Gemelle non sorelle 4°
di
Tara
genere
etero
La fuga di Sara mi aveva sorpreso tanto da lasciarmi profondamente amareggiato, incapace di muovermi e persino di ragionare. Ero rimasto a guardarla mentre lesta chiudeva la porta alle sue spalle, senza la minima reazione, incredulo per ciò che stava accadendo.
“Vedrai che torna”, avevo detto a Leo, che invece scuoteva la testa negativamente.
“Te ti conviene andare a riprenderla, se mi poni ascolto …, a bischero!”, mi suggerì, con il classico intercalare ironico del suo dialetto.
“La bimba, s’è incagnita, credimi, Riccardino !”.
“Non ne capisco il motivo. Mica gliel’ho detto io di venire a letto con te …!”.
“Oh grullo! Se n’è andata perché siamo stati due conigli, poverina!”, chiarì, in modo molto più dettagliato, Leo.
Non potevo certo dare torto, a Sara. Ma ero stato sorpreso dal modo così frettoloso, persino sbrigativo con cui lei si era messa nelle mani del mio amico regista-attore e, la gelosia che mi aveva assalito d’impeto, improvvisamente, aveva poi suscitato un enorme disgusto in me, verso di lei così precipitosa nell’offrirsi praticamente ad uno sconosciuto, spingendomi a pretendere da lei la particolare prestazione che, in altri momenti, aveva fatto spontaneamente e con gusto, ma che, in quel frangente, non ne capivo il motivo, l’aveva indispettita, forse anche per la velocità messa in essere da noi che ci eravamo dimostrati sicuramente degli emeriti coniglietti.
“E’ meglio che torno subito a Ostia: Sara, sicuramente, è diretta lì”, avevo detto a Leonardo, chiedendogli la cortesia di accompagnarmi lui, con la sua auto.
“Figurati se io ti lascio andare con il Taxi”, aveva risposto subito Leo, premuroso di rimediare, in parte, alla stupida complicazione che si era venuta a creare.
Durante il viaggio di ritorno verso la villa, col pensiero, avevo esplorato tutte le varie fasi del mio incontro con la Sara per tentare di capire cosa non aveva funzionato nel nostro rapporto, visto che avevamo un traguardo comune: “ la fama lei ed il sesso io”. Anzi, era possibile che a Sara interessassero entrambe le cose …, ma non certo le complicazioni di carattere affettivo.
“Secondo me, tu sei innamorato di quella ragazza”, ipotizzò Leonardo, scuotendomi per un braccio. Poi, non avendo ottenuto alcuna risposta.
“Dormi?” mi domandò, strattonandomi ancor più tenacemente.
“No, che non dormo. Stavo pensando”.
“Da quando siamo partiti, non hai detto una sola parola”, commentò, senza tentare nemmeno di celare il suo rammarico.
“Avessi dato un passaggio ai due autostoppisti incontrati appena fuori Roma, avrei parlato con qualcuno, almeno!”.
“Scusami, Leo. Non era mia intenzione coinvolgerti. E’accaduto tutto in modo così strano da lasciarmi interdetto. Pensavo di avere preso accordi precisi, con quella …, mocciosa”, mi lasciai sfuggire.
“Mocciosa?”, replicò lui, stupito.
“Te, sfarfalli di testa, se me la chiami in codesto modo, barbino …!”, e un momento dopo aggiunse: “Secondo me, t’ha bell’e fritto il cervello!”, concluse, preoccupato.
Di logica, avrei dovuto ribellarmi, respingere con fermezza l’opinione di Leo, ma non lo feci perché avrei mentito a me stesso. La gelosia che mi aveva allagato il cuore, era il segno evidente che dentro il mio animo, era nato un virgulto inarrestabile, il quale stava variando ogni mia emozione rendendo incerti tutti i miei pensieri, i quali, fino a quel dato momento, avevano seguito una semplice logica, senza mai lasciarsi coinvolgere così morbosamente da un sentimento che non era sicuramente di carattere paterno affettivo.
“Te non l’hai capita quella ragazza”, intervenne ancora Leo, iniziando a disquisire in modo pseudo filosofico.
“Sara è una femmina di rango, non una sgualdrina da quattro soldi. Lei desidera essere circondata di attenzioni, sentirsi al centro dell’universo sessuale, prima di ogni altra cosa. Ma anche amata, riverita, osannata, usata, violentata e, perfino, pagata, poiché, esserlo, le procura un piacere diverso, come la stessa gioia che riceve nel sentirsi abusata, pur se consenziente. Una femmina …, ancora molto giovane, ma sicura di se. Esigente anche quando si sottomette e, al tempo stesso, autorevole nel dare e nell’esigere piacere. Una di quelle donne che, se non poni la massima attenzione, ti distrugge fisicamente ed emotivamente, con la tua stessa benedizione”, aveva osservato Leo, respirando solo durante le pause grammaticali.
“E per dirla tutta, ha stonato pure me. ( E tu sai quanto sia difficile emozionarmi sul piano sessuale …). “Pensa che proprio nel momento in cui la mia eccitazione aveva superato livelli incontenibili, l’emozione di averla tanto facilmente, in tutta la sua strabiliante bellezza fisica e sessuale, aveva stroncato la mia esuberanza sessuale e gettato nella vergogna, nel più deprimente sconforto in cui, un uomo della mia età, può sprofondare”.
“E tutto questo l’hai provato in così poco tempo?”, gli domandai, persuaso che non fosse possibile.
“Appena dopo averle baciato la mano, al ristorante”, ammise, Leo, abbassando il capo, in pieno disagio.
“Mi sono subito sentito un polo negativo attratto dalla positività emanata dal suo stupendo corpo, ma soprattutto, dai suoi occhi felini, incantevoli. Quando poi, nel letto, ha annientato tutta la baldanza che si era innestata in me, la voglia esagerata che mi aveva sostenuto fino a quel momento, sono crollato per il timore di non saper far rendere al massimo la mia virilità, e così, piena debacle, la più completa …!”, aveva confessato Leo, senza mostrare la minima vergogna per quanto era accaduto, in mia assenza.
EDOARDO***
Stranamente, quando raggiungemmo alla villa, il cancello elettrico lampeggiava nella fase iniziale di chiusura, perciò, accelerai l’auto per bloccare il cancello interrompendo il raggio trasmesso alla fotocellula in modo da entrare senza bisogno di disturbare nuovamente la Diana.
Nell’ampio spazio adibito a parcheggio della villa, di lato all’entrata principale, le luci di posizione di una seconda grossa Mercedes, targata ( MI ), arrossivano ancora, illuminando, in modo leggero, l’ampio spazio dove avevo intenzione di parcheggiare l’auto. All’improvviso, Sara, si rannicchiò sul suo sedile a tal punto da scomparire, quasi, fra la seduta e il tappetino.
“Cazzo, mio padre …! Vai un po’ più avanti, ti prego. Non voglio che mi veda. Almeno non a quest’ora, e vestita come una Escort”.
“Non ti preoccupare. Tu rimani giù, io spengo la luce di cortesia poi esco dall’auto come se fossi solo. Mal che vada, dirò che sei un’amica che non ha piacere di farsi riconoscere”.
“Ok! Ma poi vedi se ti riesce di parlare con Diana, in modo che non sveli a mio padre la mia presenza”, si raccomandò, sempre più rannicchiata sul tappetino dell’auto.
Appena sceso dalla macchina, dopo aver salutato gentilmente il padre di Sara e la bella ragazza che lo accompagnava, m’incamminai velocemente verso l’entrata della villa dove, ansiosamente, Diana mi stava aspettando preoccupata per non aver più avuto notizie di Sara, dopo la telefonata avvenuta con il carabiniere.
“Tranquillizzati pure, è al sicuro, nascosta nella mia auto; anzi, vuole che non parli di lei a suo padre, almeno per il momento. Ci penserà poi lei ad appianare le cose, in un secondo momento”, la rassicurai.
Ma certo, Edo. Sono felice di ospitarti …!”, dichiarò improvvisamente lei, guardando oltre le mie spalle, poi, la sua espressione, divenne raggiante. “Teresa, tesoro! Che gioia averti qui …! Chi è il tuo accompagnatore?”, chiese, abbracciandola con vero ardore, con gioia assoluta.
“E’ un amico di famiglia: Massimiliano. Doveva venire a Roma per ragioni di lavoro, e dato che anch’io dovevo venire nella capitale, l’ho pregato, se poteva, di darmi un passaggio”, rispose, serafica, come se fosse stata sicura che avremmo creduto alla sua bugia senza alcun dubbio. Per stemperare il momento difficile, se non altro per Teresa, quanto per il suo simpatico accompagnatore, Diana invitò tutti ad entrare in “casa”, come la chiamava sempre lei, sminuendo enormemente la maestosità della sua stupenda villa.
“Vengo subito. Vado soltanto a prendere le sigarette che ho scordato in macchina”, escogitai, lì per lì, tanto per avere la possibilità di assentarmi e andare ad avvisare Sara riguardo l’omertà che avrebbe mantenuto la padrona di casa.
SARA***
Con la massima attenzione, avevo sbirciato quello che era avvenuto sotto il portico della villa e, anche se non avevo inteso chiaramente le parole che si erano dette fra Diana e la mia amica Teresa, ero certissima che lei avesse intuito la mia presenza in macchina, se addirittura non mi aveva vista.
Diana, sicuramente stava combinando le cose in modo da rispettare quello che le avevo fatto sapere in segreto, tramite Edoardo, che proprio in quel momento era tornato in macchina.
“Tutto fatto. Diana, è una donna davvero perspicace. Ha capito subito che le cose si sono complicate. Sta lavorando per aggiustare l’inghippo. Posso sapere almeno in che guaio ti sei cacciata?”, mi chiese, sfoderando un pernicioso sorrisino ironico.
“Nulla di misterioso. Io e Tessi, la mia amica che hai conosciuto prima, ci siamo accordate per vendicarci dei nostri padri, poiché, tradiscono spudoratamente e di continuo, le nostre madri, con ragazze della nostra età”, confessai, senza indugi.
“Questa si che è buona. E in che modo pensate di vendicarvi, se posso saperlo?”, chiese Edo.
“Facendoci trovare entrambe nello stesso letto, ed ognuna nelle braccia del padre dell’altra” gli risposi, quasi d’impulso, senza rendermi conto che svelare a lui così stupidamente le nostre intenzioni, avrebbe potuto vanificare il nostro progetto. Era risaputo da tutti che Edoardo, per guadagnare denaro facile, era disposto a tutto.
“Per fare questo, vi serve la complicità di Diana e, forse, anche di suo marito. Tu sei certa che loro si adopereranno a tenervi la candela?”, domandò Edo, dubbioso.
“Penso di si. D’altronde, non ammazziamo nessuno. La nostra intenzione è quella di metterli di fronte alle loro responsabilità, fargli comprendere quale disagio una figlia prova nello scoprire che il proprio padre si porta a letto le sue compagne di scuola …! Devono vivere, sulla loro stessa pelle, la tragica situazione che creano ignominiosamente con altre ragazze, ma soprattutto, nei confronti delle nostre madri. Vogliamo obbligarli ad assumere, in futuro, comportamenti più consoni al ruolo di mariti, prima di tutto, e di genitori timorosi delle leggi umane, visto che quelle divine non li sfiorano nemmeno un briciolo”, mi sfogai, dimenticando che lui era una persona poco affidabile.
EDOARDO***
“E io, in questa storia, che ci guadagno?”, domandai, da opportunista qual io sono sempre stato.
“In che senso, scusa?”, mi chiese, stupita, incapace di comprendere la vera natura della mia richiesta.
“Visto che mi hai coinvolto in un andazzo pericoloso, sia per ragioni di legalità che per etica professionale di attore serio e onesto, è ovvio che io possa chiedere una contropartita, quando rischio di perdere tutta la mia credibilità …!”.
“Ah, ora capisco …! Mi stai ricattando, se ho ben capito. E … sentiamo: cosa vuoi in cambio del tuo silenzio?”.
Il viso di Sara si era improvvisamente rabbuiato. Mi guardava con tale disprezzo da farmi quasi vergognare e pentire nel contempo, di averle rivolto quel ricatto.
Avrei fatto volentieri dietrofront, sulla mia richiesta, ma dopo aver visto la bellissima Teresa, il desiderio di poter possedere anche lei, mi faceva così gola da invalidare totalmente la mia coscienza.
“Voglio avere un incontro sessuale con la tua amica. Almeno una notte intera e, se vorrai partecipare pure tu, per me va bene …”, la buttai lì, senza avere il coraggio di guardarla in faccia.
“Sei un bastardo, Edo! Lo sai vero?”, mi accusò, con piena ragione.
Il disagio mi stava innervosendo, così, per non mostrare il rossore che mi colorava il viso, scesi dall’auto con una velocità da centometrista, riferendole che andavo a parlare con Diana.
“Vai …, vai …! >>, mi sibilò dietro, piuttosto innervosita.
SARA***
Se Edo avesse avuto il buon gusto di farlo apparire come una semplice richiesta di carattere sessuale, e non come un becero ricatto, non lo nego, avrei messo persino una buona parola, per convincere Teresa a partecipare alla tenzone erotico sessuale a tre; ma solo per il fatto che Edoardo aveva agito in quel modo subdolo, la cosa mi aveva disgustata a tal punto da spingermi a fare di tutto per non sottostare al suo immondo ricatto. Dovevo prendere un po’ di tempo, però …; fargli credere che io e Tessi avremmo accettato, ma che avevo bisogno di tempo per combinare la cosa, visto che eravamo ospiti di amici, e perciò, avremmo dovuto stabilire le modalità e i tempi dell’incontro, oltre che il luogo, dato che non potevamo certo farlo all’interno della casa di Diana.
“Okay, ma devi darmi il tempo per mettermi d’accordo con la mia amica”, risposi, mostrando una finta sottomissione.
“Si, certo, ma che non sia una cosa lunga però: al massimo, ti posso concedere fino a domani sera, sennò, mi confiderò con tuo padre, sappilo”, minacciò, serio. Mentre discutevo con Edoardo, mio padre, Diana e Teresa, uscirono dalla casa passando appena poco distante dalla macchina in cui c’eravamo io e lo spregevole ricattatore, diretti molto probabilmente verso uno dei due villini del grande parco che circonda la villa dove, il primo chiarore del mattino, mostrava la costruzione più vicina, quella che, con ogni probabilità, Diana aveva destinato ai nuovi ospiti, per mantenere bene le distanze a cui avevo fatto riferimento io.
TERESA***
Avevo suggerito a Diana di assegnarci la piccola casetta del parco, ambiente in cui, tutte le volte che ero stata sua ospite, con mio padre e mia madre, quand’ero ancora una bambina, avevo vissuto delle vacanze estive gradevolissime.
Ovviamente, con il bel Massi, la mia permanenza in quell’accogliente alcova, senza dubbio, sarebbe state ugualmente stupenda, meravigliosa, infinitamente appagante, dal lato sessuale.
“Ecco qui, questo sarà il vostro nido d’amore!”, ci punzecchiò Diana, mentre apriva la porta della casa indipendente.
“E’ proprio un bell’ambiente, signora”, ribatté Massimiliano, chiaramente a disagio, avendo capito subito quale complicità la donna aveva con Teresa.
“Suvvia, Massimiliano, non essere così fiscale con me!, lo riprese tempestivamente, Diana.
“A casa mia, è d’obbligo usare il tu con tutti quelli che la frequentano, e come prima presentazione, ci si bacia sulla bocca, ovviamente fra uomini e donne, sempre che i gusti non siano diversi”.
Molto bene. Allora è necessario iniziare subito con le presentazioni, Diana: che ne dici …?”, prospettò Maxi, mostrandosi ardentemente attratto dalle labbra carnose della padrona di casa. Senza attesa, sfoderando il suo più bel sorriso, Diana, si mise in posa, in attesa che Maxi gli porgesse sulle labbra il sensuale gesto di benvenuto che entrambi gustarono più a lungo di quanto sarebbe stato lecito fra due persone già finemente compatibili fra di loro.
“Sono prelibate come un dolce manicaretto, le sue labbra, vero, Diana?”, lo esaltai io, cercando di aumentare a dismisura la piacevolezza del contatto con il papà della mia amica, in modo da coinvolgerla profondamente nell’intrigo organizzato da me e Sara.
“Si, Tessi. E la sua saliva è la più gustosa e allettante di quelle che ho assaggiato in tutta la mia vita”, dichiarò, senza attesa, mostrandosi pronta a ripetere l’affettuoso saluto altre volte, solo se anche Maxi lo avesse desiderato.
“Anche la tua saliva è fantastica, Diana, credimi; e assolutamente eccitante. E’ stato sufficiente un tuo bacio per sconvolgermi tutto, proprio come fossi uno scolaretto alle prime esperienze sessuali. Ecco, guarda, se proprio non mi credi”, disse, Max, mostrando il rigonfiamento al di sotto della patta dei pantaloni; una mirabile cunetta che però non avvalorava interamente la sostanza contenuta all’interno degli slip del focoso e affascinante Maxi.
SARA***
Appena Diana aveva condotto Tessi e mio padre nella dependance, io e Edo, sicuri di non essere visti, ci eravamo infilati in casa dove, io avevo subito raggiunto la mia camera, al primo piano, mentre, curiosamente, Edoardo si era infilato in quella successiva, mostrando una certa familiarità con l’ambiente. Dopo aver fatto una doccia velocissima, mi ero sdraiata sul letto e nel breve volgere di pochi attimi, ero crollata in un sonno profondissimo.
L’incubo che stavo vivendo nel sogno, aveva un non so che di reale, soprattutto le quattro quelle mani che mi sondavano energicamente il seno strizzandomi in modo doloroso i capezzoli, e subito dopo introdursi sicure dentro il mio sesso, dilatandolo a dismisura, fino a procurarmi un mirabolante e intensissimo piacere …; godimento che mi fece ritornare alla realtà, quella che incarnava due esseri umani intenti a trastullarsi col mio corpo nudo, nemmeno più protetto dal candido lenzuolo con cui mi ero coperta.
“Buona, piccola. Vedrai che ora saremo all’altezza delle tue aspettative …”, dichiarò Riccardo, mentre Leo si dedicava con sempre maggiore prepotenza alla mia destata intimità, ormai inumidita dal neo desiderio che percorreva le vene del mio corpo fino a irradiarsi ai vasi capillari nelle estremità più lontane.
“E se io non volessi?”, azzardai, senza apporre troppa convinzione nelle mie parole.
“Non ha importanza ciò che tu vuoi”, proseguì Ric, senza fermare le carezze che già dispensava al mio seno fremente.
“Vogliamo dimostrare che la brutta prestazione di questa notte, è stata soltanto una parentesi negativa che non si ripeterà mai più, poiché, è stata frutto dell’eccitazione incontrollata …”, termino Ric, mentre si spostava al fine di cavalcare il mio viso in modo da offrire il suo virgulto, fiorito come non l’avevo visto prima, alle mie labbra, ancora unite per lo stupore che mi aveva invaso, anche se non avevano certo perso tempo ad aprirsi e assaporare quel germoglio che, pochi istanti dopo, era più fiorito di un porcino adulto, e più consistente di un mattarello da pastaio.
La dichiarazione di Ric mi aveva impedito di fare qualsiasi tipo di replica, e non solo perché il suo pene mi vagava fra denti e lingua, ma soprattutto per il motivo che non trovavo inutile disquisire su dei futili argomenti nel bel mezzo di un orgasmo in fase di deflagrazione.
“Se non mi lasciate riposare, domani, sarò una sonnambula”, biascicai, impedita nel dialogare dal gioiello di carne che mi scrutava sempre più profondamente la gola.
“Siamo già a domani, tesoro mio”, constatò Leo, che nel contempo, aveva smesso d’interessarsi alla mia vagina per sistemarsi alle mie spalle e sfregare la sua calda proboscide lungo le mie natiche, le quali, non avevo dubbi, molto presto avrebbe divelto per possedere l’antro che nel suo pied-a-terre aveva esplorato tecnicamente, disturbato dal suo amico di merende, e cioè, il padre di Teresa, che mi aveva invasa con un interminabile e soffocante gettito violento di seme .
La mia previsione si realizzò quasi subito. Senza attesa, Leo mi aveva aperto i glutei con le mani e postato la sua trivella carnosa, ben inumidita dalla saliva, a contatto dell’antro che voleva esplorare con assoluta dedizione, usando inizialmente molta delicatezza, nel pressare contro le pieghe del mio retto, ancora semi vergine, fino a quando le pareti laterali non cedettero alla pressione per effetto del mio ennesimo orgasmo, che mi stava investendo con una forza devastante, incontenibile; naturale anestetico attenuante del dolore che Leo mi aveva procurato quando, senza più la minima pietà, si era inserito in me con un affondo tremendo, lasciandomi il sospetto che avesse raggiunto la gola, con la sua sonda infuocata, e venuto a contatto con la verga di Riccardo. Un attimo dopo, li sentii godere entrambi dentro di me. Al caldo e gustoso liquido che scendeva nella mia gola, un’altrettanto focoso umore mi aveva invaso le budella procurandomi un godimento stellare, da paradiso terrestre.
Soltanto in quel momento di estasi sovrannaturale avvertii nascere in me il senso del perdono, quello che restituisce la fiducia alle persone che ti hanno deluso, e nel contempo, anche l’impellente desiderio di ridare loro altre occasioni per recuperare la mia benevolenza, ovviamente, in quel preciso istante, l’unico modo in cui mi premeva di gustare la loro implicita richiesta di perdono, non aveva altro che il fine sessuale, lo stesso che, dal momento in cui avevo perduto la verginità, mi stava devastando la volontà a favore del piacere fisico.
MASSIMILIANO***
Il bacio condiviso con la seducente Diana, ci aveva surriscaldato in modo tale da costringere Teresa ad intervenire sulle nostre labbra, appena disgiunte, rafforzando la bramosia che disturbava la padrona di casa, me, nel reparto boxer, ma sopratutto la gazzella che mi aveva rapito, soggiogato e persino devastato le mie capacità di carattere intellettive. Nel breve volgere di pochi attimi, ci eravamo ritrovati nudi e avvinghiati uno all’altra senza osservare le naturali attività eterosessuali. Mentre la padrona di casa esplorava con la lingua i miei testicoli, Tessi si dedicava alla sua rosa scarlatta nel bel mezzo della fioritura, ma nonostante tutto lo sfregamento che aveva subito nel corso degli anni, ancora splendida anche se inumidita lungamente da peni diversi.
“Dai, su, prendimi, porco! Scopami, bastardo!”, esclamò improvvisamente Diana, attirandomi a se con una certa violenza, escludendo Tessi che, con vera dedizione, cominciò a dedicarsi ai miei ovali, l’unica parte del mio intimo ancora emergente dalla vorace femmina sdraiata sotto di me, già in volo verso i confini del piacere più appagante.
La tenzone aveva cambiato il suo aspetto diverse volte, con me sopra l’una o l’altra donna ma anche loro a comprimermi, entrambe con il proprio corpo disunito oppure unito fra di loro, in eccitanti e focosi baci saffici, mentre le loro mani e persino i loro sessi, non smettevano di trastullarmi con morbosità il membro ormai ridotto, per lo sfregamento, ad un vergognoso peperone rosso, prossimo ad afflosciarsi, a perire esausto, dopo la prolungata battaglia combattuta senza soste, che ebbe fine solo al mattino inoltrato, quando Diana se ne andò lasciando che ci addormentassimo più per lo sfinimento fisico che per il sonno.
DIANA***
Alla mia invidiabile esperienza sessuale, fatta di molteplici unioni contemporanee, mancava ancora la semplicità di quell’unione di me, con un uomo nel pieno della sua virilità, ed una tenera fanciulla alle prime armi, ma con un’invidiabile ardore nelle vene e il desiderio d’imparare appieno l’arte di amare con il sesso. La piccola mi aveva favorevolmente sorpresa, soprattutto quando s’era dedicata al mio usato clitoride, lambendolo con delicatezza, succhiandolo e trastullandolo con la sua lingua calda fino a quando, accortasi che stavo per raggiungere l’orgasmo, prese a mordicchiarlo, a volte in modo lieve, e altre, con vera crudeltà, fino a cagionarmi un lieve dolore seguito dal piacere.
“Chi è stata la tua maestra?“, le avevo chiesto, mentre rilasciavo tutto il liquido che avevo accumulato in grembo dal momento stesso che ero stata baciata dal superbo uomo che lei aveva condotto nella mia dimora.
“Te lo dirò quando saremo sole. E’ un segreto che non posso svelare di fronte a un uomo …”, dichiarò, ammiccando nascostamente verso Massimiliano.
“Nel pomeriggio, sul tardi, passa a trovarmi, che ne parliamo”, mi aveva proposto. “E, soprattutto, mi raccomando: tieni fede a ciò che ti ha detto la mia amica”, aveva aggiunto, abbassando la voce.
“Conta su di me, tesoro. Non c’è alcun problema”, le promisi. Io non avevo ancora parlato con Sara, da quando era tornata con Edo, ma avevo parlato con lui che, a grandi linee, mi aveva accennato sul progetto che avevano le due amichette: indire un ballo in maschera dove avrebbero potuto rimanere anonime fino a quando loro stesse avrebbero deciso di svelarsi.
Non mi restava altro da fare che programmare il tutto, procurare vestiti e maschere per tutti, in modo da tenere anonime le due ragazze fino all’epilogo della storia che, speravo, si sarebbe conclusa all’interno delle mura della mia villa, con pace fatta fra le ragazze ed i loro farfalloni genitori.
GIANNI***
Quando mia moglie mi parlò del progetto che le due ragazze avevano intenzione di mettere in atto, per principio rifiutai il mio consenso. Ritenevo che un tale inghippo avrebbe messo a repentaglio anni di amicizia fra me e Riccardo, oltre a creare un precedente che non avrebbe avuto confini. Inoltre, visto che mia moglie stava già tramando per elevare la baldoria sessuale come se fosse stata l’evento dell’anno, al quale avrebbero partecipato altri vip famosi, sentivo alimentarsi in me un ulteriore senso di gelosia nei confronti di tutti coloro che avrebbero avuto la possibilità di gustare le grazie della piccola Sara, e di conseguenza, pure quelle dell’adorata figlia di Ric, la meravigliosa creatura che avevo quasi visto nascere, ma che ora, alla luce di ciò che ero venuto a sapere anche su Teresa, incominciavo a pregustare un vero rapporto intimo, anche con lei; anzi, il pensiero, era divenuto addirittura una fissa, un vero pallino che mi frullava in testa, e che mi aveva indotto ad accettare che il baccanale si svolgesse da noi, in ogni angolo più disponibile e remoto della nostra tenuta.
SARA***
Quando mi svegliai, verso le diciassette di sera, (del giorno …?)non ero in grado di saperlo …, visto che mi pareva di aver dormito un’eternità, la camera era appena rischiarata da una piccola lampada salva buio, sufficiente a mostrarmi che ero sola, ancora completamente nuda e leggermente infreddolita, oltre che appiccicosa fra le gambe ed i glutei dove, sicuramente, avevo perso il liquido seminale che Leo aveva svuotato dentro di me. Anche le mie labbra erano scarsamente unite ai loro angoli, e un acre sapore di sesso maschile, mi fece tornare alla mente il gustoso attrezzo del bel Ric che saltellava indomabile fra le pareti avvolgenti della mia bocca.
L’interminabile doccia rinfrescante, mi aveva rimessa in forze e stimolato un forte appetito, per la prima volta, non sessuale. Ma purtroppo, non potevo girovagare per la casa o scendere fino alle cucine, con il pericolo di incrociare mio padre, così mi attaccai al telefono e chiamai direttamente Diana che, subito, mi procurò un paio di toast e una fresca bibita a base di te verde, che divorai e bevvi con una foga tale da sembrare addirittura una morta di fame.
“Se ne vuoi ancora, tesoro, premi due volte il tasto verde che c’è sul telecomando del televisore, e dalle cucine, arriverà subito qualcuno a servirti”.
“ Okay, ma penso di non averne più bisogno. Ormai sono sazia”, la ringraziai, di buon grado, mentre mi avvicinavo a lei per chiederle, sottovoce, di farci ancora un piccolo favore.
“ Sai, Diana, Siamo ricattate da Edoardo … Pretende di portare a letto me e Teresa altrimenti spiffera ai nostri genitori le nostre intenzioni”.
“ Come fa lui a sapere quali sono le vostre intenzioni?”, mi chiese Diana, stupita.
“La colpa è mia. Mi sono fidata di lui, nonostante sapessi che non è una persona affidabile”.
“ Ed io, cosa vuoi che ci possa fare? Potrei mandarlo via dalla villa, ma sarebbe peggio ancora. Si vendicherebbe tramite telefono. Lui conosce bene Riccardo; lo contatterebbe comunque e rovinerebbe la sorpresa”.
“ Si, è vero, quello che dici tu, Diana. Io non voglio escluderlo del tutto. Pensavo di metterlo in una posizione particolare, in modo che poi non possa più nuocerci. Tu informalo che io e Tessi siamo pronte ad incontrarlo questa sera, verso le ventidue, nella dependance che hai assegnato a lei, e di essere puntuale; poi fai in modo di registrare soltanto il nostro incontro, mentre facciamo l’amore con lui, al resto, ci penso poi io; e vedrai che non ricatterà mai più nessuno, in vita sua.
“ Ma per il ballo in maschera che ho organizzato, con inizio a mezzanotte, sarete in grado di parteciparvi, poi”?, mi chiese, preoccupata, Diana.
“ Ovviamente si! Non ci rinuncerei per nulla al mondo …”, la rassicurai.
“Ora chiamo Teresa per telefono e mi accordo con lei su tutto, il prima e il dopo. Tu, organizza l’incontro fra noi e Edoardo, tenendo fuori dai piedi i nostri vecchi, e vedrai che saremo puntuali ed in forma per partecipare al focoso baccanale che si terrà a mezzanotte”, precisai, esaltando in modo particolare la già eccitata fantasia della padrona di casa.
TERESA***
Mancavano almeno dieci minuti alle ventidue quando sentimmo bussare alla porta d’entrata della dependance ed una voce appena sussurrata: “ Sono Edoardo …!”. Per alcuni momenti, io e Sara ci guardammo indecise, poi lei, andò ad aprire, non prima di avere spento la luce del corridoio d’entrata, onde evitare che dalla villa ci potessero vedere.
In attesa dell’arrivo di Edo, avevamo predisposto la camera da letto in modo che le varie lampade puntassero la loro luce esclusivamente sulle lenzuola dove le quattro telecamere, posizionate in modo strategico, avrebbero ripreso tutto quanto io e Sara avremmo concesso al ricattatore.
“ Vedo con piacere che nemmeno a voi dispiace questo incontro”, ironizzò Edoardo palpando con piacere il fondo schiena di Sara, appena coperto da un leggerissimo paio di slip in seta, carezza che lei non disdegnò affatto, anzi, si posizionò in modo da fargli ripetere il palpeggiamento, contorcendosi fino a indurre Edoardo a infilarle due dita nella vagina.
“Prima che tu seguiti nel portare avanti questo tuo ricatto”, l’interruppi io, con voce ferma, “sappi che noi siamo ancora minorenni, e che se la cosa si venisse a sapere fuori da questo ambiente, potresti venire accusato di violenza carnale su minori …!”
lo informai, confortata dal fatto che con la registrazione esclusiva fatta da Diana in nostro favore, avrebbe impalato Edoardo alle sue responsabilità.
“ Ma io confido sul fatto che voi non ne parlerete con alcuno, altrimenti, sapete bene cosa vi aspetta!”, seguitò a minacciare Edo, senza per altro sapere che ormai noi lo tenevamo per i testicoli.
“Ora, bando alle chiacchiere, puttanelle! E datevi da fare se non volete che usi il mio telefono già da subito, informi i vostri due vecchietti su cosa gli state preparando per la festa di mezzanotte”, ci minacciò per l’ennesima volta.
Purtroppo, fino a quando Diana non ci avrebbe assicurato di aver filmato con buon esito tutta la scena, e fatto anche delle copie, dovevamo sottostare alle voglie di Edo, il quale, senza perdere tempo, s’era spogliato completamente e incominciato a masturbarsi con energia, lasciando me e Sara completamente affascinate dal suo bel grimaldello, promettente come può esserlo solo un sesso granitico e vibrante.
Non ci restò altro da fare che impegnarci al meglio delle nostre possibilità, sparten-doci il suo favoloso porcino con affettuosa condivisione, quella espressa da due gemelle sessuali, ma non sorelle di fatto, come noi ci ritenevamo.
Nonostante ci fossimo dedicate entrambe, con buona lena, nel massaggiare il pene di Edo con ogni parte del nostro corpo, lui ci faceva cambiare posizione di continuo, entrando prima nella bocca di Sara e poi nella mia ordinando a lei di trattarlo solo con la lingua, senza l’aggiunta delle mani, e a me di ingoiarlo fino a rasentare le mie tonsille. Poi, dopo avermi posizionata alla pecorina ed esserselo fatto inumidire da Sara, lo puntò direttamente al mio posteriore forzandolo senza il benché più piccolo avviso, causandomi un dolore lancinante.
“ Bastardo …!”, mi sfuggì, al culmine del dolore, mentre lui continuava a cavalcarmi senza pietà, anche se un leggero rivolo di sangue aveva macchiato il lenzuolo.
“ Si, io sono un bastardo, come dici tu, che però ti ha rotta tutta, come si fa con la più devastata delle mignotte”.
Il fatto è che aveva ragione. Io in quel momento mi sentivo davvero come se fossi stata una vecchia baldracca, tutta sfondata. Oltretutto la situazione non mi spiaceva affatto, specialmente quando Sara aveva giocherellato col mio clitoride, succhiando e mordicchiando il mio fiore fino all’estrema conseguenza. Un dolore insopportabile dietro e un altrettanto piacere superlativo davanti.
“Ora voglio sfondarti anche davanti, Troia!”, esclamò, eccitato da fare paura, tanto i suoi muscoli erano tesi, compreso quello centrale che, nonostante mi avesse aperto drasticamente le pareti del retto, non aveva perso la sua consistenza, anzi, pareva risoluto ad espandersi ulteriormente quando finalmente avrebbe deciso di infilarli in me, indecentemente fradicia di umori.
“A indirizzarlo verso le mie labbra vaginali fu la stessa Sara, anche lei oltre la soglia massima dell’eccitazione. E quando il pene di Edoardo scomparve tutto intero nel mio antro, si distese fra le gambe di lui e il mio sesso per umettare ulteriormente la sua asta, quando nell’andirivieni usciva, per poi passare ai testicoli del maçhò che mi stava usando, e poi su, fino a mettere la lingua nell’ano di lui, il quale, preso dal più impellente desiderio, incominciò a irrorare l’interno del mio sesso come fosse la colata rovente di un vulcano.
Per un attimo infinito, nella stanza, tutto tacque, poi, come se ci fossimo accordati, un ansimare animalesco emerse aumentando a dismisura, tanto da farci dubitare che dalla villa ci avessero sentito.
Eravamo ancora distesi sul letto, allacciati allo stesso modo in cui avevamo goduto il fantastico amplesso a tre quando si accese il televisore al plasma di cui era dotato il piccolo appartamentino, e iniziò un filmino dove gli attori protagonisti eravamo noi tre, nella fase iniziale, e cioè quando interrogavo Edo e gli chiedevo se fosse consapevole del fatto che io e Sara eravamo a tutti gli effetti ancora minorenni, e che se avesse preteso di scoparci, poteva essere accusato di pedofilia, oltre che di ricatto.
Nel vedere il video Edoardo divenne cereo, poi, con fretta a dir poco supersonica, e bestemmiando a nostro indirizzo, raccolse i vestiti e se ne andò senza voltarsi.
Era fatta. Ora ce l’avevamo in pugno. Non era più nella possibilità di smascherarci. Avremmo potuto portare a termine il nostro progetto senza temere che qualcuno ci facesse la spia.
Anche se Edoardo se n’era andato, io e Sara avevamo continuato a gustarci il film registrato da Diana, alla fine del quale lei ci aveva mandato un messaggio: “ Ora vi dovete preparare per il ballo in maschera, figliole. Manca meno di mezz’ora a mezza notte.
“Fra pochi minuti, fuori dalla porta della dependance, troverete una busta di carta con dentro tutto l’occorrente per mascherarvi. Ed ho pensato, visto qual è il vostro proposito, di procurarvi due costumi identici, da micette, in modo che nessuno sia certo di chi voi siate. Non ho incluso l’occorrente per il trucco poiché non ne avrete bisogno, poiché, le vostre maschere, quasi integrali, vi lasceranno libere soltanto le labbra per darvi la possibilità di adoperarle come meglio crederete”, aveva aggiunto completando il discorso con un grosso “ in bocca al Lupo”.
“ Crepi …!”, aveva esclamato Sara quando, tirando fuori il contenuto della borsa si era ritrovata due maschere da gatte e soltanto due minuti slip con una lunga coda nera che scendeva sul dietro dei nostri glutei.
“Per fortuna, mio padre, non mi ha mai vista con il seno al vento, altrimenti, dal neo che ho vicino al capezzolo destro, mi avrebbe sicuramente riconosciuta”, aveva poi concluso mostrandomi la macchiolina scura che caratterizzava il suo meraviglioso petto, alla quale non avevo mai fatto caso quando ci eravamo trastullate fra di noi.
“ Anch’io ho un segno riconoscibile, se ben ricordi, Sara; la coccinella rossa e nera che mi sono fatta tatuare sul pube, di fianco ai peli: tatuaggio che solo mia madre ha visto, oltre al tuo sporcaccione papà, ovviamente”.
DIANA***
Quando le ragazze giunsero nel salone della mia villa, il vociare intenso dei presenti
si fermò di colpo per lasciare il posto ad un gustosissimo apprezzamento indirizzato unicamente verso di loro. Nemmeno io, anche se avevo quasi visto nascere Teresa, avrei saputo riconoscerla, dato che i loro capelli erano coperti dal cappuccio con le orecchie da gatto, e fisicamente, l’avevo potuta gustare, per la prima volta, soltanto quel mattino, coinvolgendola nella scopata con il favoloso Massimiliano.
“ Le fantastiche bellezze che si sono materializzate di fronte a voi, signori, sono ben disposte ad appagare ogni vostro desiderio, sempre che venga richiesto loro con la massima gentilezza, senza usarle violenza, a meno che, non siano loro a richiederlo espressamente”, li avvisai, poiché, oltre agli abitué che frequentavano la mia casa, mi ero permessa d’invitare anche alcuni ministri di larghe vedute, dei quali mi sarei poi potuta servire.
GIANNI***
Per evitare malintesi o gelosie, mia moglie aveva accuratamente evitato d’invitare le mogli e le compagne dei vari uomini che erano presenti, ben sapendo che solo lei avrebbe così potuto intervenire nel coordinare i vari accoppiamenti fra le ragazze e la masnada di stupratori che erano intervenuti , e magari contribuire con il triangolo lesbico ad aumentare l’eccitazione generale che si sarebbe sicuramente prodotta.
“ Dai, marito; inizia tu le danze …! “, mi stimolò Diana, abbassandomi la cerniera dei pantaloni e liberando faticosamente il mio virgulto, già incredibilmente in tiro per venire fuori dalla patta senza intoppi.
Ero tremendamente imbarazzato. Tutti mi guardavano all’altezza più sconcia del mio corpo commentando la quantità fuori misura del mio attrezzo, magari chiedendosi a quale delle due ragazze avrei sfondato l’utero o magari l’ano, senza sapere che una delle micie aveva già adattato il mio pene a tutti i suoi antri, sia quelli superiori che inferiori, e pertanto, in quel momento, il mio desiderio maggiore era quello d’infilare come se fosse uno spiedino, le creazioni naturali che la bella Teresa possedeva fra le gambe, e magari lasciare che poi mi detergesse dagli umori fuorusciti dal suo e dal mio sesso.
L’unico modo per indirizzare la scelta sulla gatta giusta, era una sola. Dopo essermi avvicinato alle gattine, sussurrai piano all’orecchio di quella più vicino a me: ”Devo pagarti, dopo?”
“ Ovvio …! “ mi rispose, senza attesa, confermandomi, anche con il tono di voce, di essere Sara.
TERESA***
Subito dopo aver sussurrato all’orecchio di Sara, Gianni si avvicinò a me con fare felino, visibilmente trionfante e intenzionato a trafiggermi con la sua lancia ardente, temibile attrezzo che mi incuteva, non lo nascondo, un certo timore, sia per la sua dimensione che per il tremolio incessante dal quale era percorso, e che lo rendeva simile ad un grosso dildo con cui Sara, tempo addietro, mi aveva dilatata davanti e fra i glutei, senza però penetrarmi a fondo. L’unico modo per difendermi dal mostro innestato fra le sue gambe era l’attacco diretto, farlo esplodere anzitempo, prima di lasciarlo adattare al mio paradiso. Prima che lui avanzasse una qualsiasi richiesta, mi misi in ginocchio e abboccai il più che potevo il suo virgulto, trattenendolo il più possibile in fondo alla mia bocca, dilatata quasi fino a soffocare, mentre lui avido della mia apertura facciale oltre il naturale, seguitava a pomparmi con una bramosia
Irrefrenabile.
“ Fermati …! Fermati, ti prego! Altrimenti mi fai venire …!” mi supplicò, stringendosi il pene con tutt’e due le mani per evitare l’eiaculazione giunta quasi allo stato di non ritorno. Poi, con una mossa che proprio non mi aspettavo, si levò dalla mia bocca, mi sollevo fra le sue braccia e mi adagiò con il seno sulla spalliera della poltrona, e le gambe aperte, in modo da adattare il suo sesso ai miei glutei, timorosi ma anche frementi; indecisi se accettare o rifiutare il pitone che premeva con forza inaudita il tenero fiorellino, appena lievemente spampanato, non aduso a digerire serpenti di quel calibro.
“ Gianni, ti prego! Non lì. Non subito, almeno … Lasciami riscaldare un poco, prima, e poi, ti prometto che sarà il tuo fodero per tutto il tempo che vorrai!”, lo supplicai, mentre tentavo di risollevarmi lo slip che lui mi aveva abbassato prendendolo dalla coda. Infoiato come una bestia, Gianni non mi lasciò scampo. Dopo aver strappato letteralmente lo slip, incominciò a calibrare la direzione del suo pene verso il quasi vergineo forellino rosa solitario fra i miei glutei fino a quando, tastata l’elasticità del mio antro posteriore, iniziò a premere con forza inaudita fino a quando la stretta via del mio retto si dilatò completamente, e sicuramente senza un’ulteriore possibilità di riprendersi l’originale strettezza.
La smorfia di dolore che probabilmente si era disegnata sul mio viso, parve essere il segno d’avvio della baldoria sessuale. In meno che non si dica, una miriade di mani, lingue e falli, appiccicosi, vibranti, ma estremamente vogliosi, si adattarono su e in me, sondandomi occhi, orecchie, bocca, ascelle, ombelico e ogni anfratto libero da impedimenti carnosi. Il talamo orgiastico era diventato uno spessissimo tappeto di foggia persiana, steso al centro del salone dove un’orda di corpi, completamente nudi, si compiacevano di gustare sia me che Sara, come Diana, senza esclusioni di colpi, giungendo persino ad adattarci, una di fronte alle altre, in un caloroso bacio saffico mentre i nostri corpi, dal collo in giù, venivano martoriati in tutti i sensi, ma anche soddisfatti da penetrazioni favolose e da liquidi incandescenti che più volte i maschietti riversavano su e dentro di noi, sul punto o nel buco a loro più gradito.
SARA***
Il fatto che Gianni avesse preferito Tessi a me, mi aveva lasciata piuttosto interdetta, e per fargliela pagare, mi ero ripromessa di debilitarlo alla svelta. Nonostante su e in me vagassero una quantità indefinibile di organi, appena riuscii a sfoderare il pitone del padrone di casa dall’ano di Teresa, lo afferrai con decisione con tutt’e due le mie mani e iniziai a pomparlo con tutta la mia capacità, leccandogli i testicoli a anche l’ano, fino a farlo godere in modo tale che, nemmeno se gli avessero offerto una verginella di primo pelo, il suo virgulto si sarebbe ridestato.
Purtroppo, nel dedicarmi a quel progetto, non avevo fatto attenzione a chi si era adattato a me, e se nel marasma generale io fossi stata presa anche da mio padre.
Anche Teresa, molto probabilmente, era adombrata da questo dubbio, pur se pareva che la sua priorità di quel momento fosse soltanto quella di soddisfare più persone possibili, e nello stesso tempo provare tutto il piacere che secondo lei avevo goduto
soltanto io, nel mio peregrinare fra Roma e Ostia.
“Vedrai che torna”, avevo detto a Leo, che invece scuoteva la testa negativamente.
“Te ti conviene andare a riprenderla, se mi poni ascolto …, a bischero!”, mi suggerì, con il classico intercalare ironico del suo dialetto.
“La bimba, s’è incagnita, credimi, Riccardino !”.
“Non ne capisco il motivo. Mica gliel’ho detto io di venire a letto con te …!”.
“Oh grullo! Se n’è andata perché siamo stati due conigli, poverina!”, chiarì, in modo molto più dettagliato, Leo.
Non potevo certo dare torto, a Sara. Ma ero stato sorpreso dal modo così frettoloso, persino sbrigativo con cui lei si era messa nelle mani del mio amico regista-attore e, la gelosia che mi aveva assalito d’impeto, improvvisamente, aveva poi suscitato un enorme disgusto in me, verso di lei così precipitosa nell’offrirsi praticamente ad uno sconosciuto, spingendomi a pretendere da lei la particolare prestazione che, in altri momenti, aveva fatto spontaneamente e con gusto, ma che, in quel frangente, non ne capivo il motivo, l’aveva indispettita, forse anche per la velocità messa in essere da noi che ci eravamo dimostrati sicuramente degli emeriti coniglietti.
“E’ meglio che torno subito a Ostia: Sara, sicuramente, è diretta lì”, avevo detto a Leonardo, chiedendogli la cortesia di accompagnarmi lui, con la sua auto.
“Figurati se io ti lascio andare con il Taxi”, aveva risposto subito Leo, premuroso di rimediare, in parte, alla stupida complicazione che si era venuta a creare.
Durante il viaggio di ritorno verso la villa, col pensiero, avevo esplorato tutte le varie fasi del mio incontro con la Sara per tentare di capire cosa non aveva funzionato nel nostro rapporto, visto che avevamo un traguardo comune: “ la fama lei ed il sesso io”. Anzi, era possibile che a Sara interessassero entrambe le cose …, ma non certo le complicazioni di carattere affettivo.
“Secondo me, tu sei innamorato di quella ragazza”, ipotizzò Leonardo, scuotendomi per un braccio. Poi, non avendo ottenuto alcuna risposta.
“Dormi?” mi domandò, strattonandomi ancor più tenacemente.
“No, che non dormo. Stavo pensando”.
“Da quando siamo partiti, non hai detto una sola parola”, commentò, senza tentare nemmeno di celare il suo rammarico.
“Avessi dato un passaggio ai due autostoppisti incontrati appena fuori Roma, avrei parlato con qualcuno, almeno!”.
“Scusami, Leo. Non era mia intenzione coinvolgerti. E’accaduto tutto in modo così strano da lasciarmi interdetto. Pensavo di avere preso accordi precisi, con quella …, mocciosa”, mi lasciai sfuggire.
“Mocciosa?”, replicò lui, stupito.
“Te, sfarfalli di testa, se me la chiami in codesto modo, barbino …!”, e un momento dopo aggiunse: “Secondo me, t’ha bell’e fritto il cervello!”, concluse, preoccupato.
Di logica, avrei dovuto ribellarmi, respingere con fermezza l’opinione di Leo, ma non lo feci perché avrei mentito a me stesso. La gelosia che mi aveva allagato il cuore, era il segno evidente che dentro il mio animo, era nato un virgulto inarrestabile, il quale stava variando ogni mia emozione rendendo incerti tutti i miei pensieri, i quali, fino a quel dato momento, avevano seguito una semplice logica, senza mai lasciarsi coinvolgere così morbosamente da un sentimento che non era sicuramente di carattere paterno affettivo.
“Te non l’hai capita quella ragazza”, intervenne ancora Leo, iniziando a disquisire in modo pseudo filosofico.
“Sara è una femmina di rango, non una sgualdrina da quattro soldi. Lei desidera essere circondata di attenzioni, sentirsi al centro dell’universo sessuale, prima di ogni altra cosa. Ma anche amata, riverita, osannata, usata, violentata e, perfino, pagata, poiché, esserlo, le procura un piacere diverso, come la stessa gioia che riceve nel sentirsi abusata, pur se consenziente. Una femmina …, ancora molto giovane, ma sicura di se. Esigente anche quando si sottomette e, al tempo stesso, autorevole nel dare e nell’esigere piacere. Una di quelle donne che, se non poni la massima attenzione, ti distrugge fisicamente ed emotivamente, con la tua stessa benedizione”, aveva osservato Leo, respirando solo durante le pause grammaticali.
“E per dirla tutta, ha stonato pure me. ( E tu sai quanto sia difficile emozionarmi sul piano sessuale …). “Pensa che proprio nel momento in cui la mia eccitazione aveva superato livelli incontenibili, l’emozione di averla tanto facilmente, in tutta la sua strabiliante bellezza fisica e sessuale, aveva stroncato la mia esuberanza sessuale e gettato nella vergogna, nel più deprimente sconforto in cui, un uomo della mia età, può sprofondare”.
“E tutto questo l’hai provato in così poco tempo?”, gli domandai, persuaso che non fosse possibile.
“Appena dopo averle baciato la mano, al ristorante”, ammise, Leo, abbassando il capo, in pieno disagio.
“Mi sono subito sentito un polo negativo attratto dalla positività emanata dal suo stupendo corpo, ma soprattutto, dai suoi occhi felini, incantevoli. Quando poi, nel letto, ha annientato tutta la baldanza che si era innestata in me, la voglia esagerata che mi aveva sostenuto fino a quel momento, sono crollato per il timore di non saper far rendere al massimo la mia virilità, e così, piena debacle, la più completa …!”, aveva confessato Leo, senza mostrare la minima vergogna per quanto era accaduto, in mia assenza.
EDOARDO***
Stranamente, quando raggiungemmo alla villa, il cancello elettrico lampeggiava nella fase iniziale di chiusura, perciò, accelerai l’auto per bloccare il cancello interrompendo il raggio trasmesso alla fotocellula in modo da entrare senza bisogno di disturbare nuovamente la Diana.
Nell’ampio spazio adibito a parcheggio della villa, di lato all’entrata principale, le luci di posizione di una seconda grossa Mercedes, targata ( MI ), arrossivano ancora, illuminando, in modo leggero, l’ampio spazio dove avevo intenzione di parcheggiare l’auto. All’improvviso, Sara, si rannicchiò sul suo sedile a tal punto da scomparire, quasi, fra la seduta e il tappetino.
“Cazzo, mio padre …! Vai un po’ più avanti, ti prego. Non voglio che mi veda. Almeno non a quest’ora, e vestita come una Escort”.
“Non ti preoccupare. Tu rimani giù, io spengo la luce di cortesia poi esco dall’auto come se fossi solo. Mal che vada, dirò che sei un’amica che non ha piacere di farsi riconoscere”.
“Ok! Ma poi vedi se ti riesce di parlare con Diana, in modo che non sveli a mio padre la mia presenza”, si raccomandò, sempre più rannicchiata sul tappetino dell’auto.
Appena sceso dalla macchina, dopo aver salutato gentilmente il padre di Sara e la bella ragazza che lo accompagnava, m’incamminai velocemente verso l’entrata della villa dove, ansiosamente, Diana mi stava aspettando preoccupata per non aver più avuto notizie di Sara, dopo la telefonata avvenuta con il carabiniere.
“Tranquillizzati pure, è al sicuro, nascosta nella mia auto; anzi, vuole che non parli di lei a suo padre, almeno per il momento. Ci penserà poi lei ad appianare le cose, in un secondo momento”, la rassicurai.
Ma certo, Edo. Sono felice di ospitarti …!”, dichiarò improvvisamente lei, guardando oltre le mie spalle, poi, la sua espressione, divenne raggiante. “Teresa, tesoro! Che gioia averti qui …! Chi è il tuo accompagnatore?”, chiese, abbracciandola con vero ardore, con gioia assoluta.
“E’ un amico di famiglia: Massimiliano. Doveva venire a Roma per ragioni di lavoro, e dato che anch’io dovevo venire nella capitale, l’ho pregato, se poteva, di darmi un passaggio”, rispose, serafica, come se fosse stata sicura che avremmo creduto alla sua bugia senza alcun dubbio. Per stemperare il momento difficile, se non altro per Teresa, quanto per il suo simpatico accompagnatore, Diana invitò tutti ad entrare in “casa”, come la chiamava sempre lei, sminuendo enormemente la maestosità della sua stupenda villa.
“Vengo subito. Vado soltanto a prendere le sigarette che ho scordato in macchina”, escogitai, lì per lì, tanto per avere la possibilità di assentarmi e andare ad avvisare Sara riguardo l’omertà che avrebbe mantenuto la padrona di casa.
SARA***
Con la massima attenzione, avevo sbirciato quello che era avvenuto sotto il portico della villa e, anche se non avevo inteso chiaramente le parole che si erano dette fra Diana e la mia amica Teresa, ero certissima che lei avesse intuito la mia presenza in macchina, se addirittura non mi aveva vista.
Diana, sicuramente stava combinando le cose in modo da rispettare quello che le avevo fatto sapere in segreto, tramite Edoardo, che proprio in quel momento era tornato in macchina.
“Tutto fatto. Diana, è una donna davvero perspicace. Ha capito subito che le cose si sono complicate. Sta lavorando per aggiustare l’inghippo. Posso sapere almeno in che guaio ti sei cacciata?”, mi chiese, sfoderando un pernicioso sorrisino ironico.
“Nulla di misterioso. Io e Tessi, la mia amica che hai conosciuto prima, ci siamo accordate per vendicarci dei nostri padri, poiché, tradiscono spudoratamente e di continuo, le nostre madri, con ragazze della nostra età”, confessai, senza indugi.
“Questa si che è buona. E in che modo pensate di vendicarvi, se posso saperlo?”, chiese Edo.
“Facendoci trovare entrambe nello stesso letto, ed ognuna nelle braccia del padre dell’altra” gli risposi, quasi d’impulso, senza rendermi conto che svelare a lui così stupidamente le nostre intenzioni, avrebbe potuto vanificare il nostro progetto. Era risaputo da tutti che Edoardo, per guadagnare denaro facile, era disposto a tutto.
“Per fare questo, vi serve la complicità di Diana e, forse, anche di suo marito. Tu sei certa che loro si adopereranno a tenervi la candela?”, domandò Edo, dubbioso.
“Penso di si. D’altronde, non ammazziamo nessuno. La nostra intenzione è quella di metterli di fronte alle loro responsabilità, fargli comprendere quale disagio una figlia prova nello scoprire che il proprio padre si porta a letto le sue compagne di scuola …! Devono vivere, sulla loro stessa pelle, la tragica situazione che creano ignominiosamente con altre ragazze, ma soprattutto, nei confronti delle nostre madri. Vogliamo obbligarli ad assumere, in futuro, comportamenti più consoni al ruolo di mariti, prima di tutto, e di genitori timorosi delle leggi umane, visto che quelle divine non li sfiorano nemmeno un briciolo”, mi sfogai, dimenticando che lui era una persona poco affidabile.
EDOARDO***
“E io, in questa storia, che ci guadagno?”, domandai, da opportunista qual io sono sempre stato.
“In che senso, scusa?”, mi chiese, stupita, incapace di comprendere la vera natura della mia richiesta.
“Visto che mi hai coinvolto in un andazzo pericoloso, sia per ragioni di legalità che per etica professionale di attore serio e onesto, è ovvio che io possa chiedere una contropartita, quando rischio di perdere tutta la mia credibilità …!”.
“Ah, ora capisco …! Mi stai ricattando, se ho ben capito. E … sentiamo: cosa vuoi in cambio del tuo silenzio?”.
Il viso di Sara si era improvvisamente rabbuiato. Mi guardava con tale disprezzo da farmi quasi vergognare e pentire nel contempo, di averle rivolto quel ricatto.
Avrei fatto volentieri dietrofront, sulla mia richiesta, ma dopo aver visto la bellissima Teresa, il desiderio di poter possedere anche lei, mi faceva così gola da invalidare totalmente la mia coscienza.
“Voglio avere un incontro sessuale con la tua amica. Almeno una notte intera e, se vorrai partecipare pure tu, per me va bene …”, la buttai lì, senza avere il coraggio di guardarla in faccia.
“Sei un bastardo, Edo! Lo sai vero?”, mi accusò, con piena ragione.
Il disagio mi stava innervosendo, così, per non mostrare il rossore che mi colorava il viso, scesi dall’auto con una velocità da centometrista, riferendole che andavo a parlare con Diana.
“Vai …, vai …! >>, mi sibilò dietro, piuttosto innervosita.
SARA***
Se Edo avesse avuto il buon gusto di farlo apparire come una semplice richiesta di carattere sessuale, e non come un becero ricatto, non lo nego, avrei messo persino una buona parola, per convincere Teresa a partecipare alla tenzone erotico sessuale a tre; ma solo per il fatto che Edoardo aveva agito in quel modo subdolo, la cosa mi aveva disgustata a tal punto da spingermi a fare di tutto per non sottostare al suo immondo ricatto. Dovevo prendere un po’ di tempo, però …; fargli credere che io e Tessi avremmo accettato, ma che avevo bisogno di tempo per combinare la cosa, visto che eravamo ospiti di amici, e perciò, avremmo dovuto stabilire le modalità e i tempi dell’incontro, oltre che il luogo, dato che non potevamo certo farlo all’interno della casa di Diana.
“Okay, ma devi darmi il tempo per mettermi d’accordo con la mia amica”, risposi, mostrando una finta sottomissione.
“Si, certo, ma che non sia una cosa lunga però: al massimo, ti posso concedere fino a domani sera, sennò, mi confiderò con tuo padre, sappilo”, minacciò, serio. Mentre discutevo con Edoardo, mio padre, Diana e Teresa, uscirono dalla casa passando appena poco distante dalla macchina in cui c’eravamo io e lo spregevole ricattatore, diretti molto probabilmente verso uno dei due villini del grande parco che circonda la villa dove, il primo chiarore del mattino, mostrava la costruzione più vicina, quella che, con ogni probabilità, Diana aveva destinato ai nuovi ospiti, per mantenere bene le distanze a cui avevo fatto riferimento io.
TERESA***
Avevo suggerito a Diana di assegnarci la piccola casetta del parco, ambiente in cui, tutte le volte che ero stata sua ospite, con mio padre e mia madre, quand’ero ancora una bambina, avevo vissuto delle vacanze estive gradevolissime.
Ovviamente, con il bel Massi, la mia permanenza in quell’accogliente alcova, senza dubbio, sarebbe state ugualmente stupenda, meravigliosa, infinitamente appagante, dal lato sessuale.
“Ecco qui, questo sarà il vostro nido d’amore!”, ci punzecchiò Diana, mentre apriva la porta della casa indipendente.
“E’ proprio un bell’ambiente, signora”, ribatté Massimiliano, chiaramente a disagio, avendo capito subito quale complicità la donna aveva con Teresa.
“Suvvia, Massimiliano, non essere così fiscale con me!, lo riprese tempestivamente, Diana.
“A casa mia, è d’obbligo usare il tu con tutti quelli che la frequentano, e come prima presentazione, ci si bacia sulla bocca, ovviamente fra uomini e donne, sempre che i gusti non siano diversi”.
Molto bene. Allora è necessario iniziare subito con le presentazioni, Diana: che ne dici …?”, prospettò Maxi, mostrandosi ardentemente attratto dalle labbra carnose della padrona di casa. Senza attesa, sfoderando il suo più bel sorriso, Diana, si mise in posa, in attesa che Maxi gli porgesse sulle labbra il sensuale gesto di benvenuto che entrambi gustarono più a lungo di quanto sarebbe stato lecito fra due persone già finemente compatibili fra di loro.
“Sono prelibate come un dolce manicaretto, le sue labbra, vero, Diana?”, lo esaltai io, cercando di aumentare a dismisura la piacevolezza del contatto con il papà della mia amica, in modo da coinvolgerla profondamente nell’intrigo organizzato da me e Sara.
“Si, Tessi. E la sua saliva è la più gustosa e allettante di quelle che ho assaggiato in tutta la mia vita”, dichiarò, senza attesa, mostrandosi pronta a ripetere l’affettuoso saluto altre volte, solo se anche Maxi lo avesse desiderato.
“Anche la tua saliva è fantastica, Diana, credimi; e assolutamente eccitante. E’ stato sufficiente un tuo bacio per sconvolgermi tutto, proprio come fossi uno scolaretto alle prime esperienze sessuali. Ecco, guarda, se proprio non mi credi”, disse, Max, mostrando il rigonfiamento al di sotto della patta dei pantaloni; una mirabile cunetta che però non avvalorava interamente la sostanza contenuta all’interno degli slip del focoso e affascinante Maxi.
SARA***
Appena Diana aveva condotto Tessi e mio padre nella dependance, io e Edo, sicuri di non essere visti, ci eravamo infilati in casa dove, io avevo subito raggiunto la mia camera, al primo piano, mentre, curiosamente, Edoardo si era infilato in quella successiva, mostrando una certa familiarità con l’ambiente. Dopo aver fatto una doccia velocissima, mi ero sdraiata sul letto e nel breve volgere di pochi attimi, ero crollata in un sonno profondissimo.
L’incubo che stavo vivendo nel sogno, aveva un non so che di reale, soprattutto le quattro quelle mani che mi sondavano energicamente il seno strizzandomi in modo doloroso i capezzoli, e subito dopo introdursi sicure dentro il mio sesso, dilatandolo a dismisura, fino a procurarmi un mirabolante e intensissimo piacere …; godimento che mi fece ritornare alla realtà, quella che incarnava due esseri umani intenti a trastullarsi col mio corpo nudo, nemmeno più protetto dal candido lenzuolo con cui mi ero coperta.
“Buona, piccola. Vedrai che ora saremo all’altezza delle tue aspettative …”, dichiarò Riccardo, mentre Leo si dedicava con sempre maggiore prepotenza alla mia destata intimità, ormai inumidita dal neo desiderio che percorreva le vene del mio corpo fino a irradiarsi ai vasi capillari nelle estremità più lontane.
“E se io non volessi?”, azzardai, senza apporre troppa convinzione nelle mie parole.
“Non ha importanza ciò che tu vuoi”, proseguì Ric, senza fermare le carezze che già dispensava al mio seno fremente.
“Vogliamo dimostrare che la brutta prestazione di questa notte, è stata soltanto una parentesi negativa che non si ripeterà mai più, poiché, è stata frutto dell’eccitazione incontrollata …”, termino Ric, mentre si spostava al fine di cavalcare il mio viso in modo da offrire il suo virgulto, fiorito come non l’avevo visto prima, alle mie labbra, ancora unite per lo stupore che mi aveva invaso, anche se non avevano certo perso tempo ad aprirsi e assaporare quel germoglio che, pochi istanti dopo, era più fiorito di un porcino adulto, e più consistente di un mattarello da pastaio.
La dichiarazione di Ric mi aveva impedito di fare qualsiasi tipo di replica, e non solo perché il suo pene mi vagava fra denti e lingua, ma soprattutto per il motivo che non trovavo inutile disquisire su dei futili argomenti nel bel mezzo di un orgasmo in fase di deflagrazione.
“Se non mi lasciate riposare, domani, sarò una sonnambula”, biascicai, impedita nel dialogare dal gioiello di carne che mi scrutava sempre più profondamente la gola.
“Siamo già a domani, tesoro mio”, constatò Leo, che nel contempo, aveva smesso d’interessarsi alla mia vagina per sistemarsi alle mie spalle e sfregare la sua calda proboscide lungo le mie natiche, le quali, non avevo dubbi, molto presto avrebbe divelto per possedere l’antro che nel suo pied-a-terre aveva esplorato tecnicamente, disturbato dal suo amico di merende, e cioè, il padre di Teresa, che mi aveva invasa con un interminabile e soffocante gettito violento di seme .
La mia previsione si realizzò quasi subito. Senza attesa, Leo mi aveva aperto i glutei con le mani e postato la sua trivella carnosa, ben inumidita dalla saliva, a contatto dell’antro che voleva esplorare con assoluta dedizione, usando inizialmente molta delicatezza, nel pressare contro le pieghe del mio retto, ancora semi vergine, fino a quando le pareti laterali non cedettero alla pressione per effetto del mio ennesimo orgasmo, che mi stava investendo con una forza devastante, incontenibile; naturale anestetico attenuante del dolore che Leo mi aveva procurato quando, senza più la minima pietà, si era inserito in me con un affondo tremendo, lasciandomi il sospetto che avesse raggiunto la gola, con la sua sonda infuocata, e venuto a contatto con la verga di Riccardo. Un attimo dopo, li sentii godere entrambi dentro di me. Al caldo e gustoso liquido che scendeva nella mia gola, un’altrettanto focoso umore mi aveva invaso le budella procurandomi un godimento stellare, da paradiso terrestre.
Soltanto in quel momento di estasi sovrannaturale avvertii nascere in me il senso del perdono, quello che restituisce la fiducia alle persone che ti hanno deluso, e nel contempo, anche l’impellente desiderio di ridare loro altre occasioni per recuperare la mia benevolenza, ovviamente, in quel preciso istante, l’unico modo in cui mi premeva di gustare la loro implicita richiesta di perdono, non aveva altro che il fine sessuale, lo stesso che, dal momento in cui avevo perduto la verginità, mi stava devastando la volontà a favore del piacere fisico.
MASSIMILIANO***
Il bacio condiviso con la seducente Diana, ci aveva surriscaldato in modo tale da costringere Teresa ad intervenire sulle nostre labbra, appena disgiunte, rafforzando la bramosia che disturbava la padrona di casa, me, nel reparto boxer, ma sopratutto la gazzella che mi aveva rapito, soggiogato e persino devastato le mie capacità di carattere intellettive. Nel breve volgere di pochi attimi, ci eravamo ritrovati nudi e avvinghiati uno all’altra senza osservare le naturali attività eterosessuali. Mentre la padrona di casa esplorava con la lingua i miei testicoli, Tessi si dedicava alla sua rosa scarlatta nel bel mezzo della fioritura, ma nonostante tutto lo sfregamento che aveva subito nel corso degli anni, ancora splendida anche se inumidita lungamente da peni diversi.
“Dai, su, prendimi, porco! Scopami, bastardo!”, esclamò improvvisamente Diana, attirandomi a se con una certa violenza, escludendo Tessi che, con vera dedizione, cominciò a dedicarsi ai miei ovali, l’unica parte del mio intimo ancora emergente dalla vorace femmina sdraiata sotto di me, già in volo verso i confini del piacere più appagante.
La tenzone aveva cambiato il suo aspetto diverse volte, con me sopra l’una o l’altra donna ma anche loro a comprimermi, entrambe con il proprio corpo disunito oppure unito fra di loro, in eccitanti e focosi baci saffici, mentre le loro mani e persino i loro sessi, non smettevano di trastullarmi con morbosità il membro ormai ridotto, per lo sfregamento, ad un vergognoso peperone rosso, prossimo ad afflosciarsi, a perire esausto, dopo la prolungata battaglia combattuta senza soste, che ebbe fine solo al mattino inoltrato, quando Diana se ne andò lasciando che ci addormentassimo più per lo sfinimento fisico che per il sonno.
DIANA***
Alla mia invidiabile esperienza sessuale, fatta di molteplici unioni contemporanee, mancava ancora la semplicità di quell’unione di me, con un uomo nel pieno della sua virilità, ed una tenera fanciulla alle prime armi, ma con un’invidiabile ardore nelle vene e il desiderio d’imparare appieno l’arte di amare con il sesso. La piccola mi aveva favorevolmente sorpresa, soprattutto quando s’era dedicata al mio usato clitoride, lambendolo con delicatezza, succhiandolo e trastullandolo con la sua lingua calda fino a quando, accortasi che stavo per raggiungere l’orgasmo, prese a mordicchiarlo, a volte in modo lieve, e altre, con vera crudeltà, fino a cagionarmi un lieve dolore seguito dal piacere.
“Chi è stata la tua maestra?“, le avevo chiesto, mentre rilasciavo tutto il liquido che avevo accumulato in grembo dal momento stesso che ero stata baciata dal superbo uomo che lei aveva condotto nella mia dimora.
“Te lo dirò quando saremo sole. E’ un segreto che non posso svelare di fronte a un uomo …”, dichiarò, ammiccando nascostamente verso Massimiliano.
“Nel pomeriggio, sul tardi, passa a trovarmi, che ne parliamo”, mi aveva proposto. “E, soprattutto, mi raccomando: tieni fede a ciò che ti ha detto la mia amica”, aveva aggiunto, abbassando la voce.
“Conta su di me, tesoro. Non c’è alcun problema”, le promisi. Io non avevo ancora parlato con Sara, da quando era tornata con Edo, ma avevo parlato con lui che, a grandi linee, mi aveva accennato sul progetto che avevano le due amichette: indire un ballo in maschera dove avrebbero potuto rimanere anonime fino a quando loro stesse avrebbero deciso di svelarsi.
Non mi restava altro da fare che programmare il tutto, procurare vestiti e maschere per tutti, in modo da tenere anonime le due ragazze fino all’epilogo della storia che, speravo, si sarebbe conclusa all’interno delle mura della mia villa, con pace fatta fra le ragazze ed i loro farfalloni genitori.
GIANNI***
Quando mia moglie mi parlò del progetto che le due ragazze avevano intenzione di mettere in atto, per principio rifiutai il mio consenso. Ritenevo che un tale inghippo avrebbe messo a repentaglio anni di amicizia fra me e Riccardo, oltre a creare un precedente che non avrebbe avuto confini. Inoltre, visto che mia moglie stava già tramando per elevare la baldoria sessuale come se fosse stata l’evento dell’anno, al quale avrebbero partecipato altri vip famosi, sentivo alimentarsi in me un ulteriore senso di gelosia nei confronti di tutti coloro che avrebbero avuto la possibilità di gustare le grazie della piccola Sara, e di conseguenza, pure quelle dell’adorata figlia di Ric, la meravigliosa creatura che avevo quasi visto nascere, ma che ora, alla luce di ciò che ero venuto a sapere anche su Teresa, incominciavo a pregustare un vero rapporto intimo, anche con lei; anzi, il pensiero, era divenuto addirittura una fissa, un vero pallino che mi frullava in testa, e che mi aveva indotto ad accettare che il baccanale si svolgesse da noi, in ogni angolo più disponibile e remoto della nostra tenuta.
SARA***
Quando mi svegliai, verso le diciassette di sera, (del giorno …?)non ero in grado di saperlo …, visto che mi pareva di aver dormito un’eternità, la camera era appena rischiarata da una piccola lampada salva buio, sufficiente a mostrarmi che ero sola, ancora completamente nuda e leggermente infreddolita, oltre che appiccicosa fra le gambe ed i glutei dove, sicuramente, avevo perso il liquido seminale che Leo aveva svuotato dentro di me. Anche le mie labbra erano scarsamente unite ai loro angoli, e un acre sapore di sesso maschile, mi fece tornare alla mente il gustoso attrezzo del bel Ric che saltellava indomabile fra le pareti avvolgenti della mia bocca.
L’interminabile doccia rinfrescante, mi aveva rimessa in forze e stimolato un forte appetito, per la prima volta, non sessuale. Ma purtroppo, non potevo girovagare per la casa o scendere fino alle cucine, con il pericolo di incrociare mio padre, così mi attaccai al telefono e chiamai direttamente Diana che, subito, mi procurò un paio di toast e una fresca bibita a base di te verde, che divorai e bevvi con una foga tale da sembrare addirittura una morta di fame.
“Se ne vuoi ancora, tesoro, premi due volte il tasto verde che c’è sul telecomando del televisore, e dalle cucine, arriverà subito qualcuno a servirti”.
“ Okay, ma penso di non averne più bisogno. Ormai sono sazia”, la ringraziai, di buon grado, mentre mi avvicinavo a lei per chiederle, sottovoce, di farci ancora un piccolo favore.
“ Sai, Diana, Siamo ricattate da Edoardo … Pretende di portare a letto me e Teresa altrimenti spiffera ai nostri genitori le nostre intenzioni”.
“ Come fa lui a sapere quali sono le vostre intenzioni?”, mi chiese Diana, stupita.
“La colpa è mia. Mi sono fidata di lui, nonostante sapessi che non è una persona affidabile”.
“ Ed io, cosa vuoi che ci possa fare? Potrei mandarlo via dalla villa, ma sarebbe peggio ancora. Si vendicherebbe tramite telefono. Lui conosce bene Riccardo; lo contatterebbe comunque e rovinerebbe la sorpresa”.
“ Si, è vero, quello che dici tu, Diana. Io non voglio escluderlo del tutto. Pensavo di metterlo in una posizione particolare, in modo che poi non possa più nuocerci. Tu informalo che io e Tessi siamo pronte ad incontrarlo questa sera, verso le ventidue, nella dependance che hai assegnato a lei, e di essere puntuale; poi fai in modo di registrare soltanto il nostro incontro, mentre facciamo l’amore con lui, al resto, ci penso poi io; e vedrai che non ricatterà mai più nessuno, in vita sua.
“ Ma per il ballo in maschera che ho organizzato, con inizio a mezzanotte, sarete in grado di parteciparvi, poi”?, mi chiese, preoccupata, Diana.
“ Ovviamente si! Non ci rinuncerei per nulla al mondo …”, la rassicurai.
“Ora chiamo Teresa per telefono e mi accordo con lei su tutto, il prima e il dopo. Tu, organizza l’incontro fra noi e Edoardo, tenendo fuori dai piedi i nostri vecchi, e vedrai che saremo puntuali ed in forma per partecipare al focoso baccanale che si terrà a mezzanotte”, precisai, esaltando in modo particolare la già eccitata fantasia della padrona di casa.
TERESA***
Mancavano almeno dieci minuti alle ventidue quando sentimmo bussare alla porta d’entrata della dependance ed una voce appena sussurrata: “ Sono Edoardo …!”. Per alcuni momenti, io e Sara ci guardammo indecise, poi lei, andò ad aprire, non prima di avere spento la luce del corridoio d’entrata, onde evitare che dalla villa ci potessero vedere.
In attesa dell’arrivo di Edo, avevamo predisposto la camera da letto in modo che le varie lampade puntassero la loro luce esclusivamente sulle lenzuola dove le quattro telecamere, posizionate in modo strategico, avrebbero ripreso tutto quanto io e Sara avremmo concesso al ricattatore.
“ Vedo con piacere che nemmeno a voi dispiace questo incontro”, ironizzò Edoardo palpando con piacere il fondo schiena di Sara, appena coperto da un leggerissimo paio di slip in seta, carezza che lei non disdegnò affatto, anzi, si posizionò in modo da fargli ripetere il palpeggiamento, contorcendosi fino a indurre Edoardo a infilarle due dita nella vagina.
“Prima che tu seguiti nel portare avanti questo tuo ricatto”, l’interruppi io, con voce ferma, “sappi che noi siamo ancora minorenni, e che se la cosa si venisse a sapere fuori da questo ambiente, potresti venire accusato di violenza carnale su minori …!”
lo informai, confortata dal fatto che con la registrazione esclusiva fatta da Diana in nostro favore, avrebbe impalato Edoardo alle sue responsabilità.
“ Ma io confido sul fatto che voi non ne parlerete con alcuno, altrimenti, sapete bene cosa vi aspetta!”, seguitò a minacciare Edo, senza per altro sapere che ormai noi lo tenevamo per i testicoli.
“Ora, bando alle chiacchiere, puttanelle! E datevi da fare se non volete che usi il mio telefono già da subito, informi i vostri due vecchietti su cosa gli state preparando per la festa di mezzanotte”, ci minacciò per l’ennesima volta.
Purtroppo, fino a quando Diana non ci avrebbe assicurato di aver filmato con buon esito tutta la scena, e fatto anche delle copie, dovevamo sottostare alle voglie di Edo, il quale, senza perdere tempo, s’era spogliato completamente e incominciato a masturbarsi con energia, lasciando me e Sara completamente affascinate dal suo bel grimaldello, promettente come può esserlo solo un sesso granitico e vibrante.
Non ci restò altro da fare che impegnarci al meglio delle nostre possibilità, sparten-doci il suo favoloso porcino con affettuosa condivisione, quella espressa da due gemelle sessuali, ma non sorelle di fatto, come noi ci ritenevamo.
Nonostante ci fossimo dedicate entrambe, con buona lena, nel massaggiare il pene di Edo con ogni parte del nostro corpo, lui ci faceva cambiare posizione di continuo, entrando prima nella bocca di Sara e poi nella mia ordinando a lei di trattarlo solo con la lingua, senza l’aggiunta delle mani, e a me di ingoiarlo fino a rasentare le mie tonsille. Poi, dopo avermi posizionata alla pecorina ed esserselo fatto inumidire da Sara, lo puntò direttamente al mio posteriore forzandolo senza il benché più piccolo avviso, causandomi un dolore lancinante.
“ Bastardo …!”, mi sfuggì, al culmine del dolore, mentre lui continuava a cavalcarmi senza pietà, anche se un leggero rivolo di sangue aveva macchiato il lenzuolo.
“ Si, io sono un bastardo, come dici tu, che però ti ha rotta tutta, come si fa con la più devastata delle mignotte”.
Il fatto è che aveva ragione. Io in quel momento mi sentivo davvero come se fossi stata una vecchia baldracca, tutta sfondata. Oltretutto la situazione non mi spiaceva affatto, specialmente quando Sara aveva giocherellato col mio clitoride, succhiando e mordicchiando il mio fiore fino all’estrema conseguenza. Un dolore insopportabile dietro e un altrettanto piacere superlativo davanti.
“Ora voglio sfondarti anche davanti, Troia!”, esclamò, eccitato da fare paura, tanto i suoi muscoli erano tesi, compreso quello centrale che, nonostante mi avesse aperto drasticamente le pareti del retto, non aveva perso la sua consistenza, anzi, pareva risoluto ad espandersi ulteriormente quando finalmente avrebbe deciso di infilarli in me, indecentemente fradicia di umori.
“A indirizzarlo verso le mie labbra vaginali fu la stessa Sara, anche lei oltre la soglia massima dell’eccitazione. E quando il pene di Edoardo scomparve tutto intero nel mio antro, si distese fra le gambe di lui e il mio sesso per umettare ulteriormente la sua asta, quando nell’andirivieni usciva, per poi passare ai testicoli del maçhò che mi stava usando, e poi su, fino a mettere la lingua nell’ano di lui, il quale, preso dal più impellente desiderio, incominciò a irrorare l’interno del mio sesso come fosse la colata rovente di un vulcano.
Per un attimo infinito, nella stanza, tutto tacque, poi, come se ci fossimo accordati, un ansimare animalesco emerse aumentando a dismisura, tanto da farci dubitare che dalla villa ci avessero sentito.
Eravamo ancora distesi sul letto, allacciati allo stesso modo in cui avevamo goduto il fantastico amplesso a tre quando si accese il televisore al plasma di cui era dotato il piccolo appartamentino, e iniziò un filmino dove gli attori protagonisti eravamo noi tre, nella fase iniziale, e cioè quando interrogavo Edo e gli chiedevo se fosse consapevole del fatto che io e Sara eravamo a tutti gli effetti ancora minorenni, e che se avesse preteso di scoparci, poteva essere accusato di pedofilia, oltre che di ricatto.
Nel vedere il video Edoardo divenne cereo, poi, con fretta a dir poco supersonica, e bestemmiando a nostro indirizzo, raccolse i vestiti e se ne andò senza voltarsi.
Era fatta. Ora ce l’avevamo in pugno. Non era più nella possibilità di smascherarci. Avremmo potuto portare a termine il nostro progetto senza temere che qualcuno ci facesse la spia.
Anche se Edoardo se n’era andato, io e Sara avevamo continuato a gustarci il film registrato da Diana, alla fine del quale lei ci aveva mandato un messaggio: “ Ora vi dovete preparare per il ballo in maschera, figliole. Manca meno di mezz’ora a mezza notte.
“Fra pochi minuti, fuori dalla porta della dependance, troverete una busta di carta con dentro tutto l’occorrente per mascherarvi. Ed ho pensato, visto qual è il vostro proposito, di procurarvi due costumi identici, da micette, in modo che nessuno sia certo di chi voi siate. Non ho incluso l’occorrente per il trucco poiché non ne avrete bisogno, poiché, le vostre maschere, quasi integrali, vi lasceranno libere soltanto le labbra per darvi la possibilità di adoperarle come meglio crederete”, aveva aggiunto completando il discorso con un grosso “ in bocca al Lupo”.
“ Crepi …!”, aveva esclamato Sara quando, tirando fuori il contenuto della borsa si era ritrovata due maschere da gatte e soltanto due minuti slip con una lunga coda nera che scendeva sul dietro dei nostri glutei.
“Per fortuna, mio padre, non mi ha mai vista con il seno al vento, altrimenti, dal neo che ho vicino al capezzolo destro, mi avrebbe sicuramente riconosciuta”, aveva poi concluso mostrandomi la macchiolina scura che caratterizzava il suo meraviglioso petto, alla quale non avevo mai fatto caso quando ci eravamo trastullate fra di noi.
“ Anch’io ho un segno riconoscibile, se ben ricordi, Sara; la coccinella rossa e nera che mi sono fatta tatuare sul pube, di fianco ai peli: tatuaggio che solo mia madre ha visto, oltre al tuo sporcaccione papà, ovviamente”.
DIANA***
Quando le ragazze giunsero nel salone della mia villa, il vociare intenso dei presenti
si fermò di colpo per lasciare il posto ad un gustosissimo apprezzamento indirizzato unicamente verso di loro. Nemmeno io, anche se avevo quasi visto nascere Teresa, avrei saputo riconoscerla, dato che i loro capelli erano coperti dal cappuccio con le orecchie da gatto, e fisicamente, l’avevo potuta gustare, per la prima volta, soltanto quel mattino, coinvolgendola nella scopata con il favoloso Massimiliano.
“ Le fantastiche bellezze che si sono materializzate di fronte a voi, signori, sono ben disposte ad appagare ogni vostro desiderio, sempre che venga richiesto loro con la massima gentilezza, senza usarle violenza, a meno che, non siano loro a richiederlo espressamente”, li avvisai, poiché, oltre agli abitué che frequentavano la mia casa, mi ero permessa d’invitare anche alcuni ministri di larghe vedute, dei quali mi sarei poi potuta servire.
GIANNI***
Per evitare malintesi o gelosie, mia moglie aveva accuratamente evitato d’invitare le mogli e le compagne dei vari uomini che erano presenti, ben sapendo che solo lei avrebbe così potuto intervenire nel coordinare i vari accoppiamenti fra le ragazze e la masnada di stupratori che erano intervenuti , e magari contribuire con il triangolo lesbico ad aumentare l’eccitazione generale che si sarebbe sicuramente prodotta.
“ Dai, marito; inizia tu le danze …! “, mi stimolò Diana, abbassandomi la cerniera dei pantaloni e liberando faticosamente il mio virgulto, già incredibilmente in tiro per venire fuori dalla patta senza intoppi.
Ero tremendamente imbarazzato. Tutti mi guardavano all’altezza più sconcia del mio corpo commentando la quantità fuori misura del mio attrezzo, magari chiedendosi a quale delle due ragazze avrei sfondato l’utero o magari l’ano, senza sapere che una delle micie aveva già adattato il mio pene a tutti i suoi antri, sia quelli superiori che inferiori, e pertanto, in quel momento, il mio desiderio maggiore era quello d’infilare come se fosse uno spiedino, le creazioni naturali che la bella Teresa possedeva fra le gambe, e magari lasciare che poi mi detergesse dagli umori fuorusciti dal suo e dal mio sesso.
L’unico modo per indirizzare la scelta sulla gatta giusta, era una sola. Dopo essermi avvicinato alle gattine, sussurrai piano all’orecchio di quella più vicino a me: ”Devo pagarti, dopo?”
“ Ovvio …! “ mi rispose, senza attesa, confermandomi, anche con il tono di voce, di essere Sara.
TERESA***
Subito dopo aver sussurrato all’orecchio di Sara, Gianni si avvicinò a me con fare felino, visibilmente trionfante e intenzionato a trafiggermi con la sua lancia ardente, temibile attrezzo che mi incuteva, non lo nascondo, un certo timore, sia per la sua dimensione che per il tremolio incessante dal quale era percorso, e che lo rendeva simile ad un grosso dildo con cui Sara, tempo addietro, mi aveva dilatata davanti e fra i glutei, senza però penetrarmi a fondo. L’unico modo per difendermi dal mostro innestato fra le sue gambe era l’attacco diretto, farlo esplodere anzitempo, prima di lasciarlo adattare al mio paradiso. Prima che lui avanzasse una qualsiasi richiesta, mi misi in ginocchio e abboccai il più che potevo il suo virgulto, trattenendolo il più possibile in fondo alla mia bocca, dilatata quasi fino a soffocare, mentre lui avido della mia apertura facciale oltre il naturale, seguitava a pomparmi con una bramosia
Irrefrenabile.
“ Fermati …! Fermati, ti prego! Altrimenti mi fai venire …!” mi supplicò, stringendosi il pene con tutt’e due le mani per evitare l’eiaculazione giunta quasi allo stato di non ritorno. Poi, con una mossa che proprio non mi aspettavo, si levò dalla mia bocca, mi sollevo fra le sue braccia e mi adagiò con il seno sulla spalliera della poltrona, e le gambe aperte, in modo da adattare il suo sesso ai miei glutei, timorosi ma anche frementi; indecisi se accettare o rifiutare il pitone che premeva con forza inaudita il tenero fiorellino, appena lievemente spampanato, non aduso a digerire serpenti di quel calibro.
“ Gianni, ti prego! Non lì. Non subito, almeno … Lasciami riscaldare un poco, prima, e poi, ti prometto che sarà il tuo fodero per tutto il tempo che vorrai!”, lo supplicai, mentre tentavo di risollevarmi lo slip che lui mi aveva abbassato prendendolo dalla coda. Infoiato come una bestia, Gianni non mi lasciò scampo. Dopo aver strappato letteralmente lo slip, incominciò a calibrare la direzione del suo pene verso il quasi vergineo forellino rosa solitario fra i miei glutei fino a quando, tastata l’elasticità del mio antro posteriore, iniziò a premere con forza inaudita fino a quando la stretta via del mio retto si dilatò completamente, e sicuramente senza un’ulteriore possibilità di riprendersi l’originale strettezza.
La smorfia di dolore che probabilmente si era disegnata sul mio viso, parve essere il segno d’avvio della baldoria sessuale. In meno che non si dica, una miriade di mani, lingue e falli, appiccicosi, vibranti, ma estremamente vogliosi, si adattarono su e in me, sondandomi occhi, orecchie, bocca, ascelle, ombelico e ogni anfratto libero da impedimenti carnosi. Il talamo orgiastico era diventato uno spessissimo tappeto di foggia persiana, steso al centro del salone dove un’orda di corpi, completamente nudi, si compiacevano di gustare sia me che Sara, come Diana, senza esclusioni di colpi, giungendo persino ad adattarci, una di fronte alle altre, in un caloroso bacio saffico mentre i nostri corpi, dal collo in giù, venivano martoriati in tutti i sensi, ma anche soddisfatti da penetrazioni favolose e da liquidi incandescenti che più volte i maschietti riversavano su e dentro di noi, sul punto o nel buco a loro più gradito.
SARA***
Il fatto che Gianni avesse preferito Tessi a me, mi aveva lasciata piuttosto interdetta, e per fargliela pagare, mi ero ripromessa di debilitarlo alla svelta. Nonostante su e in me vagassero una quantità indefinibile di organi, appena riuscii a sfoderare il pitone del padrone di casa dall’ano di Teresa, lo afferrai con decisione con tutt’e due le mie mani e iniziai a pomparlo con tutta la mia capacità, leccandogli i testicoli a anche l’ano, fino a farlo godere in modo tale che, nemmeno se gli avessero offerto una verginella di primo pelo, il suo virgulto si sarebbe ridestato.
Purtroppo, nel dedicarmi a quel progetto, non avevo fatto attenzione a chi si era adattato a me, e se nel marasma generale io fossi stata presa anche da mio padre.
Anche Teresa, molto probabilmente, era adombrata da questo dubbio, pur se pareva che la sua priorità di quel momento fosse soltanto quella di soddisfare più persone possibili, e nello stesso tempo provare tutto il piacere che secondo lei avevo goduto
soltanto io, nel mio peregrinare fra Roma e Ostia.
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