Morte a Venezia

di
genere
pulp

Il rumore dei tacchi sull’acciottolato risuona nelle calli consunte e deserte nel cuore della notte.
Di solito non sono una da tacchi alti e calze di seta, così non sono del tutto a mio agio nel camminare a passo svelto.
Questa notte mi sono venduta a un vecchio pieno di soldi, particolarmente generoso con una signora di classe capace di farglielo tirare quasi come un tempo, e disposta a praticargli un ingoio totale.
Già, oggi sono davvero nella mia versione più sconcia: quella della puttana senza limiti. Ho staccato una marchetta da seimila euro, e mi sono anche divertita abbastanza a farlo.
No, non sono esattamente fiera di me stessa: so benissimo che i soldi – anche se mi servono – in realtà sono una scusa. Rappresentano il pretesto per lasciarmi andare e degradarmi in un modo che altrimenti non potrei concedermi; solo così riesco a soddisfare il mio feticcio di autodistruzione, vendendomi a partner che mi ripugnano.
Sono una pervertita.
E mi piace…

E’ tardissimo.
La Serenissima è attraccata nei pressi della stazione, e ci vorrà un po’ a raggiungerla a piedi; a quest’ora d’altra parte, con i prezzi che corrono a Venezia, per prendere un taxi dovrei investire metà della mia marchetta.
Fa anche piuttosto freddo, motivo in più per affrettarmi.
Sono in zona San Polo, e devo raggiungere piazzale Roma e poi Santa Chiara.
Venezia è sempre viva, però alle quattro del mattino in questa zona ci sono solo i gatti…
Mi stringo nella mia volpe argentata e accelero sperando di non slogarmi una caviglia cadendo dai tacchi. Come vorrei avere addosso i pantaloni e gli stivali!
Ma già, dovevo rimorchiare al Casinò, e in quell’ambiente le calze di seta aiutano più dei jeans di pelle, anche se hai un culo “da danzatrice di samba”, come dice carinamente Eva...
La mia compagna mi manca.
E’ in Olanda per gli esami di autunno… Probabilmente a quest’ora starà ronfando fra un paio di ragazzotti stremati. Oppure sarà andata a trovare la sua famosa zietta bisex.
Cazzo, cosa mi prende? Continuo a pensare al sesso…
Vorrà dire che appena arrivo a bordo, tiro Jasmine giù dal letto e me la porto nella cabina padronale per darle una bella ripassata.
E’ da un po’ che non me la faccio… Di solito è riserva di caccia di mia figlia, ma Giulia è un po’ che non si fa viva dal collegio, quindi probabilmente la giovane berbera è a secco anche lei.
Sono distratta.
Ho in testa la fica di Jasmine, e nel frattempo cerco di non spezzarmi un tacco.
E’ per questo che mi colgono di sorpresa… OK, anche per questo, visto che si traatta di professionisti.
Mi prendono da entrambi i lati mentre passo un crocicchio: uno mi afferra le braccia tirandomele dietro alla schiena, l’altro mi tappa la bocca e cerca di premermi qualcosa sul naso.
Avverto l’odore sospetto e trattengo il fiato mentre cerco di scalciare all’indietro.
Ma è difficile lotttare trattenendo il respiro.
Il mio corpo cerca di reagire automaticamente con una mossa di streetfight, e riesco a mollare una bella testata al tipo che cerca di cloroformizzarmi.
Poi per buona misura gli rifilo una bella ginocchiata nelle palle, e quello si piega in due per il dolore, con un grugnito appena soffocato.
L’altro però mi torce le braccia con violenza, e temo che me le possa spezzare.
Mi lascio andare, e questo lo sorprende… Se avessi addosso qualcosa di più adatto a difendermi, magari riuscirei a fare qualcosa di più; ma così posso solo urlare di dolore quando il bastardo mi tira il polso fin dietro la nuca.
Non vogliono la mia borsetta, accidenti a loro: questi sono qui per me…
Sento di nuovo l’odore del cloroformio: l’altro si è ripreso dalla sorpresa per la mia reazione e sta per completare il suo lavoro.
Questione di secondi, e la Visentin sarà più addormentata della bella principessa e pronta per la spedizione, dovunque questi tipi vogliano mandarla…
Due tonfi soffocati.
Improvvisamente la stretta sulle mie braccia si allenta, e anche l’odore del cloroformio si allontana.
Inspiro, mi rotolo di lato e guardo l’aggressore che ho sginocchiato nelle palle, che porta la mano alla pistola sotto l’ascella.
Mi allungo sul fianco (povera la mia volpe argentata!) e sforbicio con le gambe prendendolo alle caviglie. Non sono abbastanza brava da farlo cadere, ma a farlo incespicare, sì.
Come al rallentatore, lo vedo estrarre l’arma e puntarla, poi sento altri due tonfi e due fiori rossi spuntano al centro della sua camicia bianca.
La pistola cade sul selciato e il tipo si affloscia con un rantolo.
Mi sollevo sulle braccia e mi volto verso l’altro aggressore, che giace accovacciato contro il muro tenendosi un braccio grondante di sangue: più fotunato del suo compare, dev’essere stato colpito alla spalla.
Alzo lo sguardo, e vedo il mio salvatore ancora con la pistola in mano, con lo sguardo che saetta fra i due uomini a terra e che poi si ferma su di me.
- Tutto a posto, Patrizia?
Vittorio: il tipo che ho scopato nella sua stanza d’albergo meno di un’ora fa.
Però, niente male per un ultra settantenne.

Mi alzo in piedi guardandomi attorno, e intanto cerco di raccogliere le idee.
Chi diavolo può voler rapire una come me? Questo non è un tentativo di stupro: non si va in giro con la pistola e il cloroformio se si ha intenzione di scopare una MILF per la strada.
Quindi, chi può prendersi la briga di pianificare il mio rapimento? Vediamo: la mafia, i cetnici, i servizi russi…
Vittorio spara bene: il tipo con la pistola è morto stecchito, con due proiettili dritti nel cuore. Quell’altro ha la spalla destra completamente sfasciata e sanguina come un maiale sgozzato.
Il mio amante di una notte non è uscito da un film, quindi probabilmente è uno del “giro”; forse dell’Agenzia… Anzi, vista l’età, magari è anche un pezzo grosso.
Lo guardo un po’ sospettosa spazzolandomi la pelliccia, e lui mi fa l’occhilino prima di piegarsi sul ferito.
Osserva la ferita, poi fa una domanda in una lingua che mi suona slava: potrebbe essere russo, oppure serbo.
Il tipo rimane impassibile.
Vittorio ripete la domanda, e questa volta caccia un dito nel foro della pallottola del disgraziato, che caccia un urlo lacerante.
Segue un rapido scambio nella lingua slava di prima, al termine del quale Vittorio alza nuovamente gli occhi su di me.
- Io con lui ho finito. Vuoi chiedergli qualcosa tu?
Scrollo le spalle: - Immagino tu ti sia già fatto dire chi è e per chi lavora.
- Esatto.
- Quindi no, non ho altre domande. Cosa ne facciamo?
Lui fa una smorfia significativa.
Beh, in fondo si tratta di un assassino su commissione… Uno che per di più ce l’ha proprio con me.
- Pensaci tu: io devo fare una telefonata…
Eh?
Rimango un istante basita. Ho già ucciso un po’ di gente, ma mai così a sangue freddo.
D’altra parte…
Immagino che se ne avesse l’opporunità, il tipo farebbe a me lo stesso servizio, quindi è meglio evitare ogni rischio.
Mi piego sul malcapitato che voleva rapirmi, o peggio, e gli sorrido.
Ha una faccia assolutamente banale, solo che è stravolto dal dolore.
No, non mi fa nessuna pena.
Gli prendo la testa a due mani, afferrandola bene per la mascella e l’occipite, e ruoto di colpo e con forza.
Sento come uno strappo; il rumore e la sensazione di qualcosa che si spezza: è la spina dorsale, troncata dalla torsione improvvisa. Morte è istantanea.
Vittorio è al telefono, ma mi guarda attentamente.
Annuisce, apparentemente soddisfatto.
- Squadra di appoggio sulle mie coordinate – dice rivolto al cellulare – Sanitizzare.
Immagino significhi smaltire i corpi e cancellare l’evidenza.
Spegne e torna a guardarmi mentre finisco di ripulire la mia volpe argentata.
- Hmmm… Non male. Te la sai cavare benino per una nuova.
Cerco di evitare domande stupide, e siccome non me ne vengono di intelligenti, sto zitta.
Tanto non credo che risponderebbe se gli chiedessi se è lui il mio capo nell’Agenzia.
- Sarà il caso di prendere qualche precauzione supplementare… Ti manderò istruzioni sulla email protetta. Comunque stavamo per attivarvi, quindi tutto sommato va bene così.
- Attivarci? Tutte e due?
- Tutte e tre. Avete una marinaia tunisina adesso, no?
- Già.
- Quindi aspettate gli ordini, appena la van Maar rientra da Amsterdam. Mi aspetto che li seguiate alla lettera: hai visto quali sono le regole del gioco, no?
Annuisco, un po’ seccata.
Ho come l’impressione di aver perso il controllo del mio destino.
Vittorio adesso sorride: - Ci tenevo a conoscere almeno te, prima di mandarvi fuori… Mi piace farmi un’idea personale dei miei agenti.
OK, adesso è chiaro: Vittorio è il mio capo all’Agenzia.
Beh, almeno non è uno stupido; in più, spara bene, e sa ancora usare l’uccello.
Tutto sommato, per essere un uomo non è male…
- Adesso vai: raggiungi la barca e per stanotte getta l’ancora in laguna. Domani avrai le tue istruzioni.
Annuisco lentamente, cercando di darmi un contegno.
Mi preme dire una cosa sola: - Mia figlia non deve essere coinvolta. Chiaro?
Lui annuisce: - Naturalmente. E comunque, dove si trova è perfettamente al sicuro.
- Bene. Allora siamo d’accordo.
Un sorriso amichevole: - Buona fortuna, Mantide.
Mantide. Il mio nome in codice.
Tanto per fugare eventuali dubbi residui.
Mi volto e mi incammino; per fortuna i tacchi non si sono rotti nella colluttazione…
- Ah, Patrizia…
Mi fermo, senza voltarmi.
- Complimenti: hai una bocca fantastica… Non mi dimenticherò tanto presto di questa notte!

Raggiungo la Serenissima e salgo a bordo trafelata mentre cadono le prime gocce di pioggia.
Jasmine è pronta a salpare l’ancora: è più o meno l’ora dell’appuntamento e i motori sono accesi al minimo.
Butto via le dannate scarpe con i tacchi e vado al timone mentre lei molla gli ormeggi.
Dieci minuti e siamo in laguna, avvolte dalle tenebre e con il rombo del motore come unica compagnia.
Jas è accanto a me. Ha capito che è successo qualcosa, ma naturalmente non fa domande…
E’ la prima volta che uccido un uomo a mani nude. Mi fa un certo effetto.
Sono eccitata.
Jas getta l’ancora e mi raggiunge alla plancia.
Le passo una mano intorno ai fianchi e l’attiro a me; avverto un moto di sorpresa, ma non oppone resistenza.
E’ da un po’ che non la scopo: istintivamente, la considero un po’ come la riserva di caccia di mia figlia… Ma questa notte la voglio per me.
Afferro la volpe argentata in una mano e la ragazzina berbera nell’altra, e me le trascino entrambe in cabina; non che oppongano resistenza, nessuna delle due…
Jasmine ha capito che ho voglia: si stende lasciva sul lettone e si libera dei vesiti che indossa.
Io mi spoglio in piedi accanto al letto; la guardo mentre si stiracchia invitante, lo sguardo fisso su di me, e mi sento fremere di lussuria all’idea che sto per sfogare una volta di più la mia perversione preferita: abusare di una ragazzina.
Quasi mi dispiace che sia consenziente… Sto davvero peggiorando: uccidere la gente tira fuori davvero il peggio di me.
La raggiungo nel letto e la stringo a me, nuda.
E’ calda. Liscia, morbida… Disponibile.
Posso capire come la Giulia abbia un debole per lei.
Ci baciamo in bocca: un lungo bacio passionale; torrido, bagnato…
Le stringo un seno: tondo, duro, acerbo… La sento guaire di piacere e di dolore al tempo stesso nella mia bocca, mentre succhio la saliva dalla sua.
Strofino una coscia nuda contro il suo giovane sesso, e mi sento bagnare la pelle dalla sua voglia.
E’ pronta.
Mi rivolto sul letto, tiffando la testa fra le sue gambe spalancate, annusando l’afrore della sua natura rovente. Bacio il monte di venere accuratamente depilato, poi passo la lingua sulle grandi labbra già dischiuse e pronte per l’amore.
Lei geme di piacere.
La penetro con la lingua, scivolando negli anfratti bollenti della vagina, succhiandone il liquore dolcissimo del suo desiderio, e questa volta la ragazzina emette un gridolino di gioia, sentendosi amare con tanta foga.
Un istante, e sento la sua lingua passarmi sulla pelle calda della coscia sinistra; risale lentamente verso l’inguine, e io apro le gambe per concederle pieno accesso.
Slinguo la fica sgocciolante di Jasmine, e la sua lingua raggiunge la peluria umida della mia, che sento pulsare per l’anticipazione di quanto sta per accadere.
- Aahhh…
Mi scappa un lungo gemito di piacere quando la linguetta impertinente di Jasmine raggiunge il mio clito fremente di voglia.
Comincio a leccare con foga dentro di lei, e la ragazzina mi ricambia con altrettanta foga, in quello che ormai è un sessantanove lesbico da manuale: siamo stese sul fianco, avvolte nella penombra della cabina, avvinte dalla furia dei sensi e ormai incapaci di arrestare la lussuria che pervade i nostri corpi.
Del resto, perché dovremmo arrestarci? Abbiamo voglia una dell’altra, e il resto non conta.
Perdo la nozione del tempo mentre lecco avidamente la fica dell’amichetta di mia figlia e lei lecca la mia come se non ci fosse un domani; lei viene per prima, contorcendosi per il piacere e strofinandosi come una gatta, ma senza smettere un solo istante di slinguarmi a sua volta, finché non le godo in faccia con un grido rauco.
Mi volto a baciarla: la sua bocca sa di me…
Ci limoniamo un poco, strofinandoci nude una contro l’altra, poi è lei a divincolarsi per prima.
Allunga una mano verso il cassetto del mio comodino e fruga nel suo interno: che impertinente… Giulia deve averla portata nel mio letto più spesso di quanto pensassi.
Infatti sa perfettamente dove mettere le mani: mi porge il mio strapon con una luce perversa negli occhi scuri, prima di mettersi a quattro zampe e di offrirsi per la monta.
Ho l’acquolina in bocca mentre indosso la protesi e allaccio la cintura, lo sguardo fisso alle perfette rotondità posteriori della ragazzina.
Vedo le sue lunghe dita muoversi da sotto, preparando la giovane fica alla penetrazione, e mi sento illanguidire nuovamente dalla mia perversa passione.
Mi piazzo in ginocchio dietro di lei, aggiustandomi dentro il dildo interno prima di puntare quello esterno all’apertura della mia amante. Poi la prendo per le ossa iliache e spingo delicatamente in avanti, penetrandola lentamente.
Jasmine emette un lungo sospiro sentendosi riempire dal grosso membro di lattice.
Arrivo a schiacciare i fianchi contro le sue natiche elastiche e sode, gustando la sensazione del membro di gomma che si alloga dentro di me. Allungo le mani lungo il suo corpo snello e asciutto, fino a raccogliere nel palmo i suoi seni e a stringerli con forza.
Comincio a muovermi dentro di lei, scopandola lentamente e con forza, massaggiandole le tette allo stesso ritmo con cui la scopo; lei ansima e geme allo stesso ritmo, facendomi impazzire di lussuria.
Mentre scopo Jasmine, rivivo le sensazioni appena vissute nelle calli di Venezia; rivedo l’espressione stravolta del mio killer mancato, risento il rumore del suo collo che si spezza, la consapevolezza della vita che si spegne sotto le mie mani…
Sono contenta di avere ammazzato quel maiale. Contenta, e eccitata.
Scopo Jas alla pecorina, facendola strillare di piacere, e assaporo il rapido montare del mio orgasmo mentre strizzo fra le dita le sue giovani tette turgide e piene.
Jas grida: sta godendo di nuovo…
Accelero i ritmo della monta, ed esplodo a mia volta prima che l’orgasmo di Jasmine si spenga del tutto, e così consumiamo insieme il nostro piacere proibito, sprofondando insieme nel languore del “dopo”…
Stringo a me il suo corpo nudo e caldo, ancora scosso dagli ultimi fremiti della passione: lei mi si accoccola contro, contenta e soddisfatta.
Niente meglio del sesso dopo aver ucciso qualcuno…

Ho la faccia affondata nei lunghi capelli profumati della mia amante, che stringo ancora fra le braccia schiacciandole i seni contro la schiena, quando sento un debole rumore e avverto una leggera oscillazione dello scafo.
Ho i sensi acuiti dal piacere, al di là dello stordimento post-orgasmico.
Ormai è da un po’ che vivo a bordo, e riconosco i rumori e i movimenti della mia barca.
Qualcuno ha accostato la Serenissima.
Tendo l’orecchio, e avverto un altro leggero fruscio in coperta; qualcuno sta salendo a bordo dalla fiancata di poppa.
Mi districo dall’abbraccio con Jasmine; sfilo lo strapon e mi alzo in piedi accanto al letto, nuda.
No, non mi sbaglio: qualcuno sta camminando sul ponte.
Maledizione.
Le armi sono nel quadrato. In cabina ho solo il coltello da sub.
Lo prendo, facendo cenno a Jas di fare silenzio; poi mi guardo intorno, cercando di pensare in fretta.
Se esco nel corridoio me li troverò di fronte; e se chiudo la porta della cabina ci metteranno un minuto a sfondarla.
Sono almeno in due, e sicuramente armati.
Vogliono me; probabilmente mi preferiscono viva, ma non è detto.
OK, o loro o io.
La finestra: la apro in silenzio sulla laguna nera e umida.
Prendo il coltello fra i denti, faccio cenno a Jas di aspettarmi e mi protendo fuori di schiena, cercando di afferrarmi al corrimano d’acciaio sul ponte di prua, che corre sopra la cabina padronale.
Sono un’acciuga, riesco a scivolare facilmente fuori dalla stretta finestrella laterale; e grazie ai muscoli delle braccia riesco a tirarmi di sopra.
Un guizzo, e sono sul ponte di prua.
Mi guardo intorno, rabbrividendo dal freddo: sono nuda nella notte lagunare, e l’autunno è inoltrato. La brezza mi gela il sudore sulla pelle.
Un movimento sul ponte a poppa: sono in due.
Impugno il coltello e scivolo lentamente lungo la fiancata di sinistra.
Sono vestiti di nero e si muovono in silenzio: professionisti. Probabilmente colleghi dei due dell’agguato a San Polo. Cosa cazzo vogliono da me?
Il cuore mi pompa il sangue nelle vene. Mi sento lucida, concentrata… Non sono mai stata così viva in vita mia.
I due si scambiano un segnale.
Uno si muove e comincia a scendere la scaletta verso l’interno della nave, l’altro controlla la plancia con uno sguardo e si dirige a poppa: probabilmente sa che c’è un ingresso anche da quella parte, attraverso il vano motori.
Mi muovo anch’io verso poppa: sono a piedi nudi, e conosco ogni centimetro della mia barca. Sono come un’ombra.
L’uomo in nero è fra i divani di poppa; il suo compare è sparito sottocoperta.
Stringo il coltello con forza e contraggo la mascella.
Allungo il braccio sinistro agganciando il collo del tipo tirandogli indietro il mento.
L’uomo reagisce prontamente, ma io sono più agile e meglio piantata sulle gambe: lo fletto all’indietro sbilanciandolo per un istante, e prima che possa raddrizzandosi sfruttando la sua superiore forza muscolare, gli conficco la lama del pugnale alla base del collo.
La testa del pirata mi sbatte contro la faccia e lui mi scalcia all’indietro. Maledizione, ho mancato la carotide…
Strappo il coltello e colpisco di nuovo con tutte le mie forze, prima che l’uomo riesca a divincolarsi dalla mia stretta. Uno spruzzo di sangue simile a un geyser schizza in cielo e ricade in mare; il tipo emette un gorgoglio strozzato e si affloscia fra le mie braccia.
Questa volta la lama d’acciaio gli ha tranciato la giugulare.
E’ pesante, non riesco a reggerlo… Lo accompagno sul ponte, cercando di non fare rumore, e mi accerto che sia morto.
Morto stecchito.
Ho i sensi a mille, sono lucidissima: devo avere più adrenalina che sangue nelle vene…
Pulisco la lama sulla tuta nera del morto e mi sollevo: sto grondando di sangue, ma per fortuna non è il mio…
Mi giro e raggiungo la scaletta.
Un grido strozzato da sotto: Jasmine.
Scendo, silenziosa come una gatta… Ma preferisco pensare a me stessa come a una pantera in questo momento: una pantera assassina.
Supero il cucinino e raggiungo il quadrato immerso nel buio. Nessuno.
Infilo il corridoio di prua e lo vedo, stagliato nella cornice della porta della mia cabina: è in piedi, di spalle rispetto a me.
Davanti a lui c’è Jasmine, nuda nel lettone dove abbiamo appena finito di fare l’amore.
Immagino che qualsiasi uomo rimarrebbe un istante attonito davanti a una ragazza come Jasmine, nuda in un letto sfatto e profumato di sesso; questo non fa eccezione.
Lo raggiungo alle spalle; Jasmine mi vede nell’ombra, ma riesce a non tradire la mia presenza.
Dimostra invece sangue freddo: allarga le gambe e mostra il suo sesso invitante all’uomo, che rimane interdetto un istante di troppo.
Lo spazio è ristretto, ma se questo è un problema per me che conosco l’ambiente, figuriamoci per l’intruso: la mia mano sinistra gli afferra il mento tirandolo all’indietro mentre gli pianto un ginocchio fra le gambe facendogli perdere per un istante l’equilibrio.
L’uomo sobbalza e grugnisce, prima sorpreso e poi inferocito, ma ormai è troppo tardi.
Tirandogli la testa all’indietro con la sinistra, gli passo la lama sulla gola con la destra, sgozzandolo di netto.
La furia che sentivo contro il mio corpo si placa all’improvviso, e anche questo intruso si accascia senza vita ai miei piedi.
E tre.
Tre bastardi di meno al mondo… Non male, per una notte di lavoro.
Mi piego a sentire il polso, ma non c’è battito. Questa volta la mia lama non ha mancato la carotide.
- Tutto bene?
Jasmine annuisce, tremando leggermente.
Poi scende dal letto e mi raggiunge sull’uscio. Mi indica il cadavere.
Seguo il suo sguardo e noto il bozzo all’inguine che rigonfia la calzamaglia.
Non posso trattenere un sorriso: la mia ultima vittima è morta con un’erezione da paura, probabilmente generata dallo spettacolo di Jasmine nuda e scopata di fresco sul lettone, e poi esasperata dalla morte violenta.
Allungo il cadavere nel corridoio, poi spinta da un impulso improvviso recido il tessuto della calzamaglia nera, liberando l’erezione che ho sotto gli occhi.
Un cazzone davvero notevole: almeno diciotto centimetri di carne rigida e tostissima…
Sono una donna, e ho il sangue caldo. Non so resistere allo spettacolo di un cazzo duro davanti agli occhi…
Lo prendo in mano. E’ caldo, e pulsa ancora, anche se debolmente: il morto si sta ancora dissanguando sul mio pavimento.
Ma soprattutto, è durissimo. Innaturalmente duro.
Incrocio lo sguardo di Jasmine: sta pensando quel che penso io?
La mia mano comincia istintivamente a muoversi. Cazzo, sto facendo una sega a un morto.
Jasmine deglutisce e si piega in avanti.
Mi sento bagnare fra le cosce mentre vedo la giovane berbera aprire la bocca e inguiare la testa del pene durissimo che ho davanti.
Vorrei che Eva fosse qui e mi spiegasse cosa ci sta prendendo, a tutte e due.
Siamo ingrifate dal cazzo duro di un cadavere.
Ho una lista di perversioni lunga un chilometro, ma non mi credevo anche necrofila.
Eccitazione post-orgasmica? Sensi esaltati per aver ammazzato due uomini a coltellate? Eccesso di adrenalina nel sangue? Foia a seguito dello scampato pericolo? Follia pura?
Non lo so, e al momento non mi interessa: so solo che voglio quel cazzo, almeno quanto lo vuole Jasmine, e forse ancora di più.
Mi tuffo in avanti a contendeglielo e colpi di lingua, e in un attimo siamo tutte e due lì, a ciucciare quel membro rigido e durissimo, eccitate come due cagne impazzite.
Strappo la cappella alla ragazza più giovane e la ingoio avidamente, succhiando con forza mentre lei si dedica ai testicoli gonfi e scurissimi.
Poi mentre io spompino follemente il morto, Jasmine si solleva sulle gambe e si mette a cavalcioni sopra il cadavere, abbassandosi lentamente su di lui con uno sguardo folle sul viso stravolto dalla lussuria.
Io mi stacco un momento e impugno l’asta durissima, puntandola all’entrata della fica di jas, che si cala sulla bega con un sospiro, impalandosi.
- Oohhh!
La ragazza emette un lungo gemito sentendosi riempire la vagina da quella carne durissima e morta, poi si siede sul sianchi del cadavere, assestandosi in modo da prenderlo più in fondo possibie.
- Avanti, scopalo… - le sussurro all’orecchio, accarezzandole i capelli.
Guardo per la prima volta la faccia del morto: ha gli occhi sbarrati, i lineamenti contratti dall’orrore della morte improvvisa e violenta che lo ha colto per mano mia mentre si eccitava davanti a Jasmine.
La stessa Jasmine che ora abusa della sua salma.
La sento gemere e ansimare sempre più forte mentre si sbatte su di lui, dimenandosi in modo da sentire il cazzo in fondo alla vagina e contro il suo punto G. Io le accarezzo i seni, poi mi protendo a succhiarle i capezzoli tirgidi e duri quasi quanto il cazzo che la riempie nel ventre.
- Ah! Aahhh…
Jasmine si contorce in preda al suo orgasmo contro natura.
Mi chiedo se ci siano rischi. Un morto può eiaculare? Jasmine potrebbe restare incinta di un cadavere?
La spingo via impugnando il pene alla base: è ancora durissimo e, sì: sta emettendo il seme compresso nei testicoli, anche se le contrazioni sono più deboli di quelle di un maschio vivo. I tessuti si stanno irrigidendo, ma gli impulsi nervosi si stanno spegnendo rapidamente.
Lo sperma però è ancora caldo, e particolarmente denso…
Ci gettiamo entrambe a leccarlo, ingoioando come due furie impazzite.
La carne si sta rapidamente raffreddando, ma il pene rimane rigido come fosse pietra.
Cazzo, com’è duro… Lo voglio anch’io!
Mi ci siedo sopra, incavicchiandomici sopra con un sospiro di piacere, mentre Jasmone mi lecca golosamente i capezzoli, gonfi da impazzire.
Una sensazione sconvolgente.
Un cazzo enorme, durissimo… E freddo.
Come la classica fantasia del sesso con il vampiro. Però questo è reale.
Mi chiavo sull’erezione oscena del cadavere, rigida come un dildo di vetro.
Mi piace, mi piace…
- AAHHH!!!
Non ci posso credere, sto godendo come una troia sul cazzo di un morto che ho appena ammazzato io a coltellate… Mi piace da impazzire.
Jasmine mi lecca tutta: in faccia, sui seni, sul collo, sui capezzoli… E io godo.
Godo come una pazza.
Poi, all’improvviso, il rilascio.
Sento l’adrenalina defluire dal mio corpo con tutte le mie energie, mentre la tensione si allenta di colpo e la testa mi ricade in avanti, lasciandomi esausta e improvvisamente consapevole dell’oscenità di quel che sto facendo.
- Oddio… Che cazzo sto facendo?
Mi sollevo a fatica, svincolandomi dal cadavere con cui mi sono oscenamente accoppiata. Mi alzo in piedi e abbraccio Jasmine.
Ci baciamo lentamente in bocca, ansimando sconvolte.
Abbiamo goduto entrambe. E tutte e due siamo improvvisamente consapevoli dell’enormità dell’accaduto.
Abbiamo rischiato di morire. Io ho ammazzato altri due uomini. Abbiamo due cadaveri a bordo. Abbiamo commesso un atto che definire osceno è davvero limitativo… E potremmo essere solo all’inizio.
Accarezzo Jasmine con tenerezza per tranquillizzarla: a questo punto potrebbe facilmente esplodere in un pianto isterico, e preferirei evitarlo.
Poi raggiungo la radio criptata nel quadrato e accendo la luce.
Inizializzo il collegamento e inspiro profondamente.
Poi accendo la portante e scandisco lentamente: - Qui Mantide Uno. Richiedo sanitizzazione. Due da smaltire.

Patrizia V. © Copyright All Rights Reserved - L’utilizzazione, totale o parziale, di questa storia e delle precedenti e correlate caricate nel presente portale, incluse la riscrittura, la memorizzazione, riproduzione, rielaborazione, diffusione o distribuzione dei contenuti attraverso qualunque supporto o rete telematica, senza previa autorizzazione dell'autore, sono vietati in quanto protetti dalla normativa sul diritto d'Autore. E’ consentito lo scaricamento della storia unicamente ad uso personale. Sono escluse dal divieto di cui sopra eventuali raccolte digitali promosse dal sito ospitante "Erotici Racconti". Ogni violazione verrá segnalata e perseguita a norma di Legge.
scritto il
2017-04-01
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