Recovery mode 4
di
Maks
genere
dominazione
Giunti in campagna ci sorprese un sole ancor più fermo e deciso di quello lasciato in città. Le ragazze ossigenarono le fredde stanze della casa in pietra e subito presero ad allestire il giardino per il pranzo, io mi concentrai ansioso sulla mia piscina. La pulii faticosamente, a fondo, sudando fiero, a petto nudo, illuso che le donne apprezzassero il mio fisico asciutto e nervoso. Un lavoraccio per passarci appena una giornata, ma la piscina era stato un mio capriccio, ancora con le rate in corso, dovevo godermela. Indirizzata l'acqua gelida e trasparente dalla fonte prospiciente la casa in un tubo atto a riempire la vasca, mi inoltrai nel castagneto per raccogliere legna per il barbecue. Ce n'era in abbondanza, non occorreva camminare oltre, ma un attimo di solitudine bastò per piombare in un'indefinita sensazione di inquietudine e perdere il conto dei miei passi. Mi fermai d'istinto in una zona d'ombra, propiziata da due querce secolari, tentando di far luce su quel mio stato d'animo: Monica, il nostro bacio dopo dieci anni, non mi sembrava vero, come un ricordo onirico offuscato e respinto da un inconscio che non accettava l'immortalità di quel sentimento. Decisi di tornare indietro, senza legna, come un folle che dimentica l'indispensabile per inseguire un sogno, ansioso di scriverle un asciutto "Tutto bene?". Alcuni interminabili minuti ed eccomi di nuovo nel campo sonoro delle risate fuori controllo di Marta e Sara. A giudicare dal feeling di quel mattino, non vi era dubbio che tra loro c'era un'affinità speciale. Ancora un minuto e mi trovai davanti le due dame in bikini, intente a gustarsi il primo prosecco, bellissime e curate in quel giardino di rovi abbandonato, come due angeli ribelli sfrattate dal paradiso terrestre. Quel contrasto cancellò ogni mio altro proposito, in fondo loro erano lì per me, Monica no, Monica non c'era mai stata. L'acqua nella vasca era ancora poca, ma sufficiente per affogarci l'idea di quella stronza e rinfrescarsi col primo bicchiere del mattino, il più efficace.
- Avete intenzione di non cagarmi tutto il giorno, ochette? Entrate?!
Tappai col pollice il tubo dell'acqua, quel tanto che bastava per spruzzare in loro direzione una pioggerellina rarefatta e gelida - Ah! pensi che abbiamo paura di un po' d'acqua? - bicchiere in mano, si fiondarono verso di me, seduto sui gradini della vasca: Marta, bagnata e dispettosa, si adagiò sulle mie gambe in un abbraccio glaciale, coi riccioli scuriti e appesantiti dall'acqua, Sara al nostro fianco ma su un gradino superiore, così e da stare alla stessa altezza di Marta con le gambe accavallate alle sue - e il mio prosecco?
Sara fece un sorso e mi pose il suo bicchiere per lasciarmi brindare con Marta, poi si diresse in casa per far ritorno con l'intera bottiglia, spargendo sul bordo vasca gli antipasti preparati per l'occasione. Ad ogni gesto Sara si rivelava una fantastica compagna di viaggio! L'adoravo, sapeva sempre cosa fare al momento giusto. Finito il primo bicchiere, svuotammo presto la bottiglia, riempiendo e scambiandoci i calici con naturalezza e voluttà, alternando viziosi sorsi di vino a maliziose spruzzatine d'acqua sui corpi arrapati da quell'ambigua promiscuità. - Ragazze, siamo in campagna, che ci fate con quei reggiseni addosso? Fate prender colore anche alle vostre tette, poverine! - così dicendo slacciai il top di Marta, che con un sorriso di soddisfazione agevolò il mio gesto ruotando la schiena, mentre Sara se la rideva di gioia, parcheggiando gli occhi sui seni nudi di mia moglie. Esibire la sua bellezza di fronte ad un'altra donna ci regalò una scarica di adrenalina mai provata prima, sentii il suo sedere sfregare sul mio uccello, spingere e poi trattenere volutamente quella posa di stretto contatto per alcuni istanti. Stavo già per venire. Entusiasta, anche Sara portò le mani dietro la schiena per spogliarsi, ma Marta fu più lesta e slegò il fiocco del suo costume prima ancora che lei lo trovasse, svelando al mondo due seni pieni e sodi, splendidi come quelli intravisti tra le foto rubate il giorno prima.
- Wow, quanta grazia oggi sotto il cielo! Ma guardate lì che capezzoli infreddoliti! - esclamai scherzoso allungando una mano sugli stuzzichini. - Se non raffreddavo un minimo il clima distraendomi col cibo rischiavo di sborrarmi sotto, ma tutto in quella situazione acquisiva una valenza erotica: raccolsi una manciata di olive denocciolate a fettine, a forma di anellini, e ne servii alle donne imboccandole. Le loro labbra erano morbide, giovani, si aprivano golose, ricevevano, succhiavano senza ritegno. Io accompagnavo il nuovo frutto del peccato con le dita fino a sfiorare le loro lingue, a rubare baci sui miei polpastrelli. Ero in estasi, non avevo freni, così non resistetti all'idea di infilare, diabolico, un anellino sul capezzolo di mia moglie, un altro su quello di Sara. L'atteggiamento libertino di Marta, affatto contrariata dal vedermi metter mano su un'altra donna, mi mandava fuori di testa. Sara si ritrasse appena, tra l'imbarazzo e il solletico, facendo finire l'oliva in acqua: - Amore, le tette di Sara non sono così sode come le tue, non reggono nemmeno uno spicchio d'oliva! - la bella lesbica caricaturò una reazione offesa in una guerra di battute a doppi sensi: - Ma sarai tu che non sai infilarlo!
Ormai eravamo al limite, stanchi di celare i nostri istinti dietro le battute, vogliosi solo di ficcarci reciprocamente le lingue in bocca, di sugellare quel momento assaporandoci, donandoci l'un l'altro.
Eravamo in totale balia del desiderio, a prescindere dalle differenze di genere, di inclinazioni, di etica. Creature in uno stato di recovery mode di gruppo, innescato da un malware che evidentemente si propagava inarrestabile sulla rete delle nostre connessioni cerebrali. Tacevamo. Allungai una mano sul sedere di Sara e l'avvicinai a noi. Mi resi conto quanto fosse difficile il passo successivo, un errore avrebbe vanificato quel miracolo in corso: se avessi baciato Marta, Sara si sarebbe potuta sentire esclusa; se avessi puntato su Sara rischiavo una fredda reazione, come la sera prima al parcheggio. Seguii l'istinto e tentai la strada più semplice, quella di svelare loro reciproca cotta: sollevai la mano dalla schiena alla nuca di Marta, poi sospinsi dolcemente il suo volto verso quello di Sara in un inequivocabile invito. In anni di convivenza, non avevamo mai avuto esperienze simili, ma certo dell'apertura mentale che dimostrava quando fantasticavamo a letto, sentii che in quella situazione Marta si sarebbe potuta lasciare andare, forte del mio consenso. Le donne si abbracciarono dolcemente, come per gioco, timide. Poi dei sospiri, gli sguardi rimbalzavano dagli occhi alle labbra, ai seni rigonfi di desiderio. L'atteggiamento ludico fece spazio ad un'atmosfera di forte erotismo. Marta si sporse, Sara l'accolse. Quel lieve movimento del sedere di mia moglie seduta sul mio membro mi portò a un passo dall'orgasmo, mentre inebetito assistevo a quella poesia: una lode a Saffo, alla bellezza, all'armonia, alla pace, possibile, su questo mondo.
Non resistetti oltre e stringendo con le due mani il sedere di entrambe, morbido e carnoso quello di Marta che mi si strusciava addosso, più rigido e contratto quello di Sara, esplosi un attimo dopo in un intenso orgasmo, senza preoccuparmi minimamente di dissimularne le contrazioni. Marta se ne accorse e, incollandosi ancora di più alle labbra dell'amica, accompagnò il mio godimento al suo culmine, sculettando a tempo fino ad esaurire il mio piacere. Poi si alzò appena per baciare meglio la sua nuova fiamma, consentendomi al contempo di sgusciare via esausto, come a volersi liberare di me, ormai di impiccio tra loro. Beh sì, in effetti fu un'eiaculazione extra precoce, ma avrei voluto vedere voi al mio posto!
Salii rapidamente i gradini della vasca, giunto sul prato vidi buio e sbandai, ero al collasso. Mi fermai, inspirai profondamente, mi voltai verso la piscina, recuperai la vista. La luce schiuse ai miei occhi i riflessi della bottiglia che galleggiava a stento, svuotata e dimenticata, e del piercing nasale di Sara, teneramente abbracciata a Marta: - se ti facciamo quest'effetto smettiamo!
- No amore, ho solo ricordato che devo preparare la brace! - risposi autoironico.
Non un cenno di ascolto alla mia risposta, di nuovo rapite, perse nel loro amore pomiciavano fameliche, come due adolescenti alla prima scoperta di un nuovo piacere, con una delicatezza e un rispetto reciproco incompatibili con l'intensità di quella passione: Marta sembrava esplorare un territorio ignoto, con prudenza, attenzione ai particolari, trasporto, senza voler perdersi un brivido di quelle sensazioni. Una passione tuttavia misurata, controllata, orientata con sapienza alla ricerca del proprio piacere, prima che a quello del partner. Cazzo, che scena! Il sole mi avvolgeva in un abbraccio torrido, mentre l'aria immobile e incombente rinfrescava appena la mia pelle bagnata, donandomi un benessere fisico e mentale di rara realizzazione. Rincasai per evitare che la mia presenza potesse turbare quell'idillio, per poi continuare a gustarmelo da spettatore silenzioso, dal davanzale di una finestra. Da quella prospettiva non capivo molto, il livello dell'acqua era gradualmente salito fino al punto da celare i movimenti delle loro mani... le immaginavo masturbarsi reciprocamente ma certamente esagerai. Le due donne uscirono dall'acqua e si distesero sulle sdraio, prone, a mezzo metro di distanza l'una dall'altra, abbandonandosi al sole e all'assordante suono delle cicale, invisibili intorno.
Puzzolente di brace, servizievole come un chierichetto all'altare della bellezza, apparecchiai la tavola con una composizione improvvisata di fiori di campo, arrosticini di agnello e bruschette all'olio d'oliva. Ancora vino, stavolta fermo, e una brocca d'acqua di fonte. Invitai le ragazze al banchetto, col sottofondo musicale a cura dello stereo giapponese della mia adolescenza, e lo sguardo palesemente calamitato sui seni nudi delle mie commensali. Ammirare un'altra donna sapendo Marta lì presente mi procurava una gioia profonda. Con lei mi sentivo libero, non dovevo nasconderle nulla. Avevo sposato la donna ideale! Indubbiamente. Stavamo così bene insieme che Marta propose di restare tutto il weekend per smaltire la sovrabbondanza di cibo procurata dall'assenza di Monica e Fabio. Sara spiegò che non poteva lasciare il figlio un altro giorno senza mamma, così proposi di tornare in città a prenderlo in modo da far trascorrere al piccolo un fine settimana speciale - pesca al fiume e falò con la chitarra! - la spiazzai. Gli occhi di Sara, già rosei di sole e di vino, si gonfiarono di lacrime di gioia. - solo un ammazzacaffè, poi un pisolino e sarò in grado di guidare! - stemperai l'atmosfera, servii un'anisetta che giaceva da anni in quelle credenze ammuffite, col tappo incollato al vetro dallo zucchero rinsecchito. Svitai il liquore e avvitai il volume, brindammo abbondantemente e ci lasciammo travolgere da un pezzo dance anni novanta, ballando ed urlando come tossici ad un rave. A furia di girare crollai stremato sull'erba, trascinando con me anche le due gnocche in topless, palpandole ovunque con la scusa della caduta, platealmente. Incapaci di recuperare forze ed equilibrio, giacemmo un eterno minuto a terra, scompostamente abbracciati. Sara bisbigliò: - sono felice!
- Io a momenti vomito...
- Dai! Ti facciamo quest'effetto?
Di nuovo mi risollevai a stento tra le risatine delle due oche alleate, poi le aiutai ad alzarsi tirando a me le loro mani, galante ed educato.
- Vado a ninna - spensi la radio e mi ritirai a cazzo moscio sul primo letto a tiro nel fresco della casa. I tempi non erano maturi per un triangolare, ma sapevo aspettare, io... Afferrai il telefono e mi sdraiai, pronto a trovare nel relax alticcio le parole giuste per capire cos'era successo a Monica, ma non ce ne fu bisogno, aveva già scritto lei, tre volte:
- Scusami per oggi, voi siete andati?
- Mi chiami appena leggi?
- Hei allora te la spassi sú eh? Beato tra le donne... Sara vi regge la candela?
Che fare con Monica? Il cuore avrebbe voluto esserle accanto in quel momento evidentemente difficile, ipotizzando una lite con Fabio susseguente alla nostra pomiciata. Il cazzo d'altronde non l'avrebbe gradita tra le palle in quella irripetibile giornata con le due lesbiche. La mente, infine, godeva vendicativa della condizione di solitudine e sofferenza in cui versava stronza.
Non ero lucido per scriverle, optai per riposare e posai il telefono. Giacevo su un fianco quando sentii qualcuno entrare, adagiarsi sul letto: - Dormi?- sbarrai gli occhi senza voltarmi, era la voce di Sara. Mi accarezzava i capelli, la schiena nuda, le spalle... - hai detto qualcosa a Marta delle foto? - No, come promesso - mi vantai, anche se in realtà non ne avevo avuto modo.
- Grazie, e un'altra cosa... andresti a prendere mio figlio da solo? Così non lascio sola Marta quassù, le romperebbe penso...
Vaffanculo, pensavo volesse proporre un pompino e invece ha ancora pretese! E non ero lontano dall'imporglielo io, ma preferivo continuare ad indebitarla con me:
- ok, come preferite, ma sappi che la ricompensa che mi spetta così aumenta! - scherzai.
- Quando vuoi tu... - replicò un po' ammiccante un po' bugiarda. No, non l'avrei graziata oltre: ricambiai le sue carezze, che andavano avanti con mia massima soddisfazione, affatto celata; la ammiravo appesantendo i miei respiri, ormai evidenti sospiri di desiderio, la bramavo. Con fare deciso, al limite dell'autoritario, le afferrai il viso e la baciai le labbra. Come il giorno prima lei sorrise intenerita, una tenerezza che però nascondeva un desiderio represso, e mi lasciò fare, stavolta senza ritrarsi, per poi socchiudere i denti e offrirmi uno spiraglio di accesso alla sua lingua, immobile sull'uscio come un animale impaurito che dalla sua tana attende il momento più propizio per uscire allo scoperto. La vidi chiudere gli occhi e schiudere la bocca. Era fatta! Mi stavo pomiciando quel pezzo di figa, indagandone attento con la lingua e le mani ogni angolo dello splendido corpo, appena visitato con altrettanto trasporto anche da Marta. Non facemmo in tempo a smettere,nemmeno tentammo, quando la sentimmo arrivare in camera. Era lì da qualche parte sull'uscio della stanza, non sapendo che fare o dirle, continuai a baciare la nostra comune preda con naturalezza, d'altronde io le avevo permesso altrettanto. Sara risolse l'empasse facendo cenno a mia moglie di sedersi ai piedi del letto e tacere. Mia moglie obbedì, mentre l'amica prese a tastarmi sui pantaloncini, svelando una condizione di arrapamento in cui Marta mi aveva raramente visto nei nostri anni insieme. Poi li abbassò, decisa, come se, tutt'altro che lesbica, conoscesse quel copione a memoria. Avevo il membro rigonfio, pulsante, con la cappella già tutta inumidita di seme. In quei casi ero solito raccoglierlo sulle dita e offrirlo alla bocca di mia moglie, che ne andava ghiotta. Così sospesi la pomiciata e ordinai a Marta di farlo lei: raccogliere e leccare. Lei eseguì con massima libidine e sudditanza, ad occhi chiusi, infoiata e straripante di saliva, mentre Sara severa osservava il suo operato, talvolta guidava con la mano le sue dita dal mio pene alla sua bocca, come per assicurarsi che eseguisse le mie volontà. D'un tratto si definirono ruoli chiari quanto inattesi: Marta, innamorata e debole, rivelava un'indole passiva, al servizio delle nostre perverse idee, come un'attrice porno disposta a tutto pur di fare carriera. Sara complice, spia e doppiogiochista, un'esperta e fedele regista. Io ero l'autore, la comparsa, la controfigura, lo spettatore. Godevo a trecentosessanta gradi, disponendo, osservando, inventando, donando. Optai per una seduta di sesso orale, ordinando a mia moglie di spompinarmi mentre mi gustavo le labbra di Sara. Ora ero a un passo dal paradiso: le sue tette, nei pochi istanti che le separavano dalle mie mani, penso di aver toccato il culmine del desiderio sessuale verso una donna. Cazzo, erano piene, abbondanti, infinite. La pelle liscia, morbida, i capezzoli piccoli, delicati. Feci per baciarli, quando Sara supplicò con tono imperativo: - Marta, ti prego, ora me! -
Raccolse le gambe al petto e si sfilò le mutandine del costume, per esibire una fica depilata e carnosa; se la massaggiò con foga, in preda ad un ardore irresistibile, poi ne divaricò con le dita le grandi labbra, in un indeclinabile invito al cunnilingus rivolto a mia moglie. - Leccale la fica, dai! - le intimai. Senza esitare, Marta lasciò il mio cazzo sbavato alla sapienza della sua mano destra, dedicando la bocca alla fica di quella sfacciata. A quella scena così eccitante persi ogni controllo, godevo incitando e apostrofando pesantemente mia moglie per la sua troiaggine, gioco che sapevo piacerle: - che cazzo di puttana che sei, leccale la fica, brava! Lo so che ti piace... cazzo, mi fai sborrare!
Sara mi seguì a ruota, imitandomi anche nei commenti: - Uh sì, che gran troia che sei, la tua bocca fa godere tutti, sbattimi per bene la fica con la lingua, sì amore dai! - mentre Marta obbediente aumentava il ritmo del suo spietato massaggio orale.
Esplodemmo in orgasmi violenti, il mio sperma schizzò prepotente come mai prima d'allora, mentre Sara si abbandonò a gemiti incontrollati, evidentemente sorpresa da un godimento di un'intensità inattesa e prolungata.
Io e Sara crollammo sfiniti sulla schiena, balbettando amore e gratitudine a Marta che alzò il capo solo un attimo per accartocciarsi sul petto dell'amica, svelando per un istante un rossore in viso che tradiva la forza dell'orgasmo evidentemente raggiunto anche da lei, semplicemente donando senza ricevere. Ci addormentammo ammucchiati così, sudati e sconci, con l'odore del sesso che ormai aveva invaso e scalzato quello della casa disabitata.
- Avete intenzione di non cagarmi tutto il giorno, ochette? Entrate?!
Tappai col pollice il tubo dell'acqua, quel tanto che bastava per spruzzare in loro direzione una pioggerellina rarefatta e gelida - Ah! pensi che abbiamo paura di un po' d'acqua? - bicchiere in mano, si fiondarono verso di me, seduto sui gradini della vasca: Marta, bagnata e dispettosa, si adagiò sulle mie gambe in un abbraccio glaciale, coi riccioli scuriti e appesantiti dall'acqua, Sara al nostro fianco ma su un gradino superiore, così e da stare alla stessa altezza di Marta con le gambe accavallate alle sue - e il mio prosecco?
Sara fece un sorso e mi pose il suo bicchiere per lasciarmi brindare con Marta, poi si diresse in casa per far ritorno con l'intera bottiglia, spargendo sul bordo vasca gli antipasti preparati per l'occasione. Ad ogni gesto Sara si rivelava una fantastica compagna di viaggio! L'adoravo, sapeva sempre cosa fare al momento giusto. Finito il primo bicchiere, svuotammo presto la bottiglia, riempiendo e scambiandoci i calici con naturalezza e voluttà, alternando viziosi sorsi di vino a maliziose spruzzatine d'acqua sui corpi arrapati da quell'ambigua promiscuità. - Ragazze, siamo in campagna, che ci fate con quei reggiseni addosso? Fate prender colore anche alle vostre tette, poverine! - così dicendo slacciai il top di Marta, che con un sorriso di soddisfazione agevolò il mio gesto ruotando la schiena, mentre Sara se la rideva di gioia, parcheggiando gli occhi sui seni nudi di mia moglie. Esibire la sua bellezza di fronte ad un'altra donna ci regalò una scarica di adrenalina mai provata prima, sentii il suo sedere sfregare sul mio uccello, spingere e poi trattenere volutamente quella posa di stretto contatto per alcuni istanti. Stavo già per venire. Entusiasta, anche Sara portò le mani dietro la schiena per spogliarsi, ma Marta fu più lesta e slegò il fiocco del suo costume prima ancora che lei lo trovasse, svelando al mondo due seni pieni e sodi, splendidi come quelli intravisti tra le foto rubate il giorno prima.
- Wow, quanta grazia oggi sotto il cielo! Ma guardate lì che capezzoli infreddoliti! - esclamai scherzoso allungando una mano sugli stuzzichini. - Se non raffreddavo un minimo il clima distraendomi col cibo rischiavo di sborrarmi sotto, ma tutto in quella situazione acquisiva una valenza erotica: raccolsi una manciata di olive denocciolate a fettine, a forma di anellini, e ne servii alle donne imboccandole. Le loro labbra erano morbide, giovani, si aprivano golose, ricevevano, succhiavano senza ritegno. Io accompagnavo il nuovo frutto del peccato con le dita fino a sfiorare le loro lingue, a rubare baci sui miei polpastrelli. Ero in estasi, non avevo freni, così non resistetti all'idea di infilare, diabolico, un anellino sul capezzolo di mia moglie, un altro su quello di Sara. L'atteggiamento libertino di Marta, affatto contrariata dal vedermi metter mano su un'altra donna, mi mandava fuori di testa. Sara si ritrasse appena, tra l'imbarazzo e il solletico, facendo finire l'oliva in acqua: - Amore, le tette di Sara non sono così sode come le tue, non reggono nemmeno uno spicchio d'oliva! - la bella lesbica caricaturò una reazione offesa in una guerra di battute a doppi sensi: - Ma sarai tu che non sai infilarlo!
Ormai eravamo al limite, stanchi di celare i nostri istinti dietro le battute, vogliosi solo di ficcarci reciprocamente le lingue in bocca, di sugellare quel momento assaporandoci, donandoci l'un l'altro.
Eravamo in totale balia del desiderio, a prescindere dalle differenze di genere, di inclinazioni, di etica. Creature in uno stato di recovery mode di gruppo, innescato da un malware che evidentemente si propagava inarrestabile sulla rete delle nostre connessioni cerebrali. Tacevamo. Allungai una mano sul sedere di Sara e l'avvicinai a noi. Mi resi conto quanto fosse difficile il passo successivo, un errore avrebbe vanificato quel miracolo in corso: se avessi baciato Marta, Sara si sarebbe potuta sentire esclusa; se avessi puntato su Sara rischiavo una fredda reazione, come la sera prima al parcheggio. Seguii l'istinto e tentai la strada più semplice, quella di svelare loro reciproca cotta: sollevai la mano dalla schiena alla nuca di Marta, poi sospinsi dolcemente il suo volto verso quello di Sara in un inequivocabile invito. In anni di convivenza, non avevamo mai avuto esperienze simili, ma certo dell'apertura mentale che dimostrava quando fantasticavamo a letto, sentii che in quella situazione Marta si sarebbe potuta lasciare andare, forte del mio consenso. Le donne si abbracciarono dolcemente, come per gioco, timide. Poi dei sospiri, gli sguardi rimbalzavano dagli occhi alle labbra, ai seni rigonfi di desiderio. L'atteggiamento ludico fece spazio ad un'atmosfera di forte erotismo. Marta si sporse, Sara l'accolse. Quel lieve movimento del sedere di mia moglie seduta sul mio membro mi portò a un passo dall'orgasmo, mentre inebetito assistevo a quella poesia: una lode a Saffo, alla bellezza, all'armonia, alla pace, possibile, su questo mondo.
Non resistetti oltre e stringendo con le due mani il sedere di entrambe, morbido e carnoso quello di Marta che mi si strusciava addosso, più rigido e contratto quello di Sara, esplosi un attimo dopo in un intenso orgasmo, senza preoccuparmi minimamente di dissimularne le contrazioni. Marta se ne accorse e, incollandosi ancora di più alle labbra dell'amica, accompagnò il mio godimento al suo culmine, sculettando a tempo fino ad esaurire il mio piacere. Poi si alzò appena per baciare meglio la sua nuova fiamma, consentendomi al contempo di sgusciare via esausto, come a volersi liberare di me, ormai di impiccio tra loro. Beh sì, in effetti fu un'eiaculazione extra precoce, ma avrei voluto vedere voi al mio posto!
Salii rapidamente i gradini della vasca, giunto sul prato vidi buio e sbandai, ero al collasso. Mi fermai, inspirai profondamente, mi voltai verso la piscina, recuperai la vista. La luce schiuse ai miei occhi i riflessi della bottiglia che galleggiava a stento, svuotata e dimenticata, e del piercing nasale di Sara, teneramente abbracciata a Marta: - se ti facciamo quest'effetto smettiamo!
- No amore, ho solo ricordato che devo preparare la brace! - risposi autoironico.
Non un cenno di ascolto alla mia risposta, di nuovo rapite, perse nel loro amore pomiciavano fameliche, come due adolescenti alla prima scoperta di un nuovo piacere, con una delicatezza e un rispetto reciproco incompatibili con l'intensità di quella passione: Marta sembrava esplorare un territorio ignoto, con prudenza, attenzione ai particolari, trasporto, senza voler perdersi un brivido di quelle sensazioni. Una passione tuttavia misurata, controllata, orientata con sapienza alla ricerca del proprio piacere, prima che a quello del partner. Cazzo, che scena! Il sole mi avvolgeva in un abbraccio torrido, mentre l'aria immobile e incombente rinfrescava appena la mia pelle bagnata, donandomi un benessere fisico e mentale di rara realizzazione. Rincasai per evitare che la mia presenza potesse turbare quell'idillio, per poi continuare a gustarmelo da spettatore silenzioso, dal davanzale di una finestra. Da quella prospettiva non capivo molto, il livello dell'acqua era gradualmente salito fino al punto da celare i movimenti delle loro mani... le immaginavo masturbarsi reciprocamente ma certamente esagerai. Le due donne uscirono dall'acqua e si distesero sulle sdraio, prone, a mezzo metro di distanza l'una dall'altra, abbandonandosi al sole e all'assordante suono delle cicale, invisibili intorno.
Puzzolente di brace, servizievole come un chierichetto all'altare della bellezza, apparecchiai la tavola con una composizione improvvisata di fiori di campo, arrosticini di agnello e bruschette all'olio d'oliva. Ancora vino, stavolta fermo, e una brocca d'acqua di fonte. Invitai le ragazze al banchetto, col sottofondo musicale a cura dello stereo giapponese della mia adolescenza, e lo sguardo palesemente calamitato sui seni nudi delle mie commensali. Ammirare un'altra donna sapendo Marta lì presente mi procurava una gioia profonda. Con lei mi sentivo libero, non dovevo nasconderle nulla. Avevo sposato la donna ideale! Indubbiamente. Stavamo così bene insieme che Marta propose di restare tutto il weekend per smaltire la sovrabbondanza di cibo procurata dall'assenza di Monica e Fabio. Sara spiegò che non poteva lasciare il figlio un altro giorno senza mamma, così proposi di tornare in città a prenderlo in modo da far trascorrere al piccolo un fine settimana speciale - pesca al fiume e falò con la chitarra! - la spiazzai. Gli occhi di Sara, già rosei di sole e di vino, si gonfiarono di lacrime di gioia. - solo un ammazzacaffè, poi un pisolino e sarò in grado di guidare! - stemperai l'atmosfera, servii un'anisetta che giaceva da anni in quelle credenze ammuffite, col tappo incollato al vetro dallo zucchero rinsecchito. Svitai il liquore e avvitai il volume, brindammo abbondantemente e ci lasciammo travolgere da un pezzo dance anni novanta, ballando ed urlando come tossici ad un rave. A furia di girare crollai stremato sull'erba, trascinando con me anche le due gnocche in topless, palpandole ovunque con la scusa della caduta, platealmente. Incapaci di recuperare forze ed equilibrio, giacemmo un eterno minuto a terra, scompostamente abbracciati. Sara bisbigliò: - sono felice!
- Io a momenti vomito...
- Dai! Ti facciamo quest'effetto?
Di nuovo mi risollevai a stento tra le risatine delle due oche alleate, poi le aiutai ad alzarsi tirando a me le loro mani, galante ed educato.
- Vado a ninna - spensi la radio e mi ritirai a cazzo moscio sul primo letto a tiro nel fresco della casa. I tempi non erano maturi per un triangolare, ma sapevo aspettare, io... Afferrai il telefono e mi sdraiai, pronto a trovare nel relax alticcio le parole giuste per capire cos'era successo a Monica, ma non ce ne fu bisogno, aveva già scritto lei, tre volte:
- Scusami per oggi, voi siete andati?
- Mi chiami appena leggi?
- Hei allora te la spassi sú eh? Beato tra le donne... Sara vi regge la candela?
Che fare con Monica? Il cuore avrebbe voluto esserle accanto in quel momento evidentemente difficile, ipotizzando una lite con Fabio susseguente alla nostra pomiciata. Il cazzo d'altronde non l'avrebbe gradita tra le palle in quella irripetibile giornata con le due lesbiche. La mente, infine, godeva vendicativa della condizione di solitudine e sofferenza in cui versava stronza.
Non ero lucido per scriverle, optai per riposare e posai il telefono. Giacevo su un fianco quando sentii qualcuno entrare, adagiarsi sul letto: - Dormi?- sbarrai gli occhi senza voltarmi, era la voce di Sara. Mi accarezzava i capelli, la schiena nuda, le spalle... - hai detto qualcosa a Marta delle foto? - No, come promesso - mi vantai, anche se in realtà non ne avevo avuto modo.
- Grazie, e un'altra cosa... andresti a prendere mio figlio da solo? Così non lascio sola Marta quassù, le romperebbe penso...
Vaffanculo, pensavo volesse proporre un pompino e invece ha ancora pretese! E non ero lontano dall'imporglielo io, ma preferivo continuare ad indebitarla con me:
- ok, come preferite, ma sappi che la ricompensa che mi spetta così aumenta! - scherzai.
- Quando vuoi tu... - replicò un po' ammiccante un po' bugiarda. No, non l'avrei graziata oltre: ricambiai le sue carezze, che andavano avanti con mia massima soddisfazione, affatto celata; la ammiravo appesantendo i miei respiri, ormai evidenti sospiri di desiderio, la bramavo. Con fare deciso, al limite dell'autoritario, le afferrai il viso e la baciai le labbra. Come il giorno prima lei sorrise intenerita, una tenerezza che però nascondeva un desiderio represso, e mi lasciò fare, stavolta senza ritrarsi, per poi socchiudere i denti e offrirmi uno spiraglio di accesso alla sua lingua, immobile sull'uscio come un animale impaurito che dalla sua tana attende il momento più propizio per uscire allo scoperto. La vidi chiudere gli occhi e schiudere la bocca. Era fatta! Mi stavo pomiciando quel pezzo di figa, indagandone attento con la lingua e le mani ogni angolo dello splendido corpo, appena visitato con altrettanto trasporto anche da Marta. Non facemmo in tempo a smettere,nemmeno tentammo, quando la sentimmo arrivare in camera. Era lì da qualche parte sull'uscio della stanza, non sapendo che fare o dirle, continuai a baciare la nostra comune preda con naturalezza, d'altronde io le avevo permesso altrettanto. Sara risolse l'empasse facendo cenno a mia moglie di sedersi ai piedi del letto e tacere. Mia moglie obbedì, mentre l'amica prese a tastarmi sui pantaloncini, svelando una condizione di arrapamento in cui Marta mi aveva raramente visto nei nostri anni insieme. Poi li abbassò, decisa, come se, tutt'altro che lesbica, conoscesse quel copione a memoria. Avevo il membro rigonfio, pulsante, con la cappella già tutta inumidita di seme. In quei casi ero solito raccoglierlo sulle dita e offrirlo alla bocca di mia moglie, che ne andava ghiotta. Così sospesi la pomiciata e ordinai a Marta di farlo lei: raccogliere e leccare. Lei eseguì con massima libidine e sudditanza, ad occhi chiusi, infoiata e straripante di saliva, mentre Sara severa osservava il suo operato, talvolta guidava con la mano le sue dita dal mio pene alla sua bocca, come per assicurarsi che eseguisse le mie volontà. D'un tratto si definirono ruoli chiari quanto inattesi: Marta, innamorata e debole, rivelava un'indole passiva, al servizio delle nostre perverse idee, come un'attrice porno disposta a tutto pur di fare carriera. Sara complice, spia e doppiogiochista, un'esperta e fedele regista. Io ero l'autore, la comparsa, la controfigura, lo spettatore. Godevo a trecentosessanta gradi, disponendo, osservando, inventando, donando. Optai per una seduta di sesso orale, ordinando a mia moglie di spompinarmi mentre mi gustavo le labbra di Sara. Ora ero a un passo dal paradiso: le sue tette, nei pochi istanti che le separavano dalle mie mani, penso di aver toccato il culmine del desiderio sessuale verso una donna. Cazzo, erano piene, abbondanti, infinite. La pelle liscia, morbida, i capezzoli piccoli, delicati. Feci per baciarli, quando Sara supplicò con tono imperativo: - Marta, ti prego, ora me! -
Raccolse le gambe al petto e si sfilò le mutandine del costume, per esibire una fica depilata e carnosa; se la massaggiò con foga, in preda ad un ardore irresistibile, poi ne divaricò con le dita le grandi labbra, in un indeclinabile invito al cunnilingus rivolto a mia moglie. - Leccale la fica, dai! - le intimai. Senza esitare, Marta lasciò il mio cazzo sbavato alla sapienza della sua mano destra, dedicando la bocca alla fica di quella sfacciata. A quella scena così eccitante persi ogni controllo, godevo incitando e apostrofando pesantemente mia moglie per la sua troiaggine, gioco che sapevo piacerle: - che cazzo di puttana che sei, leccale la fica, brava! Lo so che ti piace... cazzo, mi fai sborrare!
Sara mi seguì a ruota, imitandomi anche nei commenti: - Uh sì, che gran troia che sei, la tua bocca fa godere tutti, sbattimi per bene la fica con la lingua, sì amore dai! - mentre Marta obbediente aumentava il ritmo del suo spietato massaggio orale.
Esplodemmo in orgasmi violenti, il mio sperma schizzò prepotente come mai prima d'allora, mentre Sara si abbandonò a gemiti incontrollati, evidentemente sorpresa da un godimento di un'intensità inattesa e prolungata.
Io e Sara crollammo sfiniti sulla schiena, balbettando amore e gratitudine a Marta che alzò il capo solo un attimo per accartocciarsi sul petto dell'amica, svelando per un istante un rossore in viso che tradiva la forza dell'orgasmo evidentemente raggiunto anche da lei, semplicemente donando senza ricevere. Ci addormentammo ammucchiati così, sudati e sconci, con l'odore del sesso che ormai aveva invaso e scalzato quello della casa disabitata.
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