Il ragazzo più fortunato del mondo (sesta parte)
di
Gay De Maupassant
genere
gay
Riassunto delle puntate precedenti: David; 19 anni, capelli biondo platino, occhioni da cerbiatto e con un culetto “che poche ragazze al mondo possono vantare”, viene vigliaccamente aggredito ad una festa in maschera da tre belve assetate di sangue, autentici eroi dei tempi moderni, con un piccolo uccello e ancor meno cervello. Riuscirà Federico; il suo stallone muscoloso e superdotato, giunto al momento clou, a salvarlo da un orribile quanto incerto destino?
-AHAHAHAHAHHAHA!!-
I tre sghignazzarono della minaccia della Federico in un osceno concerto di crudeltà, ma fu un’esibizione destinata ad avere vita breve. Infatti, il mio guerriero semi nudo, con un’espressione feroce dipinta sul viso, afferrò il bestione per il bavero e con un deciso strattone lo spinse via, facendolo cadere a terra.
-AHAH…Ah…- E i tre smisero decisamente di ridere.
Al che Federico li superò, attraversando la porta nel silenzio più assoluto.
Io ero ancora lì, rannicchiato nel mio angolino, quando Federico mi prese per adagiarmi dolcemente sulla lavatrice. Tremavo ancora come una foglia e questo rese il suo volto un guazzabuglio di emozioni; rabbia, disprezzo, amarezza, frustrazione per un ritardo di cui non riuscì a perdonarsi.
Per placarmi asciugò la lacrima che mi aveva rigato il viso, ma nulla poté contro il veleno che stava annegando il suo cuore. -Ti hanno fatto male?- Mi chiese infine.
-No…sniff…- Ma una gocciolina di sangue, comparsa al limitare delle labbra, smentì la mia bugia.
-Tranquillo, adesso ci penso io. Tu stai fermo qui.- Mi fece l’occhiolino ed io annuii; sembrava veramente sicuro di sé.
Era assurdo; quelli erano in tre, per giunta armati, eppure in quel momento una voce dentro di me disse che non avrei dovuto più temere. Affidandomi a lui, sentivo che nessuno al mondo avrebbe mai più potuto farmi del male ed un barlume di speranza si riaccese nei miei occhioni impauriti.
Federico mi diede quindi le spalle e si posizionò sulla porta per difendere l’unico ingresso del bagno, così che nonostante l’inferiorità numerica, non avrebbero potuto circondarlo per attaccarlo tutti insieme. Ed ecco materializzarsi, avanti a me, il "bagno delle Termopili"; avevo davvero scelto il costume perfetto! Ma subito sorrisi di questo mio pensiero un po'sciocco.
Giunto allo stipite, Federico sfilò dalle sue spalle l’ingombrante mantello, lanciandolo via, e si mostrò davanti al nemico fiero del suo sconvolgente aspetto.
Un solco profondo scorreva come un fiume lungo tutta la sua schiena e divideva quella statua di bronzo in due sezioni egualmente perfette, che rivaleggiavano in bellezza con quanto il davanti avesse da offrire, tra fianchi scolpiti, addominali da sogno e i pettorali di un Dio. Ma sbaglio forse a definire quel solco “un fiume”, era piuttosto un torrente, perché circondato da argini duri e striati come versanti di pietra. Temevo per la mia vita, eppure, non potei che sognare di navigarlo a bordo della mia lingua.
Il bacino stretto, proprio sopra il sedere dolcemente squadrato, andava estendendosi al salire dei dorsali, sconfinando nella schiena possente, tempestata di deltoidi e altri muscoli rigonfi di cui ignoro il nome, utopia leggendaria della nuova el Dorado.
Ma nulla appariva ora più terribile e sensuale di quelle spalle immense, che splendevano in tutta la loro disarmante bellezza mentre, sulle braccia erculee, i bicipiti erano percorsi dai mille affluenti di vene azzurre, che pulsavano frenetici al chiudersi del pugno. In due parole: un’immagine che avrebbe intimidito un grizzly e fatto aprire le gambe ai tre quarti del mondo.
Eppure, nonostante questo, uno dei tre, un moro barbuto dal braccio interamente tatuato, non si fece spaventare, certo dell’aiuto dei compari e si precipitò sopra di lui, colpendolo all’addome.
Spaventatissimo chiusi gli occhi, ma…
-TUD!!- Il pugno del malcapitato rimbalzò sugli addominali di Federico come una palla sulla corazza di un panzer. Nuovamente fu silenzio.
-Ritenta, sarai più fortunato.- Lo schernì il mio difensore.
In quel preciso istante lessi negli occhi di quel ragazzo il sospetto di aver fatto l’errore più grande della sua vita. Il moro tatuato tentò allora un secondo colpo, ma nuovamente il pugno gli si infranse nella ferrea cassaforte di quei cubetti superallenati e ritirò la mano dolorante. Un istante dopo Federico ricambiò la cortesia.
Non so esattamente dove lo prese, vidi solo un uomo decollare e cadere a terra a metri di distanza. -Avanti il prossimo!- Concluse, sancendo un assoluto dominio psicologico, pronto a replicare altrettanto sul piano del fisico.
Inutile dirlo, il mio uccellino esplose davanti a quella dimostrazione di disarmante superiorità e i pochi punti di pizzo delle mie mutandine non riuscivano più a contenerlo.
Poi fu il turno del bestione. Era più alto di Federico di almeno quindici centimetri e, per quanto assolutamente molto meno definito, aveva dei braccioni decisamente muscolosi e grandi come prosciutti. Corse incontro al mio ragazzo con la grazia di un orco, ma Federico fu lesto ad afferrargli le mani e l’assalto si trasformò ben presto in una prova di forza.
A me apparve invece una visione paradisiaca; quel tesoro che il mio ragazzo aveva scoperto levandosi il mantello, si contraeva ora in un sogno ad occhi aperti su cui avrei fantasticato per anni a venire. Ognuna di quelle montagnette si irrigidiva e gonfiava in modo così arrapante che non resistetti e mi infilai una mano nelle mutande.
-Te la prendi con un cucciolo indifeso, eh? Adesso goditi la scena a parti invertite!-
E l’enorme aggressore prese a sbuffare come una locomotiva; la vena sul testone pelato gli si ingrossò a dismisura, assumendo un colorito prossimo al viola. I piedi gli slittavano sul pavimento e gridò una bestemmia, ma non c’era niente da fare; i muscoli di Federico erano troppo anche per lui. Qualche secondo e quei bicipiti da poema omerico gli piegarono in sequenza polsi, braccia e infine le ginocchia.
-Tutto qui? Mamma mia che pappamolla! Amore, questi li potevi picchiare anche tu. Ma guarda questo, potrei ucciderlo a pisellate!-
Questa scena mi insospettì, francamente mi sembrava un po’ troppo. D’accordo che Fede diceva di essere più forte di quel che sembrava, però…boh, quel tipo era davvero enorme, sembrava quasi irreale.
-Aspetta; ma vuoi vedere che dopo avergli raccontato il sogno del minotauro, Federico ha organizzato una messiscen…- SBAM! E il mio guerriero spartano gli rifilò una micidiale ginocchiata sulla bocca facendolo svenire sul colpo.
-Oook… come non detto...-
Ma Federico, vedendo me a bocca aperta e l’ultimo dei tre che aveva cominciato a tremare, capendo la terribile situazione in cui si era andato a cacciare, fu certo che io non corressi più alcun tipo di pericolo e si prese il lusso di giocare con la decisa intenzione di farmi impazzire. Così afferrò il bestione esanime dal collo e, con l’altra mano tra le sue gambe, stese le braccia, sollevandolo come faceva con me quando giocavamo alla lotta. Dire che fosse una visione arrapante, era decisamente riduttivo.
Dio mio, quello sarà stato un quintale e mezzo di carne! E io che pensavo di pesargli!
Infine prese la mira e lanciò quell’enorme pupazzo sull’unico disgraziato ancora in piedi, centrandolo in pieno.
Davvero, se i trecento di Leonida fossero stati tutti come Federico, Serse poteva portarsi dietro uno, due, anche tre milioni di Persiani, non credo sarebbe cambiato granché.
Nel frattempo che il neonazi si divincolava da quell’insolito proiettile, Federico afferrò il coltello cadutogli a terra, quindi, afferrandolo saldamente tra le mani, lo fece in due pezzi. Credo che, a quella vista, l’uccello del'unico aggressore ancora in sé non fece una fine molto diversa.
-E adesso tocca a te.- Dichiarò Federico, gonfiando le armi che avevano appena sopraffatto gli altri due.
-No, no! Ti prego! Pietà!- Gridò il superstite, ruzzolando nel tentativo di retrocedere.
-Sta’ zitto, stronzo! Cos’è che avevi detto? Volevi aprirgli una fica col coltello? Adesso ti apro io un buco nel torace, vediamo se ci trovo un briciolo di cuore.-
-NO! TI SCONGIURO!! AIUTO!!!- Ma Federico, sordo alla sua preghiera, lo afferrò per la gola.
Il malcapitato provò a colpirlo come poteva, calci, manate, ma la pressione sul suo collo aumentava inesorabilmente e i suoi colpi si fecero sempre più deboli. Cominciò a mancargli il respiro.
-Amore, dai, basta così!- Lo interruppi.
-Cosa??-
-Ti prego, non posso vedere una scena simile.- Non mi piaci cattivo, avrei voluto dire, ma vista l’ecatombe che avevo intorno, non me la sentii di contrariarlo.
-Tu sei pazzo! Sai quanta pietà avrebbero avuto loro di te? Ti avrebbero ridotto in fin di vita e… non ci posso pensare, io questo lo ammazzo!- E fece per colpirlo.
-Ma per fortuna c’eri tu.- Lo bloccai. -E se non siamo migliori neanche di questi qui… cioè, più in basso di così nella scala umana penso che non potremmo davvero finire.-
Alle mie parole Federico sbuffò -Tu sei troppo buono, sappilo. Hai sentito la signora? Sei proprio uno stronzo fortunello.-
-Grazie! Aaanf… grazie!- Piatì l’uomo, riacquistando l’uso della parola.
-Non ho ancora finito con te. Adesso inginocchiati, verme, se non vuoi che ti annodi la colonna vertebrale!-
-Eccomi, obbedisco! Ma ti prego non farmi del male! A me siete sempre stati simpatici voi fro…cioè…- Si corresse, facendosi bianco di paura, ma noi non gli badammo.
-Avvicinati tesoro.- Mi disse Federico e, presomi per mano, mi fece fare una curiosa passeggiata davanti al ragazzo in ginocchio.
-Adesso fammi vedere la tua gratitudine! Bacia la terra dove ha camminato il tuo salvatore, merda omofoba, perché io ti avrei già massacrato!-
-Sì, subito!-
-Si subito… cosa?-
-SI’ SUBITO, SIGNORE!-
-Sì subito, padrone!- Lo corresse.
-SI’ SUBITO, PADRONE!!-
-Ma guarda un po’. Chi è il frocetto smidollato, adesso?-
-IO!! IO SONO IL FROCETTO SMIDOLLATO!!!-
-Sì, ti piacerebbe! Dai, vattene, prima che ci ripensi.- Quel disgraziato non se lo fece ripetere due volte e fuggì senza dire una parola, battendo il suo personale record nei 100 metri piani.
Qui il mio eroe si girò verso di me, scuotendo le mani per liberarsi della polvere immaginaria, come a dire “missione compiuta”. Io non so bene preda di quale sentimento, tra gratitudine e follia ma gli occhi mi si inumidirono di nuovo. Così corsi ad abbracciarlo e, stretto al mio maschione, detti sfogo a quanto avevo nel cuore.
-Sei al sicuro tra le mie braccia.- Disse sussurrando.
-Grazie, sniff, grazie, mio eroe! Sei fortissimo, fantastico, ti devo la vita! Ti amo, ti amo, ti amo!!!-
E mi strinse più forte a lui.
-Questi muscoloni non mi faranno mai del male, vero?-
-No, sono solo per proteggerti e… scoparti come se non ci fosse un domani. Eheheh-
-Per caso picchiare quei tre stronzi ti ha messo voglia di me?-
-Tantissimo.- Rispose, passandosi una mano sugli addominali -Speravo di sfogarli un po’ su di loro, ma… erano proprio molluschetti, eh!-
-Uao…- Risposi –Ma se non lo fossero stati? Cioè, a me non lo sembravano per niente, ma…-
-Che vuoi? Avere la principessa più bella del mondo comporta qualche responsabilità.-
-Io… tu…… io…… non potrò mai ringraziarti abbastanza!- Dissi baciandogli un pettorale che si contrasse tra le mie labbra.
-Una mezza idea ce l’avrei… io sto impazzendo a vederti vestito così e direi anche tu, visto che mi stai bagnando la gamba haha- Sorrisi mentre i miei occhioni azzurri risplendettero di pianto e di gioia, riflettendo i raggi di luce che ebbero la fortuna di baciarlo.
-Amore, dimmi la verità: hai scelto questo costume da mignotta perché mi volevi possedere nel bagno di un altro, vero?-
Federico scosse la testa negando, ma lessi la verità nel suo sguardo. Se ne accorse.
-Non mi pensare come una persona squallida, ma… -
-…ma ti piaccio zoccola.-
Ero riuscito a farlo arrossire! Per la prima volta! Aveva appena massacrato tre stronzi per me e aveva ancora il cuore di arrossire! Amore mio!
-Sì, ma… zoccola solo per me! Azzardati ad andare con qualcun altro e vi faccio raccogliere col cucchiaino! A te e a lui, chiaro?-
-Sì, mio eroe!- E lo baciai, mentre la mia gamba si piegava all’indietro mandando in alto il piedino velato. Quando fu sazio, Federico si staccò e mi diede uno schiaffetto sul viso. Mi fece l’occhiolino e cambiò espressione; il gioco era cominciato.
-E adesso girati e poggia le mani sulla parete.-
-Sì, subito!-
-Sì subito COSA?-
-SI’ SUBITO, PADRONE!!!-
-Brava ragazza! E ricordati; azzardati a venire senza il mio permesso e hai visto cosa sono in grado di fare!- Così mi abbassò le mutandine di una decina di centimetri. Gli piacque talmente tanto la cosa che le sollevò e le riabbassò altre due volte, ma era importante capire come preferisse schiaffeggiarne la rotondità. Era quasi sul punto di penetrarmi, quando… -Aspetta, com’è che ti piaceva nel sogno?-
Così andò a prendersi il bestione che giaceva a terra privo di sensi a causa dell’unico colpo ricevuto e lo buttò a peso morto sul pavimento, ci posò sopra il piede in segno di vittoria e mi prese saldamente le anche, che risuonarono in un CIAFF!
-Due sono meglio.- Suggerii. -Ahahaha, va bene, ti ho capita, principessa.- Al che avvicinò anche l’altro, ma questo decise di non buttarlo a terra. Piuttosto lo afferrò all'altezza del torace, schiacciandolo alla parete senza fargli toccare terra.
-Così ti basta?-
-Aaah…- Mi morsi le labbra e strinsi l’uccellino tra le mie cosce. -Mi dai il permesso?- Stavo già per esplodere.
-No.-
-Ti prego!-
-Non ho ancora cominciato con te. Giù, a pecora! Che aspetti? Girati!-
-No, ti scongiuro; voglio guardarti, sei bellissimo! Ti prego, ti prego, ti prego!!-
-Va bene,- Sorrise, tradendosi nel gioco -…questo te lo concedo. Però adesso resisti!- Ordinò poggiandomi la sua enorme cappella tra le labbra del culo. -AAah!- Mugolai.
-Resisti!- Ripeté a voce più alta, ma non appena il suo trapano ebbe sfondato la ridicola barriera dei miei muscoletti, dal mio cazzo zampillò un fiotto sottile e potente, che esaurì lo slancio solo quando l'uccello gigantesco del mio ragazzo finì col toccare il fondo.
L'onda del mio seme si infranse sulla fascia più alta dei suoi addominali di marmo e da lì discese goccia a goccia sulla seconda e da lì alla terza, fino ai muscoli pelvici, perdendosi tra i peli neri di quel pube scolpito. -AAAaah…- Gridai, strizzando gli occhi per il piacere e la vergogna.
-Sarai duramente punito per questo.- Minacciò dolcemente -Se non ti disintegro adesso è solo perché ti voglio, chiaro? Ma sai cosa ti faranno non appena rientriamo a casa, questi?- E gonfiò il suo bicipite insuperabile, spalmandomelo sul viso.
-Eh, hai capito?- Ma io non ero già più in grado di rispondere.
Ero troppo eccitato, vuoi per la scena appena vissuta, vuoi la posizione di assoluto dominio che esercitava sopra quei due uomini cui aveva fatto perdere la conoscenza.
Ebbene sì, stavo già entrando nella mia trance afrodisiaca, ma questa volta Federico aveva appena cominciato! E non si sarebbe fermato tanto presto.
Avete presente il paradiso di Dante, quando, scalando le gerarchie angeliche, le luci si fanno sempre più forti e quel poveretto non sa più come descriverle, che già nel primo canto sono talmente accecanti che non si riesce nemmeno a guardarle? Ecco, fu una cosa del genere.
Ero in paradiso e c’era l’onnipotente che gridava come un matto: -Dategli di più! Dategli di più!- E ad ogni colpo di bacino scalavo i vertici del cielo, tra i Santi e le Dominazioni ed era ancora niente, avanti all’ebrezza incommensurabile che il suo cazzo era in grado di donarmi. Entrava e usciva a suo piacere; il mio corpo non offriva resistenza, né sarebbe cambiato qualcosa se avessi cercato di impedirlo.
Ad ogni allontanarsi del suo pube, stendeva i suoi addominali, flessibili come gomma, duri come l’acciaio, che poi raggruppava serrando, riportandoli a contatto con i miei, deformati al contatto di quelle forme divine. Le vene presero a impazzire tra il suo petto e le braccia devastanti e un penetrante odore di maschio mi inondò le narici. Ma proprio quando pensai fosse impossibile godere oltre su questa terra, Federico mi baciò.
La sua lingua penetrò fino al fondo della mia anima e ancora mi bagnai. Fu una carica di cavalleria nella folla dei pacifisti, non volevo resistere, non potevo resistere; mi offrivo inerme al suo desiderio invincibile.
La sua cappella viaggiava come un treno e travolgeva i miei sensi, sventrando il mio esile corpicino da principessa. Ero materia indifesa, plasmata da una perfezione tale da superare in volo la materialità dell’esistenza. Questo dovette provare la terra il primo giorno.
Ma solo guardando l’impero che il suo cazzo devastava dentro di me, la folla degli arcangeli comprese chi fosse ora il vero, indiscutibile re dell’universo. Io non avevo dubbi già da molto tempo e tutta la mia natura vi si sottomise, gridando il suo amore osceno.
Ma Federico mi voleva suo, ancora non gli bastavo e si sbarazzò dell’uomo al muro per afferrarmi con entrambe le mani. E morse il mio collo, schiacciò il mio culetto disarmato e mi baciò fino a rubarmi l’aria dai polmoni. Scalpitava, fremendo d’eccitazione.
Intanto la sua forza aumentava, la sua velocità triplicava ed io ero annientato. Per la frenesia tirò un pugno vicino al mio viso, incrinando una mattonella, ma non ero più in grado di capire. Un rivolo di saliva mi usciva dalla bocca e non una sola fibra muscolare rispondeva più ai miei ordini. Ad ogni ingresso sembrava che l'uccello gli si facesse più grande, più duro ed io mi sentivo come se stessi per rompermi in due. Preso dal delirio, Federico finì con lo strapparmi il costume, scoprendomi il petto glabro, che strinse fin quasi a incrinarmi una costola.
-Sto per venire!- Gridò il Dio, ma io non potevo rispondere.
-STO PER VENIRE!!- Ripeté il mio imperatore e al grido –TI AMO PRINCIPESSAAAAAAaaahh……- venne infarcendomi con una piena di sperma caldo e voluttuoso. Il mio retto si dilatò per intero, ma in una nuova penetrazione fui invaso da una seconda, abbondantissima ondata di liquido seminale. Giuro, ero così pieno che mi sembrava di avere dentro otto cazzi! Ancora un colpo per finire di svuotarsi ed io venni finalmente meno, con la terribile eppure eccitantissima sensazione di essere del tutto inadeguato a sostenere un amore come il suo.
Mi risvegliai un’ora dopo in giardino tra le sue braccia muscolose. Ero quasi nudo, coperto solo dal mantello del costume da Spartano. Faceva un freddo cane, ma Federico me lo aveva offerto esponendo il suo corpo al gelo della notte.
-Cominciavo ad essere preoccupato, sai? Stavo per chiamare un’ambulanza, non ti svegliavi più…-
-Hmmmm… ho fatto un sogno assurdo…-
-Hehe, facevo il culo a un minotauro?-
-Molto meglio.- Risposi, carezzandogli una spalla, vinto della visione del suo corpo ignudo.
-Amore…? Senti, c’è una cosa che devo dirti da tempo. La smetti di fissarmi sempre i bicipiti? Comincia ad essere imbarazzante quando siamo in pubblico. I miei occhi, se non l'hai notato, sono un po' più in alto.-
-E sono bellissimi, ma… no, non lo farò! Ahahaha-
-Ahahah, va bene, allora.-
-Uff, però è ingiusto. Come potrò mai fare per sdebitarmi con te dopo questa sera? Non mi sentirò mai alla tua altezza.- Frignai, palpando il braccio che mi teneva in aria
-Non avrò nemmeno mai niente di altrettanto bello da farti guardare!-
-Scherzi? È da quando ci conosciamo che non faccio che squadrarti il culetto, ma sai com’è; sei girato quando succede.-
-Come il culetto? Non mi diventerai volgare, adesso!- Dissi con indignazione fintissima e particolarmente sfranta.
-Beh, non è che i bicipiti siano proprio l’anima, eh!-
-Ahahaha! Touché.-
-C’est toi qui as touché la corde la plus profonde de mon coeur, ou je ne croyas pas que il peut fleurire encore une vie capable d’aimer les notes qui tu m’inspire. (Sei tu ad aver toccato la corda più profonda del mio cuore, laddove non credevo fiorisse più vita capace di amare le note che m’ispiri.)
-Nooo, non mi hai mai detto che parlavi francese!! Che vuol dire?-
-Che sei figo.- Ed io sorrisi, lusingato del complimento che stavo cercando.
-Senti, ma…a te piace essere la mia…cioè la mia…?-
-Adoro essere la tua zoccola, mio eroe.- Risposi -Non trovo un’altra ragione per svegliarmi la mattina. Ma adesso torniamo a casa, ti prego. Ho bisogno delle tue coccole, di sentire che mi ami e che sono sì una zoccola, ma solo per gioco e solo per te.- Sembrò commosso dalle mie parole e mi posò a terra.
Un minuto dopo eravamo in strada.
Dovevo avere l’espressione sconvolta. Calze slabbrate, trucco rovinato e mi si era pure rotto un tacco, così camminavo zoppicando con una scarpa sì ed una no. L’asfalto era gelido, non volevo togliere anche l’altra, ma dopo qualche metro mi resi conto che sarebbe stato troppo scomodo camminare in quelle condizioni e cominciai a togliermela per rimanere scalzo.
-No, tienila, ti prego!- Disse Federico -Mi eccita troppo vederti camminare così. Sembri ancora più sfondato di quello che sei.-
-Ma che tenerezza, eh!-
-Ah, perché, ti piace vedermi tenero?-
-Hmmm… preferisco duro!! Ahahah Come con quei tre. Lo sai che mi masturberò per anni con questo ricordo, vero?-
-Sai, avevo pensato di farlo dopo, ma non credo che troverò un’occasione migliore di questa e vedendoti in queste condizioni… io non ce la faccio!- E così, Federico si piegò in ginocchio.
-No, amore scusa, sono distrutto. Puoi farmelo a casa un pompino, io…-
Queste furono le mie esatte parole e questa l'improbabile cornice che aveva scelto. Federico mi porse una scatoletta rossa ed io ammutolii, folgorato da quel fulmine a ciel sereno.
-Aprila.-
Scossi il capo. Sentivo che sarei potuto scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Il mio amore rimase malissimo -Perché no?- Domandò preoccupato.
-Perché.. se c’è quello che penso potrei avere un attacco, e se non c’è… potrei averlo lo stesso.-
Allora Federico premette il pulsantino avanti e la scatola si aprì, scoprendo un anello d’argento con incastonata una piccola pietra blu.
-È bellissimo…- Dissi, portando una mano alla bocca, con la voce rotta dall’emozione. -È un topazio??- Ma il mio amore avvampò e volse gli occhi in basso, mordendosi le labbra.
Dio, che stronzo che ero! Certo, come avrebbe mai potuto? Un uomo innamorato era in ginocchio davanti a me, con in mano il suo cuore di cristallo ed io, nell’unico momento di fragilità della sua vita, gli avevo scaricato contro una fucilata di merda. Si sentì umiliato e io sarei voluto sprofondare.
-No, amore, purtroppo i soldi, lo sai…non ci sono. Non ancora, almeno! Ma ti prometto che mi farò un culo che neanche quello che faccio a te per renderti felice! Dimmi di sì, ti prego e da domani mi cerco un lavoro, anche un lavoro di merda e con il primo stipendio cambierò la pietra con una vera.-
Gli risposi incazzato come una belva, vomitandogli addosso tutto l’odio che nutrivo per me stesso.
-Tu! Azzardati a toccare il mio anello e te lo faccio ingoiare! Azzardati a perdere l’espressione che avevi quando sei uscito dal negozio pieno di speranze e magari senza un soldo per aver scelto la pietra più bella che ti potevi permettere, AZZARDATI a togliere la MIA pietra per metterci un cazzo di sasso che luccica e AZZARDATI a farmi sentire in colpa per non averti dato la risposta perfetta che meritavi e aver rovinato il momento più bello della tua settimana e sicuramente della mia vita e IO TI MASSACRO! Magari mi porto dietro l’esercito, MA IO TI MASSACRO! MI HAI CAPITO?!-
Seguì un breve silenzio.
-…non credevo si potesse dire “ti amo” in questo modo.-
-Perdonami! Lo so, dovevi aver immaginato una scena molto diversa.-
-Conoscendoti? No, non tanto.- E le mie labbra ritrovarono il sorriso perduto.
-Ma sei sicuro di volerlo? Io non ti merito.-
-Stai zitto.- Così Federico estrasse l’anello dalla scatola e, dopo aver afferrato la mia mano, rimase qualche secondo in trepida attesa. –E adesso: vuoi rendermi l’uomo più felice del mondo?-
Riuscii a stento a dire “sì”, il “lo voglio” fu mangiato dai singhiozzi e dalle lacrime che cominciarono a uscire per non fermarsi più. Così mi infilò l’anello e da quel momento smisi di appartenere a me stesso.
Non piansi mai tanto come quella notte, non venni mai tanto come quella notte e non mi risvegliai mai più felice e più bello.
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