Caccia nella foresta - parte 1
di
DemoneDelSilenzio
genere
dominazione
"Allora? qual è la tua decisione?"
Completamente ammutolito, lui la percorse da capo a piedi con lo sguardo. Si soffermò sui suoi seni prosperosi, sui suoi fianchi e sulla pancia liscia come il marmo. Poi le guardò la piccola fessura fra le gambe, completamente depilata. Non riusciva a credere ai suoi occhi, per cui li chiuse forte e, quando li riaprì, vide che la donna lo fissava maliziosa soffocando una risatina con la mano.
***
Tratto da una storia vera.
***
Mattia spinse la portiera della Jeep e saltò agile sul terreno ghiaioso nella radura. Quel giorno si era alzato molto presto perché la sua meta si trovava a più di un'ora di cammino dalla strada sterrata e gli ci sarebbero volute più di sei ore per pattugliare il versante della valle.
Amava il suo lavoro: faceva la Guardia Forestale da oltre sette anni e non aveva mai rimpianto le lunghe camminate nei boschi, le levatacce a qualsiasi orario o la solitudine. Amava le piante e la tranquillità che esse custodivano.
Ogni tanto incontrava qualche boscaiolo con il quale scambiava due chiacchiere, ma la maggior parte del tempo lo passava da solo, perlustrando le terre selvagge alla ricerca di bracconieri o di aree da mettere in sicurezza in caso di forti piogge.
Sebbene fosse estate non faceva per niente caldo e Mattia, oltre allo zaino coi ferri del mestiere e il pranzo, acchiappò sul sedile posteriore anche un maglione pesante che lo aveva accompagnato fedelmente in lunghe escursioni notturne.
Chiuse il veicolo e si apprestò a percorrere il tratto di foresta che lo separava dalla sua meta.
Dopo alcune ore di cammino giunse in un'area pianeggiante di bosco, popolato in prevalenza da grandi Querce e Faggi, che rendevano l'atmosfera fresca anche in pieno giorno.
Inspirò a pieni polmoni quell'aria salubre che sapeva di muschio, di foglie e di terriccio e per un attimo si perse nei pensieri ammirando l'intrico di fronde sopra la sua testa che ostruivano la luce del sole.
Appoggiò lo zaino su di un sasso e rovistò all'interno alla ricerca del panino. Acciuffata la vettovaglia si mise a mangiare, masticando lentamente mentre faceva vagare lo sguardo tutt'attorno a sé.
Qualcosa non andava: da ormai diversi minuti non avvertiva più la presenza della piccola fauna che gli teneva compagnia durante le sue escursioni. Non c'era traccia né di nidi sugli alberi, né di impronte di piccoli predatori sul terreno boschivo.
Tutto taceva e persino il vento lasciava immobili le foglie. Il silenzio attorno a lui era assoluto.
D'un tratto Mattia rabbrividì e si accorse che la temperatura era calata bruscamente di alcuni gradi. Guardandosi attorno notò anche che l'umidità stava cominciando a formare piccoli banchi di nebbia che gli arrivavano al ginocchio.
Posò il panino e allungò una mano per afferrare il maglione. In breve la bruma aveva invaso tutta la radura, ghermendo con le sue spire lattiginose i colori verde e bruno del sottobosco.
In lontananza si avvertì un richiamo, un suono lungo e modulato come lo squillo di un corno. L'ululato graffiò la pace che avvolgeva quella zona e a Mattia si gelò il sangue nelle vene. Gli tornò in mente quel film dove una banda di guerrieri fronteggia una misteriosa orda di creature mostruose che attaccano un villaggio solo quando cala la nebbia.
Dopo qualche istante nella boscaglia semi-sommersa nella foschia riecheggiò il rumore di un cavallo al galoppo e il suono si ripeté, questa volta più vicino.
Con l'avvicinarsi della cavalcatura, Mattia sentì anche dei latrati di cani.
Ci fu un attimo di silenzio e poi li vide: un cavallo nero teneva in groppa un uomo, avvolto in un mantello scuro. Egli brandiva un corno nel quale soffiò una terza volta producendo un suono dirompente che colpì Mattia come un pugno.
Vide due cani neri, dei segugi, lanciarsi nella sua direzione abbaiando come se avessero avvertito la pista di una preda.
La situazione era surreale e la sua mente razionale gli suggeriva di farsi da parte per lasciar passare quell'insolita battuta di caccia.
Ma qualcosa d'altro si era insediato dentro di lui e Mattia avvertì un sentimento di angoscia e di terrore: sentì una paura remota, primordiale, balzargli a cavalcioni del suo lato cosciente come un fantino in arcione al suo destriero.
Quella terribile sensazione si insinuò nella sua mente, pervadendogli i pensieri e imbrigliando la sua coscienza.
La paura gli infilzò gli speroni nei fianchi e senza rendersene conto Mattia si mise a scappare, cercando di mettere la maggior distanza possibile da quella grottesca combriccola che avanzava ululando e latrando inesorabile.
Raggiunto il limitare opposto della radura, si tuffò nella foresta correndo a perdifiato come se avesse l'inferno alle calcagna.
Schivò alberi e cespugli con la destrezza di una volpe, saltò oltre un paio di tronchi abbattuti e coperti di muschio. Ma il cacciatore era un esperto cavallerizzo e i segugi conoscevano quelle zone, perché lo tallonavano guadagnando lentamente terreno.
Col fiato corto, Mattia si diresse verso un corridoio generato da due possenti alberi nodosi. Passando fra di essi non notò il terriccio smosso ai suoi piedi né la sottile corda tesa all'altezza del suo ginocchio.
Sentì un tonfo sordo alla sua destra, poi qualcosa slittò via da sotto ai suoi piedi mandandolo a gambe all'aria. Una rete lo ghermì sollevandolo da terra e proiettandolo a diversi metri dal suolo.
Imprigionato Mattia non poté far altro che dondolare impotente, il mondo a testa in giù per via della posizione. Vide i cani fermarsi sotto di lui latrando rabbiosi e ringraziò di essere sospeso a diversi metri di altezza.
Poi vide l'uomo fermare il cavallo a pochi metri e smontare con destrezza dalla sella. La sua voce rimbombò cupa nella boscaglia:
"Peccato, mi aspettavo qualcosa di più da uno come te. Non sei stato all'altezza delle mie aspettative."
"Chi...chi sei? Cosa vuoi farmi?" chiese Mattia atterrito, la voce tremante.
"Assolutamente niente, non sei una preda degna della mia attenzione. Ti lascerò andare." disse l'uomo con noncuranza, estraendo un coltello da una tasca.
"Ma sarebbe deplorevole da parte mia non ricompensare i miei cani per il loro ottimo lavoro."
A Mattia si gelò il sangue nelle vene: aveva intenzione di darlo in pasto ai suoi cani?
"No ti prego no, lasciami andare per favore! Farò tutto ciò che vuoi!" balbettò con un filo di voce. Non riusciva a scacciare la paura che attanagliava il suo cervello. Era come se un essere maligno gli avesse ingabbiato la sua parte razionale. Sentiva il suo Io dimenarsi e sbattere contro quelle fredde sbarre invisibili che lo tenevano segregato da qualche parte nella sua mente.
Senza dire una parola, l'altro tagliò la corda che reggeva la rete con un colpo deciso e Mattia cadde a terra con un tonfo sordo. Nonostante l'altezza non si fece male, ma rimase comunque rannicchiato aspettando inorridito che il suo destino si compisse.
Senza esitare i cani si gettarono ringhiando su di lui.
Mattia notò qualcosa di strano in quelle creature: nonostante il corpo fosse palesemente animale, coperto da una folta pelliccia nera, possedevano arti umani. Le mani erano artigliate e forti, e strappavano con innaturale sapienza il tessuto dei suoi vestiti.
Lacerarono le reti e i suoi indumenti, lasciandolo nudo con soltanto gli scarponi ai piedi. Poi uno dei segugi lo afferrò e lo tenne fermo. Quello che l'uomo vide gli strappò un suono strozzato di sorpresa e di angoscia.
Vide che il cane davanti a lui aveva fra le cosce un pene umano, quasi completamente eretto. Era grosso e pulsante, ma indubbiamente non era canino.
L'essere lo afferrò per i capelli e Mattia si ritrovò con la faccia nella sua pelliccia, a pochi millimetri dal suo organo sessuale.
Con un colpo sulla nuca capì cosa si aspettava che facesse: Mattia avvertì un senso di sollievo constatando che i cani volevano saziare un tipo diverso di "fame" e si accinse a soddisfarli al meglio.
Non aveva mai avuto desideri verso altri uomini: nella sua vita era stato con alcune ragazze, ma mai avrebbe pensato di praticare del sesso orale ad un altro maschio. Tanto più se si trattava di un essere abominevole come quello che lo teneva immobilizzato come un...come una preda.
Si sentiva sottomesso ed umiliato, desiderava solo rimanere vivo e, se ciò significava soddisfare sessualmente quelle creature, lo avrebbe fatto. Per un attimo si chiese se quella condizione fosse permanente o se dopo averli soddisfatti la sua parte razionale avrebbe ripreso il posto di comando della sua mente.
L'odore maschile della bestia lo sommergeva di disgusto. La pelliccia sapeva di ormoni e di sesso, di urina e di selvaggio. Ciononostante aprì la bocca e leccò incerto la punta del pene che si muoveva ritmicamente davanti a lui.
Il gusto, potendo, era ancora peggiore dell'odore della pelliccia, ma Mattia non ci fece caso e leccò avidamente tutta la lunghezza della carne sensibile, dalla punta arrotondata fino alla base dove iniziava lo scroto peloso.
Era tutto intento ad amministrare l'oggetto con la lingua quando avvertì la presa su di lui allentarsi e due forti mani afferrarlo per le cosce. Percepì dapprima l'aria frizzante solleticargli la fessura interna del sedere, poi l'alito caldo della bestia alle sue spalle contro al suo sfintere.
Sentì le sue natiche allargarsi e contemporaneamente una lingua ruvida accarezzargli il buco, leccando avidamente ogni centimetro di pelle. Pur disgustato dalla situazione, Mattia non poté che provare un brivido di piacere quando il mostro spinse con decisione la sua lingua bagnata all'interno del suo retto.
La sentì esplorare il suo interno, inumidendo le pareti e l'entrata, preludio di un'imminente tortura.
Mattia girò la testa quando l'essere smise di leccarlo e lo vide posizionarsi dietro di lui, il pene completamente eretto ancora più in risalto in mezzo alla sua pelliccia bruna.
Con un gesto deciso il cane davanti a lui riportò la testa dell'uomo verso il suo pene e glielo spinse con veemenza contro le labbra. La sua bocca si dischiuse però non per lasciar passare il membro fremente del mostro, ma per la violenza della penetrazione anale a cui fu sottoposto.
Il gemito fu stroncato sul nascere dall'intrusione del pene nella sua bocca. L'oggetto superò senza difficoltà la lingua e si spinse fino in gola, ostruendo il passaggio del lamento di Mattia.
Le due bestie iniziarono a montarlo con selvaggia violenza e l'uomo fu sospinto in balia avanti e indietro da spinte possenti. Il suo fondo schiena esplodeva di dolore ogni volta che il mostro estraeva il suo fallo e lo rificcava fino in fondo con un solo violento colpo di reni.
A mano a mano che l'amplesso si protraeva nel tempo, sentiva che il suo sfintere opponeva sempre meno resistenza alla penetrazione e un vago piacere si faceva largo. Nonostante avvertisse un forte bruciore, poteva sentire il proprio pene ingrossarsi e pulsare ritmico a quella bruciante sollecitazione.
Anche la sua gola era diventata più capiente e tollerava meglio l'intruso: sulla sua lingua era posato un velo disgustoso composto da peli e da un liquido salato e vischioso. Nonostante questo, e l'odore acre della pelliccia, Mattia si guardò bene dal lasciar anche solo sfiorare i suoi denti la tenera carne.
La sua parte sottomessa desiderava ad ogni costo soddisfare quelle orrende bestie: solo così, pensava, lo avrebbero risparmiato. Nonostante il disgusto si sentiva soddisfatto, quasi onorato di poter dare piacere col suo corpo a quegli esseri così forti e possenti...così dominanti.
La difficoltà a respirare e gli stimoli irruenti portarono ben presto l'uomo al culmine del piacere. Sentì la sua prostata imbizzarrirsi come un cavallo durante il rodeo e gemette forte mentre, con possenti getti, il suo seme fuoriuscì bagnando il terreno sotto di lui.
La contrazione del suo ano fu la goccia che fece traboccare il vaso della bestia che lo stava ingroppando, tanto che questi lasciò partire un ululato possente mentre un fiotto di sperma caldo irrompeva nel retto dell'uomo, ormai quasi esanime.
Mentre Mattia avvertiva il peso dell'essere che si abbandonava sulla sua schiena, un altro ululato gli fece capire che anche la creatura davanti stava per giungere al suo picco. Senza che potesse fare nulla per impedirlo, il getto di seme caldo fu scagliato con violenza nella sua gola e Mattia lo sentì arrivargli fino allo stomaco.
I fiotti che seguirono vennero invece spruzzati nella sua cavità orale e Mattia poté assaporarne il gusto pungente, salato e amaro allo stesso tempo. L'odore del seme maschile gli invase le narici.
Fili di sperma colavano dalle sue labbra e sentiva la bocca immersa in quel fetido succo vischioso.
Un ultimo getto si posò su un suo zigomo mentre la creatura estraeva esausta il suo organo dalla bocca. Poi, così come lo avevano aggredito, gli esseri lo lasciarono andare.
Con lo stomaco che minacciava conati sempre più violenti, ingerì quell'ambrosia demoniaca.
Il segugio alle sue spalle estrasse il pene dal suo sedere, che risuonò di un umido *SLURP*. Poi Mattia cadde a faccia in giù sul terriccio e perse conoscenza.
***
Si risvegliò diverse ore più tardi, la luce iniziava a scemare e il freddo della sera pizzicava il suo corpo nudo con insistenza. La nebbiolina era scomparsa, e con essa il sentimento di angoscia e paura che lo aveva reso succube dell'uomo e dei suoi due mostruosi segugi.
Senza emettere un suono, Mattia si ricompose come poté e ritornò barcollando alla radura dove raccolse il suo zaino. Con passo malfermo imboccò la via del ritorno e rincasò, scosso e umiliato.
Il giorno successivo si diede malato e rimase rintanato nel suo rifugio, le imposte chiuse. Diede fondo alla sua scorta di liquori e, completamente ebbro, si addormentò a più riprese con la faccia sul tavolo.
L'avventura sessuale con quei mostri lo aveva turbato nel profondo. La sensazione di paura, il desiderio di soddisfare quelle creature pur di non essere sbranato. L'odore e il sapore del sesso, il bruciore dello sfintere e la voce dell'uomo vorticarono con irruenza sia nella sua mente conscia che durante i sogni.
Per nulla riposato si ridestò il giorno successivo, conscio che non poteva andare avanti in quello stato.
Aveva una sola idea in testa che, pensava, lo avrebbe salvato dal vivere il resto della sua vita come un guscio vuoto sospeso dalla marea: fargliela pagare.
Riprese quindi la strada della montagna e si accinse a ritornare nel posto dove due giorni prima era stato braccato e violentato.
Oltre al bagaglio con gli attrezzi e il cibo, si munì anche di una pistola e due caricatori pieni di cartucce. Prima avrebbe freddato quei due esseri immondi con un paio di proiettili, poi avrebbe fatto smontare da cavallo quel figuro e l'avrebbe conciato per le feste.
Mentre guidava la Jeep sul terreno dissestato la sua mente continuava a sfornargli idee su come si sarebbe potuto vendicare del torto subito.
***
Mattia giunse nella radura poco dopo mezzogiorno. Aveva camminato con passo veloce, facendo più rumore possibile per far notare la sua presenza ad eventuali "osservatori".
Per tutto il pomeriggio rimase in ascolto, l'orecchio teso al minimo scricchiolio. La foresta, però, era immobile, quasi trattenesse il respiro come lui.
Passarono diverse ore e non accadde nulla. Spazientito, Mattia si accinse a mettersi al lavoro per distrarsi, quando il suono del corno dell'uomo a cavallo lo colse di sorpresa.
Proveniva da alcune decine di metri alla sua sinistra, molto più vicino della prima volta. Fece per brandire la pistola quando la nebbiolina lo ghermì e l'ormai nota angoscia lo pervase come una coltre nera.
vide gli occhi assetati di sangue dei due segugi e il loro latrare lo scosse fino nelle budella. Con il cuore a mille per il terrore, si volse e iniziò a correre nel bosco, lasciando cadere la pistola nella foga.
Corse come la prima volta, senza badare a dove andava e superando di slancio i vari ostacoli del terreno selvaggio. Dei rami gli graffiarono il viso e le braccia, i sassi rotolavano sotto ai suoi piedi, ma lui continuò a correre come se fosse Satana in persona ad inseguirlo.
Giunse infine ai due alberi. D'un tratto rivide sé stesso appeso come un salame e i due segugi sopra di lui mentre lo violentavano, e una parte della sua mente conscia si ridestò.
Con un salto maldestro superò di slancio il punto in cui era scattata la trappola il giorno prima. Atterrò agilmente oltre lo spiazzo e proseguì la corsa lungo il terreno accidentato.
Superò un paio di cespugli di Ginepro e passò sotto a massi appoggiati l'uno contro l'altro. Mentre si rialzava vide per un attimo una cordicella all'altezza del suo naso.
Tentò di saltarla ma fu troppo lento e il suo gomito destro azionò la trappola. Una rete di corda scattò ai suoi fianchi catturandolo e fermandolo di botto in una nuvola di polvere.
Sentì il cavaliere aggirare i due massi e vide i due cani gettarsi su di lui. Nonostante abbaiassero furiosamente, non lo aggredirono e aspettarono che il loro padrone fermasse la sua cavalcatura e che smontasse.
"Bene bene bene...eccoci di nuovo a noi. E ancora una volta tu sei mio prigioniero." la voce dell'uomo era soddisfatta, quasi gongolante.
"Ti prego, lasciami andare!" implorò Mattia già angosciato all'idea della sua ordalia con quelle creature fameliche.
L'uomo avvolto nel suo mantello scuro lo zittì con un gesto.
"Devo ammettere che questa volta la battuta è stata intensa. Ho avvertito il brivido della caccia fin dentro le ossa e per un tempo sufficientemente lungo da appagarmi. Il fatto che tu sia stato catturato, alla fine, è solo un dettaglio."
Mentre parlava Mattia vide che stava estraendo il coltello dalla tasca: con lo stesso gesto esperto tagliò la corda che lo imprigionava, lasciandolo libero. Notò inoltre che la nebbia si era diradata e che la paura lo aveva abbandonato, lasciandolo comunque scosso, ma pur sempre capace di pensare razionalmente.
Il cacciatore gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi. Nonostante il guanto di velluto, Mattia sentì che sotto la mano era sottile e piccola, come quella di una donna. Ma la presa era salda ed energica, e si ritrovò in piedi in un istante.
"Sei stato in grado di appagare il mio istinto primordiale della caccia, per cui voglio farti una proposta." disse dopo un attimo l'individuo.
"Sentiamo" disse il guardiacaccia incrociando le braccia sul petto. Aveva voglia di stendere quel tizio con un pugno e fargliela pagare, ma si trattenne solo per la curiosità che provava in quel momento.
"Ti propongo due scelte: la prima è di interrompere qui i nostri incontri. Sarai libero di andare e non verrai mai più braccato. Ti sei guadagnato il mio rispetto e, a malincuore, ti voglio offrire questa opzione."
"Scelgo questa!" disse d'impulso Mattia interrompendolo.
"Aspetta, non vuoi sentire la seconda proposta?" ribatté questi, un tono divertito nella voce.
Senza aspettare risposta il cacciatore fece un passo indietro e con un gesto plateale si tolse il cappello che gli nascondeva il volto. Sbigottito Mattia guardò la cascata di capelli biondi cadere sulle spalle dell'uomo.
Questi mosse la testa di scatto e li fece dapprima esplodere in un turbinio giallo oro, poi li fece saettare all'indietro rivelando un paio di occhi color celeste profondi come il mare.
Mattia rimase a bocca aperta quando vide che il tizio davanti a sé non era un uomo, bensì una donna incantevole, bella come le principesse descritte nei poemi cavallereschi.
Lei rise divertita e la sua voce, che poco prima era stata cupa e profonda, ora risuonò scintillante come il canto di un uccellino. Lo guardò intensamente, fissandolo con quei suoi occhi dolci e misteriosi al tempo stesso.
"Oppure" proseguì "puoi avere me.".
Mentre l'uomo la fissava ancora, gli occhi sgranati per lo stupore, lei slacciò la fibbia che legava l'ampio vestito e con un gesto sensuale lo fece cadere a terra. Rimase completamente nuda davanti a lui, calzando soltanto gli stivali da cavallerizza.
Quel contrasto fra la sua pelle chiara e delicata e il cuoio scuro e ruvido delle calzature fece salire un fremito dal cuore di Mattia. Era come vedere la Luna e d il Sole fusi insieme nella stessa figura.
"Allora? Qual è la tua decisione?"
Completamente ammutolito, lui la percorse da capo a piedi con lo sguardo. Si soffermò sui suoi seni prosperosi, sui suoi fianchi e sulla pancia liscia come il marmo. Poi le guardò la piccola fessura fra le gambe, completamente depilata. Non riusciva a credere ai suoi occhi, per cui li chiuse forte e, quando li riaprì, vide che la donna lo fissava maliziosa soffocando una risatina con la mano.
Senza aspettare una risposta, la cacciatrice si mosse lesta e lo afferrò per la cintura, posando delicatamente le sue labbra sulle sue. Il bacio fu intenso e profondo e Mattia sentì tutto il suo corpo sciogliersi come neve al sole, travolto dalla sua bellezza.
Con gli occhi chiusi, sentì che gli stava percorrendo il petto con le dita sottili, slacciando abilmente i bottoni della sua camicia. Non oppose resistenza quando lo denudò, né quando le sue mani scesero lungo la sua pancia e si posarono sulla stoffa che imprigionava il suo pene fremente.
Le sentì accarezzarglielo dolcemente e in quell'istante lui la afferrò per i fianchi con fermezza. Aprì gli occhi e vide che la donna lo stava fissando, un sorriso malizioso sulla sua bocca color rubino.
"Non aver paura mio bello." gli disse lei ammiccante "Lascia che ti ricompensi adeguatamente per la caccia di oggi."
Lui si lasciò guidare le braccia docilmente verso il suo collo, dove si posarono morbide cingendola con tenera passione. La baciò appassionatamente accarezzando la sua lingua con la propria ed respirando profondamente il profumo della sua pelle e dei suoi capelli.
Il bacio sapeva di cannella e mela verde, uno strano miscuglio di sensazioni che si mescolavano divinamente ai profumi che percepiva dal corpo della donna.
A quel punto lei gli estrasse il membro dai pantaloni e sentì il suo verso compiaciuto mentre ne saggiava la lunghezza e la consistenza. le sue mani sottili iniziarono a stimolarlo con carezze lente, una mano saldamente avvinghiata al suo pene e l'altra dolcemente posata sui suoi testicoli.
Era una carezza morbida, ma con tratti selvaggi: afferrava con delicatezza lo scroto, graffiandolo sensualmente con le unghie. Tirava un poco verso di lei e mentre lo faceva stringeva le sue noci nel pugno, quasi volesse sottomettere la sua virilità.
Poi lo lasciava andare e inconsapevolmente lui si protendeva verso di lei, come a volerla implorare di continuare a solleticare così la sua mascolinità.
Rimasero incollati per minuti interminabili, finché lei non si divincolò dolcemente e lo costrinse ad aprire gli occhi.
"Voglio che tu mi prenda qui, fra questi alberi." gli disse, la voce calda e densa di passione.
Lui la afferrò per le spalle e la spinse contro ad un tronco coperto di muschio. La donna si lasciò guidare e non oppose resistenza quando venne sollevata a mezz'aria.
Intuendo le sue intenzioni aprì le gambe avvolgendole attorno ai fianchi di lui e gli cinse le spalle possenti con le braccia.
Mattia la premette contro al tronco e la abbracciò passionalmente, baciandola sul collo e dietro le orecchie. lei mugolò di piacere e graffiò dolcemente la sua schiena, facendolo rabbrividire.
Il calore del sesso femminile lo fece uscire da quella trance momentanea e senza la minima esitazione appoggiò la punta del suo membro fremente contro la sua vagina. Sentì le sue labbra accoglierlo desiderose e la penetrazione avvenne in modo così spontaneo che entrambi rimasero immobili per qualche istante, gustandosi entrambi le sensazioni reciproche.
La donna emise un flebile gemito, come una gatta quando viene accarezzata sul sedere. Mattia invece sentì un calore innaturale avvolgere il suo fallo mentre lo spingeva sempre più dentro quella cavità misteriosa.
Poi con movimento sicuro iniziò a penetrarla ritmicamente facendola gemere di piacere. I suoi mugolii riecheggiavano fra gli alberi e il silenzio irreale che li avvolgeva rendeva il momento ancora più eccitante.
Lei prese a sussurrargli all'orecchio nel trasporto dell'amplesso.
"Fammi tua mio bel cervo, prendimi selvaggiamente, lo voglio tutto!"
Incitato dalle sue parole gonfie di piacere, Mattia aumentò il ritmo, stantuffando il suo pene dentro di lei. I suoni umidi della loro passione si levarono forti fra le rocce e i loro respiri si fecero affannosi.
D'un tratto qualcosa scattò dentro la cacciatrice, che iniziò a dimenarsi selvaggiamente fra le sue braccia: perdendo ogni ritegno iniziò a gemere di piacere, emettendo versi che somigliavano più a richiami di uccelli che a gemiti umani.
Mordeva e graffiava il petto, il collo e la schiena dell'uomo, che inebriato da quel comportamento sentiva il fuoco della sua passione avvampare come un incendio che lambisce un fienile ricolmo di paglia.
"Si prendimi, lo voglio tutto. Tutto dentro di me il tuo bel sesso!" gridava ora, la voce rotta dal piacere e dai tuffi fra le sue braccia.
Mattia la tolse dall'albero e, sempre dentro di lei, la appoggiò sul manto erboso sotto di loro. La cacciatrice emise un verso felino mentre riprendeva a penetrarla con spinte sempre più forti e ravvicinate.
"Oh si...OH SI!" gemette lui e lei lo morse con forza sul collo.
Mentre il getto del suo seme irrompeva nella sua femminilità, la donna urlò il suo piacere, la bocca ancora attaccata alla sua pelle. L'uomo sentì le contrazioni attorno al suo sesso e capì che anche lei stava godendo.
Con un paio di violenti scossoni lei inarcò la schiena gettando il capo all'indietro, gli occhi spalancati e riversi, la bocca aperta in un urlo silenzioso.
Poi entrambi si afflosciarono, l'uno adattandosi al corpo dell'altra, come due statue di cera si fondono insieme lasciate inavvertitamente sotto al sole di mezzogiorno.
Rimasero esausti in quella posizione, ansimanti e fissandosi negli occhi.
Si baciarono a lungo, scambiandosi tenere parole sussurrate all'orecchio. Lei gli solleticava il petto possente e la barba corta sotto al mento, mentre lui, in estasi per il suo profumo così intenso e allo stesso tempo delicato, affondava la faccia nei suoi capelli baciandole la nuca ed il collo, mormorandole parole dolci come il miele che mai avrebbe pensato di pronunciare.
D'un tratto lei lo scostò con dolcezza e si mise a sedere.
"Ora temo che io debba andare, mio bel cervo." disse, alzandosi con un movimento sinuoso.
"Posso prima sapere come ti chiami?" le chiese lui, essendosi accorto solo in quel momento di non sapere nulla di quella splendida ninfa.
"Mi chiamo Heyra" rispose la cacciatrice con un sorriso dolce e misterioso allo stesso tempo. "Spero di poterti cacciare presto, mio bel maschio. Adoro il tuo corpo e i tuoi movimenti."
Senza che lui avesse tempo di reagire, afferrò il proprio mantello e se lo mise sulle spalle. Poi con un balzo felino saltò in groppa al suo destriero, che fino a quel momento se n'era stato a brucare placido poco distante.
Si voltò verso Mattia che, impacciato e completamente nudo, la fissava attonito. Lei gli scoccò un bacio carico di sentimento, poi si calò il cappello sul viso e fece impennare il cavallo perché ripartisse.
Mentre si allontanava al galoppo, tallonata dai suoi due segugi, Mattia si rese conto che la donna cavalcava nuda sulla sella.
Si chiese se provenisse dal paradiso o dall'inferno e rimase imbambolato a fissare il punto in cui era scomparsa, lo sguardo perso nel verde cupo della boscaglia, la mente altrove.
(Continua)
Completamente ammutolito, lui la percorse da capo a piedi con lo sguardo. Si soffermò sui suoi seni prosperosi, sui suoi fianchi e sulla pancia liscia come il marmo. Poi le guardò la piccola fessura fra le gambe, completamente depilata. Non riusciva a credere ai suoi occhi, per cui li chiuse forte e, quando li riaprì, vide che la donna lo fissava maliziosa soffocando una risatina con la mano.
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Tratto da una storia vera.
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Mattia spinse la portiera della Jeep e saltò agile sul terreno ghiaioso nella radura. Quel giorno si era alzato molto presto perché la sua meta si trovava a più di un'ora di cammino dalla strada sterrata e gli ci sarebbero volute più di sei ore per pattugliare il versante della valle.
Amava il suo lavoro: faceva la Guardia Forestale da oltre sette anni e non aveva mai rimpianto le lunghe camminate nei boschi, le levatacce a qualsiasi orario o la solitudine. Amava le piante e la tranquillità che esse custodivano.
Ogni tanto incontrava qualche boscaiolo con il quale scambiava due chiacchiere, ma la maggior parte del tempo lo passava da solo, perlustrando le terre selvagge alla ricerca di bracconieri o di aree da mettere in sicurezza in caso di forti piogge.
Sebbene fosse estate non faceva per niente caldo e Mattia, oltre allo zaino coi ferri del mestiere e il pranzo, acchiappò sul sedile posteriore anche un maglione pesante che lo aveva accompagnato fedelmente in lunghe escursioni notturne.
Chiuse il veicolo e si apprestò a percorrere il tratto di foresta che lo separava dalla sua meta.
Dopo alcune ore di cammino giunse in un'area pianeggiante di bosco, popolato in prevalenza da grandi Querce e Faggi, che rendevano l'atmosfera fresca anche in pieno giorno.
Inspirò a pieni polmoni quell'aria salubre che sapeva di muschio, di foglie e di terriccio e per un attimo si perse nei pensieri ammirando l'intrico di fronde sopra la sua testa che ostruivano la luce del sole.
Appoggiò lo zaino su di un sasso e rovistò all'interno alla ricerca del panino. Acciuffata la vettovaglia si mise a mangiare, masticando lentamente mentre faceva vagare lo sguardo tutt'attorno a sé.
Qualcosa non andava: da ormai diversi minuti non avvertiva più la presenza della piccola fauna che gli teneva compagnia durante le sue escursioni. Non c'era traccia né di nidi sugli alberi, né di impronte di piccoli predatori sul terreno boschivo.
Tutto taceva e persino il vento lasciava immobili le foglie. Il silenzio attorno a lui era assoluto.
D'un tratto Mattia rabbrividì e si accorse che la temperatura era calata bruscamente di alcuni gradi. Guardandosi attorno notò anche che l'umidità stava cominciando a formare piccoli banchi di nebbia che gli arrivavano al ginocchio.
Posò il panino e allungò una mano per afferrare il maglione. In breve la bruma aveva invaso tutta la radura, ghermendo con le sue spire lattiginose i colori verde e bruno del sottobosco.
In lontananza si avvertì un richiamo, un suono lungo e modulato come lo squillo di un corno. L'ululato graffiò la pace che avvolgeva quella zona e a Mattia si gelò il sangue nelle vene. Gli tornò in mente quel film dove una banda di guerrieri fronteggia una misteriosa orda di creature mostruose che attaccano un villaggio solo quando cala la nebbia.
Dopo qualche istante nella boscaglia semi-sommersa nella foschia riecheggiò il rumore di un cavallo al galoppo e il suono si ripeté, questa volta più vicino.
Con l'avvicinarsi della cavalcatura, Mattia sentì anche dei latrati di cani.
Ci fu un attimo di silenzio e poi li vide: un cavallo nero teneva in groppa un uomo, avvolto in un mantello scuro. Egli brandiva un corno nel quale soffiò una terza volta producendo un suono dirompente che colpì Mattia come un pugno.
Vide due cani neri, dei segugi, lanciarsi nella sua direzione abbaiando come se avessero avvertito la pista di una preda.
La situazione era surreale e la sua mente razionale gli suggeriva di farsi da parte per lasciar passare quell'insolita battuta di caccia.
Ma qualcosa d'altro si era insediato dentro di lui e Mattia avvertì un sentimento di angoscia e di terrore: sentì una paura remota, primordiale, balzargli a cavalcioni del suo lato cosciente come un fantino in arcione al suo destriero.
Quella terribile sensazione si insinuò nella sua mente, pervadendogli i pensieri e imbrigliando la sua coscienza.
La paura gli infilzò gli speroni nei fianchi e senza rendersene conto Mattia si mise a scappare, cercando di mettere la maggior distanza possibile da quella grottesca combriccola che avanzava ululando e latrando inesorabile.
Raggiunto il limitare opposto della radura, si tuffò nella foresta correndo a perdifiato come se avesse l'inferno alle calcagna.
Schivò alberi e cespugli con la destrezza di una volpe, saltò oltre un paio di tronchi abbattuti e coperti di muschio. Ma il cacciatore era un esperto cavallerizzo e i segugi conoscevano quelle zone, perché lo tallonavano guadagnando lentamente terreno.
Col fiato corto, Mattia si diresse verso un corridoio generato da due possenti alberi nodosi. Passando fra di essi non notò il terriccio smosso ai suoi piedi né la sottile corda tesa all'altezza del suo ginocchio.
Sentì un tonfo sordo alla sua destra, poi qualcosa slittò via da sotto ai suoi piedi mandandolo a gambe all'aria. Una rete lo ghermì sollevandolo da terra e proiettandolo a diversi metri dal suolo.
Imprigionato Mattia non poté far altro che dondolare impotente, il mondo a testa in giù per via della posizione. Vide i cani fermarsi sotto di lui latrando rabbiosi e ringraziò di essere sospeso a diversi metri di altezza.
Poi vide l'uomo fermare il cavallo a pochi metri e smontare con destrezza dalla sella. La sua voce rimbombò cupa nella boscaglia:
"Peccato, mi aspettavo qualcosa di più da uno come te. Non sei stato all'altezza delle mie aspettative."
"Chi...chi sei? Cosa vuoi farmi?" chiese Mattia atterrito, la voce tremante.
"Assolutamente niente, non sei una preda degna della mia attenzione. Ti lascerò andare." disse l'uomo con noncuranza, estraendo un coltello da una tasca.
"Ma sarebbe deplorevole da parte mia non ricompensare i miei cani per il loro ottimo lavoro."
A Mattia si gelò il sangue nelle vene: aveva intenzione di darlo in pasto ai suoi cani?
"No ti prego no, lasciami andare per favore! Farò tutto ciò che vuoi!" balbettò con un filo di voce. Non riusciva a scacciare la paura che attanagliava il suo cervello. Era come se un essere maligno gli avesse ingabbiato la sua parte razionale. Sentiva il suo Io dimenarsi e sbattere contro quelle fredde sbarre invisibili che lo tenevano segregato da qualche parte nella sua mente.
Senza dire una parola, l'altro tagliò la corda che reggeva la rete con un colpo deciso e Mattia cadde a terra con un tonfo sordo. Nonostante l'altezza non si fece male, ma rimase comunque rannicchiato aspettando inorridito che il suo destino si compisse.
Senza esitare i cani si gettarono ringhiando su di lui.
Mattia notò qualcosa di strano in quelle creature: nonostante il corpo fosse palesemente animale, coperto da una folta pelliccia nera, possedevano arti umani. Le mani erano artigliate e forti, e strappavano con innaturale sapienza il tessuto dei suoi vestiti.
Lacerarono le reti e i suoi indumenti, lasciandolo nudo con soltanto gli scarponi ai piedi. Poi uno dei segugi lo afferrò e lo tenne fermo. Quello che l'uomo vide gli strappò un suono strozzato di sorpresa e di angoscia.
Vide che il cane davanti a lui aveva fra le cosce un pene umano, quasi completamente eretto. Era grosso e pulsante, ma indubbiamente non era canino.
L'essere lo afferrò per i capelli e Mattia si ritrovò con la faccia nella sua pelliccia, a pochi millimetri dal suo organo sessuale.
Con un colpo sulla nuca capì cosa si aspettava che facesse: Mattia avvertì un senso di sollievo constatando che i cani volevano saziare un tipo diverso di "fame" e si accinse a soddisfarli al meglio.
Non aveva mai avuto desideri verso altri uomini: nella sua vita era stato con alcune ragazze, ma mai avrebbe pensato di praticare del sesso orale ad un altro maschio. Tanto più se si trattava di un essere abominevole come quello che lo teneva immobilizzato come un...come una preda.
Si sentiva sottomesso ed umiliato, desiderava solo rimanere vivo e, se ciò significava soddisfare sessualmente quelle creature, lo avrebbe fatto. Per un attimo si chiese se quella condizione fosse permanente o se dopo averli soddisfatti la sua parte razionale avrebbe ripreso il posto di comando della sua mente.
L'odore maschile della bestia lo sommergeva di disgusto. La pelliccia sapeva di ormoni e di sesso, di urina e di selvaggio. Ciononostante aprì la bocca e leccò incerto la punta del pene che si muoveva ritmicamente davanti a lui.
Il gusto, potendo, era ancora peggiore dell'odore della pelliccia, ma Mattia non ci fece caso e leccò avidamente tutta la lunghezza della carne sensibile, dalla punta arrotondata fino alla base dove iniziava lo scroto peloso.
Era tutto intento ad amministrare l'oggetto con la lingua quando avvertì la presa su di lui allentarsi e due forti mani afferrarlo per le cosce. Percepì dapprima l'aria frizzante solleticargli la fessura interna del sedere, poi l'alito caldo della bestia alle sue spalle contro al suo sfintere.
Sentì le sue natiche allargarsi e contemporaneamente una lingua ruvida accarezzargli il buco, leccando avidamente ogni centimetro di pelle. Pur disgustato dalla situazione, Mattia non poté che provare un brivido di piacere quando il mostro spinse con decisione la sua lingua bagnata all'interno del suo retto.
La sentì esplorare il suo interno, inumidendo le pareti e l'entrata, preludio di un'imminente tortura.
Mattia girò la testa quando l'essere smise di leccarlo e lo vide posizionarsi dietro di lui, il pene completamente eretto ancora più in risalto in mezzo alla sua pelliccia bruna.
Con un gesto deciso il cane davanti a lui riportò la testa dell'uomo verso il suo pene e glielo spinse con veemenza contro le labbra. La sua bocca si dischiuse però non per lasciar passare il membro fremente del mostro, ma per la violenza della penetrazione anale a cui fu sottoposto.
Il gemito fu stroncato sul nascere dall'intrusione del pene nella sua bocca. L'oggetto superò senza difficoltà la lingua e si spinse fino in gola, ostruendo il passaggio del lamento di Mattia.
Le due bestie iniziarono a montarlo con selvaggia violenza e l'uomo fu sospinto in balia avanti e indietro da spinte possenti. Il suo fondo schiena esplodeva di dolore ogni volta che il mostro estraeva il suo fallo e lo rificcava fino in fondo con un solo violento colpo di reni.
A mano a mano che l'amplesso si protraeva nel tempo, sentiva che il suo sfintere opponeva sempre meno resistenza alla penetrazione e un vago piacere si faceva largo. Nonostante avvertisse un forte bruciore, poteva sentire il proprio pene ingrossarsi e pulsare ritmico a quella bruciante sollecitazione.
Anche la sua gola era diventata più capiente e tollerava meglio l'intruso: sulla sua lingua era posato un velo disgustoso composto da peli e da un liquido salato e vischioso. Nonostante questo, e l'odore acre della pelliccia, Mattia si guardò bene dal lasciar anche solo sfiorare i suoi denti la tenera carne.
La sua parte sottomessa desiderava ad ogni costo soddisfare quelle orrende bestie: solo così, pensava, lo avrebbero risparmiato. Nonostante il disgusto si sentiva soddisfatto, quasi onorato di poter dare piacere col suo corpo a quegli esseri così forti e possenti...così dominanti.
La difficoltà a respirare e gli stimoli irruenti portarono ben presto l'uomo al culmine del piacere. Sentì la sua prostata imbizzarrirsi come un cavallo durante il rodeo e gemette forte mentre, con possenti getti, il suo seme fuoriuscì bagnando il terreno sotto di lui.
La contrazione del suo ano fu la goccia che fece traboccare il vaso della bestia che lo stava ingroppando, tanto che questi lasciò partire un ululato possente mentre un fiotto di sperma caldo irrompeva nel retto dell'uomo, ormai quasi esanime.
Mentre Mattia avvertiva il peso dell'essere che si abbandonava sulla sua schiena, un altro ululato gli fece capire che anche la creatura davanti stava per giungere al suo picco. Senza che potesse fare nulla per impedirlo, il getto di seme caldo fu scagliato con violenza nella sua gola e Mattia lo sentì arrivargli fino allo stomaco.
I fiotti che seguirono vennero invece spruzzati nella sua cavità orale e Mattia poté assaporarne il gusto pungente, salato e amaro allo stesso tempo. L'odore del seme maschile gli invase le narici.
Fili di sperma colavano dalle sue labbra e sentiva la bocca immersa in quel fetido succo vischioso.
Un ultimo getto si posò su un suo zigomo mentre la creatura estraeva esausta il suo organo dalla bocca. Poi, così come lo avevano aggredito, gli esseri lo lasciarono andare.
Con lo stomaco che minacciava conati sempre più violenti, ingerì quell'ambrosia demoniaca.
Il segugio alle sue spalle estrasse il pene dal suo sedere, che risuonò di un umido *SLURP*. Poi Mattia cadde a faccia in giù sul terriccio e perse conoscenza.
***
Si risvegliò diverse ore più tardi, la luce iniziava a scemare e il freddo della sera pizzicava il suo corpo nudo con insistenza. La nebbiolina era scomparsa, e con essa il sentimento di angoscia e paura che lo aveva reso succube dell'uomo e dei suoi due mostruosi segugi.
Senza emettere un suono, Mattia si ricompose come poté e ritornò barcollando alla radura dove raccolse il suo zaino. Con passo malfermo imboccò la via del ritorno e rincasò, scosso e umiliato.
Il giorno successivo si diede malato e rimase rintanato nel suo rifugio, le imposte chiuse. Diede fondo alla sua scorta di liquori e, completamente ebbro, si addormentò a più riprese con la faccia sul tavolo.
L'avventura sessuale con quei mostri lo aveva turbato nel profondo. La sensazione di paura, il desiderio di soddisfare quelle creature pur di non essere sbranato. L'odore e il sapore del sesso, il bruciore dello sfintere e la voce dell'uomo vorticarono con irruenza sia nella sua mente conscia che durante i sogni.
Per nulla riposato si ridestò il giorno successivo, conscio che non poteva andare avanti in quello stato.
Aveva una sola idea in testa che, pensava, lo avrebbe salvato dal vivere il resto della sua vita come un guscio vuoto sospeso dalla marea: fargliela pagare.
Riprese quindi la strada della montagna e si accinse a ritornare nel posto dove due giorni prima era stato braccato e violentato.
Oltre al bagaglio con gli attrezzi e il cibo, si munì anche di una pistola e due caricatori pieni di cartucce. Prima avrebbe freddato quei due esseri immondi con un paio di proiettili, poi avrebbe fatto smontare da cavallo quel figuro e l'avrebbe conciato per le feste.
Mentre guidava la Jeep sul terreno dissestato la sua mente continuava a sfornargli idee su come si sarebbe potuto vendicare del torto subito.
***
Mattia giunse nella radura poco dopo mezzogiorno. Aveva camminato con passo veloce, facendo più rumore possibile per far notare la sua presenza ad eventuali "osservatori".
Per tutto il pomeriggio rimase in ascolto, l'orecchio teso al minimo scricchiolio. La foresta, però, era immobile, quasi trattenesse il respiro come lui.
Passarono diverse ore e non accadde nulla. Spazientito, Mattia si accinse a mettersi al lavoro per distrarsi, quando il suono del corno dell'uomo a cavallo lo colse di sorpresa.
Proveniva da alcune decine di metri alla sua sinistra, molto più vicino della prima volta. Fece per brandire la pistola quando la nebbiolina lo ghermì e l'ormai nota angoscia lo pervase come una coltre nera.
vide gli occhi assetati di sangue dei due segugi e il loro latrare lo scosse fino nelle budella. Con il cuore a mille per il terrore, si volse e iniziò a correre nel bosco, lasciando cadere la pistola nella foga.
Corse come la prima volta, senza badare a dove andava e superando di slancio i vari ostacoli del terreno selvaggio. Dei rami gli graffiarono il viso e le braccia, i sassi rotolavano sotto ai suoi piedi, ma lui continuò a correre come se fosse Satana in persona ad inseguirlo.
Giunse infine ai due alberi. D'un tratto rivide sé stesso appeso come un salame e i due segugi sopra di lui mentre lo violentavano, e una parte della sua mente conscia si ridestò.
Con un salto maldestro superò di slancio il punto in cui era scattata la trappola il giorno prima. Atterrò agilmente oltre lo spiazzo e proseguì la corsa lungo il terreno accidentato.
Superò un paio di cespugli di Ginepro e passò sotto a massi appoggiati l'uno contro l'altro. Mentre si rialzava vide per un attimo una cordicella all'altezza del suo naso.
Tentò di saltarla ma fu troppo lento e il suo gomito destro azionò la trappola. Una rete di corda scattò ai suoi fianchi catturandolo e fermandolo di botto in una nuvola di polvere.
Sentì il cavaliere aggirare i due massi e vide i due cani gettarsi su di lui. Nonostante abbaiassero furiosamente, non lo aggredirono e aspettarono che il loro padrone fermasse la sua cavalcatura e che smontasse.
"Bene bene bene...eccoci di nuovo a noi. E ancora una volta tu sei mio prigioniero." la voce dell'uomo era soddisfatta, quasi gongolante.
"Ti prego, lasciami andare!" implorò Mattia già angosciato all'idea della sua ordalia con quelle creature fameliche.
L'uomo avvolto nel suo mantello scuro lo zittì con un gesto.
"Devo ammettere che questa volta la battuta è stata intensa. Ho avvertito il brivido della caccia fin dentro le ossa e per un tempo sufficientemente lungo da appagarmi. Il fatto che tu sia stato catturato, alla fine, è solo un dettaglio."
Mentre parlava Mattia vide che stava estraendo il coltello dalla tasca: con lo stesso gesto esperto tagliò la corda che lo imprigionava, lasciandolo libero. Notò inoltre che la nebbia si era diradata e che la paura lo aveva abbandonato, lasciandolo comunque scosso, ma pur sempre capace di pensare razionalmente.
Il cacciatore gli tese una mano e lo aiutò ad alzarsi. Nonostante il guanto di velluto, Mattia sentì che sotto la mano era sottile e piccola, come quella di una donna. Ma la presa era salda ed energica, e si ritrovò in piedi in un istante.
"Sei stato in grado di appagare il mio istinto primordiale della caccia, per cui voglio farti una proposta." disse dopo un attimo l'individuo.
"Sentiamo" disse il guardiacaccia incrociando le braccia sul petto. Aveva voglia di stendere quel tizio con un pugno e fargliela pagare, ma si trattenne solo per la curiosità che provava in quel momento.
"Ti propongo due scelte: la prima è di interrompere qui i nostri incontri. Sarai libero di andare e non verrai mai più braccato. Ti sei guadagnato il mio rispetto e, a malincuore, ti voglio offrire questa opzione."
"Scelgo questa!" disse d'impulso Mattia interrompendolo.
"Aspetta, non vuoi sentire la seconda proposta?" ribatté questi, un tono divertito nella voce.
Senza aspettare risposta il cacciatore fece un passo indietro e con un gesto plateale si tolse il cappello che gli nascondeva il volto. Sbigottito Mattia guardò la cascata di capelli biondi cadere sulle spalle dell'uomo.
Questi mosse la testa di scatto e li fece dapprima esplodere in un turbinio giallo oro, poi li fece saettare all'indietro rivelando un paio di occhi color celeste profondi come il mare.
Mattia rimase a bocca aperta quando vide che il tizio davanti a sé non era un uomo, bensì una donna incantevole, bella come le principesse descritte nei poemi cavallereschi.
Lei rise divertita e la sua voce, che poco prima era stata cupa e profonda, ora risuonò scintillante come il canto di un uccellino. Lo guardò intensamente, fissandolo con quei suoi occhi dolci e misteriosi al tempo stesso.
"Oppure" proseguì "puoi avere me.".
Mentre l'uomo la fissava ancora, gli occhi sgranati per lo stupore, lei slacciò la fibbia che legava l'ampio vestito e con un gesto sensuale lo fece cadere a terra. Rimase completamente nuda davanti a lui, calzando soltanto gli stivali da cavallerizza.
Quel contrasto fra la sua pelle chiara e delicata e il cuoio scuro e ruvido delle calzature fece salire un fremito dal cuore di Mattia. Era come vedere la Luna e d il Sole fusi insieme nella stessa figura.
"Allora? Qual è la tua decisione?"
Completamente ammutolito, lui la percorse da capo a piedi con lo sguardo. Si soffermò sui suoi seni prosperosi, sui suoi fianchi e sulla pancia liscia come il marmo. Poi le guardò la piccola fessura fra le gambe, completamente depilata. Non riusciva a credere ai suoi occhi, per cui li chiuse forte e, quando li riaprì, vide che la donna lo fissava maliziosa soffocando una risatina con la mano.
Senza aspettare una risposta, la cacciatrice si mosse lesta e lo afferrò per la cintura, posando delicatamente le sue labbra sulle sue. Il bacio fu intenso e profondo e Mattia sentì tutto il suo corpo sciogliersi come neve al sole, travolto dalla sua bellezza.
Con gli occhi chiusi, sentì che gli stava percorrendo il petto con le dita sottili, slacciando abilmente i bottoni della sua camicia. Non oppose resistenza quando lo denudò, né quando le sue mani scesero lungo la sua pancia e si posarono sulla stoffa che imprigionava il suo pene fremente.
Le sentì accarezzarglielo dolcemente e in quell'istante lui la afferrò per i fianchi con fermezza. Aprì gli occhi e vide che la donna lo stava fissando, un sorriso malizioso sulla sua bocca color rubino.
"Non aver paura mio bello." gli disse lei ammiccante "Lascia che ti ricompensi adeguatamente per la caccia di oggi."
Lui si lasciò guidare le braccia docilmente verso il suo collo, dove si posarono morbide cingendola con tenera passione. La baciò appassionatamente accarezzando la sua lingua con la propria ed respirando profondamente il profumo della sua pelle e dei suoi capelli.
Il bacio sapeva di cannella e mela verde, uno strano miscuglio di sensazioni che si mescolavano divinamente ai profumi che percepiva dal corpo della donna.
A quel punto lei gli estrasse il membro dai pantaloni e sentì il suo verso compiaciuto mentre ne saggiava la lunghezza e la consistenza. le sue mani sottili iniziarono a stimolarlo con carezze lente, una mano saldamente avvinghiata al suo pene e l'altra dolcemente posata sui suoi testicoli.
Era una carezza morbida, ma con tratti selvaggi: afferrava con delicatezza lo scroto, graffiandolo sensualmente con le unghie. Tirava un poco verso di lei e mentre lo faceva stringeva le sue noci nel pugno, quasi volesse sottomettere la sua virilità.
Poi lo lasciava andare e inconsapevolmente lui si protendeva verso di lei, come a volerla implorare di continuare a solleticare così la sua mascolinità.
Rimasero incollati per minuti interminabili, finché lei non si divincolò dolcemente e lo costrinse ad aprire gli occhi.
"Voglio che tu mi prenda qui, fra questi alberi." gli disse, la voce calda e densa di passione.
Lui la afferrò per le spalle e la spinse contro ad un tronco coperto di muschio. La donna si lasciò guidare e non oppose resistenza quando venne sollevata a mezz'aria.
Intuendo le sue intenzioni aprì le gambe avvolgendole attorno ai fianchi di lui e gli cinse le spalle possenti con le braccia.
Mattia la premette contro al tronco e la abbracciò passionalmente, baciandola sul collo e dietro le orecchie. lei mugolò di piacere e graffiò dolcemente la sua schiena, facendolo rabbrividire.
Il calore del sesso femminile lo fece uscire da quella trance momentanea e senza la minima esitazione appoggiò la punta del suo membro fremente contro la sua vagina. Sentì le sue labbra accoglierlo desiderose e la penetrazione avvenne in modo così spontaneo che entrambi rimasero immobili per qualche istante, gustandosi entrambi le sensazioni reciproche.
La donna emise un flebile gemito, come una gatta quando viene accarezzata sul sedere. Mattia invece sentì un calore innaturale avvolgere il suo fallo mentre lo spingeva sempre più dentro quella cavità misteriosa.
Poi con movimento sicuro iniziò a penetrarla ritmicamente facendola gemere di piacere. I suoi mugolii riecheggiavano fra gli alberi e il silenzio irreale che li avvolgeva rendeva il momento ancora più eccitante.
Lei prese a sussurrargli all'orecchio nel trasporto dell'amplesso.
"Fammi tua mio bel cervo, prendimi selvaggiamente, lo voglio tutto!"
Incitato dalle sue parole gonfie di piacere, Mattia aumentò il ritmo, stantuffando il suo pene dentro di lei. I suoni umidi della loro passione si levarono forti fra le rocce e i loro respiri si fecero affannosi.
D'un tratto qualcosa scattò dentro la cacciatrice, che iniziò a dimenarsi selvaggiamente fra le sue braccia: perdendo ogni ritegno iniziò a gemere di piacere, emettendo versi che somigliavano più a richiami di uccelli che a gemiti umani.
Mordeva e graffiava il petto, il collo e la schiena dell'uomo, che inebriato da quel comportamento sentiva il fuoco della sua passione avvampare come un incendio che lambisce un fienile ricolmo di paglia.
"Si prendimi, lo voglio tutto. Tutto dentro di me il tuo bel sesso!" gridava ora, la voce rotta dal piacere e dai tuffi fra le sue braccia.
Mattia la tolse dall'albero e, sempre dentro di lei, la appoggiò sul manto erboso sotto di loro. La cacciatrice emise un verso felino mentre riprendeva a penetrarla con spinte sempre più forti e ravvicinate.
"Oh si...OH SI!" gemette lui e lei lo morse con forza sul collo.
Mentre il getto del suo seme irrompeva nella sua femminilità, la donna urlò il suo piacere, la bocca ancora attaccata alla sua pelle. L'uomo sentì le contrazioni attorno al suo sesso e capì che anche lei stava godendo.
Con un paio di violenti scossoni lei inarcò la schiena gettando il capo all'indietro, gli occhi spalancati e riversi, la bocca aperta in un urlo silenzioso.
Poi entrambi si afflosciarono, l'uno adattandosi al corpo dell'altra, come due statue di cera si fondono insieme lasciate inavvertitamente sotto al sole di mezzogiorno.
Rimasero esausti in quella posizione, ansimanti e fissandosi negli occhi.
Si baciarono a lungo, scambiandosi tenere parole sussurrate all'orecchio. Lei gli solleticava il petto possente e la barba corta sotto al mento, mentre lui, in estasi per il suo profumo così intenso e allo stesso tempo delicato, affondava la faccia nei suoi capelli baciandole la nuca ed il collo, mormorandole parole dolci come il miele che mai avrebbe pensato di pronunciare.
D'un tratto lei lo scostò con dolcezza e si mise a sedere.
"Ora temo che io debba andare, mio bel cervo." disse, alzandosi con un movimento sinuoso.
"Posso prima sapere come ti chiami?" le chiese lui, essendosi accorto solo in quel momento di non sapere nulla di quella splendida ninfa.
"Mi chiamo Heyra" rispose la cacciatrice con un sorriso dolce e misterioso allo stesso tempo. "Spero di poterti cacciare presto, mio bel maschio. Adoro il tuo corpo e i tuoi movimenti."
Senza che lui avesse tempo di reagire, afferrò il proprio mantello e se lo mise sulle spalle. Poi con un balzo felino saltò in groppa al suo destriero, che fino a quel momento se n'era stato a brucare placido poco distante.
Si voltò verso Mattia che, impacciato e completamente nudo, la fissava attonito. Lei gli scoccò un bacio carico di sentimento, poi si calò il cappello sul viso e fece impennare il cavallo perché ripartisse.
Mentre si allontanava al galoppo, tallonata dai suoi due segugi, Mattia si rese conto che la donna cavalcava nuda sulla sella.
Si chiese se provenisse dal paradiso o dall'inferno e rimase imbambolato a fissare il punto in cui era scomparsa, lo sguardo perso nel verde cupo della boscaglia, la mente altrove.
(Continua)
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