Caldo come il sole d'estate

di
genere
gay

C’era una tempesta, il vento freddo e pungente soffiava impetuoso sferzando le rocce. Il ragazzo era sull'orlo di un precipizio, centinaia di metri di vuoto si stendevano davanti a lui. Le raffiche impietose cercavano di strapparlo dal suo unico appiglio sicuro, spingendolo verso l’abisso. La paura lo paralizzava, era troppa da gestire, non riusciva a respirare.
Poi la segretaria lo guardò e disse: «Daniele, il dottor Diana è pronto a riceverti. Vuoi accomodarti?»
Ecco, Daniele non era davvero sull'orlo di un precipizio profondo centinaia di metri sferzato dal vento impetuoso, era solo un adolescente nello studio di un medico - un medico amico dei suoi genitori.
Il giorno prima sua madre aveva notato uno sfogo sulla pelle del ragazzo, circoscritto nella parte bassa della schiena. I suoi genitori avevano insistito per farlo vedere da uno specialista, nonostante le sue obiezioni.
Dopo aver scoperto quegli strani puntini, Daniele si era ispezionato accuratamente chiuso in bagno – scoprendo che lo sfogo era più intenso sui glutei e la parte alta delle cosce – e poi documentato su internet, restringendo le possibili diagnosi a una sola – HIV!
Per questo il ragazzo si sentiva sull'orlo di un precipizio. Dopo la visita, il dottore avrebbe chiamato i suoi genitori e avrebbe detto loro dell’HIV. Come poteva spiegarlo? Non aveva ancora detto ai suoi genitori di essere di essere gay, tanto meno che faceva effettivamente sesso con altri ragazzi.
Per lo più sesso protetto, provò a giustificarsi con sé stesso. Ma non credeva che ai suoi genitori sarebbe importato molto del suo tentativo di comportarsi in maniera responsabile.
Poi la segretaria gli consegnò una cartella per il dottore e lo guidò lungo il corridoio, verso l’ultima porta in fondo. Il parquet era lucidato a specchio e l’aria odorava di disinfettante e deodorante per ambienti. E mentre camminava Daniele non riuscì a fare a meno di ripensare alle esperienze che lo avevano portato lì. Gli tornò in mente Valerio, un ragazzo che aveva conosciuto l’estate precedente, a una festa in spiaggia.


«Succhialo,» disse Valerio, sdraiato sul bagnasciuga. Era notte, e avevano trovato riparo in una piccola caletta fra gli scogli, a qualche centinaio di metri dalla festa.
«Cosa?» Disse Daniele. Ma aveva già capito il senso di quelle parole.
Valerio annuì verso il basso, all'asta fra le sue gambe. Si stava indurendo di nuovo, risaliva lungo il basso ventre contraendosi come una specie di cobra, nonostante fosse venuto neanche cinque minuti prima. Era già venuto anche Daniele, ma la cosa strana era che anche lui era nuovamente eccitato. Non se lo aspettava. Fare sesso con una persona non era come masturbarsi. Quando veniva dopo essersi masturbato, era soddisfatto, almeno per qualche ora. Ma in quel momento c’era un bellissimo ragazzo nudo davanti a lui, in particolare un bellissimo ragazzo nudo con un fallo in rapida erezione, era difficile restare indifferente.
E non era solo per il suo uccello. Valerio era proprio bello. Era alto e muscoloso, con un tatuaggio sull'addome scolpito (una piccola corona di spine attorno all'ombelico). Era il mix perfetto tra bello e affascinante. E anche peggio, c’era qualcosa nel suo modo di fare vagamente presuntuoso che eccitava Daniele da morire.
E, beh, era anche per il suo uccello. Le dimensioni non contano, ma erano comunque decisamente adeguate. Era semplicemente giusto, come una macchina sportiva o qualcosa del genere – potente.
Ma comunque, Daniele non era molto sicuro di volerlo succhiare. Si erano baciati e abbracciati prima, sfregando le proprie erezioni una contro l’altra. Valerio glielo aveva preso in bocca per un momento sott'acqua, e aveva giocato con le sue palle, ma Daniele non si era spinto oltre. Sapeva che fare sesso orale era più sicuro di altre cose, ma non completamente sicuro. E in definitiva non conosceva affatto Valerio.
Poi l’asta dell’altro ragazzo sussultò, e Daniele smise di pensare.
Quell'asta era di nuovo completamente dura e pulsante. In pratica, era impossibile non avvicinare le labbra. Daniele ancora non capiva come potesse essere di nuovo eccitato, ma lo era. Anche più di prima.
Quindi si sporse sulla sabbia bagnata, chinandosi per prenderlo fra le labbra. Ma prima di cominciare, guardò in alto e disse: «Non venirmi in bocca, va bene?»
L’asta di Valerio sussultò ancora, più forte di prima. «Sì, va bene.»
Daniele lo prese in bocca. Sentì il sapore dell’acqua salata, forte e bagnato e reale.
Non era propriamente un esperto di sesso orale, e non aveva idea se stesse facendo bene, ma fece del suo meglio. Provò a prenderlo più in fondo possibile. Massaggiò l’asta con una mano e poi giocò con le palle con l’altra nel modo in cui l’altro ragazzo aveva fatto con lui. Poi Valerio iniziò a scopargli la faccia.
Non passò molto tempo prima che Daniele avvertisse il sapore di qualcos'altro, qualcosa oltre il sapore del mare, ma altrettanto salato. Il presperma di Valerio.
Il presperma è sicuro? Pensò per un momento. Ma era troppo eccitato, e non riuscì a fermarsi. L’asta di Valerio scorreva veloce fra le sue labbra.
E prima che Daniele se ne potesse accorgere, successe. Qualcosa gli inondò la bocca, e non sapeva per niente di acqua di mare. Era denso e salato, ma anche un po’ acidulo. Valerio gli stava venendo in bocca, anche se gli aveva in modo chiaro chiesto di non farlo.
Daniele cercò di allontanarsi, ma avvertì la pressione delle sue mani sulla testa. Se c’erano state anche prima, non se ne era accorto.
«Prendilo!» Grugnì Valerio. «Ingoiala tutta!»
Daniele non aveva molta scelta a quel punto, quindi iniziò ad ingoiare (e ce n’era tanta, anche se era già venuto). Era arrabbiato. Era stato molto chiaro: Non venirmi in bocca! Gli aveva detto. E invece lo aveva fatto comunque, e senza dargli alcuna possibilità di sottrarsi.
Ma per essere totalmente onesti, era stato anche eccitante, in un certo senso. Daniele non aveva mai assaggiato lo sperma di qualcuno prima. Ed era una cosa davvero strana, anche se da una parte era così arrabbiato con Valerio, dall'altra gli era piaciuto. Era difficile da spiegare, ma anche mentre l’altro ragazzo lo tratteneva contro la sua volontà, era stato in qualche modo liberatorio, qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Ma solo per essere assolutamente chiari, Daniele era davvero arrabbiato. Era stato il primo segno che Valerio, per quanto bello, non fosse un ragazzo propriamente raccomandabile. E così fece in modo di non rivederlo più.


L’uomo nell'ufficio oltre la porta in fondo al corridoio lo riportò alla realtà. Probabilmente era sulla quarantina, con la testa rasata e gli occhi azzurri dietro gli occhiali con la montatura spessa.
«Ciao,» disse l’uomo. «Sono il dottor Diana.» Poi aspettò finché Daniele non richiuse la porta, e prese la cartella che gli aveva consegnato la segretaria. Le diede un’occhiata veloce e disse: «I tuoi genitori mi hanno già chiamato, che ne dici se vediamo di cosa si tratta?»
«Va bene,» disse Daniele, rassegnato. Non che avesse molta scelta, in ogni caso.
«Giusto perché tu lo sappia,» disse il medico. «Darò solo un’occhiata, niente di invasivo. Puoi stare tranquillo.»
Daniele non sì rilassò affatto, non era preoccupato perché temeva che il medico gli potesse fare una puntura o qualcosa del genere, aveva paura proprio di quello che avrebbe scoperto esaminandolo.
«Togli la maglia,» disse il medico.
Il ragazzo obbedì, lentamente, controvoglia. Prima di dare le spalle al medico piegò accuratamente la sua maglia e la depose sulla sedia lì accanto, solo per ritardare l’esame il più possibile. Alla fine però fu costretto a girarsi. E da quel momento stette assolutamente immobile, con gli occhi chiusi, mentre il medico faceva il suo lavoro.
«Devi togliere anche i pantaloni,» disse l’uomo con il camice. «Poi sdraiati sul lettino a pancia in giù.»
Daniele fu percorso da un brivido. Ma ancora una volta obbedì.
Il medico lo fece sdraiare su lettino imbottito e accese una lampada orientabile, puntando il fascio di luce dritto su di lui. E ricominciò ad esaminarlo in silenzio, per quelle che a Daniele sembrarono ore.
Proprio in quel momento, ripensò alla prima volta che aveva fatto sesso. Era stato circa un anno prima, con Simone, il primo ragazzo con cui aveva veramente avuto un appuntamento.


L’aria era fredda sulla pelle.
Simone e Daniele erano in piedi in una radura nel bosco, sotto le stelle, erano senza maglietta, con i pantaloni e le mutande abbassati fino alle caviglie. Si erano baciati per un po’, ma ora si guardavano semplicemente l’un l’altro, in attesa.
Simone aveva dei peli scuri sul petto, non molti, ma abbastanza. D’altra parte, i peli del suo pube erano neri e fitti, molto più fitti di quelli del ragazzo che aveva di fronte. Ma c’era una cosa che quell'oscurità non poteva nascondere: la sua asta che puntava dritta verso Daniele.
Erano entrambi eccitati.
Daniele abbassò una mano e strinse il membro di Simone. Era la prima volta in assoluto che toccava in quel modo un altro ragazzo. Lo sentì pulsare – era sorprendentemente caldo, e insieme familiare e totalmente estraneo. Non aveva mai toccato un pene da quell'angolazione. E non somigliava affatto alla sensazione che dava toccare il proprio.
Erano entrambi più o meno delle stesse dimensioni, quello di Simone forse era più grosso. E stava perfettamente dritto. Quello di Daniele invece puntava in alto, formando una sorta di arco verso l’addome.
Daniele avrebbe voluto poter guardare in due posti contemporaneamente, negli occhi dell’altro ragazzo, e anche alla sua asta. Ma era impossibile.
Eppure, senza neanche pensarci, anche se era la prima volta che faceva qualcosa del genere con un altro ragazzo, si inginocchiò di fronte a lui. E si ritrovò a rabbrividire, ma non per il freddo adesso. Piuttosto per l’anticipazione.
Daniele pressò l’intero viso sul pube di Simone, il naso e la bocca contro le palle, mentre l’asta dritta e dura gli pulsava sulla fronte. Inalò, respirandone il profumo, che non era come se lo aspettava – era anche meglio. Poi guardò in alto al viso dell’altro ragazzo, chiaramente visibile alla luce fioca della luna, e Simone rispose teneramente al suo sguardo.
Quindi era possibile guardare la sua asta e i suoi occhi allo stesso tempo. Per Daniele fu come scoprire i segreti dell’universo, o almeno uno dei segreti dell’essere un ragazzo gay. Aveva visto un milione di porno, e un milione di ragazzi inginocchiarsi davanti ad un altro ragazzo. Ma non aveva idea che ci si potesse sentire in quel modo, così tenero, così romantico – che si potesse essere tanto connessi ad un’altra persona.
Stette così, con il viso pressato sull'inguine di Simone, l’asta pulsante contro la pelle. Avvertiva il suo calore, più caldo del sole.
Si sollevò un poco, sfiorandone con le labbra la sommità, ora umida di presperma. Poi, sempre fissandolo negli occhi, Daniele iniziò a leccarlo dolcemente. A un certo punto, si spostò più in basso e leccò anche le palle, percependone l’incredibile morbidezza. Respirò più a fondo, il profumo di sapone, di sudore fresco, l’odore di Simone.
Simone sospirò, mantenendo lo sguardo fisso su Daniele. Poi lo allontanò, dolcemente, inondandogli il petto del suo piacere.
Daniele sarebbe rimasto così in eterno.


Riemergendo dal turbine dei ricordi, Daniele si accorse che il medico si era spostato verso la scrivania e aveva iniziato a scribacchiare sulla sua cartella, senza dire una parola. L’ansia tornò a sopraffarlo, rischiando nuovamente di soffocarlo. Non riusciva a stare sdraiato e così si mise a sedere.
E alla fine sbottò. «Ho fatto sesso.»
Il medico, si girò a guardarlo, con un’espressione indecifrabile. «Oh,» disse. «Spero che tu abbia preso tutte le precauzioni.»
Daniele era confuso. Era dannatamente ovvio che non lo avesse fatto, per quale altro motivo sarebbe stato in mutande su un lettino nel suo studio medico.
«Beh,» disse Daniele. «Non sempre.»
«Come “non sempre”?» Disse il medico, ora vistosamente più attento.
Daniele si agitò sul lettino, stropicciando il foglio di carta protettivo. «Beh, l’estate scorsa e poi di nuovo qualche giorno fa non ho usato il preservativo. Sono stato uno stupido, lo so. E ora questo, non lo dica ai miei genitori, la prego. Mi uccideranno.»
Il medico si appoggiò al bordo della sua scrivania, incrociando le braccia. «Daniele, dimmi cos'è successo esattamente.» Disse serio, guardando il ragazzo dritto negli occhi.
Daniele abbassò lo sguardo. Non sarebbe mai riuscito a parlare sotto la pressione degli occhi del medico, fissi sui suoi. «L’estate scorsa ho fatto sesso orale con un altro ragazzo, e lui mi è venuto in bocca anche se gli avevo chiesto di non farlo. Poi qualche giorno fa ho fatto sesso con un altro ragazzo, sesso vero, senza il preservativo.» Disse tutto d’un fiato, arrossendo.
Il medico lo fissò, sorpreso. Poi sembrò voler dire qualcosa ma esitò e Daniele chiuse gli occhi, coprendosi il viso con le mani, sull'orlo delle lacrime.
Nel silenzio imbarazzato che seguì, il ragazzo si ritrovò a pensare proprio a quell'ultima esperienza.


«Sei sicuro di volerlo fare?» Chiese Simone.
«Si,» disse Daniele. «Sono sicuro.»
I due ragazzi si erano allontanati durante l’estate, dopo le prime esperienze dell’anno precedente. Ma frequentavano la stessa scuola e con il nuovo anno, alla fine, si riavvicinarono. Poi, durante le vacanze per il ponte del primo novembre, si ritrovarono nel seminterrato della casa di Simone, una sera che i suoi genitori erano usciti. Avevano finalmente deciso di fare sesso, lo consideravano un modo per sentirsi più legati.
Simone aveva portato il lubrificante, ma Daniele non aveva con sé i preservativi - il distributore automatico era fuori uso ed era stato troppo imbarazzato per acquistarli direttamente dentro al negozio. Ma la decisione era stata presa, e nessuno dei due voleva tirarsi indietro.
Daniele non riuscì a fare a meno di notare che Simone rimase duro per tutto il tempo. Nel senso che aveva raggiunto l’erezione in meno di cinque secondi, e una volta duro rimase sempre così. Persino dopo essere venuto, almeno per altri cinque minuti. Avevano anche scherzato sul fatto che Daniele non era sicuro di aver mai visto l’asta di Simone a riposo, e davvero non era solo una battuta.
Poi arrivò il momento, e nessuno aveva detto a Daniele che sarebbe andata in quel modo. Il suo uccello decisamente non funzionava come quello di Simone. La coperta di lana ripiegata che stavano usando come letto improvvisato gli pungeva la schiena, e la pressione era davvero troppa, così perse l’eccitazione.
«Va tutto bene,» sussurrò Simone.
«Eh?» disse Daniele, incontrando i suoi occhi scuri.
Simone gli sorrise. «Non c’è fretta. Abbiamo tutto il tempo. E non dobbiamo fare niente se non ti va più.»
In quel momento Daniele si sentì uno stupido.
«Proverò prima con un dito, va bene?» Disse il ragazzo in ginocchio su di lui, e Daniele annuì.
Simone si tirò indietro, e iniziò a massaggiare delicatamente con le dita l’altro ragazzo intorno alla sua apertura. «Ti piace così?» Disse. E Daniele annuì di nuovo, questa volta con più convinzione.
Era l’esatto opposto di quello che aveva fatto Valerio quella notte in spiaggia, quando lo aveva forzato a fare qualcosa che non voleva. In quel momento Daniele stava facendo quella cosa con Simone, qualcosa che voleva anche lui, qualcosa che volevano entrambi.
Daniele guardò alla propria asta, che era di nuovo in piena erezione, dritta sull'addome. Dall'alto gli occhi di Simone tornarono ad incrociare i suoi.
«Prova di nuovo,» disse Daniele. Così l’altro ragazzo aggiunse altro lubrificante, e questa volta, prima di accorgersene, era dentro di lui.
Daniele sussultò – o forse fu Simone a sussultare. Uno dei due lo fece, o forse entrambi. Erano come fusi assieme, in un’unica persona.
«Tutto bene?» Sussurrò Simone, che da parte sua, se davvero aveva sussultato era stato per il piacere.
Ma per Daniele era più complicato, c’era anche un certo dolore da qualche parte. Comunque il ragazzo annuì. «Tutto a posto. Vai avanti.»
E Simone proseguì.
Daniele aveva passato un sacco di tempo ad immaginare come sarebbe stato fare sesso, ed era stato tempo perso, perché non assomigliava a niente che avesse mai immaginato. Per prima cosa, era molto più doloroso, ma decisamente anche meglio di quanto sperasse. Dopo i primi momenti capì perché era un bene che l’asta di Simone fosse così grossa, infatti colpiva tutti i punti giusti al momento giusto.
Poi cambiarono posizione, e Simone iniziò a scoparlo per davvero. E in quel momento Daniele si rese conto che gli piaceva davvero, e tanto.
Simone sussultò di nuovo. Piaceva molto anche a lui, più di quanto entrambi si aspettassero. E ad entrambi piaceva che all'altro piacesse. In qualche modo, alla fine erano davvero più uniti che mai.


«Vedi,» disse il medico alla fine, strappandolo ai suoi ricordi. «Lo sfogo che hai sulla schiena è una semplice reazione allergica. Forse a qualche vestito nuovo o qualcosa a cui ti sei appoggiato. Ti prescriverò una pomata al cortisone e dovrebbe sparire in qualche giorno.» Poi l’uomo con il camice fece una pausa. Guardando al ragazzo che aveva ancora il viso coperto dalle mani.
Daniele sussultò. Una stupida allergia, pensò amaramente. Aveva raccontato a quel medico amico dei suoi genitori praticamente tutta la sua vita sessuale, solo per una stupida allergia. Si ritrovò a sorridere, seppur disperato, sempre con il viso nascosto sotto le mani.
«Non preoccuparti,» continuò il medico, con voce rassicurante. «Non dirò nulla ai tuoi genitori. Ma dovrai comunque fare alcuni test per le MTS. Anche se non credo che tu corra rischi, a meno che il ragazzo con cui sei stato qualche giorno fa non faccia abitualmente sesso non protetto.»
«Era la prima volta,» disse subito Daniele, ancora a viso coperto. In quel momento si sentiva proprio uno stupido. «Per entrambi.»
«Capisco.» Disse il medico. Avvicinandosi al ragazzo e posandogli una mano sulla spalla. «Vedrai, andrà tutto bene. Ma fate più attenzione da ora in avanti.»
Ma dopo quelle semplici parole, qualcosa si fece strada nei pensieri di Daniele.
All'improvviso, non era più nervoso. Beh, in realtà era ancora nervoso, ma non come prima. In parte era perché il medico lo aveva rassicurato sull'HIV, ma c’era anche dell’altro. Confidarsi in quel modo, dire finalmente ad un adulto che era gay, lo aveva fatto inspiegabilmente sentire meglio. In qualche modo più leggero.
Era per via di quel medico, o almeno per il modo in cui gli aveva parlato. Senza giudicarlo. Come se fare sesso con un altro ragazzo potesse essere una parte normale della vita.
«Grazie,» disse Daniele, sollevando lo sguardo per incontrare quello del medico.
«Per cosa?» Disse l’uomo con il camice bianco.
«Per tutto.» Disse Daniele con un sorriso luminoso e caldo come il sole d'estate.

Simone Turner, 2036
scritto il
2016-11-10
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