Anatema

di
genere
dominazione

Sarai la mia offerta.

Scrivo sempre così sui tuoi piccoli e turgidi seni prima di metterti in gogna. Era diventata una sporca abitudine ormai. Nel tuo diario leggevo che ti faceva sentire utile e sacrificabile allo stesso tempo. Un dolce agnellino nel bosco.
Eri più grande dei tuoi diciotto anni, lo avevo sempre pensato. Ed io forse più giovane dei miei 22, ancora ingenuo e passionale.
In quel garage da tempo arredato per i nostri bisogni tenevo la mia musica ed i miei attrezzi, per lo più casalinghi. Non per questo meno efficaci. Cercavo la cura perfetta per il tuo corpo, modellavo i miei pensieri in sua funzione. Volevo fossero i piccoli gesti a causarti piacere, non grandi esibizioni di violenza e disprezzo. Dovevi sentirti piccola per "poco".
Un giorno per sbaglio, scoprii che il contatto prolungato fra il seme di un uomo e la pelle causa un fastidioso bruciore misto a prurito. Accentuato da un eventuale compresenza di urina, magari bella odorosa del mattino.
Avevamo un intero pomeriggio davanti quel giorno. Ti chiesi di portare una canottiera da pelle aderente, meglio se in microfibra. Spogliandoti, cercai di farti capire avresti dovuto essere particolarmente paziente quella volta. La tua eccitazione saliva durante il bacio ma non desideravo darti piacere diretto.
Interruppi la tua opera di bocca poco prima di esplodere dentro di essa e ti feci indossare la canottiera ed un paio di coulotte di tessuto abbastanza spesso che avevo procurato per l'occasione. Mentre dubbiosa ti stendevi supina e con la canotta alzata sopra le tette, lavoravo di mano per terminare quanto lasciato in sospeso prima. Era una settimana che trattenevo il piacere e così fui in grado di donarti un abbondate venuta che ti copriva tutta la pancia. La mia erezione andava spegnendosi mentre ti comandavo di spalmare adeguatamente la mia sborra anche sulle tue parti intime.
Così incremata, riabbassasti la canotta che si tinse con leggere macchioline bagnate. Anche le coulotte iniziavano ad impregnarsi pian piano.
Lascianoti stesa a terra legai i tuoi arti aprendoti a stella e tendendo bene. Non volevo lasciarti agio di movimento, nemmeno il minimo.
Il tuo inguine rivolto verso la piccola finestrella ancora chiusa traspariva sul tessuto la bella imbevuta di seme. Aperti gli scuri, una lama di luce estiva si posó proprio nella zona del tuo ventre, illuminando le tue forme sinuose e musicali. Ti bendai, e in piedi al tuo fianco lasciai rilassare la mia vescica su di te, infradiciando tutto il tuo corpo tranne il viso. Ora eri pronta. Lasciai fare al sole il resto.
I tuoi gemiti erano sommessi dopo qualche minuto fra caldo e odori, sapevo cosa sentivi. La pelle che tira e si infiamma, il prurito solo accennato ma inesorabile. Non ti liberai fintanto che il ciclo del sole non baciava più il tuo corpo. Eri secca ed arrossata. Il tuo clitoride era gonfio ed infiammato quando infilai la mano nel tuo intimo per stimolarlo. Sentivo i tuoi orgasmi fra le mie dita mentre mi chiedevi di smetterla, di liberarti. Ma come sempre, niente parola d'ordine. Avevi la stoffa dura. Al terzo orgasmo, ti slegai e mi stesi al tuo fianco abbracciandoti. Eri talmente sensibile e tremolante per la tensione che ongni mio respiro ti faceva sussultare. Ci baciammo dolcemente prima di ripartire verso casa. In macchina ti addormentasti con un sorriso di piacere sulle labbra.


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scritto il
2017-04-20
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