Passione al profumo di trasgressione (Made-up Story)
di
NymphoK
genere
prime esperienze
[Ringrazio Nebbia per avermi incoraggiata a creare qualcosa di diverso. Cheers!]
[Racconto unico e, per ovvietà, di notevole lunghezza. Spero vi piaccia]
Un gran baccano rimbombava tra le case affacciate al porto di Taranto Vecchia.
Il sole mattutino era già cocente e non dava tregua. Brezze marine donavano sollievo di tanto in tanto, ma si sa, agosto è infernale.
Le bancarelle del pesce costeggiavano il mare luccicante, colme di freschezze appena pescate.
Le urla dei pescatori si mescolavano al mormorio della gente, i bambini correvano e giocavano e di tanto in tanto venivano bacchettati da qualche adulto poco tollerante.
Era la Taranto del '53.
Rosa si svegliò all'alba quella mattina, sua madre preferiva andare presto al mercato perchè il pesce era appena pescato e si potevano trovare i pezzi migliori.
Era una sedicenne che spiccava tra le altre.
Era formosa nei punti giusti, un seno ben formato le ornava il petto e i fianchi abbondavano di salute. I capelli neri contornavano un viso tondo e giovane, i suoi occhi verdi venivano risaltati dalla carnagione olivastra.
Nel quartiere era molto corteggiata da uomini di tutte le età, motivo per cui non le era permesso uscire se non accompagnata dai genitori o dal fratello maggiore. Sovente capitava di passare per le strette vie per recarsi alla bottega sotto casa e gli apprezzamenti non mancavano mai: fischi, commenti, sguardi curiosi e risatine.
Gli uomini che conosceva erano quelli stretti alla famiglia e se le capitava di incrociare lo sguardo con un ragazzo sconosciuto, abbassava gli occhi e si sentiva a disagio.
Madre e figlia si recarono al banchetto da cui acquistavano sempre, quello di Tonino.
Lo sguardo indagatore della madre scrutava il pesce esposto per poter scegliere il pezzo migliore da poter cucinare per il pranzo domenicale, l'unico giorno in cui ci si permetteva un pasto più ricco.
Rosa, persa con lo sguardo all'orizzonte, nemmeno si accorse di guardare in direzione di un bel giovanotto a bordo del peschereccio di Tonino.
Nicola aveva ventitré anni, all'epoca considerato già uomo da matrimonio. Era un ragazzo piacevole, sia d'aspetto che di modi. La canotta sciupata e sporca dalla pesca aderiva perfettamente al suo corpo modellato dal lavoro. Gocce scintillanti di sudore lo rendevano brillante, come se fosse composto di un'altra materia diversa dalla carne. Il viso, scurito dal sole, aveva contorni ben definiti: la mandibola era ben marcata e gli zigomi alti la evidenziavano ancora di più. I capelli biondi si sviluppavano in umidi boccolini che andavano ad appiccicarsi sulla fronte sudata. I suoi profondi occhi nocciola venivano intensificati da lunghe e folte ciglia nere.
Nell'esatto momento in cui Nicola piegò la testa, come per fare un cenno a Rosa, quest'ultima si destò dall'incanto.
Distolse lo sguardo in fretta, si sentiva peccatrice di un reato inesistente. Quindi, con la coda dell'occhio, cercò la madre per vedere se aveva notato la disdicevole scena.
- Nicola! Allora mi porti quella spigola? La signora aspetta!- fece a mo' di rimprovero Tonino.
Il ragazzo si affrettò ad incartare il pesce, scese dal peschereccio e salì sull'alto gradino del porto, ritrovandosi dietro al banco.
Lina, madre di Rosa, diede un buffetto alla figlia. Lei aveva il cesto di vimini e doveva prendere il pacchettino di carta chiuso con lo spago.
Fu lì che avvenne il tutto.
Nicola sporse la mano, allungando il pesce in direzione della ragazza, dall'altra parte Rosa, con imbarazzo, tese la mano a sua volta. Le loro dita si toccarono. Uno sfioro velocissimo, forse quasi impercettibile. Ma lei lo notò. Sgranò gli occhi, prese alla svelta il pacchetto e lo pose del cesto. Ogni tanto gli lanciava sguardi tremanti e indecisi, per poi richiudersi nel suo riccio di timidezza.
Quella notte non riuscì a dormire. Ricordava il contatto tra le loro mani, le sembrava di percepire nuovamente il brivido creato da quello sfioro.
Il cuore le batteva forte.
Cos'era quella sconosciuta sensazione?
La settimana seguente, come sempre, si trovava lì con sua madre, al porto di Taranto Vecchia.
Tremava all'idea che stava per rivedere quel ragazzo che l'aveva scossa nel profondo.
Ed eccolo là, dietro al banco, con la pelle bagnata che lo risaltava a distanza. Le gambe di Rosa sembravano composte di ricotta da quanto tremavano.
A passi incerti, incalzata dalla madre che la incitava a sbrigarsi, raggiunse quella tavola di legno ben fornita di pesce.
Lina ordinò cozze e vongole quel giorno, due sacchetti belli pesanti. Nicola aggirò il tavolo per andare incontro al cestino di Rosa. Nel riporre i frutti di mare, il ragazzo fece scivolare la mano nella tasca del grembiule. A mano chiusa nascose ,tra i due sacchetti, qualcosa di sottile e bianco, indubbiamente un foglietto ripiegato.
Furtiva e paonazza in viso, riprese il foglietto e lo nascose sotto il nastro del vestito verde scuro. Non poteva permettersi che la madre lo intercettasse, non poteva accadere!
Tornate a casa, la madre prese il cestino di vimini e si recò in cucina. Rosa, invece, sgattaiolò verso il ripostiglio che le faceva da camera.
Spiegò il foglietto con le dita che non riuscivano a star ferme. Era agitata, qualora qualcuno avesse scoperto qualcosa sapeva che avrebbe passato brutti guai.
Girò il bigliettino sciupato e trovò una scritta a matita fatta velocemente e in modo incerto.
"Scendi alla villetta stasera".
Si pietrificò. Cosa stava succedendo? Perchè questo messaggio?
L'agitazione le iniziò a far battere il cuore in modo alquanto rumoroso, era certa di sentire i battiti rimbombare nel petto.
Un turbinio di pensieri e ricordi iniziò a fluttuare nella testa della ragazza: gli sguardi, le loro mani, la notte insonne a pensare a quella sensazione. Ma poi si affacciò nella mente il volto severo del padre, la madre in lacrime e la gente che la guardava male. Queste erano le visioni di un futuro certo per una ragazza sconsiderata che incontrava un giovane dopo cena. Poteva già sentire gli insulti della gente.
Quella sera, alla villetta, Nicola rimase solo.
Ogni domenica era un bigliettino nuovo. Per Rosa era ormai abitudine e quel gioco le solleticava la mente, la stimolava.
Era una sensazione nuova e difficile da capire. Si sentiva come una di quelle ragazze "sgaglje" (frivole), quelle ochette che si facevano abindolare con poco.
Sotto al materasso aveva già nascosto quattro bigliettini.
Ora era diventato un divertimento per lei ed ogni volta che ci pensava, si sentiva anche fisicamente strana.
Una di quelle sere, mossa da un'irrefrenabile curiosità, prese lo specchietto da toilette che teneva sul piccolo comodino affianco alla branda. Si sedette sul materasso nodoso e tirò su la gonna fin sopra le cosce. Con dita incerte scostò il lembo di tessuto che ricopriva la vagina illibata. Le sembrava che il tempo avesse rallentato drasticamente, il cuore incalzò con ritmo cupo e sordo.
Finalmente scoprì la vagina. Non l'aveva mai vista. La forma le ricordò le cozze mangiate qualche domenica precedente e il pensiero la nauseò.
Eppure continuò a fissarla; quel piccolo bocciolo roseo sembrava gonfiarsi e lucidarsi sempre più. Notò che quel lucido era dovuto ad un liquido trasparente e viscido.
Con la punta dell'indice sfiorò dapprima la pelle esterna resa morbida da un sottile strato di peluria incolta.
Il suo respiro si fece pesante e profondo.
Con fare insicuro, avvicinò ancora di più il dito alla vagina. Ne toccò i contorni morbidi e caldi. Esaminò ogni petalo che formava il bocciolo per poi spostare l'attenzione verso quella strana protuberanza; una strana pallina sembrava pulsare appena sopra la fessura, cautamente la sfiorò ed è in quel modo che percepì come un tremito del corpo, come una piacevole scossetta.
Il suo viso era caldo e le gote si erano dipinte di un rosso accesso che emanava calore solo a guardarlo.
Avvicinò la mano in direzione della fessura, ne sentiva già il bollore senza aver esaminato per bene tutto.
Scostò le labbra con il dito.
Cominciò ad accarezzare il cuore di quel fiore in boccio. Entrava sempre di più.
Con la lingua si umettò le labbra.
Deglutì e socchiuse la bocca.
Espirò tremante, nervosa e curiosa allo stesso tempo.
Il suo dito si stava bagnando con quella strana sostanza appiccicosa.
Sentiva che più in fondo andava, più si faceva calda.
Chiuse gli occhi.
Le pareti della giovane vagina di Rosa erano soffici e strette.
Ad un certo punto sentii la porta d'entrata chiudersi e i passi di suo padre che avanzavano verso la cucina.
Allarmata tolse il dito dalla vagina, si ricompose e si pulì il dito nella parte inferiore della federa del suo cuscino.
Era agitata e impaurita.
Quel gesto peccaminoso si sarebbe letto nei suoi occhi?
Quella notte il senso di colpa piombò su di lei come solo la sensazione di essere nel peccato sa fare.
Pregò la Madonna, chiedendole di perdonarla per quel gesto immorale ed indecente.
Tra le lacrime e i singhiozzi strozzati, si addormentò.
Nicola non si arrendeva. Anzi, trovava che l'indifferenza di Rosa fosse solo una maschera.
Era eccitato dal modo in cui lei lo ignorava ma che allo stesso tempo continuava ad accettare le sue attenzioni.
La curiosità della giovane diventava sempre più forte.
Dopo aver ricevuto l'ennesimo biglietto da parte di quel ragazzo determinato e dopo aver ricambiato il biglietto con un fugace cenno della testa, si decise a liberare la sua voglia di conoscere la vita senza legami dettati da genitori e morale.
Quella sera aspettò che il padre e la madre si ritirassero in camera. Il fratello, invece, era fuori città per un lavoro edile.
Vivevano al piano terra di una vecchia casa. Per non far rumore si tolse le scarpette, aprii la finestra e si arrampicò sul davanzale.
Era molto ansiosa e intimorita. Se fosse stata colta dal padre mentre usciva di casa da sola e a quell'orario, avrebbe passato momenti poco felici e sicuramente l'avrebbe spedita in qualche convento di clausura.
Appoggiò un piede sulla stradina appena fuori dall'abitazione, poi l'altro. Infilò le scarpette ai piedi e scomparve nel buio delle viette tarantine.
Ad ogni passo si ripeteva che era ancora in tempo per tornare indietro, per evitare brutte conseguenze. Ma più si ripeteva questa nenia interminabile, più lei avanzava verso la villetta.
Si nascose dietro l'angolo di una casa nell'udire passi e voci. In verità, ogni rumore causava in lei un momento di terribile suspance, come un ladro pieno di paura di essere colto sul fatto.
Finalmente vide la sagoma di Nicola. Ormai aveva memorizzato ogni dettaglio del suo corpo e poteva riconoscerlo a notevole distanza. Continuò ad avvicinarsi.
Il ragazzo, che aveva percepito dei passi lenti verso di lui, si voltò.
- Allora avevo capito bene quando mi hai fatto quel cenno con la testa.-
Rosa non rispose, ma si limitò a nascondere un sorriso abbassando il volto.
- Non essere così rigida però, mica sono qui per mangiarti!- disse scherzando.
- P-possiamo andare in un posto meno visibile?- chiese incerta e insicura -Non vorrei che qualcuno mi vedesse.-
Il ragazzo capì immediatamente la situazione e l'accontentò.
Andarono a sedersi sulla scalinata vicino al porto, a quell'ora non era frequentato.
Tra loro c'era una considerevole distanza, Rosa era troppo timida per sedersi vicino a quel ragazzo.
Ma lui, lentamente, recuperò un po' di distanza, finché le loro gambe non furono attaccate l'un l'altra.
Chiacchierarono, o meglio, lui chiedeva a lei varie cose: informazioni sulla famiglia, su di lei, sul fratello. Lei si limitava a rispondere, talvolta a monosillabi.
Ad un certo punto Nicola appoggiò la mano sul ginocchio della ragazza.
La sua mente ritornò alla prima volta che si sfiorarono al mercato del pesce.
Rabbrividì piacevolmente.
- Sai che sei diventata proprio bella? Chissà quanti giovanotti ti fanno la corte!
Rosa percepì le sue guance andare a fuoco e si chiuse nelle spalle.
La mano di Nicola si avvicinò al mento di lei, mentre lo alzava, lo girava verso sé.
Si avvicinò al volto della ragazza e la baciò.
Inizialmente fu un bacio innocente, una semplice toccata di labbra. Lei era immobilizzata.
Poi lui socchiuse la bocca e con la lingua cercò di farsi strada nella bocca di lei.
Rosa non aveva mai baciato nessuno, il fatto che nei baci venisse impiegata anche la lingua la destabilizzò.
Ma poi, insicura e titubante, ricambiò con i movimenti vorticosi della lingua del bel ragazzo.
Nella mente si fece vivo il ricordo della serata immorale avvenuta qualche giorno prima. Sentì nuovamente quella sensazione umida tra le cosce. Sussulti al basso ventre si facevano sempre più insistenti.
Nicola la tirò a sé, prendendola per la vita.
I loro corpi erano uno contro l'altro e uno poteva sentire il battito del cuore dell'altra.
La situazione si faceva sempre più intensa; i modi di lui diventavano più insistenti, curiosi e vogliosi.
Lei si stava lasciando andare a quell'abbraccio appassionato, cullato dalle carezze.
Le mani curiose di Nicola stavano esaminando il corpo di Rosa.
Una mano scivolò sotto la gonna e le stringeva la morbida coscia.
Andava sempre più su, verso quel bocciolo proibito che nessuno aveva mai colto.
Più la mano raggiungeva la vagina, più Rosa sentiva il suo corpo sciogliersi e tremare ad ogni brivido provocato da quella mano.
Nicola, con delicatezza, scostò le sottili mutande di cotone e cominciò ad accarezzare il pube incolto.
Scivolò più in basso, verso il cuore della rosa.
Ne massaggiò i contorni, ripercorrendoli con la punta del dito.
Rosa, intanto, ricominciava a sentire quelle scossette di piacere che iniziavano a percorrerle il corpo e il suo respiro divenne più intenso.
Nicola scostò le labbra della vagina e, aprendo quello scrigno, infilò un dito in quella bollente e fradicia fessura. I movimenti lenti e delicati furono come piacevoli torture per Rosa, che si lasciò andare completamente a quel ragazzo che l'aveva sedotta in poco tempo.
Ad ogni tocco, ad ogni movimento, lei si lasciava trasportare dal senso di piacere che quella mano esperta sapeva donarle.
Con il pollice, il giovane, accarezzava quella protuberanza così sensibile. Rosa non si rese conto di come successe, ma improvvisamente sentì la gola fare dei versi, sibili sussurrati che diventavano sempre più frequenti.
Spasmi la facevano vibrare dal ventre in giù, finché una sensazione violenta le pervase il corpo e la testa.
Il sudore le bagnava i capelli intorno alla fronte e si dovette sforzare a zittire il verso di piacere che provò.
Una sensazione che non aveva nulla a che fare con le carezze fatte davanti allo specchietto.
Con un ultimo respiro, si afflosciò su Nicola.
Non riusciva a tenere gli occhi aperti ma una piccola incurvatura sulle labbra fece capire al ragazzo che il continuo piacere che lei stava provando si era tramutato in un orgasmo.
L'abbracciò e restarono accoccolati in silenzio davanti al mare di quella Taranto silenziosa.
Rosa tornò a casa.
Si arrampicò sulla finestra, attenta che nessun vicino fosse accostato agli scuri della propria casa.
Con le scarpe in mano si diresse verso la camera.
Si chiuse la porta alle spalle e in men che non si dica si era già spogliata dai vestiti e infilò la vestaglia da notte.
Si sdraiò sotto il leggero lenzuolo di cotone e ripensò alla serata appena passata.
Una mano andò a finire sulla vagina; piccole carezze e leggere incursioni nella fessura la cullarono.
Ma nella sua testa, oltre al piacere del ricordo, si faceva più strada il senso di colpa.
Si sentiva una figlia disgraziata, una poco di buono ma più si scagliava addosso colpe e insulti, più sentiva il bisogno di toccarsi la vagina.
Si addormentò abbandonandosi a quel contrastante conflitto di trasgressione e colpa, tra piacere e rimprovero.
[Racconto unico e, per ovvietà, di notevole lunghezza. Spero vi piaccia]
Un gran baccano rimbombava tra le case affacciate al porto di Taranto Vecchia.
Il sole mattutino era già cocente e non dava tregua. Brezze marine donavano sollievo di tanto in tanto, ma si sa, agosto è infernale.
Le bancarelle del pesce costeggiavano il mare luccicante, colme di freschezze appena pescate.
Le urla dei pescatori si mescolavano al mormorio della gente, i bambini correvano e giocavano e di tanto in tanto venivano bacchettati da qualche adulto poco tollerante.
Era la Taranto del '53.
Rosa si svegliò all'alba quella mattina, sua madre preferiva andare presto al mercato perchè il pesce era appena pescato e si potevano trovare i pezzi migliori.
Era una sedicenne che spiccava tra le altre.
Era formosa nei punti giusti, un seno ben formato le ornava il petto e i fianchi abbondavano di salute. I capelli neri contornavano un viso tondo e giovane, i suoi occhi verdi venivano risaltati dalla carnagione olivastra.
Nel quartiere era molto corteggiata da uomini di tutte le età, motivo per cui non le era permesso uscire se non accompagnata dai genitori o dal fratello maggiore. Sovente capitava di passare per le strette vie per recarsi alla bottega sotto casa e gli apprezzamenti non mancavano mai: fischi, commenti, sguardi curiosi e risatine.
Gli uomini che conosceva erano quelli stretti alla famiglia e se le capitava di incrociare lo sguardo con un ragazzo sconosciuto, abbassava gli occhi e si sentiva a disagio.
Madre e figlia si recarono al banchetto da cui acquistavano sempre, quello di Tonino.
Lo sguardo indagatore della madre scrutava il pesce esposto per poter scegliere il pezzo migliore da poter cucinare per il pranzo domenicale, l'unico giorno in cui ci si permetteva un pasto più ricco.
Rosa, persa con lo sguardo all'orizzonte, nemmeno si accorse di guardare in direzione di un bel giovanotto a bordo del peschereccio di Tonino.
Nicola aveva ventitré anni, all'epoca considerato già uomo da matrimonio. Era un ragazzo piacevole, sia d'aspetto che di modi. La canotta sciupata e sporca dalla pesca aderiva perfettamente al suo corpo modellato dal lavoro. Gocce scintillanti di sudore lo rendevano brillante, come se fosse composto di un'altra materia diversa dalla carne. Il viso, scurito dal sole, aveva contorni ben definiti: la mandibola era ben marcata e gli zigomi alti la evidenziavano ancora di più. I capelli biondi si sviluppavano in umidi boccolini che andavano ad appiccicarsi sulla fronte sudata. I suoi profondi occhi nocciola venivano intensificati da lunghe e folte ciglia nere.
Nell'esatto momento in cui Nicola piegò la testa, come per fare un cenno a Rosa, quest'ultima si destò dall'incanto.
Distolse lo sguardo in fretta, si sentiva peccatrice di un reato inesistente. Quindi, con la coda dell'occhio, cercò la madre per vedere se aveva notato la disdicevole scena.
- Nicola! Allora mi porti quella spigola? La signora aspetta!- fece a mo' di rimprovero Tonino.
Il ragazzo si affrettò ad incartare il pesce, scese dal peschereccio e salì sull'alto gradino del porto, ritrovandosi dietro al banco.
Lina, madre di Rosa, diede un buffetto alla figlia. Lei aveva il cesto di vimini e doveva prendere il pacchettino di carta chiuso con lo spago.
Fu lì che avvenne il tutto.
Nicola sporse la mano, allungando il pesce in direzione della ragazza, dall'altra parte Rosa, con imbarazzo, tese la mano a sua volta. Le loro dita si toccarono. Uno sfioro velocissimo, forse quasi impercettibile. Ma lei lo notò. Sgranò gli occhi, prese alla svelta il pacchetto e lo pose del cesto. Ogni tanto gli lanciava sguardi tremanti e indecisi, per poi richiudersi nel suo riccio di timidezza.
Quella notte non riuscì a dormire. Ricordava il contatto tra le loro mani, le sembrava di percepire nuovamente il brivido creato da quello sfioro.
Il cuore le batteva forte.
Cos'era quella sconosciuta sensazione?
La settimana seguente, come sempre, si trovava lì con sua madre, al porto di Taranto Vecchia.
Tremava all'idea che stava per rivedere quel ragazzo che l'aveva scossa nel profondo.
Ed eccolo là, dietro al banco, con la pelle bagnata che lo risaltava a distanza. Le gambe di Rosa sembravano composte di ricotta da quanto tremavano.
A passi incerti, incalzata dalla madre che la incitava a sbrigarsi, raggiunse quella tavola di legno ben fornita di pesce.
Lina ordinò cozze e vongole quel giorno, due sacchetti belli pesanti. Nicola aggirò il tavolo per andare incontro al cestino di Rosa. Nel riporre i frutti di mare, il ragazzo fece scivolare la mano nella tasca del grembiule. A mano chiusa nascose ,tra i due sacchetti, qualcosa di sottile e bianco, indubbiamente un foglietto ripiegato.
Furtiva e paonazza in viso, riprese il foglietto e lo nascose sotto il nastro del vestito verde scuro. Non poteva permettersi che la madre lo intercettasse, non poteva accadere!
Tornate a casa, la madre prese il cestino di vimini e si recò in cucina. Rosa, invece, sgattaiolò verso il ripostiglio che le faceva da camera.
Spiegò il foglietto con le dita che non riuscivano a star ferme. Era agitata, qualora qualcuno avesse scoperto qualcosa sapeva che avrebbe passato brutti guai.
Girò il bigliettino sciupato e trovò una scritta a matita fatta velocemente e in modo incerto.
"Scendi alla villetta stasera".
Si pietrificò. Cosa stava succedendo? Perchè questo messaggio?
L'agitazione le iniziò a far battere il cuore in modo alquanto rumoroso, era certa di sentire i battiti rimbombare nel petto.
Un turbinio di pensieri e ricordi iniziò a fluttuare nella testa della ragazza: gli sguardi, le loro mani, la notte insonne a pensare a quella sensazione. Ma poi si affacciò nella mente il volto severo del padre, la madre in lacrime e la gente che la guardava male. Queste erano le visioni di un futuro certo per una ragazza sconsiderata che incontrava un giovane dopo cena. Poteva già sentire gli insulti della gente.
Quella sera, alla villetta, Nicola rimase solo.
Ogni domenica era un bigliettino nuovo. Per Rosa era ormai abitudine e quel gioco le solleticava la mente, la stimolava.
Era una sensazione nuova e difficile da capire. Si sentiva come una di quelle ragazze "sgaglje" (frivole), quelle ochette che si facevano abindolare con poco.
Sotto al materasso aveva già nascosto quattro bigliettini.
Ora era diventato un divertimento per lei ed ogni volta che ci pensava, si sentiva anche fisicamente strana.
Una di quelle sere, mossa da un'irrefrenabile curiosità, prese lo specchietto da toilette che teneva sul piccolo comodino affianco alla branda. Si sedette sul materasso nodoso e tirò su la gonna fin sopra le cosce. Con dita incerte scostò il lembo di tessuto che ricopriva la vagina illibata. Le sembrava che il tempo avesse rallentato drasticamente, il cuore incalzò con ritmo cupo e sordo.
Finalmente scoprì la vagina. Non l'aveva mai vista. La forma le ricordò le cozze mangiate qualche domenica precedente e il pensiero la nauseò.
Eppure continuò a fissarla; quel piccolo bocciolo roseo sembrava gonfiarsi e lucidarsi sempre più. Notò che quel lucido era dovuto ad un liquido trasparente e viscido.
Con la punta dell'indice sfiorò dapprima la pelle esterna resa morbida da un sottile strato di peluria incolta.
Il suo respiro si fece pesante e profondo.
Con fare insicuro, avvicinò ancora di più il dito alla vagina. Ne toccò i contorni morbidi e caldi. Esaminò ogni petalo che formava il bocciolo per poi spostare l'attenzione verso quella strana protuberanza; una strana pallina sembrava pulsare appena sopra la fessura, cautamente la sfiorò ed è in quel modo che percepì come un tremito del corpo, come una piacevole scossetta.
Il suo viso era caldo e le gote si erano dipinte di un rosso accesso che emanava calore solo a guardarlo.
Avvicinò la mano in direzione della fessura, ne sentiva già il bollore senza aver esaminato per bene tutto.
Scostò le labbra con il dito.
Cominciò ad accarezzare il cuore di quel fiore in boccio. Entrava sempre di più.
Con la lingua si umettò le labbra.
Deglutì e socchiuse la bocca.
Espirò tremante, nervosa e curiosa allo stesso tempo.
Il suo dito si stava bagnando con quella strana sostanza appiccicosa.
Sentiva che più in fondo andava, più si faceva calda.
Chiuse gli occhi.
Le pareti della giovane vagina di Rosa erano soffici e strette.
Ad un certo punto sentii la porta d'entrata chiudersi e i passi di suo padre che avanzavano verso la cucina.
Allarmata tolse il dito dalla vagina, si ricompose e si pulì il dito nella parte inferiore della federa del suo cuscino.
Era agitata e impaurita.
Quel gesto peccaminoso si sarebbe letto nei suoi occhi?
Quella notte il senso di colpa piombò su di lei come solo la sensazione di essere nel peccato sa fare.
Pregò la Madonna, chiedendole di perdonarla per quel gesto immorale ed indecente.
Tra le lacrime e i singhiozzi strozzati, si addormentò.
Nicola non si arrendeva. Anzi, trovava che l'indifferenza di Rosa fosse solo una maschera.
Era eccitato dal modo in cui lei lo ignorava ma che allo stesso tempo continuava ad accettare le sue attenzioni.
La curiosità della giovane diventava sempre più forte.
Dopo aver ricevuto l'ennesimo biglietto da parte di quel ragazzo determinato e dopo aver ricambiato il biglietto con un fugace cenno della testa, si decise a liberare la sua voglia di conoscere la vita senza legami dettati da genitori e morale.
Quella sera aspettò che il padre e la madre si ritirassero in camera. Il fratello, invece, era fuori città per un lavoro edile.
Vivevano al piano terra di una vecchia casa. Per non far rumore si tolse le scarpette, aprii la finestra e si arrampicò sul davanzale.
Era molto ansiosa e intimorita. Se fosse stata colta dal padre mentre usciva di casa da sola e a quell'orario, avrebbe passato momenti poco felici e sicuramente l'avrebbe spedita in qualche convento di clausura.
Appoggiò un piede sulla stradina appena fuori dall'abitazione, poi l'altro. Infilò le scarpette ai piedi e scomparve nel buio delle viette tarantine.
Ad ogni passo si ripeteva che era ancora in tempo per tornare indietro, per evitare brutte conseguenze. Ma più si ripeteva questa nenia interminabile, più lei avanzava verso la villetta.
Si nascose dietro l'angolo di una casa nell'udire passi e voci. In verità, ogni rumore causava in lei un momento di terribile suspance, come un ladro pieno di paura di essere colto sul fatto.
Finalmente vide la sagoma di Nicola. Ormai aveva memorizzato ogni dettaglio del suo corpo e poteva riconoscerlo a notevole distanza. Continuò ad avvicinarsi.
Il ragazzo, che aveva percepito dei passi lenti verso di lui, si voltò.
- Allora avevo capito bene quando mi hai fatto quel cenno con la testa.-
Rosa non rispose, ma si limitò a nascondere un sorriso abbassando il volto.
- Non essere così rigida però, mica sono qui per mangiarti!- disse scherzando.
- P-possiamo andare in un posto meno visibile?- chiese incerta e insicura -Non vorrei che qualcuno mi vedesse.-
Il ragazzo capì immediatamente la situazione e l'accontentò.
Andarono a sedersi sulla scalinata vicino al porto, a quell'ora non era frequentato.
Tra loro c'era una considerevole distanza, Rosa era troppo timida per sedersi vicino a quel ragazzo.
Ma lui, lentamente, recuperò un po' di distanza, finché le loro gambe non furono attaccate l'un l'altra.
Chiacchierarono, o meglio, lui chiedeva a lei varie cose: informazioni sulla famiglia, su di lei, sul fratello. Lei si limitava a rispondere, talvolta a monosillabi.
Ad un certo punto Nicola appoggiò la mano sul ginocchio della ragazza.
La sua mente ritornò alla prima volta che si sfiorarono al mercato del pesce.
Rabbrividì piacevolmente.
- Sai che sei diventata proprio bella? Chissà quanti giovanotti ti fanno la corte!
Rosa percepì le sue guance andare a fuoco e si chiuse nelle spalle.
La mano di Nicola si avvicinò al mento di lei, mentre lo alzava, lo girava verso sé.
Si avvicinò al volto della ragazza e la baciò.
Inizialmente fu un bacio innocente, una semplice toccata di labbra. Lei era immobilizzata.
Poi lui socchiuse la bocca e con la lingua cercò di farsi strada nella bocca di lei.
Rosa non aveva mai baciato nessuno, il fatto che nei baci venisse impiegata anche la lingua la destabilizzò.
Ma poi, insicura e titubante, ricambiò con i movimenti vorticosi della lingua del bel ragazzo.
Nella mente si fece vivo il ricordo della serata immorale avvenuta qualche giorno prima. Sentì nuovamente quella sensazione umida tra le cosce. Sussulti al basso ventre si facevano sempre più insistenti.
Nicola la tirò a sé, prendendola per la vita.
I loro corpi erano uno contro l'altro e uno poteva sentire il battito del cuore dell'altra.
La situazione si faceva sempre più intensa; i modi di lui diventavano più insistenti, curiosi e vogliosi.
Lei si stava lasciando andare a quell'abbraccio appassionato, cullato dalle carezze.
Le mani curiose di Nicola stavano esaminando il corpo di Rosa.
Una mano scivolò sotto la gonna e le stringeva la morbida coscia.
Andava sempre più su, verso quel bocciolo proibito che nessuno aveva mai colto.
Più la mano raggiungeva la vagina, più Rosa sentiva il suo corpo sciogliersi e tremare ad ogni brivido provocato da quella mano.
Nicola, con delicatezza, scostò le sottili mutande di cotone e cominciò ad accarezzare il pube incolto.
Scivolò più in basso, verso il cuore della rosa.
Ne massaggiò i contorni, ripercorrendoli con la punta del dito.
Rosa, intanto, ricominciava a sentire quelle scossette di piacere che iniziavano a percorrerle il corpo e il suo respiro divenne più intenso.
Nicola scostò le labbra della vagina e, aprendo quello scrigno, infilò un dito in quella bollente e fradicia fessura. I movimenti lenti e delicati furono come piacevoli torture per Rosa, che si lasciò andare completamente a quel ragazzo che l'aveva sedotta in poco tempo.
Ad ogni tocco, ad ogni movimento, lei si lasciava trasportare dal senso di piacere che quella mano esperta sapeva donarle.
Con il pollice, il giovane, accarezzava quella protuberanza così sensibile. Rosa non si rese conto di come successe, ma improvvisamente sentì la gola fare dei versi, sibili sussurrati che diventavano sempre più frequenti.
Spasmi la facevano vibrare dal ventre in giù, finché una sensazione violenta le pervase il corpo e la testa.
Il sudore le bagnava i capelli intorno alla fronte e si dovette sforzare a zittire il verso di piacere che provò.
Una sensazione che non aveva nulla a che fare con le carezze fatte davanti allo specchietto.
Con un ultimo respiro, si afflosciò su Nicola.
Non riusciva a tenere gli occhi aperti ma una piccola incurvatura sulle labbra fece capire al ragazzo che il continuo piacere che lei stava provando si era tramutato in un orgasmo.
L'abbracciò e restarono accoccolati in silenzio davanti al mare di quella Taranto silenziosa.
Rosa tornò a casa.
Si arrampicò sulla finestra, attenta che nessun vicino fosse accostato agli scuri della propria casa.
Con le scarpe in mano si diresse verso la camera.
Si chiuse la porta alle spalle e in men che non si dica si era già spogliata dai vestiti e infilò la vestaglia da notte.
Si sdraiò sotto il leggero lenzuolo di cotone e ripensò alla serata appena passata.
Una mano andò a finire sulla vagina; piccole carezze e leggere incursioni nella fessura la cullarono.
Ma nella sua testa, oltre al piacere del ricordo, si faceva più strada il senso di colpa.
Si sentiva una figlia disgraziata, una poco di buono ma più si scagliava addosso colpe e insulti, più sentiva il bisogno di toccarsi la vagina.
Si addormentò abbandonandosi a quel contrastante conflitto di trasgressione e colpa, tra piacere e rimprovero.
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