Il ragazzo più fortunato del mondo (seconda parte)
di
Gay De Maupassant
genere
gay
Riassunto della puntata precedente:
David; 19 anni, vergine, capelli biondo platino e un culetto che poche ragazze al mondo possono vantare incontra in palestra Federico; 22 anni, toro muscoloso e superdotato. Scatta inevitabile la scintilla.
Quella notte non riuscii a prendere sonno. Ero cottissimo di Federico.
Mi ero masturbato furiosamente nel tentativo di farmi passare i bollori, ma un simile placebo non poteva che moltiplicare il mio desiderio.
Federico era il ragazzo perfetto. Rispondeva a tutti i canoni fisici sui quali mi ero sempre segato, immaginando la mia prima esperienza. Viso da modello, corpo da favola, quasi una decina di centimetri più alto di me, una buona decina di centimetri più LUNGO di me… sembrava un sogno.
Avevo il suo numero. La tentazione di sentirlo era fortissima, però non volevo fare la figura dell’appiccicoso. Dovevo giocare bene le mie carte, ma comunque rivederlo a tutti costi; ne andava della mia salute mentale. Tornare in palestra non se ne parlava; ero bloccato dall’acido lattico.
Il giorno prima non ero riuscito a stargli dietro; troppo in forma per me.
Mi restava un solo muscolo ancora reattivo. Anzi, a dire la verità, quello non l’avevo mai visto più in forma di così. Sembrava infaticabile. Venivo e due minuti dopo me lo ritrovavo più duro di prima. È che proprio non riuscivo a non pensare a lui e, anche senza sognare di leccarlo dalla testa ai piedi, ma concentrandomi solo su quel bel sorriso o sugli occhi castano chiaro, il risultato non cambiava.
Ma presto il problema si sarebbe risolto da solo. La mattina successiva, alle otto e zero uno, sentii bussare alla porta: -Apri, sono io!- L’ordine più fermo, eppure dolce, che potessi immaginare.
Corsi ad aprire e lo trovai lì ad aspettarmi, bello, disse Kit Marlowe, come Lucifero in fiamme prima della caduta. Ma neanche Satana avrebbe potuto eguagliare la tentazione al peccato che Federico mi ispirò con quella canotta aderente.
Le vene delle braccia pompavano sulla sua pelle abbronzata e percorrevano i bicipiti in tutta la loro lunghezza, ma, proprio quando pensai di non aver mai visto niente di più bello in vita mia, vollero esagerare, gonfiandosi come un fiume in piena.
Vedermi aveva procurato a Federico un istantaneo ed incontrollato afflusso di sangue, come io lo sentii rovesciare d’improvviso nella vena del mio uccello. –Aaaah, Dio!-
Appena entrato, sembrò stesse per dire qualcosa, ma ebbe un ripensamento e mi baciò.
Senza mai staccare le labbra, mosse qualche passo in avanti e fui obbligato ad assecondarlo per non restare travolto. Si fermò solo quando fui spalle al muro e, stretto tra quelle due pareti inamovibili, temetti di spezzarmi.
Federico mi bloccò i posi alla parete e li portò lentamente sopra la mia testa, facendoli incrociare. Immobilizzò così entrambe le mie braccia con una mano, mentre con l’altra scese fino ad afferrare lo scroto e il mio uccello impazzito. Era duro come mai in vita mia, ma per quel Dio era come strizzare un palloncino da clown. Bastò un assaggio della sua forza a ricordarmi, se mai ce ne fosse stato il dubbio, che la parte del maschio non era in discussione.
Non erano passati che pochi secondi da quando avevo aperto la porta ed ero già in suo potere.
Provai a liberarmi, ma il mio tentativo di fuga era pura formalità. Penso che nemmeno due uomini con un piede di porco sarebbero riusciti a smuovere quel braccio erculeo e, comunque, credo fosse più facile per me trovare la forza di allontanarlo che la voglia di scappare.
Quando infine allontanò le sue labbra da me, la mia lingua continuò a cercare la sua, supplicandone ancora e nuotava, cieca, nello spazio che adesso ci divideva. Se non ero venuto era solo perché la stretta sul mio “cucciolo di cazzo”, come lo aveva chiamato il giorno prima, me lo aveva impedito. “Cucciolo di cazzo”; non so perché, ma mi piaceva un casino quell’espressione.
-Ma buongiorno a te!- Le prime parole che pronunciai quella mattina.
-Buongiorno cucciolo.-
-Ma ti sembra questo modo di entrare in casa delle persone?- Gli chiesi quasi ridendo, ancora prigioniero tra le sue mani.
-Se faccio qualcosa di sbagliato, basta dirmelo.-
-No, no!- Bacio, -Hmm…ma…- Bacio, -…hai intenzione di liberarmi prima o poi o… non so, preferisci rimanere così tutto il giorno?-
-Chissà. Dipende se fai il bravo.-
-Io sono bravo!- Risposi, sbattendo i miei occhioni da cerbiatto indifeso.
-Non è vero. Ti ho dato il mio numero e non mi hai neanche chiamato. Con chi stavi ieri sera, eh? Dio, quanto mi arrapi; ti ho pensato tutto il giorno. Ma lo sai che non mi era mai successo così, prima? E secondo te di chi è la colpa?- Chiese, dandomi un tenero buffetto sul naso.
-Non lo faccio più, lo giuro! Ti chiamo tutte le volte che vuoi!-
-No, no, no! Non mi basta mica.- Rispose nel gioco -Adesso devi farti perdonare.-
-Posso farti un pompino?- Fu la prima cosa che mi venne in mente, ma trovai un modo molto più elegante per dirlo: -Ti va un massaggio?-
-Hmmmm… magari!-
Posso dire di avere un’ottima memoria. Avevo infatti già scolpito nella mente ogni singolo centimetro di quel corpo da sogno, eppure, vedergli togliere la canotta fu di nuovo una scoperta.
Non avrei saputo dire cosa fosse più sexy; se le spalle possenti, la vita sottile o le vene azzurre che affioravano nel mezzo. I suoi pettorali non erano semplici blocchi, ma un’estasi di striature palpitanti che, serrate, parvero esplodere all’altezza del cuore. Un incavo profondo quasi due dita gli solcava i fianchi, dividendo gli addominali laterali e il pube dalla perfezione sottostante. Dio santo! Sembrava forgiato nel bronzo in cui fusero le armature dell’antica Grecia. E per quanto riguarda gli addominali… beh, anch’io avevo la mia tartaruga, ma nulla a che vedere con la sua, tanto più infossata e definita della mia. La differenza tra i nostri cubetti era la stessa che correva tra un dipinto e il marmo di una scultura. La mia sembrava disegnata a confronto.
-Dove andiamo?- Chiese dopo avermi concesso un po’ di tempo per riprendermi dallo shock.
-Anche in capo al mondo.-
-Ahahah oddio, ti adoro. E sai cos’altro amo di te? Non ti offendi se te lo dico, vero? Hai una vocina da finocchio che…hsss!- E aspirò sonoramente, causandomi l’ennesimo turbamento.
-Ti faccio strada, maschione.- E m’incamminai verso la camera, sculettando vistosamente.
-Tu fai una brutta fine, maschietto!-
Federico mi seguì e si stese prono sul letto. Così presi a massaggiare quell’inverosimile capolavoro. Dovetti forzarmi per non mugolare al contatto di quella perfetta, quasi esoterica, unione di forza e bellezza. Mancava forse la saggezza, ma solo perché io ne perdevo ogni secondo un brandello.
E intanto il suo respiro si faceva più forte. Pensai si stesse eccitando, cosa non lontana dalla verità, ma soprattutto cercava il mio odore tra le lenzuola. Lo trovò e il respiro gli si fece più lento, come se non volesse restituire quell’aria, quel niente di me che pure mi prendeva in prestito e sempre più sonoro, come se al posto del materasso ci fosse stato il mio culetto indifeso.
Preso da quella fantasia, cominciò a stringere il letto tra le sue braccia, serrando spalle, trapezi, dorsali e rendendomi quindi impossibile continuare a smuovere quei muscoli allucinanti. Tentai, ma era come modellare una lastra di cemento a mani nude.
-Hmm perché ti sei fermato? Era così bello.-
-Se hai martello e scalpello forse posso continuare… forse.-
A queste parole Federico si voltò supino ed io rimasi a bocca aperta. Il suo cazzo, per buona parte ancora coperto, spuntava dalle mutande per l’intera lunghezza di un uccello medio/grande e gli si sdraiava sul ventre, dove gli addominali in tiro si mostravano nella più sconvolgente delle cornici. Non si sarebbe potuta meglio incastonare pietra più preziosa.
-Il martello c’è. Se hai uno scalpellino…-
-Oh……mio……Dio...-
-Sì? Dimmi tutto.- Una battuta, ma non so fino a che punto.
-Ma…cioè… è legale questa cosa?-
-Non in tutti gli stati.- E qui mi strappò un sorriso.
-Ci credo. Cazzo, ma non avevo idea che potessero esserci dei… ma ne esistono altri grandi così?-
-Non ne ho idea sinceramente. Però, se esistono, io non li ho mai visti.-
-Hmm, mi sa che qualcuno qui se la tira parecchio.-
-Beh, perché? È la verità. Che c’è?...ti sei bagnato, vero?-
-…un pochino.- Arrossii.
-Dio, sì!- E mi afferrò per la maglietta, trascinandomi a sé.
Provai ad afferrare quell’uccellone stringendolo con tutta la mia forza, ma anche lì era come provare a strizzare un cannone della Wermacht. Era talmente spesso che il mio pollice e l’indice riuscivano a congiungersi solo a stento e non avrebbe fatto male una terza mano per prenderlo tutto. Federico cominciò allora a muoverlo in avanti e indietro e quel suo quasi impercettibile movimento dei muscoli pelvici aveva la forza di farmi vacillare da un lato all’altro del suo corpo. Era impossibile contrastarlo, potevo solo assecondare i suoi capricci e così feci.
Sentivo fluire tra le mie dita l’energia e il sangue pompato dalla vena centrale e a quella coordinai i miei sforzi. La cosa sembrò piacergli ed io moltiplicai le energie, leccando spasmodicamente quel simbolo strabordante di virilità e con la lingua mulinai attorno all’enorme cappella, restringendo il vortice fino a carezzarne la fessura in alto.
Cominciò a mugolare.
Prigioniero dell’estasi, Federico si chinò e afferrò il mio cazzo con una mano, stringendo fin quasi a strapparmelo via e nell’istante in cui stava per scoppiare, quell’ultimo rigonfiarsi del suo cazzone immenso mi fece uscire di senno ed eiaculai inondando i suoi addominali, che luccicarono di sperma.
Il mio sguardo si perse nel nirvana, così quel Dio comprese lo sconfinato potere sessuale che era in grado di esercitare su di me, facendomi venire a suo comando.
Questo sancì il definitivo colpo di grazia.
La sua cappella esplose con una violenza tale che si udì distintamente il suono dell’impatto tra lo sperma e il mio viso e me ne ritrovai letteralmente inondato, fradicio fino all’ombelico.
Federico aveva gli occhi di fuori, ma non quanto i miei.
-Sono stato bravo?- Chiesi trepidante, in un bagno di sudore e liquido seminale.
-Bravo?? Cazzo! Per me è dieci e lode; dieci e lode, cazzo! Ma ti dico dieci meno, che non vorrei smettessi di impegnarti così. Cazzo che pompa!-
-Dai, non è vero. Sono sicuro di poter migliorare. Magari anche con le tue indicazioni…-
-Indicazioni? E che indicazioni ti devo dare? Sembra che il mio uccello non abbia segreti per te.-
-Non lo so, ti ho solo seguito. Il fatto è che è…tutto esattamente come lo immaginavo.-
-Immaginavi cosa?-
-L’intesa… perfetta, ma non pensavo potesse succedere la prima volta.-
Qui Federico cambiò completamente espressione. –Cioè questa era la tua prima esperienza? Davvero?? No, non ci credo.-
-Scusa, non ho capito. Mi stai dando della puttana o del bugiardo?-
-No, scusami ahah non intendevo quello ahahah è che sei bravissimo! Hai idea di quanto ci vuole a far venire il mio bestione? Guarda, con gli altri ragazzi…- A queste parole mi paralizzai e lui se ne accorse -Scusa, forse non era il discorso migliore da prendere adesso. Però sei bellissimo coperto di sperma.-
-No, non ti preoccupare, lo so che mi volevi fare un complimento.- Dissi, un pochino infastidito.
-Dai, un bacetto e passa la bua.- Dovevo diventare adulto perché una simile frase potesse tornare vera. Bastò il semplice contatto con le sue labbra e, con esso, il riaffiorare alla memoria del sapore del mio primo bacio, perché ogni cattivo pensiero svanisse nel nulla. Un centimetro di lingua e mi sentii l’animo di conquistare il mondo.
-Aspetta.- Disse interrompendosi. -Fammi pulire, prima. Dov’è il bagno?- Glielo indicai e quando mi ritrovai solo, mi stesi sul letto, incrociando le mani dietro il capo e chiusi gli occhi con in testa un solo pensiero: - UUAAAAOOOO!!!-
Quando Federico tornò dal bagno, lindo e pinto, il suo cazzo gigantesco era di nuovo in erezione.
Si fermò sulla soglia e, guardandomi con occhio cupido, prese a massaggiarlo.
-Ti prego, non ti pulire ancora, rimani un attimo così…Ooooh sì…sei mio!-
-Sì, tuo! Soltanto tuo!-
-Dio, che bello! Però, stavo pensando che se è la tua prima volta allora abbiamo un grosso problema.- Disse, puntandomi contro il suo uccellone, palesando la minaccia.
-Questo ti farà malissimo.-
Continua…?
(Confesso che a questo capitolo ho dedicato qualche ora in più del precedente. Se vi è piaciuto ditelo ai vostri amici e magari presentatemeli, non siate egoisti! Un commento è sempre gradito, soprattutto se vi piace che la storia continui. Non è una minaccia, è solo che (disse qualcuno prima di me) deve ancora nascere donna immune al potere della lusinga. Se avete qualche desiderio particolare scrivete e se non è incompatibile con i miei gusti e la piega un po’ romantica che vorrei dare, farò il possibile per accontentarvi. Ah, amici carini, mi raccomando!)
David; 19 anni, vergine, capelli biondo platino e un culetto che poche ragazze al mondo possono vantare incontra in palestra Federico; 22 anni, toro muscoloso e superdotato. Scatta inevitabile la scintilla.
Quella notte non riuscii a prendere sonno. Ero cottissimo di Federico.
Mi ero masturbato furiosamente nel tentativo di farmi passare i bollori, ma un simile placebo non poteva che moltiplicare il mio desiderio.
Federico era il ragazzo perfetto. Rispondeva a tutti i canoni fisici sui quali mi ero sempre segato, immaginando la mia prima esperienza. Viso da modello, corpo da favola, quasi una decina di centimetri più alto di me, una buona decina di centimetri più LUNGO di me… sembrava un sogno.
Avevo il suo numero. La tentazione di sentirlo era fortissima, però non volevo fare la figura dell’appiccicoso. Dovevo giocare bene le mie carte, ma comunque rivederlo a tutti costi; ne andava della mia salute mentale. Tornare in palestra non se ne parlava; ero bloccato dall’acido lattico.
Il giorno prima non ero riuscito a stargli dietro; troppo in forma per me.
Mi restava un solo muscolo ancora reattivo. Anzi, a dire la verità, quello non l’avevo mai visto più in forma di così. Sembrava infaticabile. Venivo e due minuti dopo me lo ritrovavo più duro di prima. È che proprio non riuscivo a non pensare a lui e, anche senza sognare di leccarlo dalla testa ai piedi, ma concentrandomi solo su quel bel sorriso o sugli occhi castano chiaro, il risultato non cambiava.
Ma presto il problema si sarebbe risolto da solo. La mattina successiva, alle otto e zero uno, sentii bussare alla porta: -Apri, sono io!- L’ordine più fermo, eppure dolce, che potessi immaginare.
Corsi ad aprire e lo trovai lì ad aspettarmi, bello, disse Kit Marlowe, come Lucifero in fiamme prima della caduta. Ma neanche Satana avrebbe potuto eguagliare la tentazione al peccato che Federico mi ispirò con quella canotta aderente.
Le vene delle braccia pompavano sulla sua pelle abbronzata e percorrevano i bicipiti in tutta la loro lunghezza, ma, proprio quando pensai di non aver mai visto niente di più bello in vita mia, vollero esagerare, gonfiandosi come un fiume in piena.
Vedermi aveva procurato a Federico un istantaneo ed incontrollato afflusso di sangue, come io lo sentii rovesciare d’improvviso nella vena del mio uccello. –Aaaah, Dio!-
Appena entrato, sembrò stesse per dire qualcosa, ma ebbe un ripensamento e mi baciò.
Senza mai staccare le labbra, mosse qualche passo in avanti e fui obbligato ad assecondarlo per non restare travolto. Si fermò solo quando fui spalle al muro e, stretto tra quelle due pareti inamovibili, temetti di spezzarmi.
Federico mi bloccò i posi alla parete e li portò lentamente sopra la mia testa, facendoli incrociare. Immobilizzò così entrambe le mie braccia con una mano, mentre con l’altra scese fino ad afferrare lo scroto e il mio uccello impazzito. Era duro come mai in vita mia, ma per quel Dio era come strizzare un palloncino da clown. Bastò un assaggio della sua forza a ricordarmi, se mai ce ne fosse stato il dubbio, che la parte del maschio non era in discussione.
Non erano passati che pochi secondi da quando avevo aperto la porta ed ero già in suo potere.
Provai a liberarmi, ma il mio tentativo di fuga era pura formalità. Penso che nemmeno due uomini con un piede di porco sarebbero riusciti a smuovere quel braccio erculeo e, comunque, credo fosse più facile per me trovare la forza di allontanarlo che la voglia di scappare.
Quando infine allontanò le sue labbra da me, la mia lingua continuò a cercare la sua, supplicandone ancora e nuotava, cieca, nello spazio che adesso ci divideva. Se non ero venuto era solo perché la stretta sul mio “cucciolo di cazzo”, come lo aveva chiamato il giorno prima, me lo aveva impedito. “Cucciolo di cazzo”; non so perché, ma mi piaceva un casino quell’espressione.
-Ma buongiorno a te!- Le prime parole che pronunciai quella mattina.
-Buongiorno cucciolo.-
-Ma ti sembra questo modo di entrare in casa delle persone?- Gli chiesi quasi ridendo, ancora prigioniero tra le sue mani.
-Se faccio qualcosa di sbagliato, basta dirmelo.-
-No, no!- Bacio, -Hmm…ma…- Bacio, -…hai intenzione di liberarmi prima o poi o… non so, preferisci rimanere così tutto il giorno?-
-Chissà. Dipende se fai il bravo.-
-Io sono bravo!- Risposi, sbattendo i miei occhioni da cerbiatto indifeso.
-Non è vero. Ti ho dato il mio numero e non mi hai neanche chiamato. Con chi stavi ieri sera, eh? Dio, quanto mi arrapi; ti ho pensato tutto il giorno. Ma lo sai che non mi era mai successo così, prima? E secondo te di chi è la colpa?- Chiese, dandomi un tenero buffetto sul naso.
-Non lo faccio più, lo giuro! Ti chiamo tutte le volte che vuoi!-
-No, no, no! Non mi basta mica.- Rispose nel gioco -Adesso devi farti perdonare.-
-Posso farti un pompino?- Fu la prima cosa che mi venne in mente, ma trovai un modo molto più elegante per dirlo: -Ti va un massaggio?-
-Hmmmm… magari!-
Posso dire di avere un’ottima memoria. Avevo infatti già scolpito nella mente ogni singolo centimetro di quel corpo da sogno, eppure, vedergli togliere la canotta fu di nuovo una scoperta.
Non avrei saputo dire cosa fosse più sexy; se le spalle possenti, la vita sottile o le vene azzurre che affioravano nel mezzo. I suoi pettorali non erano semplici blocchi, ma un’estasi di striature palpitanti che, serrate, parvero esplodere all’altezza del cuore. Un incavo profondo quasi due dita gli solcava i fianchi, dividendo gli addominali laterali e il pube dalla perfezione sottostante. Dio santo! Sembrava forgiato nel bronzo in cui fusero le armature dell’antica Grecia. E per quanto riguarda gli addominali… beh, anch’io avevo la mia tartaruga, ma nulla a che vedere con la sua, tanto più infossata e definita della mia. La differenza tra i nostri cubetti era la stessa che correva tra un dipinto e il marmo di una scultura. La mia sembrava disegnata a confronto.
-Dove andiamo?- Chiese dopo avermi concesso un po’ di tempo per riprendermi dallo shock.
-Anche in capo al mondo.-
-Ahahah oddio, ti adoro. E sai cos’altro amo di te? Non ti offendi se te lo dico, vero? Hai una vocina da finocchio che…hsss!- E aspirò sonoramente, causandomi l’ennesimo turbamento.
-Ti faccio strada, maschione.- E m’incamminai verso la camera, sculettando vistosamente.
-Tu fai una brutta fine, maschietto!-
Federico mi seguì e si stese prono sul letto. Così presi a massaggiare quell’inverosimile capolavoro. Dovetti forzarmi per non mugolare al contatto di quella perfetta, quasi esoterica, unione di forza e bellezza. Mancava forse la saggezza, ma solo perché io ne perdevo ogni secondo un brandello.
E intanto il suo respiro si faceva più forte. Pensai si stesse eccitando, cosa non lontana dalla verità, ma soprattutto cercava il mio odore tra le lenzuola. Lo trovò e il respiro gli si fece più lento, come se non volesse restituire quell’aria, quel niente di me che pure mi prendeva in prestito e sempre più sonoro, come se al posto del materasso ci fosse stato il mio culetto indifeso.
Preso da quella fantasia, cominciò a stringere il letto tra le sue braccia, serrando spalle, trapezi, dorsali e rendendomi quindi impossibile continuare a smuovere quei muscoli allucinanti. Tentai, ma era come modellare una lastra di cemento a mani nude.
-Hmm perché ti sei fermato? Era così bello.-
-Se hai martello e scalpello forse posso continuare… forse.-
A queste parole Federico si voltò supino ed io rimasi a bocca aperta. Il suo cazzo, per buona parte ancora coperto, spuntava dalle mutande per l’intera lunghezza di un uccello medio/grande e gli si sdraiava sul ventre, dove gli addominali in tiro si mostravano nella più sconvolgente delle cornici. Non si sarebbe potuta meglio incastonare pietra più preziosa.
-Il martello c’è. Se hai uno scalpellino…-
-Oh……mio……Dio...-
-Sì? Dimmi tutto.- Una battuta, ma non so fino a che punto.
-Ma…cioè… è legale questa cosa?-
-Non in tutti gli stati.- E qui mi strappò un sorriso.
-Ci credo. Cazzo, ma non avevo idea che potessero esserci dei… ma ne esistono altri grandi così?-
-Non ne ho idea sinceramente. Però, se esistono, io non li ho mai visti.-
-Hmm, mi sa che qualcuno qui se la tira parecchio.-
-Beh, perché? È la verità. Che c’è?...ti sei bagnato, vero?-
-…un pochino.- Arrossii.
-Dio, sì!- E mi afferrò per la maglietta, trascinandomi a sé.
Provai ad afferrare quell’uccellone stringendolo con tutta la mia forza, ma anche lì era come provare a strizzare un cannone della Wermacht. Era talmente spesso che il mio pollice e l’indice riuscivano a congiungersi solo a stento e non avrebbe fatto male una terza mano per prenderlo tutto. Federico cominciò allora a muoverlo in avanti e indietro e quel suo quasi impercettibile movimento dei muscoli pelvici aveva la forza di farmi vacillare da un lato all’altro del suo corpo. Era impossibile contrastarlo, potevo solo assecondare i suoi capricci e così feci.
Sentivo fluire tra le mie dita l’energia e il sangue pompato dalla vena centrale e a quella coordinai i miei sforzi. La cosa sembrò piacergli ed io moltiplicai le energie, leccando spasmodicamente quel simbolo strabordante di virilità e con la lingua mulinai attorno all’enorme cappella, restringendo il vortice fino a carezzarne la fessura in alto.
Cominciò a mugolare.
Prigioniero dell’estasi, Federico si chinò e afferrò il mio cazzo con una mano, stringendo fin quasi a strapparmelo via e nell’istante in cui stava per scoppiare, quell’ultimo rigonfiarsi del suo cazzone immenso mi fece uscire di senno ed eiaculai inondando i suoi addominali, che luccicarono di sperma.
Il mio sguardo si perse nel nirvana, così quel Dio comprese lo sconfinato potere sessuale che era in grado di esercitare su di me, facendomi venire a suo comando.
Questo sancì il definitivo colpo di grazia.
La sua cappella esplose con una violenza tale che si udì distintamente il suono dell’impatto tra lo sperma e il mio viso e me ne ritrovai letteralmente inondato, fradicio fino all’ombelico.
Federico aveva gli occhi di fuori, ma non quanto i miei.
-Sono stato bravo?- Chiesi trepidante, in un bagno di sudore e liquido seminale.
-Bravo?? Cazzo! Per me è dieci e lode; dieci e lode, cazzo! Ma ti dico dieci meno, che non vorrei smettessi di impegnarti così. Cazzo che pompa!-
-Dai, non è vero. Sono sicuro di poter migliorare. Magari anche con le tue indicazioni…-
-Indicazioni? E che indicazioni ti devo dare? Sembra che il mio uccello non abbia segreti per te.-
-Non lo so, ti ho solo seguito. Il fatto è che è…tutto esattamente come lo immaginavo.-
-Immaginavi cosa?-
-L’intesa… perfetta, ma non pensavo potesse succedere la prima volta.-
Qui Federico cambiò completamente espressione. –Cioè questa era la tua prima esperienza? Davvero?? No, non ci credo.-
-Scusa, non ho capito. Mi stai dando della puttana o del bugiardo?-
-No, scusami ahah non intendevo quello ahahah è che sei bravissimo! Hai idea di quanto ci vuole a far venire il mio bestione? Guarda, con gli altri ragazzi…- A queste parole mi paralizzai e lui se ne accorse -Scusa, forse non era il discorso migliore da prendere adesso. Però sei bellissimo coperto di sperma.-
-No, non ti preoccupare, lo so che mi volevi fare un complimento.- Dissi, un pochino infastidito.
-Dai, un bacetto e passa la bua.- Dovevo diventare adulto perché una simile frase potesse tornare vera. Bastò il semplice contatto con le sue labbra e, con esso, il riaffiorare alla memoria del sapore del mio primo bacio, perché ogni cattivo pensiero svanisse nel nulla. Un centimetro di lingua e mi sentii l’animo di conquistare il mondo.
-Aspetta.- Disse interrompendosi. -Fammi pulire, prima. Dov’è il bagno?- Glielo indicai e quando mi ritrovai solo, mi stesi sul letto, incrociando le mani dietro il capo e chiusi gli occhi con in testa un solo pensiero: - UUAAAAOOOO!!!-
Quando Federico tornò dal bagno, lindo e pinto, il suo cazzo gigantesco era di nuovo in erezione.
Si fermò sulla soglia e, guardandomi con occhio cupido, prese a massaggiarlo.
-Ti prego, non ti pulire ancora, rimani un attimo così…Ooooh sì…sei mio!-
-Sì, tuo! Soltanto tuo!-
-Dio, che bello! Però, stavo pensando che se è la tua prima volta allora abbiamo un grosso problema.- Disse, puntandomi contro il suo uccellone, palesando la minaccia.
-Questo ti farà malissimo.-
Continua…?
(Confesso che a questo capitolo ho dedicato qualche ora in più del precedente. Se vi è piaciuto ditelo ai vostri amici e magari presentatemeli, non siate egoisti! Un commento è sempre gradito, soprattutto se vi piace che la storia continui. Non è una minaccia, è solo che (disse qualcuno prima di me) deve ancora nascere donna immune al potere della lusinga. Se avete qualche desiderio particolare scrivete e se non è incompatibile con i miei gusti e la piega un po’ romantica che vorrei dare, farò il possibile per accontentarvi. Ah, amici carini, mi raccomando!)
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