sentii l’adulto con la faccia da porco da lei citato poco prima.
Con non poca soddisfazione la scoprii umida e viscida, la piccola e arrogante troietta si era eccitata nel succhiare il cazzo del ‘vecchietto’, altro che ‘meno peggio del previsto’, le piaceva proprio gustarselo in gola, si era bagnata anche a giocare col mio! Quella scoperta mi fece mettere da parte ogni residuo scrupolo e cominciai a leccarla come meglio sapevo, scopandola fino in fondo con la punta della lingua prima di dedicarmi al suo sviluppatissimo clitoride.
E potevo tralasciare il bottoncino bruno al centro di quelle perfette natiche? Certo che no, e la sua reazione stupita e confusa -ma affatto dispiaciuta- mi fece capire di essere stato il primo ad osare fin lì.
Di tanto in tanto sbirciavo in cerca dei suoi occhi, continuava a fare la sostenuta, non sembrava intenzionata a darmi troppe soddisfazioni allora mi concentrai alla fonte del piacere, succhiai e torturai a lungo il turgido clitoride fino a strapparle i primi ansimi soffocati. Quando mi resi conto che ormai aveva mollato gli ormeggi aggiunsi anche due dita e il gradimento fu immediato, inarcò la schiena e mugolò mordendosi il labbro.
Poco prima che il suo orgasmo rompesse gli argini infilai un falange anche in quel culo da Oscar e lei non ci pensò proprio a protestare, venne agitandosi come un ossesso con la mia lingua famelica sul grilletto, due dita in fondo alla passera e buona parte del pollice infilato nel culo.
Non credo ci volesse un grande indovino per predire un futuro di gioie e soddisfazioni a quello stratosferico fondoschiena.
Mentre ancora ansante e sudata cercava di riprendere fiato salii su di lei per sbirciare sotto al reggiseno, non avevo degnato di alcuna attenzione quelle splendide tette, almeno una palpatina dovevo concedermela.
“Ecco”, le dissi soddisfatto, “ora sai cosa aspettarti da un uomo esperto. E considera”, le strizzai l’occhio, “che questo sarebbe solo l’antipasto.”
Non le chiesi se le era piaciuto, non l’avrebbe mai ammesso, ma fu comunque appagante vedere la luce che brillava nei suoi occhi. Si stava certamente chiedendo in cosa consistesse l’intero pasto.
Ero stato bravo a vendere me stesso, in realtà non credo che non avrei fatto una gran figura se avesse voluto provare anche il resto, ero talmente eccitato e carico di erotismo che sarei venuto prima di metterglielo dentro!
Ma intanto lei mi guardava con quegli occhi e io gongolavo fiero.
Poi, senza una parola, si ricompose. Raccolse da terra il suo slippino e lo infilò, invitandomi a prendere il suo posto sull’umido e bollente materassino.
“Ora sono tutto tuo”, incrociai le mani dietro la nuca, “pronto a valutazioni e suggerimenti.”
Riprese da dove l’avevo interrotta una decina di minuti prima, stavolta la posizione leggermente reclinata del mio corpo le consentiva di muoversi meglio su di me, la sua testa saliva e scendeva seguendo la mano, da sotto mi masturbava e subito sopra le sue labbra succhiavano e mi deliziavano, era un po’ spicciativo come pompino ma sicuramente gradevole.
Le dissi che comprendevo i motivi di urgenza dettati dal particolare momento, però le consigliai di provare almeno un po’ a farlo senza mani.
“Come in bicicletta”, aggiunsi con un sorrisino scemo, “quando diventi bravina, devi provare ad andare anche senza mani.”
Mi guardò per qualche secondo perplessa poi si aggrappò ai miei fianchi e si esibì come le avevo chiesto, solo di bocca, e il risultato fu sorprendente.
Riuscì in pochi minuti a portarmi all’apice, fui costretto a farle i complimenti per le fantastiche labbra e i suoi occhi sorrisero compiaciuti.
“Ora però non ce la faccio più”, ansimai fermandola un secondo, “se continui ancora un po’ vengo.”
“Devo mandare giù?” mi domandò con una smorfia schifata.
Spalancai gli occhi sorridendo. “Come sei abituata a farlo, ai tuoi coetanei?”
“In genere finisco con la sega, un paio di volte con la bocca ma poi ho sputato…”
“Guarda, ti dico la mia: il tuo pompino è già da laurea così, mi hai davvero stupito, per essere una principiante hai un notevole talento.”
“E per avere il trenta e lode come devo finirlo? È obbligatorio ingoiare?”
“Secondo me devi finirlo come piace a te, per diventare sempre più brava e appassionata devi fare ciò che piace a te, senza forzature. E se lui è intelligente, capirà.”
Scosse la testa con aria buffa. “Allora, da quello che ho sentito dire, non è così intelligente.”
“E tu fregatene. Fagli capire che a te piace farlo, che ne vai pazza, ma che ti piace farlo come vuoi tu, non come vuole lui.”
“Come piace a me”, ripeté pensierosa poi senza aggiungere altro tornò a ficcarselo in gola.
Ormai avevo l’orgasmo sull’orlo del precipizio, come riprese a succhiare sentii il lungo e magico piacere avvolgermi tutto il corpo, dalla pianta dei piedi alla radice dei capelli.
Irrigidii tutti i muscoli -soprattutto ‘il’ muscolo- e lei se ne accorse immediatamente, cercò i miei occhi per vedermi godere.
Mi resi conto in quell’istante che non sapevo il suo nome, non sapevo come chiamarla, così le dissi solo: “Oh cavolo è stupendo, sto per venire, cazzo sto per venire…”
Ero proprio curioso di vedere come avrebbe deciso di farlo.
Quando l’onda impetuosa del piacere raggiunse la sua massima altezza, pronta a travolgermi, socchiusi gli occhi un istante, solo un attimo, prima dell’orgasmo.
E fu in quell’attimo che una luce accecante illuminò le mie palpebre.
“Ehi, ehi amore!” sentii all’improvviso.
Portai la mani a schermo del viso e aprii gli occhi, boccheggiando.
“Ehi amore”, ripeté Valentina sorridendomi.
Valentina?
Angosciato mi guardai attorno, ero sul lettino, sotto il torrido sole di luglio, tutto sudato.
Niente cabina spogliatoio, niente materassino, niente miss ce-l’ho-solo-io.
E niente favoloso pompino.
Cazzo, proprio sul più bello!
“Amore”, tornò a sussurrarmi la mia compagna con sguardo divertito, “credo tu abbia fatto uno strano sogno, è meglio che ti giri pancia in giù, stai dando spettacolo!” e sogghignò spostando lo sguardo verso il mio pube.
Mi sollevai per guardare a mia volta, era onestamente imbarazzante.
Per fortuna sopra allo slip avevo indossato il pantaloncino, ma l’erezione era comunque evidente, credo che anche gli amici stessero ridendo di me.
Raccolsi le gambe per mascherare l’inquietante protuberanza e Valentina rise ancora. “Oppure amore, se riesci a raggiungere il mare senza dare troppo scandalo…” il suo bellissimo sguardo da maialina tentatrice, “in acqua ci penso io a mettere a cuccia la bestia!”
Risi con lei e la baciai sulle labbra, mi sentii in colpa per quella assurda fantasia, meno male che era stato solo un sogno.
Beh, pensai mentre con le braccia a penzoloni correvo verso il mare, meno male un cavolo, non facciamo troppo i virtuosi. Per quanto amassi Valentina, per quanto fosse sicuramente la donna più importante e sexy della mia vita… beh, una mezzoretta in quella cabina con Miss ce-l’ho-solo-io l’avrei fatta volentieri.
Molto più che volentieri.
Anche perché, si sa, cose così succedono solo nei sogni!
Racconto leggero e scherzoso nato per caso in una mattina di mezza estate. Fissando due tette perfette, due gambe da favola e un culo da sogno.
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