Un amico - parte terza

di
genere
etero

Partita la ragazza senza tornare a casa mi portai sul posto di lavoro anche se era troppo presto. Per tutto il giorno e per i seguenti non pernsai che a lei spesso temendo che il mio fosse solo un sogno. Mi pareva impossibile aver penetrato una donna come tutti i mortali. Era così diversa dalla vecchia prostituta, l'unica che finallora ero riuscito a possedere col cazzo interamente infilato dentro. Era così bella soda delicata e profumata. L'odore di selvatico che all'inizio mi aveva disgustato era diventato un profumo ed un gusto piacevole che mescolava vino piscio ed umore vaginale. E poi quella fica senza grilletto, così eccitante e la mancanza di grandi labbra che la facevano parere più profonda e larga. Mi era sembrato di leccarle l'utero quando vi avevo affondato il viso. Mai avevo goduto di una femmina come quella notte. C'era un solo intoppo che mi lasciava perplesso e non sapevo come superare, l'incontro con un eventuale cliente. Sinceramente non mi andava che si sapesse in giro che mia moglie era stata una prostituta. Sempre che accettasse di diùventare mia moglie, è evidente. Per tutta la settimana passai atroci momenti pensando a questo intoppo. Il sabato pomeriggio ero talmente arrapato che mandai al diavolo ipotetici clienti e conoscenti e mi dissi pronto a fronteggiare una massa di uomini che volessero tornare a fotterla. Non mi avrebbero fatto paura nè avrebbero impedito che anche io provassi le gioie di una chiavata. Mi portai al rondò di Monza che il sole stava calando e dovetti aspettare più di quattro ore prima di vederla arrivare correndo colla busta dentro cui nascondeva il vestito di scena. Riconobbe la mia auto e mi venne incontro. Le proposi di venire a casa mia ma rifiutò perchè aveva promesso ad un paio di clienti di farsi trovare sul posto. Mi propose però di venirla a cercare lunedì sera ed avrebbe trascorsa con me l'intera notte. Infilò la testa nel finestrino mi diede un appassionato bacio sulla bocca mentre smanettava il cazzo voglioso e si allontanò senza aspettare che raggiungessi il piacere. Adirato partii in direzione della vecchia Erminia deluso e geloso giurando che non sarei andato più a cercarla ma appena vidi la vecchia baldracca mi accorsi di quanta differenza ci fosse tra le due e tornai a casa a mangiarmi il fegato per la gelosia. Chissà in quel momento quale imbecille stava godendo delle sue grazie. Ero talmente arrabbiato che mi passò la voglia di godere. Fu una notte tormentata e peggiore fu la domenica. Il lunedì tornai al lavoro distrutto e la sera, quando mi preparai ad andarla a cercare cominciai a vivere. Dimenticai ogni tormento quando la vidi arrivare simile ad una gazzella che corre incontro al leone che la sbranerà e la stavo per sbranare davvero quando la baciai. Le feci male e se ne dolse. Il desiderio di questa silfide nera mi faceva impazzire ed appena in casa le montai sopra ancora coi jeans a metà coscia. Le sbrodolai dapertutto, la inzaccherai di sperma e calmai la sua ira solo quando le promisi che le avrei comprato degli indumenti nuovi. Le dichiarai quanto la amassi e lei in ricambio mi derideva perchè le dicevo cose che quasi tutti i suoi clienti le ripetevano da tempo. Non ero per nulla originale. Ma io volevo sposarla, anche gli altri promettevano la stessa cosa. Ma io volevo tirarla fuori dal giro, anche gli altri non facevano che proporre la stessa cosa. Ma io... - Ma tu mettiti a letto ed abbracciami. Fammi sentire il calore di un maschio. Emura si spogliò nuda e mi si avvinse contro con ogni parte del corpo incollata al mio. Mi sembrò di abbracciare uno scricciolo, sai uno di quegli uccellini delicati e piccoli e mi sentii il gigante buono che protegge la verginella da un drago. Sentivo il suo cuoricino battere contro il petto e le sue mani tremavano mentre mi carezzava. Prima colla voce talmente fioca che non fui udito quindi a voce un po' più alta le ripetei se volesse sposarmi. Nascose il volto nell'incavo del collo e non rispose. Sentii sulla spalla la gota umida di pianto. Le chiesi il motivo di quella lacrima. Dovetti chiedere parecchie volte prima che mi rispondesse che proprio non poteva. E non era l'età l'impedimento e non era la razza o il fatto che lei fosse clandestina e non era il pericolo di eventuali clienti, lei non era libera e non era padrona di se stessa. Praticamente era legata ad una megera nigeriana che le portava via tutto il ricavato delle lunghe notti sulla strada. Lo avevo temuto però avevo cercato di non pensarci anche perchè non avrei saputo come superare quest'ostacolo. Questo sì che era insormontabile per davvero. A meno che... a meno che non fuggissimo lontano. - No, non si può fuggire a qualcuno disposto a qualsiasi cosa pur di ritrovarti e poi non si può fuggire dal proprio passato. Il cazzo non vuole pensieri, secondo un detto napoletano per cui la voglia che avevo appena l'ho vista mi è passata di botto e mi ritrovo in mezzo alle cosce un verme lungo e molle che non alza la testa nemmeno per le continue carezze delle sue mani nè per i baci appassionati sulla capocchia. E non ho nemmeno sonno per cui fisso il lampadario fino a vederlo oscilare. Vorrei piangere perchè è come afferrare un sogno per i capelli e vederselo sfuggire tra le dita. Anche Emura è triste e mi carezza il petto languidamente. Mentre dopo una notte insonne mi rivesto per riaccompagnarla al rondò butto lì: - E se ti riscatto dalla nigeriana? Quanti soldi chiede? Mi guarda con pietà e non risponde, come se avessi detto una cazzata. La lascio davanti alla stazione mentre il treno già sferraglia sui binari. Mentre la bacio le ripeto la domanda e lei lasciando scorrere la mano nella mano mi dice che costa troppo e non ne vale la pena. Prima che entri nella stazione le grido di chiedere, così, per curiosità e lei lancia un - va bene, più per farmi contento che convinta. Il martedì sera vado a cercarla, non c'è. Neanche il mercoledì e così fino al sabato. Al sabato la vedo la lontano e mi si apre il cuore, ritorno a vivere perchè avevo temuto di averla persa per sempre. Era stata in casa per il ciclo. Meno male. Non aveva chiesto nulla alla guardiana perchè non ne valeva la pena. - Ma se fosse possibile ti andrebbe di sposarmi? - A me farebbe piacere. Ma tu ne sei convinto? - Non desidero altro. - Sappi che la mia vita è come un foglio di carta bianco con una grossa macchia nera al centro. Mi si stinse il cuore e se sinallora ero indeciso se legare la mia vita alla sua dopo quella dichiarazione la amai fino all'inverosimile e mi parve più bisognosa del mio affetto che altre volte. Feci per abbracciarla ma lei sgusciò via dandomi appuntamento al lunedì come al solito. Odiai il cliente che la fece entrare in auto e mi augurai che non gli si ndurisse il cazzo. Mi allontanai e mi venne da ridere sulla mia gelosia. Il lunedì mi adirai quando disse che non aveva avuto il coraggio di chiedere quanto costasse il suo riscatto e passammo una nottata d'amore come vecchi amanti. Le riconfermai che ero deciso a sposarla sempre che lei lo volesse. Dimentinando che oltretutto era pur sempre una clandestina. Ma l'ostacolo maggiore era il modo di liberarla. Passò circa un mese, facendomi dubitare della lealtà della mia amica, che oltretutto mi costava un patrimonio per ogni nottata d'amore, prima che mi riferisse che la sua libertà costava 50 milioni di vecchie lire. Minghia! Per uno che guadagnava 6-700 mila lire al mese era una cifra impossibile da racimolare. Quella sera di chiavare neanche a pensarci. Una delusione totale. Speravo che la libertà costasse non più di una decina di milioni, che oltretutto non erano pochi. Non ebbi neanche il coraggio di fare una controfferta perchè la differenza era abissale. Ogni lunedì andavo a cercarla col cuore gonfio e passavo ore d'angoscia convinto di rincorrere un sogno impossibile da realizzare. Ogni chiavata aveva un retrogusto amaro e vedere la mia amica innamorata mi faceva più male ancora. Feci un po' di conti e raggiunsi si e no 8-9 milioni anche colla liquidazione anticipata. Avrei potuto chiedere a destra e manca qualche prestito e con tutta la buona volontà non superai la quindicina di milioni, cifra ben lontana da quella richiesta. Inutile chiedere ad Emura di aiutarmi visto che i pochi soldi che le lasciavano li spediva alla famiglia in Burundi. Per un paio di mesi ci siamo incontrati per renderci conto che l'amore ci legava sempre più, disperati per non riuscire a rimuovere gli ostacoli che incontravamo sulla nostra strada. Fino a che...il seguito a presto.
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scritto il
2011-03-01
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