In una galassia lontana lontana...
di
mimma_goose
genere
fantascienza
C'era una volta, in una galassia lontana lontana, in un sistema planetario nel braccio a spirale più vicino al centro di quella galassia, una civiltà antica di millenni. Questa civiltà esigeva la netta separazione tra i due sessi. Per cui in ogni casa c'era la zona riservata ai maschi e la zona riservata alle femmine in cui nessuno dell'altro sesso poteva mettere piede.
In ogni città c'erano i trasporti, le scuole, i negozi riservati alle femmine e quelli riservati ai maschi. I due sessi non si potevano mescolare tra di loro in modo sconveniente.
Quando nascevano, le femmine venivano sottoposte ad un rituale con cui si applicava un apposito dispositivo per sigillare la loro femminilità. Il sigillo doveva essere infranto solo contraendo un matrimonio, concordato tra le famiglie. E c'era un solo modo per farlo: doveva essere deflorata da un uomo.
Orbene, in una delle città più piccole, ai piedi di una dolce catena montuosa, viveva una famiglia, la cui origine della stirpe poteva essere fatta risalire fino alla fondazione della civiltà. L'ultimo discendente di quella stirpe, aveva fatto sposare i figli maschi già da tempo, tanto che essi avevano a loro volta generato dei figli. Anche le figlie più grandi si erano sposate. Ne rimanevano solo due, le più giovani. Era un privilegio per pochi poter avere in moglie una femmina di tale stirpe.
Un giorno venne contattato da un mediatore di una delle famiglie più ricche e note su quel mondo. Aveva l'ordine di contrattare l'acquisto delle spose per il figlio maggiore ed erede di quell'impero economico.
Le trattative erano ad un buon punto, era già stata pattuita la somma da pagare. Ora restava solo l'ultima formalità. La scelta della sposa e la verifica del sigillo.
Vennero convocate le due giovani ragazze. Esse si presentarono nello studio del padre e, alla vista dello sconosciuto, si chinarono a terra inginocchiate, con il busto e la fronte quasi sul pavimento, secondo quanto era stato loro insegnato.
Il padre parlò.
— Figlie, questo è il mediatore inviato dalla famiglia …………………… per l'acquisto di una sposa. Le trattative sono già terminate ed ora resta solo un termine da verificare.
L'uomo invitò il mediatore stesso a verificare il loro sigillo.
Il mediatore si avvicinò alle due giovani da dietro. Sollevò il mantello, scoprendo loro le parti intime. Si inginocchiò pure lui per osservare meglio da vicino il sigillo. Quando allungò un dito verso una delle due, ne ricevette una piccola scossa, segno questo che era ancora intatta. Ma quando fece lo stesso sull'altra non accadde nulla.
Il mediatore si rialzò indignato, sbraitando che la famiglia a cui apparteneva non avrebbe mai pagato per una giovane non intatta. Per cui la scelta sarebbe ricaduta sulla prima ragazza.
Il padre si scusò con il mediatore asserendo che nessuna delle sue figlie era mai stato con un uomo e che ci doveva essere stato un malfunzionamento.
Il padre congedò la figlia disonorata, che era anche la più giovane delle due, e infuriato le disse che ne avrebbero parlato poi. La giovane si allontanò in lacrime.
A questo punto invitò l'altra figlia ad alzarsi. La presentò al mediatore e ne elencò i pregi. Il mediatore si avvicinò alla ragazza e le tolse il mantello. L'abito che la giovane indossava quel giorno, o forse dovrei dire non indossava, era semplicemente un finissimo velo trasparente che nulla nascondeva alla vista.
Era allacciato con un delicato fermaglio su una spalla. Le si vedeva benissimo il seno, alto e sodo, da cui spuntavano degli scuri capezzoli gonfi. La vita era sottile e dei ciuffetti scuri coprivano il suo sesso, avvolto dall'alone azzurrognolo del sigillo. Il volto non era propriamente bello, ma neanche brutto alla vista.
Il mediatore prese il suo comunicatore e chiamò il suo padrone.
— Ave padrone. Sono Glik. Ho qui di fronte a me la giovane. La sua età è di venti estati ed il suo sigillo è ancora intatto.
— Glik ti avevo dato l'ordine di prenderle tutte e due! Perché mi contatti se non hai fatto quello che ti ho ordinato?
— Ti chiedo scusa padrone. Ma la più giovane non è intatta. Il suo sigillo risulta manomesso… e so che tu non avresti mai approvato se l'avessi portata.
— Infatti! — sbottò l'altro. — Vorrà dire che ne prenderai una sola!
E chiuse la comunicazione infuriato.
Il mediatore si rivolse al padre della ragazza, scusandosi.
— Ho mentito quando volevo prenderne una sola. Come hai sentito, il mio padrone ne voleva due. Avrei iniziato le trattative per la seconda dopo averne scelta una. Ma a questo punto il contratto si può definire concluso. Verrà pagata la somma di settecentomila auri per la ragazza ed il suo guardaroba. Dovrà essere incluso anche il suo droide materno. Tornerò domani con la cifra pattuita. La ragazza e i suoi possedimenti dovranno essere pronti per partire al tramonto.
Detto questo se ne andò.
La ragazza era raggiante. Non credeva che si sarebbe mai sposata perché non era bella come la sorella più piccola. Si chinò per prendere il suo mantello, lo indossò e uscì dallo studio del padre.
La giovane corse dalla sorella, che l'aspettava trepidate.
— Maki… ha funzionato! Oh, ha funzionato! Domani parto con il mediatore!
La piccola saltellò dalla gioia attorno alla sorella che si stava togliendo il mantello.
— Davvero Ruki? Oh, sono così felice per te!
— Il mediatore ha detto che avrebbe pagato a nostro padre settecentomila auri. Ci credi? Io così brutta… settecentomila auri! — e si lanciò sopra il letto della sorella atterrando con le spalle sul materasso, rilasciando un sonoro sospiro estasiato. Continuò poi facendosi seria — Tu però adesso non potrai più essere concessa in matrimonio… Te lo avevo detto che ti saresti messa nei guai se forzavi il sigillo!
— Non preoccuparti per me, Ruki. Io sto bene dove sto — rispose alla sorella con un sorriso malizioso.
Poi la giovane Ruki si alzò dal letto.
— Adesso devo andare, Maki. Devo preparare i bagagli. Ho tante cose da impacchettare. Dopotutto non potrò più tornare qua, e se dimentico qualcosa… — e se ne andò felice.
Poco dopo, la piccola Maki ricevette l'ordine di presentarsi al cospetto del padre. Indossò il mantello ed uscì dalla stanza per recarsi nei suoi appartamenti.
Maki bussò.
— Avanti. Entra Maki.
Il padre la aspettava al centro della stanza con in mano una verga. Non c'era nessun altro dentro. La piccola Maki si mise in ginocchio con la fronte appoggiata ai suoi piedi.
— Allora Maki… cosa è successo al tuo sigillo?
La piccola era spaventata e non rispose. Non lo aveva mai visto così infuriato. Cominciò ad urlare.
— Lo sai, vero, che adesso non potrai più essere concessa in moglie? Tu sei di nobile stirpe! E l'unica cosa che ti si chiede è di essere integra quando ti concederai la prima volta a quello che sarà tuo marito! Adesso non hai più nessun valore! Nessuno ti vorrà mai! Contavo di ricevere almeno unmilione e duecentomila auri dal tuo matrimonio! E adesso non vali più niente! Niente! —disse urlando. Era proprio arrabbiato. — E non puoi più nemmeno sperare nella carriera politica, col sigillo manomesso! Ogni singola persona d'ora in poi non ti riterrà degna di fiducia! Allora! Ripeto! Cosa. è. successo. al. tuo. sigillo!
Dovete sapere che le donne di nobile stirpe sposate diventano amministratori del patrimonio del marito, mentre le donne nubili (sempre di nobile stirpe) sono automaticamente nominate a cariche politiche importanti. Sempre che il loro sigillo fosse integro.
Maki tremava dalla paura e non aveva il coraggio di parlare. Le lacrime scendevano dai suoi occhi a bagnare i piedi del padre.
— Alzati e rispondi, Maki!
La povera ragazza si rialzò titubante.
— Padre… non era mia intenzione arrecarti disonore… volevo solo che Ruki venisse scelta al posto mio… È vero che ho manomesso il sigillo… ma… non sono infranta…, te lo giuro…, sono ancora integra… — disse tra le lacrime.
La rabbia del padre cominciò a sbollire.
— E sentiamo perché volevi favorire tua sorella?
— Lo volevo e basta, padre. Il mio aspetto non mi è ignoto. Non appena il mediatore mi avesse visto, Ruki non sarebbe nemmeno stata presa in considerazione. Sarebbe rimasta senza marito per molto tempo. Non sono rimaste molte altre famiglie che possano permettersi l'acquisto di una sposa della nostra stirpe. È quello che hai sempre detto, padre.
— Beh, allora ti do una notizia che ho appena saputo. Il mediatore era incaricato dell'acquisto di due spose. Ma tu hai rovinato tutto!
Maki crollò di nuovo in ginocchio davanti al padre.
— Ti chiedo perdono, padre! Ti imploro… perdonami!
Ma il padre, che in cuor suo l'aveva già perdonata per il suo atto di altruismo verso la sorella, non poteva tuttavia cedere così facilmente ora che ogni cosa era perduta.
— Alzati e togliti i vestiti, Maki — disse in tono sommesso facendo oscillare la verga che teneva in mano.
La piccola ubbidì esitante. Tolse il mantello e la fine tunica di seta rosa. Rimase completamente nuda di fronte a lui.
Maki è una splendida fanciulla. Minuta ed aggraziata come le ninfee dei boschi. I suoi capelli dorati le scendevano lunghi sulla schiena; il suo seno era alto e sodo, grosso per la sua sottile corporatura. Ma l'insieme rendeva la giovane ancora più desiderabile. All'ombelico risaltava il dispositivo impostale alla nascita, con sopra incastonato un prezioso smeraldo, e l'alone azzurrognolo del sigillo, che le ricopriva le parti intime, era appena visibile.
— Appoggia le mani sulla sedia — le disse il padre. — Ora riceverai dieci scudisciate per l'onta del tuo comportamento.
Maki si mise come le aveva ordinato e non emise suono per tutte e dieci le frustate.
Quando tutto ebbe termine la giovane si rivestì e ritornò nella sua camera. Aveva il sedere in fiamme per le frustate ricevute e anche solo il contatto con la leggera stoffa della tunica le causava dolore.
Appena arrivata in camera la ragazza si spogliò di nuovo e si distese sul letto, poi ordinò al suo droide materno di curare le sue ferite. Il droide applicò delle bende fredde per prima cosa e poi un impasto di erbe curative.
A metà pomeriggio la sorella la andò a trovare. Maki era ancora distesa sul letto e piangeva.
— Ehi, Maki… ti fa molto male?
La giovane annuì.
— Mi dispiace molto per quello che ti ha fatto nostro padre, ma non potrò mai ringraziarti a sufficienza per quello che tu hai fatto per me. Come posso ripagarti? Dimmelo… qualunque cosa… qualunque cosa sia in mio potere darti sarà tuo.
— Ti chiedo una cosa sola. Quando avrai una bambina chiamala Maki e raccontale di quello che io ho fatto per te, per fare in modo che lei nascesse.
Ruki corse ad abbracciarla.
— Ma certo! Lo farò, te lo prometto.
Poi cambiarono discorso.
— A che punto sei con i bagagli?
— Ho quasi finito. Ci credi che, tra abiti, libri e suppellettili, ho riempito sei grossi bauli? Gli abiti che non mi vanno più bene li lascio qua. Puoi prenderli tu.
Maki annuì.
— Grazie, ma tu sei più grande di me.
— Beh, li puoi sempre far accomodare dalla sarta, no?
Parlarono fino a notte fonda, preparandosi a dirsi addio. Finirono con l'addormentasi insieme, tenendosi per mano.
L'indomani, a metà giornata, si ripresentò il mediatore con la somma pattuita e con una lunga colonna di guardie d'onore. La giovane Ruki ora apparteneva ad una ricca famiglia e non sarebbe stato onorevole per lei viaggiare senza una tale scorta.
Il padre abbracciò per l'ultima volta la figlia e la guardò andare via con un misto di orgoglio e di tristezza.
Maki osservò la sorella partire dalla terrazza della sua camera.
Per più di un mese in quella casa ci fu solo tristezza. Il padre badava ai suoi affari, sempre troppi, che gli lasciavano poco tempo da dedicare alla figlia rimasta. Dai suoi appartamenti, poteva vedere la camera della figlia. Molte volte si era soffermato a guardare la giovane nella sua stanza. La osservava mentre studiava oppure mentre si pettinava i suoi lunghi capelli, o quando era presa da qualche altro comportamento tipicamente femminile. Da quando aveva dovuto punire la figlia, quello sciagurato giorno, era sempre turbato alla sua presenza. Il suo giovane corpo gli ricordava troppo la moglie morta tanti anni prima.
Maki, per conto suo, trascorreva il suo tempo negli appartamenti delle donne, ormai desolatamente vuoti. La madre era morta da tempo e il padre non aveva altre mogli. Si sentiva molto sola.
Una sera, dopo una cena frettolosa, si mise il mantello e cominciò ad aggirarsi per casa, tanto per fare qualcosa. Si ritrovò davanti alla porta degli appartamenti del padre. La porta era aperta e si intravedeva il camino acceso. Stava per arrivare l'inverno e le notti cominciavano a farsi fredde. Entrò, chiuse la porta, e si mise in piedi davanti al fuoco. Non aveva notato che il padre era seduto alle sue spalle, sulla poltrona.
— Mi sembri tua madre, Maki — disse in tono sommesso. — Hai la sua stessa bellezza.
Maki sussultò spaventata. Stava per darsela a gambe ma il padre la fermò.
— No, resta, non è un problema. Siamo rimasti solo noi due, eh? I tuoi fratelli e sorelle sono andati via tutti e mi sei rimasta solo tu…
Il tono di voce era quello di una persona che pensava a ricordi lontani, persi nel tempo.
— Padre, io… non dovevo venire qua, ma mi sentivo sola… gli appartamenti sono vuoti…
— Forse dovrei prendere un'altra moglie… che ne dici?
— Sta a te decidere, non a me, padre.
— Già… ma non ho voglia di assumermi l'onere di cercare una sposa… Ho amato molto tua madre… non ho la forza d'animo di trovare…
Non finì la frase.
Maki prese un cuscino e si mise a sedere sul pavimento, vicino alle gambe del padre.
— Io quasi non me la ricordo più, ero ancora così piccola quando è morta… Raccontami di lei, padre.
Suo padre le raccontò del giorno in cui si conobbero, quando il mediatore incaricato dell'acquisto delle spose, si presentò alla porta di casa con una giovanissima ragazza. Una timida ragazza, con gli occhi verdi come le montagne in primavera, i capelli dorati come i campi di grano pronti per il raccolto. Il matrimonio venne celebrato lo stesso giorno e lui infranse il suo sigillo quella notte.
— Passavamo insieme ogni momento del giorno e della notte, fino a che la ingravidai la prima volta. Poi dovette trasferirsi negli appartamenti delle donne fino a che il bambino nacque. Dopo ritornò da me e la ingravidai ancora e per altre sette volte ancora. E l'ultima volta le fu fatale. Morì di parto e così anche il bambino. Se solo non l'avessi amata così tanto… magari sarebbe ancora viva.
Maki, in un impeto di solidarietà si mise in ginocchio sul cuscino e lo abbracciò.
— Non tormentarti così, padre. È stata solo una fatalità. Non hai nessuna colpa — gli disse accarezzandogli il viso.
Il padre rispose all'abbraccio della figlia, mentre pensava con malinconia all'adorata moglie morta.
Senza rendersene conto sollevò la figlia da terra e la mise a sedere sulle sue gambe, tenendola stretta tra le braccia. Il padre era ancora perduto nei ricordi della moglie. Si ricordò della prima notte trascorsa insieme, della paura che aveva di compiere quel passo che avrebbe reso irrevocabile il matrimonio.
All'improvviso, poi, l'uomo non aveva più la figlia tra le braccia. Aveva di nuovo sua moglie. I suoi ricordi si erano concretizzati. Aveva di nuovo l'amata moglie Saki tra le braccia.
Allora si alzò dalla poltrona con Maki in braccio e la portò nella sua camera da letto. La adagiò a terra e le tolse il mantello. Quella sera indossava una tunica di pregiata lana verde. L'uomo le tolse il fermaglio e l'abito, senza più sostegno, scivolò silenzioso a terra.
L'uomo la contemplò.
— Ah, Saki, questa sera sei semplicemente divina — disse ancora perso nei ricordi.
Si avvicinò di più. Prese il viso della ragazza tra le mani e la baciò. Un bacio dolce, quasi casto.
Maki aveva capito che il padre era convinto di avere tra le braccia sua madre e non fece nulla per disilluderlo. Lo lasciò fare. Anzi, titubante, cominciò a slacciargli la fibbia dei pantaloni. Poi gli slacciò i bottoni della camicia.
Lentamente indietreggiò fino ad arrivare al bordo del letto.
L'uomo finì di spogliarsi e raggiunse la ragazza sul letto. Insieme si sdraiarono sul quel grande letto. L'uomo riprese a baciarla, con maggiore insistenza. Adesso era anche eccitato, il pene iniziò ad ingrossarsi e ad ergersi rigido dal corpo. Si posizionò tra le gambe della ragazza. Aveva una insopportabile voglia di possedere di nuovo quello splendido corpo.
D'istinto Maki alzò le ginocchia e allargò le gambe, in attesa dell'inevitabile.
L'uomo si prese il pene in mano e lo puntò all'intimo ingresso della ragazza e spinse.
L'uomo spinse delicatamente il suo pene all'interno del corpo di quella che credeva essere sua moglie. Quando avvertì la presenza di una barriera, l'uomo si fermò un momento a guardare negli occhi la ragazza, poi, con una vigorosa spinta lacerò quella sottile barriera e sprofondò fino a toccare il fondo.
Maki gridò per il dolore ed il sigillo si spezzò definitivamente.
Un rivolo di sangue scivolò fuori dal suo corpo e sporcò le lenzuola.
— Saki… ora tu sei mia… non potrai più andartene da questa casa… ora appartieni per sempre alla mia famiglia… metterai al mondo i discendenti della nostra stirpe — disse l'uomo.
L'uomo continuò il suo andirivieni all'interno di quel caldo rifugio sempre più eccitato, accarezzò voluttuosamente quel piccolo corpo degno di una dea. Era morbido sotto le sue mani, caldo di passione. Accostò le labbra ora all'uno, ora all'altro capezzolo, infiammando di bramosia la giovane ragazza.
Maki, dal canto suo, si sentiva inebriata dal fervore con cui suo padre la stava possedendo. Il dolore provato all'inizio si era trasformato in eccitazione e poi desiderio. Desiderava solo che suo padre non smettesse mai. L'orgasmo giunse inaspettato. Le contrazioni del suo intimo stringevano ripetutamente il pene del padre dentro il suo corpo.
L'uomo continuò a spingere fino a quando avvertì che stava per venire. Allora aumentò il ritmo e con un lungo sospiro rilasciò il suo seme all'interno di quella che credeva essere la moglie.
Maki ebbe un altro orgasmo nell'esatto momento in cui il padre la riempiva con il suo seme, con l'unico risultato di convogliare ancora più all'interno il fecondo seme paterno.
Appena smise di rilasciare il seme, l'uomo, affannato, si sdraiò al fianco della giovane, prendendola dolcemente tra le sue braccia.
— Ah… Saki… Saki mia… mio dolce amore… Dove sei stata finora? Dimmi amore… sei felice?
Maki non disse una parola, per paura di spezzare quel sogno.
Il padre si addormentò con l'illusione di avere ancora tra le braccia sua moglie.
Durante la notte, l'uomo possedette ancora diverse volte la figlia rilasciando il suo seme dentro di lei, credendo che la sua amata fosse tornata.
Il mattino giunse a spezzare quel sogno stupefacente.
Si ritrovò la piccola figlia Maki che gli dormiva tra le braccia, coi lunghi capelli sparsi sul suo corpo.
Senza fare rumore o scuotere troppo la figlia, si alzò per andare in bagno ad urinare. Quando si guardò il pene tra le mani, si accorse che era sporco, un velo bianco e rossastro lo ricopriva. Lo lavò e subito si accorse che era sangue.
Corse di nuovo al letto e scostò le coperte. Vide che la giovane era nuda. Una macchia di sangue rappreso sporcava le lenzuola e anche le gambe della figlia.
Con orrore si accorse che il suo sigillo era scomparso. Ora la figlia era definitivamente persa. La aveva disonorata. Si accasciò sconfortato e pianse.
Maki si svegliò e vide il padre in pianto. Preoccupata si avvicinò, scuotendolo.
— Padre, padre, che hai? Stai male?
Il padre fece segno di no con la testa.
— E allora che hai? Perché piangi?
— Mi vergogno, Maki… Questa notte ho sognato tua madre… e invece eri tu! Ti ho disonorato! Ho spezzato il tuo sigillo!
— Non fare così, padre! Io non me ne preoccupo… Sono dove ho sempre voluto essere. Qui, in questo letto, assieme a te.
Il padre sollevò la testa, guardando la figlia negli occhi.
— Tu… volevi questo? — disse esterrefatto.
— Sì, padre. L'ho sempre desiderato, da quando mia madre è morta. Prima di morire mi ha fatto promettere di restare sempre al tuo fianco ad occuparmi di te. Per questo motivo non potevo permettere che fossi scelta come sposa ed ho manomesso il sigillo.
— Oh Maki… perché…
— Per il semplice motivo che io ti amo, padre. — Poi mettendosi una mano sul ventre — I tuoi figli aspettano solo di poter nascere presto. Vieni da me… dentro di me… Questa notte hai onorato la memoria di mia madre giacendo con lei. Ora giacerai con me. E metterai nuovamente il tuo seme nel mio corpo. Fecondami, rendimi gravida e la nostra unione sarà completa. Spezzando il mio sigillo mi hai reso tua moglie. Adesso dovrai adempiere al tuo dovere di marito…
— Lo sai vero che tu le assomigli molto, Maki? Davvero prenderai il suo posto al mio fianco?
— È la sola cosa che desidero, padre. Vivere con te e con i nostri figli.
Da quel giorno Maki indossò la cintura matrimoniale, diventando agli occhi del mondo intero sua moglie.
In men che non si dica, le risate dei loro figli rallegrarono di nuovo gli appartamenti delle donne.
Una nuova generazione cresceva in quella antica casa.
In ogni città c'erano i trasporti, le scuole, i negozi riservati alle femmine e quelli riservati ai maschi. I due sessi non si potevano mescolare tra di loro in modo sconveniente.
Quando nascevano, le femmine venivano sottoposte ad un rituale con cui si applicava un apposito dispositivo per sigillare la loro femminilità. Il sigillo doveva essere infranto solo contraendo un matrimonio, concordato tra le famiglie. E c'era un solo modo per farlo: doveva essere deflorata da un uomo.
Orbene, in una delle città più piccole, ai piedi di una dolce catena montuosa, viveva una famiglia, la cui origine della stirpe poteva essere fatta risalire fino alla fondazione della civiltà. L'ultimo discendente di quella stirpe, aveva fatto sposare i figli maschi già da tempo, tanto che essi avevano a loro volta generato dei figli. Anche le figlie più grandi si erano sposate. Ne rimanevano solo due, le più giovani. Era un privilegio per pochi poter avere in moglie una femmina di tale stirpe.
Un giorno venne contattato da un mediatore di una delle famiglie più ricche e note su quel mondo. Aveva l'ordine di contrattare l'acquisto delle spose per il figlio maggiore ed erede di quell'impero economico.
Le trattative erano ad un buon punto, era già stata pattuita la somma da pagare. Ora restava solo l'ultima formalità. La scelta della sposa e la verifica del sigillo.
Vennero convocate le due giovani ragazze. Esse si presentarono nello studio del padre e, alla vista dello sconosciuto, si chinarono a terra inginocchiate, con il busto e la fronte quasi sul pavimento, secondo quanto era stato loro insegnato.
Il padre parlò.
— Figlie, questo è il mediatore inviato dalla famiglia …………………… per l'acquisto di una sposa. Le trattative sono già terminate ed ora resta solo un termine da verificare.
L'uomo invitò il mediatore stesso a verificare il loro sigillo.
Il mediatore si avvicinò alle due giovani da dietro. Sollevò il mantello, scoprendo loro le parti intime. Si inginocchiò pure lui per osservare meglio da vicino il sigillo. Quando allungò un dito verso una delle due, ne ricevette una piccola scossa, segno questo che era ancora intatta. Ma quando fece lo stesso sull'altra non accadde nulla.
Il mediatore si rialzò indignato, sbraitando che la famiglia a cui apparteneva non avrebbe mai pagato per una giovane non intatta. Per cui la scelta sarebbe ricaduta sulla prima ragazza.
Il padre si scusò con il mediatore asserendo che nessuna delle sue figlie era mai stato con un uomo e che ci doveva essere stato un malfunzionamento.
Il padre congedò la figlia disonorata, che era anche la più giovane delle due, e infuriato le disse che ne avrebbero parlato poi. La giovane si allontanò in lacrime.
A questo punto invitò l'altra figlia ad alzarsi. La presentò al mediatore e ne elencò i pregi. Il mediatore si avvicinò alla ragazza e le tolse il mantello. L'abito che la giovane indossava quel giorno, o forse dovrei dire non indossava, era semplicemente un finissimo velo trasparente che nulla nascondeva alla vista.
Era allacciato con un delicato fermaglio su una spalla. Le si vedeva benissimo il seno, alto e sodo, da cui spuntavano degli scuri capezzoli gonfi. La vita era sottile e dei ciuffetti scuri coprivano il suo sesso, avvolto dall'alone azzurrognolo del sigillo. Il volto non era propriamente bello, ma neanche brutto alla vista.
Il mediatore prese il suo comunicatore e chiamò il suo padrone.
— Ave padrone. Sono Glik. Ho qui di fronte a me la giovane. La sua età è di venti estati ed il suo sigillo è ancora intatto.
— Glik ti avevo dato l'ordine di prenderle tutte e due! Perché mi contatti se non hai fatto quello che ti ho ordinato?
— Ti chiedo scusa padrone. Ma la più giovane non è intatta. Il suo sigillo risulta manomesso… e so che tu non avresti mai approvato se l'avessi portata.
— Infatti! — sbottò l'altro. — Vorrà dire che ne prenderai una sola!
E chiuse la comunicazione infuriato.
Il mediatore si rivolse al padre della ragazza, scusandosi.
— Ho mentito quando volevo prenderne una sola. Come hai sentito, il mio padrone ne voleva due. Avrei iniziato le trattative per la seconda dopo averne scelta una. Ma a questo punto il contratto si può definire concluso. Verrà pagata la somma di settecentomila auri per la ragazza ed il suo guardaroba. Dovrà essere incluso anche il suo droide materno. Tornerò domani con la cifra pattuita. La ragazza e i suoi possedimenti dovranno essere pronti per partire al tramonto.
Detto questo se ne andò.
La ragazza era raggiante. Non credeva che si sarebbe mai sposata perché non era bella come la sorella più piccola. Si chinò per prendere il suo mantello, lo indossò e uscì dallo studio del padre.
La giovane corse dalla sorella, che l'aspettava trepidate.
— Maki… ha funzionato! Oh, ha funzionato! Domani parto con il mediatore!
La piccola saltellò dalla gioia attorno alla sorella che si stava togliendo il mantello.
— Davvero Ruki? Oh, sono così felice per te!
— Il mediatore ha detto che avrebbe pagato a nostro padre settecentomila auri. Ci credi? Io così brutta… settecentomila auri! — e si lanciò sopra il letto della sorella atterrando con le spalle sul materasso, rilasciando un sonoro sospiro estasiato. Continuò poi facendosi seria — Tu però adesso non potrai più essere concessa in matrimonio… Te lo avevo detto che ti saresti messa nei guai se forzavi il sigillo!
— Non preoccuparti per me, Ruki. Io sto bene dove sto — rispose alla sorella con un sorriso malizioso.
Poi la giovane Ruki si alzò dal letto.
— Adesso devo andare, Maki. Devo preparare i bagagli. Ho tante cose da impacchettare. Dopotutto non potrò più tornare qua, e se dimentico qualcosa… — e se ne andò felice.
Poco dopo, la piccola Maki ricevette l'ordine di presentarsi al cospetto del padre. Indossò il mantello ed uscì dalla stanza per recarsi nei suoi appartamenti.
Maki bussò.
— Avanti. Entra Maki.
Il padre la aspettava al centro della stanza con in mano una verga. Non c'era nessun altro dentro. La piccola Maki si mise in ginocchio con la fronte appoggiata ai suoi piedi.
— Allora Maki… cosa è successo al tuo sigillo?
La piccola era spaventata e non rispose. Non lo aveva mai visto così infuriato. Cominciò ad urlare.
— Lo sai, vero, che adesso non potrai più essere concessa in moglie? Tu sei di nobile stirpe! E l'unica cosa che ti si chiede è di essere integra quando ti concederai la prima volta a quello che sarà tuo marito! Adesso non hai più nessun valore! Nessuno ti vorrà mai! Contavo di ricevere almeno unmilione e duecentomila auri dal tuo matrimonio! E adesso non vali più niente! Niente! —disse urlando. Era proprio arrabbiato. — E non puoi più nemmeno sperare nella carriera politica, col sigillo manomesso! Ogni singola persona d'ora in poi non ti riterrà degna di fiducia! Allora! Ripeto! Cosa. è. successo. al. tuo. sigillo!
Dovete sapere che le donne di nobile stirpe sposate diventano amministratori del patrimonio del marito, mentre le donne nubili (sempre di nobile stirpe) sono automaticamente nominate a cariche politiche importanti. Sempre che il loro sigillo fosse integro.
Maki tremava dalla paura e non aveva il coraggio di parlare. Le lacrime scendevano dai suoi occhi a bagnare i piedi del padre.
— Alzati e rispondi, Maki!
La povera ragazza si rialzò titubante.
— Padre… non era mia intenzione arrecarti disonore… volevo solo che Ruki venisse scelta al posto mio… È vero che ho manomesso il sigillo… ma… non sono infranta…, te lo giuro…, sono ancora integra… — disse tra le lacrime.
La rabbia del padre cominciò a sbollire.
— E sentiamo perché volevi favorire tua sorella?
— Lo volevo e basta, padre. Il mio aspetto non mi è ignoto. Non appena il mediatore mi avesse visto, Ruki non sarebbe nemmeno stata presa in considerazione. Sarebbe rimasta senza marito per molto tempo. Non sono rimaste molte altre famiglie che possano permettersi l'acquisto di una sposa della nostra stirpe. È quello che hai sempre detto, padre.
— Beh, allora ti do una notizia che ho appena saputo. Il mediatore era incaricato dell'acquisto di due spose. Ma tu hai rovinato tutto!
Maki crollò di nuovo in ginocchio davanti al padre.
— Ti chiedo perdono, padre! Ti imploro… perdonami!
Ma il padre, che in cuor suo l'aveva già perdonata per il suo atto di altruismo verso la sorella, non poteva tuttavia cedere così facilmente ora che ogni cosa era perduta.
— Alzati e togliti i vestiti, Maki — disse in tono sommesso facendo oscillare la verga che teneva in mano.
La piccola ubbidì esitante. Tolse il mantello e la fine tunica di seta rosa. Rimase completamente nuda di fronte a lui.
Maki è una splendida fanciulla. Minuta ed aggraziata come le ninfee dei boschi. I suoi capelli dorati le scendevano lunghi sulla schiena; il suo seno era alto e sodo, grosso per la sua sottile corporatura. Ma l'insieme rendeva la giovane ancora più desiderabile. All'ombelico risaltava il dispositivo impostale alla nascita, con sopra incastonato un prezioso smeraldo, e l'alone azzurrognolo del sigillo, che le ricopriva le parti intime, era appena visibile.
— Appoggia le mani sulla sedia — le disse il padre. — Ora riceverai dieci scudisciate per l'onta del tuo comportamento.
Maki si mise come le aveva ordinato e non emise suono per tutte e dieci le frustate.
Quando tutto ebbe termine la giovane si rivestì e ritornò nella sua camera. Aveva il sedere in fiamme per le frustate ricevute e anche solo il contatto con la leggera stoffa della tunica le causava dolore.
Appena arrivata in camera la ragazza si spogliò di nuovo e si distese sul letto, poi ordinò al suo droide materno di curare le sue ferite. Il droide applicò delle bende fredde per prima cosa e poi un impasto di erbe curative.
A metà pomeriggio la sorella la andò a trovare. Maki era ancora distesa sul letto e piangeva.
— Ehi, Maki… ti fa molto male?
La giovane annuì.
— Mi dispiace molto per quello che ti ha fatto nostro padre, ma non potrò mai ringraziarti a sufficienza per quello che tu hai fatto per me. Come posso ripagarti? Dimmelo… qualunque cosa… qualunque cosa sia in mio potere darti sarà tuo.
— Ti chiedo una cosa sola. Quando avrai una bambina chiamala Maki e raccontale di quello che io ho fatto per te, per fare in modo che lei nascesse.
Ruki corse ad abbracciarla.
— Ma certo! Lo farò, te lo prometto.
Poi cambiarono discorso.
— A che punto sei con i bagagli?
— Ho quasi finito. Ci credi che, tra abiti, libri e suppellettili, ho riempito sei grossi bauli? Gli abiti che non mi vanno più bene li lascio qua. Puoi prenderli tu.
Maki annuì.
— Grazie, ma tu sei più grande di me.
— Beh, li puoi sempre far accomodare dalla sarta, no?
Parlarono fino a notte fonda, preparandosi a dirsi addio. Finirono con l'addormentasi insieme, tenendosi per mano.
L'indomani, a metà giornata, si ripresentò il mediatore con la somma pattuita e con una lunga colonna di guardie d'onore. La giovane Ruki ora apparteneva ad una ricca famiglia e non sarebbe stato onorevole per lei viaggiare senza una tale scorta.
Il padre abbracciò per l'ultima volta la figlia e la guardò andare via con un misto di orgoglio e di tristezza.
Maki osservò la sorella partire dalla terrazza della sua camera.
Per più di un mese in quella casa ci fu solo tristezza. Il padre badava ai suoi affari, sempre troppi, che gli lasciavano poco tempo da dedicare alla figlia rimasta. Dai suoi appartamenti, poteva vedere la camera della figlia. Molte volte si era soffermato a guardare la giovane nella sua stanza. La osservava mentre studiava oppure mentre si pettinava i suoi lunghi capelli, o quando era presa da qualche altro comportamento tipicamente femminile. Da quando aveva dovuto punire la figlia, quello sciagurato giorno, era sempre turbato alla sua presenza. Il suo giovane corpo gli ricordava troppo la moglie morta tanti anni prima.
Maki, per conto suo, trascorreva il suo tempo negli appartamenti delle donne, ormai desolatamente vuoti. La madre era morta da tempo e il padre non aveva altre mogli. Si sentiva molto sola.
Una sera, dopo una cena frettolosa, si mise il mantello e cominciò ad aggirarsi per casa, tanto per fare qualcosa. Si ritrovò davanti alla porta degli appartamenti del padre. La porta era aperta e si intravedeva il camino acceso. Stava per arrivare l'inverno e le notti cominciavano a farsi fredde. Entrò, chiuse la porta, e si mise in piedi davanti al fuoco. Non aveva notato che il padre era seduto alle sue spalle, sulla poltrona.
— Mi sembri tua madre, Maki — disse in tono sommesso. — Hai la sua stessa bellezza.
Maki sussultò spaventata. Stava per darsela a gambe ma il padre la fermò.
— No, resta, non è un problema. Siamo rimasti solo noi due, eh? I tuoi fratelli e sorelle sono andati via tutti e mi sei rimasta solo tu…
Il tono di voce era quello di una persona che pensava a ricordi lontani, persi nel tempo.
— Padre, io… non dovevo venire qua, ma mi sentivo sola… gli appartamenti sono vuoti…
— Forse dovrei prendere un'altra moglie… che ne dici?
— Sta a te decidere, non a me, padre.
— Già… ma non ho voglia di assumermi l'onere di cercare una sposa… Ho amato molto tua madre… non ho la forza d'animo di trovare…
Non finì la frase.
Maki prese un cuscino e si mise a sedere sul pavimento, vicino alle gambe del padre.
— Io quasi non me la ricordo più, ero ancora così piccola quando è morta… Raccontami di lei, padre.
Suo padre le raccontò del giorno in cui si conobbero, quando il mediatore incaricato dell'acquisto delle spose, si presentò alla porta di casa con una giovanissima ragazza. Una timida ragazza, con gli occhi verdi come le montagne in primavera, i capelli dorati come i campi di grano pronti per il raccolto. Il matrimonio venne celebrato lo stesso giorno e lui infranse il suo sigillo quella notte.
— Passavamo insieme ogni momento del giorno e della notte, fino a che la ingravidai la prima volta. Poi dovette trasferirsi negli appartamenti delle donne fino a che il bambino nacque. Dopo ritornò da me e la ingravidai ancora e per altre sette volte ancora. E l'ultima volta le fu fatale. Morì di parto e così anche il bambino. Se solo non l'avessi amata così tanto… magari sarebbe ancora viva.
Maki, in un impeto di solidarietà si mise in ginocchio sul cuscino e lo abbracciò.
— Non tormentarti così, padre. È stata solo una fatalità. Non hai nessuna colpa — gli disse accarezzandogli il viso.
Il padre rispose all'abbraccio della figlia, mentre pensava con malinconia all'adorata moglie morta.
Senza rendersene conto sollevò la figlia da terra e la mise a sedere sulle sue gambe, tenendola stretta tra le braccia. Il padre era ancora perduto nei ricordi della moglie. Si ricordò della prima notte trascorsa insieme, della paura che aveva di compiere quel passo che avrebbe reso irrevocabile il matrimonio.
All'improvviso, poi, l'uomo non aveva più la figlia tra le braccia. Aveva di nuovo sua moglie. I suoi ricordi si erano concretizzati. Aveva di nuovo l'amata moglie Saki tra le braccia.
Allora si alzò dalla poltrona con Maki in braccio e la portò nella sua camera da letto. La adagiò a terra e le tolse il mantello. Quella sera indossava una tunica di pregiata lana verde. L'uomo le tolse il fermaglio e l'abito, senza più sostegno, scivolò silenzioso a terra.
L'uomo la contemplò.
— Ah, Saki, questa sera sei semplicemente divina — disse ancora perso nei ricordi.
Si avvicinò di più. Prese il viso della ragazza tra le mani e la baciò. Un bacio dolce, quasi casto.
Maki aveva capito che il padre era convinto di avere tra le braccia sua madre e non fece nulla per disilluderlo. Lo lasciò fare. Anzi, titubante, cominciò a slacciargli la fibbia dei pantaloni. Poi gli slacciò i bottoni della camicia.
Lentamente indietreggiò fino ad arrivare al bordo del letto.
L'uomo finì di spogliarsi e raggiunse la ragazza sul letto. Insieme si sdraiarono sul quel grande letto. L'uomo riprese a baciarla, con maggiore insistenza. Adesso era anche eccitato, il pene iniziò ad ingrossarsi e ad ergersi rigido dal corpo. Si posizionò tra le gambe della ragazza. Aveva una insopportabile voglia di possedere di nuovo quello splendido corpo.
D'istinto Maki alzò le ginocchia e allargò le gambe, in attesa dell'inevitabile.
L'uomo si prese il pene in mano e lo puntò all'intimo ingresso della ragazza e spinse.
L'uomo spinse delicatamente il suo pene all'interno del corpo di quella che credeva essere sua moglie. Quando avvertì la presenza di una barriera, l'uomo si fermò un momento a guardare negli occhi la ragazza, poi, con una vigorosa spinta lacerò quella sottile barriera e sprofondò fino a toccare il fondo.
Maki gridò per il dolore ed il sigillo si spezzò definitivamente.
Un rivolo di sangue scivolò fuori dal suo corpo e sporcò le lenzuola.
— Saki… ora tu sei mia… non potrai più andartene da questa casa… ora appartieni per sempre alla mia famiglia… metterai al mondo i discendenti della nostra stirpe — disse l'uomo.
L'uomo continuò il suo andirivieni all'interno di quel caldo rifugio sempre più eccitato, accarezzò voluttuosamente quel piccolo corpo degno di una dea. Era morbido sotto le sue mani, caldo di passione. Accostò le labbra ora all'uno, ora all'altro capezzolo, infiammando di bramosia la giovane ragazza.
Maki, dal canto suo, si sentiva inebriata dal fervore con cui suo padre la stava possedendo. Il dolore provato all'inizio si era trasformato in eccitazione e poi desiderio. Desiderava solo che suo padre non smettesse mai. L'orgasmo giunse inaspettato. Le contrazioni del suo intimo stringevano ripetutamente il pene del padre dentro il suo corpo.
L'uomo continuò a spingere fino a quando avvertì che stava per venire. Allora aumentò il ritmo e con un lungo sospiro rilasciò il suo seme all'interno di quella che credeva essere la moglie.
Maki ebbe un altro orgasmo nell'esatto momento in cui il padre la riempiva con il suo seme, con l'unico risultato di convogliare ancora più all'interno il fecondo seme paterno.
Appena smise di rilasciare il seme, l'uomo, affannato, si sdraiò al fianco della giovane, prendendola dolcemente tra le sue braccia.
— Ah… Saki… Saki mia… mio dolce amore… Dove sei stata finora? Dimmi amore… sei felice?
Maki non disse una parola, per paura di spezzare quel sogno.
Il padre si addormentò con l'illusione di avere ancora tra le braccia sua moglie.
Durante la notte, l'uomo possedette ancora diverse volte la figlia rilasciando il suo seme dentro di lei, credendo che la sua amata fosse tornata.
Il mattino giunse a spezzare quel sogno stupefacente.
Si ritrovò la piccola figlia Maki che gli dormiva tra le braccia, coi lunghi capelli sparsi sul suo corpo.
Senza fare rumore o scuotere troppo la figlia, si alzò per andare in bagno ad urinare. Quando si guardò il pene tra le mani, si accorse che era sporco, un velo bianco e rossastro lo ricopriva. Lo lavò e subito si accorse che era sangue.
Corse di nuovo al letto e scostò le coperte. Vide che la giovane era nuda. Una macchia di sangue rappreso sporcava le lenzuola e anche le gambe della figlia.
Con orrore si accorse che il suo sigillo era scomparso. Ora la figlia era definitivamente persa. La aveva disonorata. Si accasciò sconfortato e pianse.
Maki si svegliò e vide il padre in pianto. Preoccupata si avvicinò, scuotendolo.
— Padre, padre, che hai? Stai male?
Il padre fece segno di no con la testa.
— E allora che hai? Perché piangi?
— Mi vergogno, Maki… Questa notte ho sognato tua madre… e invece eri tu! Ti ho disonorato! Ho spezzato il tuo sigillo!
— Non fare così, padre! Io non me ne preoccupo… Sono dove ho sempre voluto essere. Qui, in questo letto, assieme a te.
Il padre sollevò la testa, guardando la figlia negli occhi.
— Tu… volevi questo? — disse esterrefatto.
— Sì, padre. L'ho sempre desiderato, da quando mia madre è morta. Prima di morire mi ha fatto promettere di restare sempre al tuo fianco ad occuparmi di te. Per questo motivo non potevo permettere che fossi scelta come sposa ed ho manomesso il sigillo.
— Oh Maki… perché…
— Per il semplice motivo che io ti amo, padre. — Poi mettendosi una mano sul ventre — I tuoi figli aspettano solo di poter nascere presto. Vieni da me… dentro di me… Questa notte hai onorato la memoria di mia madre giacendo con lei. Ora giacerai con me. E metterai nuovamente il tuo seme nel mio corpo. Fecondami, rendimi gravida e la nostra unione sarà completa. Spezzando il mio sigillo mi hai reso tua moglie. Adesso dovrai adempiere al tuo dovere di marito…
— Lo sai vero che tu le assomigli molto, Maki? Davvero prenderai il suo posto al mio fianco?
— È la sola cosa che desidero, padre. Vivere con te e con i nostri figli.
Da quel giorno Maki indossò la cintura matrimoniale, diventando agli occhi del mondo intero sua moglie.
In men che non si dica, le risate dei loro figli rallegrarono di nuovo gli appartamenti delle donne.
Una nuova generazione cresceva in quella antica casa.
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