Come se avessi vinto alla lotteria
di
Simone Turner
genere
gay
Era mattino presto, mi svegliai di buonora per andare a lavoro. Salutai Daniele, il ragazzo a cui avevo affittato una stanza per ammortizzare le spese, ed uscii di casa. Sotto il portico trovai ad aspettarmi entusiasti Fobos e Deimos, i miei due cagnoni. Gli feci giusto qualche festa, poi salii in macchina e mi avviai verso l’ufficio.
Non erano passati dieci minuti quando mi accorsi di non avere con me la valigetta. Imprecai e tornai indietro.
Di nuovo a casa, recuperai la valigetta e ne approfittai per prendere una bottiglietta d’acqua dal frigo. Un rumore attirò la mia attenzione, veniva dalla zona notte. Daniele avrebbe dovuto essere già uscito e per un attimo pensai si trattasse di un ladro - ma scartai subito l’ipotesi visto che era giorno ed eravamo in pieno centro. Il rumore proveniva proprio dalla stanza di Daniele e stavo per bussare alla sua porta socchiusa quando lo sentii gemere. Erano gemiti di piacere.
Mi chiesi se Daniele avesse portato qualcuno in casa, magari un amante. Ma avevo sentito solo la sua voce e allora aprii piano la porta e capii. Il suo amante non avrebbe mai potuto parlare, perché era solo un generoso fallo di silicone con cui si scopava il culo a ritmo serrato, tenendolo stretto alla base. Aveva gli occhi chiusi e un’espressione concentrata. Ansimava e con una mano si torceva un capezzolo mentre continuava a stantuffare sempre più velocemente. Parlava fra sé e io presi mentalmente nota di ciò che diceva. Poi ad un tratto gemette più forte e si irrigidì, schizzandosi il petto travolto dall’orgasmo.
Dopo un minuto iniziò a sfilarsi il fallo dal culo, e il buco rimase molto aperto e arrossato. Non riuscii a trattenermi e feci un fischio di apprezzamento.
Daniele aprì gli occhi, ancora mezzo sconvolto dall’orgasmo, e nel suo sguardo vidi il terrore. Sorrisi e lo lasciai solo senza dire nulla.
Quando mi sentì rientrare a casa dopo il lavoro, uscì dalla sua stanza, tutto rosso per la vergogna, e mi chiese scusa per il suo comportamento.
Lo tranquillizzai, ma misi subito in chiaro che lo avevo sentito fare il mio nome mentre si masturbava e gli feci capire che non mi sarebbe dispiaciuto realizzare le sue fantasie perverse.
Lui si coprì il volto con le mani e disperato iniziò a singhiozzare cercando di giustificarsi. Provò a spiegarmi che le sue erano solo fantasie e che non aveva mai avuto intenzione di metterle in pratica, ma io mi mostrai irremovibile. Ormai era mio, e non avrebbe potuto farci assolutamente nulla.
Così mi slacciai la cinta e tirai giù i pantaloni, mostrandogli il mio cazzo pulsante. Lui si mostrò incerto, ma vedendomi tanto risoluto, alla fine si avvicinò inginocchiandosi davanti a me. Provò a prendermelo in bocca ma lo fermai subito.
«Non voglio un pompino,» gli dissi divertito. «Ti voglio scopare la bocca.»
Lui mi guardò senza capire.
«Sdraiati sul letto, a pancia in su!» Gli ordinai. «Ma prima spogliati.»
Obbedì senza discutere.
Mentre si sdraiava ammirai il suo corpo nudo da vicino. Era pallido e magro, e aveva i capezzoli molto grandi – fin troppo sviluppati per un ragazzo, sembravano arrossati.
Gli dissi di prepararsi a trattenere il fiato. Mi spostai sopra il suo viso e senza dargli il tempo diedi il primo affondo, spingendogli buona parte del mio uccello dritto in gola. Diventò paonazzo, e lottò contorcendosi sotto il mio peso. Lo vidi iniziare subito a lacrimare e lo sentii strozzarsi mentre cercava di respirare. Rimasi immobile per una dozzina di secondi poi uscii. Era cianotico in viso e con gli occhi rossi e gonfi di pianto. Mi guardò supplichevole ma non ebbi pietà per lui.
Il suo supplizio e il mio piacere andarono avanti per un quarto d’ora. Alla fine, quando sentii di stare per venire, ignorando il suo volto rigato di lacrime, spinsi il mio cazzo fino in fondo, oltre le tonsille e giù per l’esofago. Ero arrivato proprio dove volevo e così sborrai, abbondantemente e con soddisfazione. Fece quasi male anche a me, e mi feci indietro ripulendomi alla meglio sui suoi capelli.
«Datti una pulita,» gli dissi sprezzante. «E annulla i tuoi impegni. Stasera viene il mio amico Gianni a trovarci, lo ha sempre detto che eri in cerca di cazzi.»
Lui mi guardò sconsolato e annuì.
Mi sentivo proprio come se avessi vinto alla lotteria.
Non erano passati dieci minuti quando mi accorsi di non avere con me la valigetta. Imprecai e tornai indietro.
Di nuovo a casa, recuperai la valigetta e ne approfittai per prendere una bottiglietta d’acqua dal frigo. Un rumore attirò la mia attenzione, veniva dalla zona notte. Daniele avrebbe dovuto essere già uscito e per un attimo pensai si trattasse di un ladro - ma scartai subito l’ipotesi visto che era giorno ed eravamo in pieno centro. Il rumore proveniva proprio dalla stanza di Daniele e stavo per bussare alla sua porta socchiusa quando lo sentii gemere. Erano gemiti di piacere.
Mi chiesi se Daniele avesse portato qualcuno in casa, magari un amante. Ma avevo sentito solo la sua voce e allora aprii piano la porta e capii. Il suo amante non avrebbe mai potuto parlare, perché era solo un generoso fallo di silicone con cui si scopava il culo a ritmo serrato, tenendolo stretto alla base. Aveva gli occhi chiusi e un’espressione concentrata. Ansimava e con una mano si torceva un capezzolo mentre continuava a stantuffare sempre più velocemente. Parlava fra sé e io presi mentalmente nota di ciò che diceva. Poi ad un tratto gemette più forte e si irrigidì, schizzandosi il petto travolto dall’orgasmo.
Dopo un minuto iniziò a sfilarsi il fallo dal culo, e il buco rimase molto aperto e arrossato. Non riuscii a trattenermi e feci un fischio di apprezzamento.
Daniele aprì gli occhi, ancora mezzo sconvolto dall’orgasmo, e nel suo sguardo vidi il terrore. Sorrisi e lo lasciai solo senza dire nulla.
Quando mi sentì rientrare a casa dopo il lavoro, uscì dalla sua stanza, tutto rosso per la vergogna, e mi chiese scusa per il suo comportamento.
Lo tranquillizzai, ma misi subito in chiaro che lo avevo sentito fare il mio nome mentre si masturbava e gli feci capire che non mi sarebbe dispiaciuto realizzare le sue fantasie perverse.
Lui si coprì il volto con le mani e disperato iniziò a singhiozzare cercando di giustificarsi. Provò a spiegarmi che le sue erano solo fantasie e che non aveva mai avuto intenzione di metterle in pratica, ma io mi mostrai irremovibile. Ormai era mio, e non avrebbe potuto farci assolutamente nulla.
Così mi slacciai la cinta e tirai giù i pantaloni, mostrandogli il mio cazzo pulsante. Lui si mostrò incerto, ma vedendomi tanto risoluto, alla fine si avvicinò inginocchiandosi davanti a me. Provò a prendermelo in bocca ma lo fermai subito.
«Non voglio un pompino,» gli dissi divertito. «Ti voglio scopare la bocca.»
Lui mi guardò senza capire.
«Sdraiati sul letto, a pancia in su!» Gli ordinai. «Ma prima spogliati.»
Obbedì senza discutere.
Mentre si sdraiava ammirai il suo corpo nudo da vicino. Era pallido e magro, e aveva i capezzoli molto grandi – fin troppo sviluppati per un ragazzo, sembravano arrossati.
Gli dissi di prepararsi a trattenere il fiato. Mi spostai sopra il suo viso e senza dargli il tempo diedi il primo affondo, spingendogli buona parte del mio uccello dritto in gola. Diventò paonazzo, e lottò contorcendosi sotto il mio peso. Lo vidi iniziare subito a lacrimare e lo sentii strozzarsi mentre cercava di respirare. Rimasi immobile per una dozzina di secondi poi uscii. Era cianotico in viso e con gli occhi rossi e gonfi di pianto. Mi guardò supplichevole ma non ebbi pietà per lui.
Il suo supplizio e il mio piacere andarono avanti per un quarto d’ora. Alla fine, quando sentii di stare per venire, ignorando il suo volto rigato di lacrime, spinsi il mio cazzo fino in fondo, oltre le tonsille e giù per l’esofago. Ero arrivato proprio dove volevo e così sborrai, abbondantemente e con soddisfazione. Fece quasi male anche a me, e mi feci indietro ripulendomi alla meglio sui suoi capelli.
«Datti una pulita,» gli dissi sprezzante. «E annulla i tuoi impegni. Stasera viene il mio amico Gianni a trovarci, lo ha sempre detto che eri in cerca di cazzi.»
Lui mi guardò sconsolato e annuì.
Mi sentivo proprio come se avessi vinto alla lotteria.
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