Il ragazzo più fortunato del mondo (terza parte)
di
Gay De Maupassant
genere
gay
Riassunto delle puntate precedenti:
David; 19 anni, vergine, capelli biondo platino e un culetto che poche ragazze al mondo possono vantare, scopre il suo innato talento nell’antica arte del pompino grazie a Federico; 22 anni, toro muscoloso e superdotato, incontrato un giorno in palestra. Riuscirà il nostro eroe a prendere in tempo il treno lanciatogli nel corridoio? Questo e molto altro continuando l’avventura.
-L’unico segreto per prenderlo è volerlo davvero.- Mi disse Federico, carponi sopra di me.
Eh, no, ragazzi, mi dispiace, ma non potrò mai raccontare degnamente la visione impareggiabile che mi si offriva in quel momento e non tenterò. Potrei riempire libri parlando solo dei muscoli di Federico, del loro contrarsi ed esplodere nell’estasi e non sarei riuscito a dire nulla. Come potrei mai rivelare con delle misere, inadeguatissime parole la maniacalità dell’artista che gli aveva scolpito gli addominali o la sensazione che il suo costante, facile dominio mi incuteva?
Ricordo che al catechismo mi insegnarono che “perfettissimo” non era un errore, se riferito a Dio, quindi direi che con Federico “perfettissimissimo” era il minimo per non essere blasfemi.
-Ma io lo voglio! Giuro che lo voglio davvero! Se adesso mi apparisse il genio della lampada manderei a fare inculo la ricchezza e l’immortalità per avere dentro il tuo cazzo, te lo giuro!-
-Ahahaha che cucciolo! Ma ti ripeto, la prima volta con me è impossibile.-
-Guarda che insegno yoga!-
-Quello che ti pare: yoga, kamsutra, tantra; non ci sono cazzi! Due centimetri di questo e implora pietà anche il corridoio più navigato del mondo.-
-Ma si può sapere con che razza di gente vai a letto?-
-Sì, scusami ahahah Ma non voglio che poi ci resti male! Voglio dire, guarda che belva! Ecco, sentine il peso.- E, sollevandolo, lo lasciò cadere sopra il mio. CIAFF!! Un suono sordo attraversò la stanza e il mio pisellino scomparve dietro la sua mazza ferrata.
-Ma sei sicuro che sia dritto?- Mi schernì.
-Dai, smettila di prendermi in giro. Guarda che il mio è normalissimo! Sei tu ad essere un mutante, sappilo!-
-Però sono bellissimi, vicini, Non credi?-
-Sì, da morire.- Così prese a strusciare il suo cazzone contro il mio in un movimento di bacino, eccitandosi a vedere quanto potesse muoversi continuando a tenermelo nascosto. Strisciando piano era un lavoro di parecchi secondi, poi la mia cappella faceva finalmente capolino dietro la sua. Vedendole affiancate non sembravamo appartenere alla stesse specie; quella di Federico era talmente grande che prenderla in mano mi metteva l’istinto di cambiare marcia.
Al che, ridusse il movimento aumentando la velocità, sfregando ripetutamente il suo glande contro il mio.
-Aah! Sto per venire!- Annunciai e, allarmato, Federico tolse subito l’uccello.
-Non ti azzardare! Tu vieni quando lo dico io!-
-Scusa!!- Ma la sua espressione fintamente corrucciata, ruppe in un sorriso e mi baciò. Intanto il suo cazzone si faceva sempre più grande e duro e prese a spingermi sul ventre, facendomi sprofondare nel materasso. Io approfittavo di ogni bacio per passargli le mani dappertutto.
Spesso non sono granché i fisici da palestra, soprattutto le gambe. Non so cosa passi nella testa degli etero, ma ce ne sono un sacco che si riducono ad avere un corpo che a me ricorda tanto quello di un rottweiler; pompatissimi sopra e poi gambe secche e storte. Non Federico, decisamente non Federico! Tra le due strettissime caviglie e ginocchia, si gonfiavano due polpacci che avrei leccato per ore. Davano una tale idea di potenza che era ridicolo pensare di potergli scappare. Le cosce poi erano un tale sovrapporsi di fasce in tensione che sarei dovuto stare attento a non farmi chiudere nel mezzo per non finire sbriciolato. Prima o poi un po’ di lotta la dobbiamo fare!
-Senti, quanto misura quel cosino?- Chiese Federico, interrompendo i miei sogni ad occhi aperti.
-16 centimetri.-
-Così tanto??-
-Eddai, smettila! E… il tuo?-
-Appena 27. Ma non è tanto la lunghezza; guarda quant’è spesso! In tutto sarà due volte e mezzo il tuo, giusto?-
Deglutii annuendo.
-Ah, mi raccomando, non usare i denti quando lo spompini.-
-Ti dà fastidio?-
-No, te li rompo.-
-Quanto mi eccitano le tue sboronate.-
-Te lo dico perché è successo.-
Cominciavo veramente a seccarmi di sentirgli parlare delle sue esperienze precedenti.
-Facciamo una scommessa:- Dissi -..se riuscirò a farmi scopare dovrai ammettere che sono il più grande amante del mondo e non parlarmi mai più degli altri cazzi che ti sbavano addosso!-
-Tesoro, scommessa accettata! Ma insisto: è impossibile riuscire a prenderlo la prima volta. E poi non sei mai stato con nessuno, avresti difficoltà anche con uno come il tuo.-
-Che costa tentare?-
-Che se vinco io, mi fai le pulizie per un anno.-
-Minchia! Facciamo un mese, dai.-
-No, la tua arroganza va punita.- Disse l’uomo che non voleva i denti sull’uccello.
Cavolo, mi ero messo veramente nei guai. La cosa, a dirla tutta, sembrava impossibile anche a me. Non vedevo come sarebbe potuta fisicamente entrare una chiave dieci volte la mia serratura. Ma sentirlo parlare così mi aveva fatto salire il sangue al cervello e mi era uscita quella sbruffonata.
Ma che razza di maschietto sarei stato se non fossi riuscito a soddisfare il mio maschione?!
La sorte mi aveva eletto il “ragazzo più fortunato del mondo” e non potevo dare un simile calcio alla fortuna; dovevo riuscirci a tutti i costi!
-Te la senti di cominciare?- Chiese, spalmandosi un litro di lubrificante su tutto il pisellone.
-Sono nato pronto. Ma… tu sei sicuro che ci entri?- Domandai, come si fu avvicinato al mio culetto.
-Tranquillo, quello è compito mio. Il tuo adesso è pregare!- E cominciò a penetrarmi.
CAZZO!!! Una motosega avrebbe fatto meno danni! Immaginavo un grande dolore, non che dovessi partorire. Presi la cosa razionalmente e respirai come una donna incinta con le doglie, ma era tutto inutile. Il dolore prese ad annebbiarmi. Stringevo i denti, gridavo e gli occhi lacrimavano, ma non ero intenzionato a cedere.
Federico era immobile. Mi osservava preoccupato con la faccia del “ma perché non mi è stato a sentire?” Intanto il viso mi si faceva bordeaux e le arterie impazzite stavano emergendo dal collo come bollicine nell’acqua. Mi sentivo morire. Così Federico estrasse la sua Excalibur dal mio fodero, pensando che se avessi avuto il culo di pietra si sarebbe fatto polvere.
-Non vale se lo togli tu!- Protestai, voltandogli le spalle. Avevo fallito, miseramente fallito e mi raccolsi in posizione fetale, con tanta voglia di piangere. Anni di yoga buttati nel cesso!
-Principessa… lasciamo stare, davvero.- Che bello sentirmi chiamare “principessa”. Lo avevo sempre sognato, fin da quando ero bambino e non osavo chiederlo a mio padre. Certo, nelle mie fantasie romantiche immaginavo momenti migliori.
-Lasciamo stare la scommessa, non mi devi niente, ma basta così, va bene?- E mi abbracciò. Anche in quelle condizioni, non potevo fare a meno di pensare quanto mi sentissi protetto e al sicuro tra le sue braccia muscolose. -Mi piange il cuore a vederti in questo stato. Accadrà, vedrai.- E prese a riempirmi di bacetti di consolazione.
-Ma…sniff, se non ci riesco…sniff, tu andrai da i tuoi “corridoi” e io allora…-
-Nooo, oddio scusami, ma come mi è venuto in mente? Sai cosa ti dico? Non m’importa un cazzo degli altri. Se tu puoi soffrire, io posso aspettare.-
UAO, mi voleva davvero.
E sarà stato quel pensiero, o il suo abbraccio caldo, ma adesso avevo un’unica certezza: io lo volevo, lo volevo dentro come mai avevo desiderato qualcosa prima.
Mi girai verso di lui e lo vidi sciogliersi alla vista delle mie lacrime, che asciugò teneramente.
Baciò le mie labbra carnose e ne percorse i confini interni con la lingua, ma non penetrò a fondo. Adorai quell’attenzione.
-Che begli occhi che hai, principessa. Ti posso chiamare principessa?-
-Magari!- Annuii, immerso nel suo odore sensuale.
Una cosa era certa: non ero mai stato tanto vicino ad amare un mio simile.
-Sfondami, ti prego!-
-Ancora? Ma princip…Ehi!- E afferrai il suo cannone da 27, infilandolo diretto nel mio buco.
-Fermati! Non l’hai neanche rilubrific… Ooooh!- E il siluro penetrò come una lama calda nel burro.
I miei muscoli avevano smesso di lottare. Avevano capito fosse una guerra senza speranze e gli si erano sottomessi come il mio spirito si era prostrato ad adorare la sua divinità. È vero, faceva un male cane lo stesso e qualche volta ebbi l’impulso di serrare, ma Federico se ne accorse e mi accarezzò dolcemente per impedire che mi facessi del male. -Piano principessa, non lottare! Che c’è non mi vuoi più? Sono dentro, sono qui per te. Sei bravissima!- E, così dicendo, cominciava ad estrarre e a reintrodurre con lentezza, offrendo un assaggio di quello che sarebbe stato. Bastò questo a farmi rilasciare nel cervello la serotonina di una settimana di seghe e cioccolata. Poi cominciò a pompare. Dapprima un movimento lento, quasi circospetto, quindi, vedendo che sopravvivevo ai primi colpi, tentò l’azzardo.
-Sì, brava! Lo sapevo che con quei pompini non potevi non essere fantastica anche adesso! Sì, resisti un altro po’ che ti disintegro!-
Erano passati non più di venti secondi da quando Federico aveva cominciato a domare il mio culetto ed io avevo già superato il piacere dell’orgasmo.
Senza che lo toccassi, il mio uccello prese a schizzare sperma come una fontana. Pazzesco! Non credevo fosse possibile una cosa del genere e quello… era solo l’inizio!
Il piacere aveva preso ad invadere anfratti del mio corpo che non sapevo neanche di avere e cresceva ogni secondo, come il volume dei miei gemiti. Non li controllavo, partivano da soli in una musica nuova: la mia vera voce, scevra dalle impostazioni e dalla maschera della società.
Era bellissima, così profondamente sincera e rivelatrice del mio animo da puttana. Sì, non credevo che lo avrei mai detto, ma sì! Sono la tua puttana, la tua principessa puttana! OH DIO, QUANTO STO GODENDO!! Fammi tuo, stallone! Sfondami! Aaah sììì!! UN DIO!! SEI UN DIO!!!
Non credevo che nulla avrebbe mai potuto distogliermi da un simile momento, ma il toro che mi stava aprendo in due, si fermò un istante per domandare:
-Ok, te la senti? Cominciamo?-
-EH…?-
No, non stava scherzando. Diede una passata di lubrificante, quindi mi afferrò saldamente dalle anche, aggiungendo la forza delle sue braccia taurine a quella inarrestabile dei fianchi.
-Buon viaggio!- Mi disse, facendo l’occhiolino. Poi cominciò.
-OH, PORC…- Di-vi-no!! Ero diventato un bambolotto nelle sue mani, ma, anche volendo, cosa avrei mai potuto fare col treno in corsa che mi stava passando sopra?
Il suo pube d’acciaio sbatteva forte sul mio culetto, che tremolava per le percosse ricevute, colpi che avrebbero sfondato le porte di un castello! I movimenti del suo bacino si fecero sempre più veloci, decisi, potenti. Ritornò il dolore, ma pur sempre un dolore terreno, che nulla poteva contro l’estasi divina del mio martirio e me ne dimenticai, come un santo alle porte del paradiso. Finalmente cominciò a godere anche lui, ma da quel momento in poi i ricordi mi si fanno sfocati. Ero come in trance, in grado di volere, ma non d’intendere. Avevo la bava alla bocca.
Intanto il letto cigolava come se ci si stessero accoppiando due cavalli.
Le sue gambe muscolose continuavano a contrarsi con il vigore e la costanza di due pistoni idraulici e i glutei di marmo pompavano con una forza che avrebbe piegato una giumenta e un cazzo che l’avrebbe soddisfatta. Nitrivo, porca puttana!
Fosse dipeso da lui, penso che Federico non si sarebbe mai fermato, non sembrava possibile stancarlo. Ma doveva pur venire.
Mai avrei pensato che il mio culetto potesse essere più pieno di così. Stava quasi per scoppiare, quando il suo seme cominciò a percorrere l’autostrada a quattro corsie che aveva nell’uccello. Era un percorso interminabile, la transiberiana dello sperma, ma ne sentii scorrere ogni millimetro.
Stavo per soddisfare il mio maschione; un’altra spinta dei suoi addominali stellari e avrebbe impresso il suo marchio dentro di me, cacciandomi l’anima su per il culo.
-NON TI FERMARE PRINCIPESSAA!- Gridava, come se avessi potuto minimamente influire nella decisione, sballottato come una bambola di pezza.
-STO PER VENIRE!!-
-SI’, STALLONE, VIENIMI DENTRO, TI PREGO!-
-SSIII’!!-
-AAAH, SI’, VIENIMI DENTRO!-
-SEI LA MIA DEEEAAAAAAAAAAAAaaaaaaahhhh!!!!!!- E il fluido invase la mia cavità, sfondandone gli argini. Sentivo il mio buco, adesso una galleria, caldo di sperma fino all’intestino. Federico diede le ultime spinte penetrando a fondo, a intervalli sempre più lunghi per finire di svuotarsi, ma ero un bignè talmente carico di crema che il fluido uscì, straripandomi dal culo. Al che, strinse il mio uccello con due dita e questo bastò a farmi venire un’altra volta, ma avrebbe fatto sorridere osservare quel rivoletto, davanti al Niagara di sperma che mi colava dal deretano. E sarà stata la prepotente farcitura che dilatò ancora più il mio culetto già al limite, o quel calore improvviso che gridava “SESSO!!” a gran voce, fatto sta che persi parte dei miei sensi, sopraffatti da un piacere troppo intenso per loro.
Federico si alzò in piedi, ed io con lui, sorretto solo dal suo cazzo e da una mano dietro al collo. Quindi mi prese per il tronco e non levò il suo uccello da me, ma me dal suo uccello. Mi sfilò come un profilattico usato e stette qualche secondo ad osservarmi mentre penzolavo tra le sue mani. Sorrise soddisfatto vedendo che di me non restava che un mucchietto di stracci fumanti.
-Amore, sei stat…amore? Amore!? Cazzo, ma questo è in trance! Oh, mio Dio…- Il suo cazzo non ebbe il tempo di ritirarsi un centimetro, che questa nuova consapevolezza gli fece già pregustare il mio secondo e prossimo annientamento.
-Sbrigati a riprenderti, cucciolo.- Mi sussurrò dolcemente. -Ho bisogno di te perché sei il più grande amante del mondo e…- Qui sorrise, -… e da oggi l’unico che voglio.- Così mi diede uno schiaffetto ed io apersi gli occhi, ma non ero ancora psicologicamente pronto a rivedere la nudità di quel semidio invincibile e fulgente di splendore.
Provai a pronunciare qualche parola, ma non fuoriuscirono che suoni inarticolati; persino la mandibola non collaborava più. Federico allora mi baciò con tutta la sua passione e quando finalmente fu sazio di me, mi lanciò sul materasso e caddi, come porco morto cade.
Cazzo che botta!
Continua…
(Oramai non metto neanche più il punto interrogativo, passo le giornate col durello. Mi sta piacendo troppo questa cosa di scrivere. Se vi piace commentate, mi riempie di gioia il vostro apprezzamento. Alla prossima puntata! )
David; 19 anni, vergine, capelli biondo platino e un culetto che poche ragazze al mondo possono vantare, scopre il suo innato talento nell’antica arte del pompino grazie a Federico; 22 anni, toro muscoloso e superdotato, incontrato un giorno in palestra. Riuscirà il nostro eroe a prendere in tempo il treno lanciatogli nel corridoio? Questo e molto altro continuando l’avventura.
-L’unico segreto per prenderlo è volerlo davvero.- Mi disse Federico, carponi sopra di me.
Eh, no, ragazzi, mi dispiace, ma non potrò mai raccontare degnamente la visione impareggiabile che mi si offriva in quel momento e non tenterò. Potrei riempire libri parlando solo dei muscoli di Federico, del loro contrarsi ed esplodere nell’estasi e non sarei riuscito a dire nulla. Come potrei mai rivelare con delle misere, inadeguatissime parole la maniacalità dell’artista che gli aveva scolpito gli addominali o la sensazione che il suo costante, facile dominio mi incuteva?
Ricordo che al catechismo mi insegnarono che “perfettissimo” non era un errore, se riferito a Dio, quindi direi che con Federico “perfettissimissimo” era il minimo per non essere blasfemi.
-Ma io lo voglio! Giuro che lo voglio davvero! Se adesso mi apparisse il genio della lampada manderei a fare inculo la ricchezza e l’immortalità per avere dentro il tuo cazzo, te lo giuro!-
-Ahahaha che cucciolo! Ma ti ripeto, la prima volta con me è impossibile.-
-Guarda che insegno yoga!-
-Quello che ti pare: yoga, kamsutra, tantra; non ci sono cazzi! Due centimetri di questo e implora pietà anche il corridoio più navigato del mondo.-
-Ma si può sapere con che razza di gente vai a letto?-
-Sì, scusami ahahah Ma non voglio che poi ci resti male! Voglio dire, guarda che belva! Ecco, sentine il peso.- E, sollevandolo, lo lasciò cadere sopra il mio. CIAFF!! Un suono sordo attraversò la stanza e il mio pisellino scomparve dietro la sua mazza ferrata.
-Ma sei sicuro che sia dritto?- Mi schernì.
-Dai, smettila di prendermi in giro. Guarda che il mio è normalissimo! Sei tu ad essere un mutante, sappilo!-
-Però sono bellissimi, vicini, Non credi?-
-Sì, da morire.- Così prese a strusciare il suo cazzone contro il mio in un movimento di bacino, eccitandosi a vedere quanto potesse muoversi continuando a tenermelo nascosto. Strisciando piano era un lavoro di parecchi secondi, poi la mia cappella faceva finalmente capolino dietro la sua. Vedendole affiancate non sembravamo appartenere alla stesse specie; quella di Federico era talmente grande che prenderla in mano mi metteva l’istinto di cambiare marcia.
Al che, ridusse il movimento aumentando la velocità, sfregando ripetutamente il suo glande contro il mio.
-Aah! Sto per venire!- Annunciai e, allarmato, Federico tolse subito l’uccello.
-Non ti azzardare! Tu vieni quando lo dico io!-
-Scusa!!- Ma la sua espressione fintamente corrucciata, ruppe in un sorriso e mi baciò. Intanto il suo cazzone si faceva sempre più grande e duro e prese a spingermi sul ventre, facendomi sprofondare nel materasso. Io approfittavo di ogni bacio per passargli le mani dappertutto.
Spesso non sono granché i fisici da palestra, soprattutto le gambe. Non so cosa passi nella testa degli etero, ma ce ne sono un sacco che si riducono ad avere un corpo che a me ricorda tanto quello di un rottweiler; pompatissimi sopra e poi gambe secche e storte. Non Federico, decisamente non Federico! Tra le due strettissime caviglie e ginocchia, si gonfiavano due polpacci che avrei leccato per ore. Davano una tale idea di potenza che era ridicolo pensare di potergli scappare. Le cosce poi erano un tale sovrapporsi di fasce in tensione che sarei dovuto stare attento a non farmi chiudere nel mezzo per non finire sbriciolato. Prima o poi un po’ di lotta la dobbiamo fare!
-Senti, quanto misura quel cosino?- Chiese Federico, interrompendo i miei sogni ad occhi aperti.
-16 centimetri.-
-Così tanto??-
-Eddai, smettila! E… il tuo?-
-Appena 27. Ma non è tanto la lunghezza; guarda quant’è spesso! In tutto sarà due volte e mezzo il tuo, giusto?-
Deglutii annuendo.
-Ah, mi raccomando, non usare i denti quando lo spompini.-
-Ti dà fastidio?-
-No, te li rompo.-
-Quanto mi eccitano le tue sboronate.-
-Te lo dico perché è successo.-
Cominciavo veramente a seccarmi di sentirgli parlare delle sue esperienze precedenti.
-Facciamo una scommessa:- Dissi -..se riuscirò a farmi scopare dovrai ammettere che sono il più grande amante del mondo e non parlarmi mai più degli altri cazzi che ti sbavano addosso!-
-Tesoro, scommessa accettata! Ma insisto: è impossibile riuscire a prenderlo la prima volta. E poi non sei mai stato con nessuno, avresti difficoltà anche con uno come il tuo.-
-Che costa tentare?-
-Che se vinco io, mi fai le pulizie per un anno.-
-Minchia! Facciamo un mese, dai.-
-No, la tua arroganza va punita.- Disse l’uomo che non voleva i denti sull’uccello.
Cavolo, mi ero messo veramente nei guai. La cosa, a dirla tutta, sembrava impossibile anche a me. Non vedevo come sarebbe potuta fisicamente entrare una chiave dieci volte la mia serratura. Ma sentirlo parlare così mi aveva fatto salire il sangue al cervello e mi era uscita quella sbruffonata.
Ma che razza di maschietto sarei stato se non fossi riuscito a soddisfare il mio maschione?!
La sorte mi aveva eletto il “ragazzo più fortunato del mondo” e non potevo dare un simile calcio alla fortuna; dovevo riuscirci a tutti i costi!
-Te la senti di cominciare?- Chiese, spalmandosi un litro di lubrificante su tutto il pisellone.
-Sono nato pronto. Ma… tu sei sicuro che ci entri?- Domandai, come si fu avvicinato al mio culetto.
-Tranquillo, quello è compito mio. Il tuo adesso è pregare!- E cominciò a penetrarmi.
CAZZO!!! Una motosega avrebbe fatto meno danni! Immaginavo un grande dolore, non che dovessi partorire. Presi la cosa razionalmente e respirai come una donna incinta con le doglie, ma era tutto inutile. Il dolore prese ad annebbiarmi. Stringevo i denti, gridavo e gli occhi lacrimavano, ma non ero intenzionato a cedere.
Federico era immobile. Mi osservava preoccupato con la faccia del “ma perché non mi è stato a sentire?” Intanto il viso mi si faceva bordeaux e le arterie impazzite stavano emergendo dal collo come bollicine nell’acqua. Mi sentivo morire. Così Federico estrasse la sua Excalibur dal mio fodero, pensando che se avessi avuto il culo di pietra si sarebbe fatto polvere.
-Non vale se lo togli tu!- Protestai, voltandogli le spalle. Avevo fallito, miseramente fallito e mi raccolsi in posizione fetale, con tanta voglia di piangere. Anni di yoga buttati nel cesso!
-Principessa… lasciamo stare, davvero.- Che bello sentirmi chiamare “principessa”. Lo avevo sempre sognato, fin da quando ero bambino e non osavo chiederlo a mio padre. Certo, nelle mie fantasie romantiche immaginavo momenti migliori.
-Lasciamo stare la scommessa, non mi devi niente, ma basta così, va bene?- E mi abbracciò. Anche in quelle condizioni, non potevo fare a meno di pensare quanto mi sentissi protetto e al sicuro tra le sue braccia muscolose. -Mi piange il cuore a vederti in questo stato. Accadrà, vedrai.- E prese a riempirmi di bacetti di consolazione.
-Ma…sniff, se non ci riesco…sniff, tu andrai da i tuoi “corridoi” e io allora…-
-Nooo, oddio scusami, ma come mi è venuto in mente? Sai cosa ti dico? Non m’importa un cazzo degli altri. Se tu puoi soffrire, io posso aspettare.-
UAO, mi voleva davvero.
E sarà stato quel pensiero, o il suo abbraccio caldo, ma adesso avevo un’unica certezza: io lo volevo, lo volevo dentro come mai avevo desiderato qualcosa prima.
Mi girai verso di lui e lo vidi sciogliersi alla vista delle mie lacrime, che asciugò teneramente.
Baciò le mie labbra carnose e ne percorse i confini interni con la lingua, ma non penetrò a fondo. Adorai quell’attenzione.
-Che begli occhi che hai, principessa. Ti posso chiamare principessa?-
-Magari!- Annuii, immerso nel suo odore sensuale.
Una cosa era certa: non ero mai stato tanto vicino ad amare un mio simile.
-Sfondami, ti prego!-
-Ancora? Ma princip…Ehi!- E afferrai il suo cannone da 27, infilandolo diretto nel mio buco.
-Fermati! Non l’hai neanche rilubrific… Ooooh!- E il siluro penetrò come una lama calda nel burro.
I miei muscoli avevano smesso di lottare. Avevano capito fosse una guerra senza speranze e gli si erano sottomessi come il mio spirito si era prostrato ad adorare la sua divinità. È vero, faceva un male cane lo stesso e qualche volta ebbi l’impulso di serrare, ma Federico se ne accorse e mi accarezzò dolcemente per impedire che mi facessi del male. -Piano principessa, non lottare! Che c’è non mi vuoi più? Sono dentro, sono qui per te. Sei bravissima!- E, così dicendo, cominciava ad estrarre e a reintrodurre con lentezza, offrendo un assaggio di quello che sarebbe stato. Bastò questo a farmi rilasciare nel cervello la serotonina di una settimana di seghe e cioccolata. Poi cominciò a pompare. Dapprima un movimento lento, quasi circospetto, quindi, vedendo che sopravvivevo ai primi colpi, tentò l’azzardo.
-Sì, brava! Lo sapevo che con quei pompini non potevi non essere fantastica anche adesso! Sì, resisti un altro po’ che ti disintegro!-
Erano passati non più di venti secondi da quando Federico aveva cominciato a domare il mio culetto ed io avevo già superato il piacere dell’orgasmo.
Senza che lo toccassi, il mio uccello prese a schizzare sperma come una fontana. Pazzesco! Non credevo fosse possibile una cosa del genere e quello… era solo l’inizio!
Il piacere aveva preso ad invadere anfratti del mio corpo che non sapevo neanche di avere e cresceva ogni secondo, come il volume dei miei gemiti. Non li controllavo, partivano da soli in una musica nuova: la mia vera voce, scevra dalle impostazioni e dalla maschera della società.
Era bellissima, così profondamente sincera e rivelatrice del mio animo da puttana. Sì, non credevo che lo avrei mai detto, ma sì! Sono la tua puttana, la tua principessa puttana! OH DIO, QUANTO STO GODENDO!! Fammi tuo, stallone! Sfondami! Aaah sììì!! UN DIO!! SEI UN DIO!!!
Non credevo che nulla avrebbe mai potuto distogliermi da un simile momento, ma il toro che mi stava aprendo in due, si fermò un istante per domandare:
-Ok, te la senti? Cominciamo?-
-EH…?-
No, non stava scherzando. Diede una passata di lubrificante, quindi mi afferrò saldamente dalle anche, aggiungendo la forza delle sue braccia taurine a quella inarrestabile dei fianchi.
-Buon viaggio!- Mi disse, facendo l’occhiolino. Poi cominciò.
-OH, PORC…- Di-vi-no!! Ero diventato un bambolotto nelle sue mani, ma, anche volendo, cosa avrei mai potuto fare col treno in corsa che mi stava passando sopra?
Il suo pube d’acciaio sbatteva forte sul mio culetto, che tremolava per le percosse ricevute, colpi che avrebbero sfondato le porte di un castello! I movimenti del suo bacino si fecero sempre più veloci, decisi, potenti. Ritornò il dolore, ma pur sempre un dolore terreno, che nulla poteva contro l’estasi divina del mio martirio e me ne dimenticai, come un santo alle porte del paradiso. Finalmente cominciò a godere anche lui, ma da quel momento in poi i ricordi mi si fanno sfocati. Ero come in trance, in grado di volere, ma non d’intendere. Avevo la bava alla bocca.
Intanto il letto cigolava come se ci si stessero accoppiando due cavalli.
Le sue gambe muscolose continuavano a contrarsi con il vigore e la costanza di due pistoni idraulici e i glutei di marmo pompavano con una forza che avrebbe piegato una giumenta e un cazzo che l’avrebbe soddisfatta. Nitrivo, porca puttana!
Fosse dipeso da lui, penso che Federico non si sarebbe mai fermato, non sembrava possibile stancarlo. Ma doveva pur venire.
Mai avrei pensato che il mio culetto potesse essere più pieno di così. Stava quasi per scoppiare, quando il suo seme cominciò a percorrere l’autostrada a quattro corsie che aveva nell’uccello. Era un percorso interminabile, la transiberiana dello sperma, ma ne sentii scorrere ogni millimetro.
Stavo per soddisfare il mio maschione; un’altra spinta dei suoi addominali stellari e avrebbe impresso il suo marchio dentro di me, cacciandomi l’anima su per il culo.
-NON TI FERMARE PRINCIPESSAA!- Gridava, come se avessi potuto minimamente influire nella decisione, sballottato come una bambola di pezza.
-STO PER VENIRE!!-
-SI’, STALLONE, VIENIMI DENTRO, TI PREGO!-
-SSIII’!!-
-AAAH, SI’, VIENIMI DENTRO!-
-SEI LA MIA DEEEAAAAAAAAAAAAaaaaaaahhhh!!!!!!- E il fluido invase la mia cavità, sfondandone gli argini. Sentivo il mio buco, adesso una galleria, caldo di sperma fino all’intestino. Federico diede le ultime spinte penetrando a fondo, a intervalli sempre più lunghi per finire di svuotarsi, ma ero un bignè talmente carico di crema che il fluido uscì, straripandomi dal culo. Al che, strinse il mio uccello con due dita e questo bastò a farmi venire un’altra volta, ma avrebbe fatto sorridere osservare quel rivoletto, davanti al Niagara di sperma che mi colava dal deretano. E sarà stata la prepotente farcitura che dilatò ancora più il mio culetto già al limite, o quel calore improvviso che gridava “SESSO!!” a gran voce, fatto sta che persi parte dei miei sensi, sopraffatti da un piacere troppo intenso per loro.
Federico si alzò in piedi, ed io con lui, sorretto solo dal suo cazzo e da una mano dietro al collo. Quindi mi prese per il tronco e non levò il suo uccello da me, ma me dal suo uccello. Mi sfilò come un profilattico usato e stette qualche secondo ad osservarmi mentre penzolavo tra le sue mani. Sorrise soddisfatto vedendo che di me non restava che un mucchietto di stracci fumanti.
-Amore, sei stat…amore? Amore!? Cazzo, ma questo è in trance! Oh, mio Dio…- Il suo cazzo non ebbe il tempo di ritirarsi un centimetro, che questa nuova consapevolezza gli fece già pregustare il mio secondo e prossimo annientamento.
-Sbrigati a riprenderti, cucciolo.- Mi sussurrò dolcemente. -Ho bisogno di te perché sei il più grande amante del mondo e…- Qui sorrise, -… e da oggi l’unico che voglio.- Così mi diede uno schiaffetto ed io apersi gli occhi, ma non ero ancora psicologicamente pronto a rivedere la nudità di quel semidio invincibile e fulgente di splendore.
Provai a pronunciare qualche parola, ma non fuoriuscirono che suoni inarticolati; persino la mandibola non collaborava più. Federico allora mi baciò con tutta la sua passione e quando finalmente fu sazio di me, mi lanciò sul materasso e caddi, come porco morto cade.
Cazzo che botta!
Continua…
(Oramai non metto neanche più il punto interrogativo, passo le giornate col durello. Mi sta piacendo troppo questa cosa di scrivere. Se vi piace commentate, mi riempie di gioia il vostro apprezzamento. Alla prossima puntata! )
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