La vera storia di Caino e Abele.
di
Tibet
genere
interviste
Perché ogni volta che incontro mio fratello penso a Caino? Anche oggi ho avuto lo stimolo di sgozzarlo!
T.
Incontrai Caino in un bar aperto tutta la notte. La fauna umana che lo frequentava era elitaria. Tendeva ad eliminare chi non aveva le caratteristiche giuste. Ammetteva solo alcolizzati, vecchie puttane sfasciate e disperati vari. Fu per puro caso che trovai posto accanto a lui. Il bancone era pieno e l’unico sgabello libero era quello. Era appoggiato con i gomiti sul bancone e sembrava ci stesse comodo. Una posizione di attesa che riesci a fartela piacere dopo ore, giorni e anni d’esercizio.
Si pagava all'istante. Tu ordinavi e mettevi il denaro sul banco. Chi non si atteneva a questo rituale veniva ignorato. Necessità del business locale. Niente credito qui. Non esisteva né la fiducia né il futuro. Solo il maledetto presente e limitato al momento.
Stavo bevendo quando sentii la sua voce.
-Io sono Caino…-
Caino? Anch’io lo sono o lo sono stato, come avrei sgozzato volentieri Abele che vedevo sotto le spoglie di quel coglione di mio fratello. Sempre pulito, casto, prudente, studioso, obbediente e poi… conformista, spione e ottuso? Un sepolcro imbiancato quello era il mio Abele. Come tutti gli Abele di questo mondo.
Gli risposi più per farlo smettere che altro.
-Anch’io lo sono…-
Riuscii solo a farlo voltare verso di me, non a desistere, un viso senza età… barba lunga, occhi cisposi e arrossati e nonostante questo, attenti, svegli, mi sembrarono gli occhi di un pazzo.
-Sono in attesa del giudizio, sai? Quando si solleveranno le lastre di marmo che coprono i sepolcri e suoneranno le trombe mi chiameranno per primo, sono il primo assassino dell’umanità…-
Aveva denaro il vecchio, chiamò il barista e mise sul piano del bancone una bella banconota frusciante. Ordinò per tutti e due e cominciò a piacermi. Lui o il suo denaro? Perché sottilizzare sempre?
Lui voleva parlare e io volevo bere, semplice no? Lui aveva soldi e io no. Quindi la cosa era risolta, fino a che aveva soldi io ascoltavo.
Si liberò un tavolo e mi precipitai ad occuparlo, volevo togliere il vecchio dalla calca. Non sia mai che iniziasse a pagare da bere a tutti.
Ora lui e la bottiglia fra noi era il mondo. Null’altro esisteva.
-Sai… dio sembra buono ma è un manipolatore crudele, mi ha fatto esistere solo per inventarmi come figura, sapeva già quello che è poi successo, non è Abele l’agnello sacrificale ma io. Io… l’uccisore… il colpevole. Il reietto da usare come esempio del male…-
-Salud…-
Alzai il bicchiere… bevvi e lo riempii di nuovo.
-Abele era bellissimo… già bambino aveva delle caratteristiche uniche. Biondo con la pelle luminosa e due occhi splendenti. Sano eh? Sempre sano. Dritto… e alto.-
Mi sentii in dovere di dire qualcosa giusto per poter attaccare il bicchiere pieno.
-E tu…?-
-Io? Le prime parole che mi disse dio… nostro padre, furono… tu sei nato per essere il servo di tuo fratello, sei il suo esatto contrario. E così fu… lui biondo e bello? Io nero, brutto e deforme. Lui sano? Io sempre pieno di acciacchi. Lui che si dilettava in sacrifici verso nostro padre e io che lavoravo fino all’arrivo del buio. Curare e mungere le bestie. Seminare, sarchiare e alla maturazione mietere il raccolto. Assistere i parti delle fattrici e portargli subito gli appena nati da sacrificare. E poi… cucinare e pulire…-
Io osservavo preoccupato la bottiglia, il livello calava rapidamente, chissà se il vecchio aveva ancora soldi?
Sembrava che mi leggesse il pensiero. Levò una altra banconota e mi disse di portare una altra bottiglia. Mi intascai il resto.
Ora mi aveva conquistato e potevo ascoltarlo fino a crollare sotto il tavolo.
-E poi…?-
-Poi…? Stranamente le cose non andavano come aveva previsto. Dio… intendo. Mi ero adattato e volevo bene ad Abele, in fin dei conti eravamo gli unici al mondo. Così ritenne di aumentare la dose, promuovere la mia invidia e il mio rancore. E questo fino a causare il delitto. Gli diede moglie.-
-Moglie?…-
-Si… mi chiamò e me lo disse. Mi disse… ho deciso di dare moglie ad Abele così lui possa perpetuare la specie. E io? Dissi… Tu…? Rispose… tu sei inutile… morirai e nessuno si ricorderà di te… mentiva sapendo di mentire, mi avrebbero invece ricordato in eterno, proprio come lui voleva.-
-Continua…-
-Lei era bellissima. Quanto Abele. Lui biondo come il sole e lei bruna come la notte. I capelli soffici e lucenti le arrivavano alle reni, sai? Il suo seno? Quanto di più perfetto possa esistere, due globi di soda carne che mentre camminava sobbalzavano leggeri. E il muoversi del suo sedere? Io a volte la seguivo proprio per poterne ammirare il movimento. Le sue natiche? Se è possibile coniugare opulenza e eleganza… beh… lei ne era l’esempio. Poi… iniziò il tormento…-
-Tormento?-
-Si… sentivo le loro risa, mentre io ero relegato a vivere nella stalla. Erano felici e io ero disperato. Sentivo anche i rumori delle loro effusioni amorose, gemiti e sospiri… urla di piacere neanche trattenute. Una sera tentato… mi avvicinai silenzioso e li guardai mentre facevano l’amore. Erano bellissimi. Lei stava sopra di lui… a cavalcioni e si alzava e si abbassava, il suo seno si muoveva sincrono, la visione era eccitante e iniziai a masturbarmi. Partecipai nascostamente così al loro piacere. E versai il mio seme sulla nuda terra mentre Abele fecondava sua moglie. Io mi sarei accontentato di questo, di questo piacere di riflesso, rubato. Ma fui subito punito…-
Bevevo più lentamente ora, il suo racconto mi prendeva, fece una pausa e ricominciò.
-Appena rientrai nella stalla lui… dio, mio padre… mi comparve e mi rimproverò duramente, mi chiamò depravato e mi proibì assolutamente di fare ancora cose simili, se avessi ancora cercato di eiaculare il mio seme così avrei provato dolori inimmaginabili. Ed era contrariato… molto arrabbiato. Evidentemente le cose non andavano come lui desiderava.-
-E quindi…?-
-Quindi? Nulla… sentivo le loro voci e il loro giocare, ero eccitato ma non osavo masturbarmi. Tutta la tensione mi restava dentro, lavorava nel cervello e mi trovavo stremato. Sempre stanchissimo… e poi la situazione cambiò ancora…-
-Come…?-
-A poco a poco le cose cambiarono fra loro, fra Abele e la moglie dico, le notti non erano più così concitate. Abele stesso era poco interessato alla moglie e si dedicava completamente ai sacrifici al padre. E lei… la moglie… bellissima… seducente, mise lo sguardo su di me. Dopo… dopo che accade, capii che era una ulteriore mossa per coinvolgermi, ma… lì… al momento vedere questa donna interessarsi a me, mi sembrò una cosa bellissima senza paragone alcuno. Si mostrava sai? Senza farlo apparire come voluto mi provocava in ogni maniera. Mentre ero alla sua presenza si chinava in avanti e così facendo mi mostrava parte di se. Il paradiso assoluto aveva fra le gambe. Io… inizialmente nascondevo la mia eccitazione, mi giravo e le davo la schiena. Ma presto con i suoi sguardi di approvazione mi fece capire che gradiva la vista. E così ostentai. Mi misi in mostra. Una grossa e dura verga avevo. Dura e nodosa. A differenza di quella di Abele, bellissima ma delicata, la mia era quella di un animale. E sempre dura. Spesso ora lei mi si appoggiava… poneva il suo seno contro la mia schiena oppure i suoi glutei contro il mio ventre e poi mi guardava interrogativa. Si… mancava solo l’occasione ormai. Mi diceva cose strane… che il marito Abele ormai non la soddisfaceva più, che le serviva un vero uomo, un uomo capace di piegarla e soddisfarla fino a saziarla completamente. E un giorno…-
Si fermò e riempì i nostri bicchieri, mi ero scordato di riempirli io stesso preso dal suo racconto.
-E un giorno? Che successe…?-
-Abele quel giorno andava a compiere un sacrificio su di una montagna, glielo aveva richiesto espressamente il padre nostro di andarci, tra l’andare e il ritornare era un giorno intero che gli serviva, la mattina lo aiutai a preparare il necessario, un agnellino per il sacrificio, ricotta e semi di sesamo per lui. Lo guardai partire e dentro me una grande eccitazione mi prese, sapevo cosa sarebbe successo. Lei apparve sull’entrata, i suoi occhi erano diversi, la luce che li illuminava era di una passione senza limiti. I suoi capezzoli erano irti come spine di rovo e il seno saldo come la roccia. La sua voce mi disse… -vieni Caino… vieni sul suo giaciglio. Vieni…-
Sentii il bisogno di bere… iniziai a vedere la concertazione di tutto.
-Mi prese per mano e mi condusse dentro, si inginocchiò sul giaciglio e mi toccò, la sua mano era ferma e nello stesso tempo delicata. La sua voce era il canto di mille sirene, impossibile per me resistere e non era questo che volevo. Volevo lei… la donna meravigliosa di mio fratello, prenderla, possederla, fecondarla con il mio seme considerato inutile. Fui presto fra le sue cosce e mi si aperse la porta della vera felicità. Quando entrai in lei? Che sensazione di assoluto piacere! La mia verga scorreva lungo le sue pareti interne roride di miele, miele intenso e profumato. La mia bocca veniva baciata, leccata e morsa dalla sua. Le mie mani la tenevano fortemente per le natiche tanto sode da parere marmo. E i suoi gemiti… mentre mi portava la testa sul seno e mi faceva baciare e mordere i suoi capezzoli. Poi… il mio piacere. Forte… assurdo. Tanto forte da farmi perdere la coerenza. Mi sembrava di fondermi e di riempirla della mia anima. Tutto il giorno durò…-
Un attimo di pausa, tirò fuori una altra banconota e andai al banco. Riempimmo i bicchieri e bevemmo.
-Fu un giorno di assoluta pazzia, lei era senza limiti e la mia resistenza la sorprese. Fece molti commenti comparativi con Abele, io un toro… lui un agnello. Per quel giorno fu solo passione, i nostri congiungimenti erano continui e durarono fino al tardo pomeriggio. Se ripenso al corpo e alla passione di lei…-
Mi incuriosiva una cosa ne chiesi conferma…
-E tuo padre… dio…?-
-Nulla… temevo la sua collera, avevo preso la donna del suo figliolo prediletto, no? Nulla, nessun segno di lui, ma era logico che fosse così. Dopo lo capii benissimo…-
-Continua…-
Ormai ero preso dalla storia, ne vedevo la fine e ne cercavo conferma.
-Dal giorno dopo lei iniziò il lavoro di convincimento. Mi cercava, mi si appoggiava, mi toccava e si faceva toccare e mi diceva a voce bassa… con voce calda e roca… mi diceva quanto sarebbe stato bello essere soli. Senza Abele ci si sarebbe potuto congiungere, farlo fino alla soddisfazione totale dei sensi. Cercava ogni attimo di trovarmi da solo. La presi varie volte in amplessi animaleschi, di pochi attimi… amplessi nei quali godevamo in maniera assurda. Per poi… subito dopo essere di nuovo in preda alla passione. E la notte? Quelle poche volte che Abele la cercava, lei.. con delle proteste nei suoi confronti, mi faceva capire che non lo gradiva, che ormai voleva solo me. Era un gioco sottile il suo… mi minava la volontà…-
Ora sapevo e attesi la sua conclusione…
-E quando lei me lo chiese… io ero pronto.-
-Lo facesti come?-
-Lei mi chiese di ucciderlo. Che poi saremmo stati noi due, io e lei e successivamente noi con i nostri figli. E io mi convinsi… lo uccisi. Lo sorpresi mentre dormiva e lo sgozzai come uno degli agnelli che preparavo per lui… morì in un lago di sangue. Presi paura e lo portai lontano, lo buttai da un dirupo. Ora ero consapevole di quello che avevo fatto. Tornai nel terrore… e trovai lui ad aspettarmi. Lui… dio, nostro padre. Lei era sparita… non la rividi mai più, alla fine era solo una pedina del suo gioco. Lui con lo sguardo di fuoco mi chiese… - dove è Abele? Dove è tuo fratello?- e io pur terrorizzato gli risposi..- Come posso saperlo? Sono forse il guardiano di mio fratello-
-Perché non ti punì? E ti lasciò vivo?-
Ma sapevo la risposta…
-Gli servivo vivo… tutto era stato concertato, ma non capisci? Il bene e il male. Io Caino… la figura carica di livore, di invidia, il brutto, il diverso. E lui Abele la luce, la bontà, l’intelligenza, la bellezza. L’eterna contrapposizione fra bene e male. Fra il giusto e il perduto. Per promuovere il rimorso eterno. Io… Caino sono necessario, è come se fosse che il bene e il male dovessero tendere uno verso l’altro, cercarsi e infine trovare un equilibrio senza sopraffarsi, io… Caino sono il male. E sto subendo il castigo eterno, ma sono innocente, mi ci ha portato lui a fare quello che ho fatto, devono saperlo.-
Si… è così, pensai.
Un equilibrio, giusta la sua considerazione, la consapevolezza che il bene per esistere ha bisogno del suo opposto… il male.
Gli dissi che andavo a pisciare, di aspettarmi. Ma quando tornai lui era sparito. Sotto la bottiglia quasi vuota un piccolo fascio di banconote e un biglietto con poche parole.
“Racconta di me, scrittore”.
Tibet
Jinx:
“C’è sempre qualcuno che viene a parlarmi di miracoli. Mia madre mi leggeva la bibbia da piccola, ha avuto l’effetto di guarirmi dalla religione. L’antico testamento è pieno zeppo di vecchiacci bastardi che uccidevano intere tribù di gente e andavano con mogli di altri uomini e persino con i propri figli, e che vengono considerati eroi. I miracoli? Se ogni tanto succedessero davvero, potrei pensare di credere a tutte quelle baggianate.”
(J.R.Lansdale – Acqua buia)
T.
T.
Incontrai Caino in un bar aperto tutta la notte. La fauna umana che lo frequentava era elitaria. Tendeva ad eliminare chi non aveva le caratteristiche giuste. Ammetteva solo alcolizzati, vecchie puttane sfasciate e disperati vari. Fu per puro caso che trovai posto accanto a lui. Il bancone era pieno e l’unico sgabello libero era quello. Era appoggiato con i gomiti sul bancone e sembrava ci stesse comodo. Una posizione di attesa che riesci a fartela piacere dopo ore, giorni e anni d’esercizio.
Si pagava all'istante. Tu ordinavi e mettevi il denaro sul banco. Chi non si atteneva a questo rituale veniva ignorato. Necessità del business locale. Niente credito qui. Non esisteva né la fiducia né il futuro. Solo il maledetto presente e limitato al momento.
Stavo bevendo quando sentii la sua voce.
-Io sono Caino…-
Caino? Anch’io lo sono o lo sono stato, come avrei sgozzato volentieri Abele che vedevo sotto le spoglie di quel coglione di mio fratello. Sempre pulito, casto, prudente, studioso, obbediente e poi… conformista, spione e ottuso? Un sepolcro imbiancato quello era il mio Abele. Come tutti gli Abele di questo mondo.
Gli risposi più per farlo smettere che altro.
-Anch’io lo sono…-
Riuscii solo a farlo voltare verso di me, non a desistere, un viso senza età… barba lunga, occhi cisposi e arrossati e nonostante questo, attenti, svegli, mi sembrarono gli occhi di un pazzo.
-Sono in attesa del giudizio, sai? Quando si solleveranno le lastre di marmo che coprono i sepolcri e suoneranno le trombe mi chiameranno per primo, sono il primo assassino dell’umanità…-
Aveva denaro il vecchio, chiamò il barista e mise sul piano del bancone una bella banconota frusciante. Ordinò per tutti e due e cominciò a piacermi. Lui o il suo denaro? Perché sottilizzare sempre?
Lui voleva parlare e io volevo bere, semplice no? Lui aveva soldi e io no. Quindi la cosa era risolta, fino a che aveva soldi io ascoltavo.
Si liberò un tavolo e mi precipitai ad occuparlo, volevo togliere il vecchio dalla calca. Non sia mai che iniziasse a pagare da bere a tutti.
Ora lui e la bottiglia fra noi era il mondo. Null’altro esisteva.
-Sai… dio sembra buono ma è un manipolatore crudele, mi ha fatto esistere solo per inventarmi come figura, sapeva già quello che è poi successo, non è Abele l’agnello sacrificale ma io. Io… l’uccisore… il colpevole. Il reietto da usare come esempio del male…-
-Salud…-
Alzai il bicchiere… bevvi e lo riempii di nuovo.
-Abele era bellissimo… già bambino aveva delle caratteristiche uniche. Biondo con la pelle luminosa e due occhi splendenti. Sano eh? Sempre sano. Dritto… e alto.-
Mi sentii in dovere di dire qualcosa giusto per poter attaccare il bicchiere pieno.
-E tu…?-
-Io? Le prime parole che mi disse dio… nostro padre, furono… tu sei nato per essere il servo di tuo fratello, sei il suo esatto contrario. E così fu… lui biondo e bello? Io nero, brutto e deforme. Lui sano? Io sempre pieno di acciacchi. Lui che si dilettava in sacrifici verso nostro padre e io che lavoravo fino all’arrivo del buio. Curare e mungere le bestie. Seminare, sarchiare e alla maturazione mietere il raccolto. Assistere i parti delle fattrici e portargli subito gli appena nati da sacrificare. E poi… cucinare e pulire…-
Io osservavo preoccupato la bottiglia, il livello calava rapidamente, chissà se il vecchio aveva ancora soldi?
Sembrava che mi leggesse il pensiero. Levò una altra banconota e mi disse di portare una altra bottiglia. Mi intascai il resto.
Ora mi aveva conquistato e potevo ascoltarlo fino a crollare sotto il tavolo.
-E poi…?-
-Poi…? Stranamente le cose non andavano come aveva previsto. Dio… intendo. Mi ero adattato e volevo bene ad Abele, in fin dei conti eravamo gli unici al mondo. Così ritenne di aumentare la dose, promuovere la mia invidia e il mio rancore. E questo fino a causare il delitto. Gli diede moglie.-
-Moglie?…-
-Si… mi chiamò e me lo disse. Mi disse… ho deciso di dare moglie ad Abele così lui possa perpetuare la specie. E io? Dissi… Tu…? Rispose… tu sei inutile… morirai e nessuno si ricorderà di te… mentiva sapendo di mentire, mi avrebbero invece ricordato in eterno, proprio come lui voleva.-
-Continua…-
-Lei era bellissima. Quanto Abele. Lui biondo come il sole e lei bruna come la notte. I capelli soffici e lucenti le arrivavano alle reni, sai? Il suo seno? Quanto di più perfetto possa esistere, due globi di soda carne che mentre camminava sobbalzavano leggeri. E il muoversi del suo sedere? Io a volte la seguivo proprio per poterne ammirare il movimento. Le sue natiche? Se è possibile coniugare opulenza e eleganza… beh… lei ne era l’esempio. Poi… iniziò il tormento…-
-Tormento?-
-Si… sentivo le loro risa, mentre io ero relegato a vivere nella stalla. Erano felici e io ero disperato. Sentivo anche i rumori delle loro effusioni amorose, gemiti e sospiri… urla di piacere neanche trattenute. Una sera tentato… mi avvicinai silenzioso e li guardai mentre facevano l’amore. Erano bellissimi. Lei stava sopra di lui… a cavalcioni e si alzava e si abbassava, il suo seno si muoveva sincrono, la visione era eccitante e iniziai a masturbarmi. Partecipai nascostamente così al loro piacere. E versai il mio seme sulla nuda terra mentre Abele fecondava sua moglie. Io mi sarei accontentato di questo, di questo piacere di riflesso, rubato. Ma fui subito punito…-
Bevevo più lentamente ora, il suo racconto mi prendeva, fece una pausa e ricominciò.
-Appena rientrai nella stalla lui… dio, mio padre… mi comparve e mi rimproverò duramente, mi chiamò depravato e mi proibì assolutamente di fare ancora cose simili, se avessi ancora cercato di eiaculare il mio seme così avrei provato dolori inimmaginabili. Ed era contrariato… molto arrabbiato. Evidentemente le cose non andavano come lui desiderava.-
-E quindi…?-
-Quindi? Nulla… sentivo le loro voci e il loro giocare, ero eccitato ma non osavo masturbarmi. Tutta la tensione mi restava dentro, lavorava nel cervello e mi trovavo stremato. Sempre stanchissimo… e poi la situazione cambiò ancora…-
-Come…?-
-A poco a poco le cose cambiarono fra loro, fra Abele e la moglie dico, le notti non erano più così concitate. Abele stesso era poco interessato alla moglie e si dedicava completamente ai sacrifici al padre. E lei… la moglie… bellissima… seducente, mise lo sguardo su di me. Dopo… dopo che accade, capii che era una ulteriore mossa per coinvolgermi, ma… lì… al momento vedere questa donna interessarsi a me, mi sembrò una cosa bellissima senza paragone alcuno. Si mostrava sai? Senza farlo apparire come voluto mi provocava in ogni maniera. Mentre ero alla sua presenza si chinava in avanti e così facendo mi mostrava parte di se. Il paradiso assoluto aveva fra le gambe. Io… inizialmente nascondevo la mia eccitazione, mi giravo e le davo la schiena. Ma presto con i suoi sguardi di approvazione mi fece capire che gradiva la vista. E così ostentai. Mi misi in mostra. Una grossa e dura verga avevo. Dura e nodosa. A differenza di quella di Abele, bellissima ma delicata, la mia era quella di un animale. E sempre dura. Spesso ora lei mi si appoggiava… poneva il suo seno contro la mia schiena oppure i suoi glutei contro il mio ventre e poi mi guardava interrogativa. Si… mancava solo l’occasione ormai. Mi diceva cose strane… che il marito Abele ormai non la soddisfaceva più, che le serviva un vero uomo, un uomo capace di piegarla e soddisfarla fino a saziarla completamente. E un giorno…-
Si fermò e riempì i nostri bicchieri, mi ero scordato di riempirli io stesso preso dal suo racconto.
-E un giorno? Che successe…?-
-Abele quel giorno andava a compiere un sacrificio su di una montagna, glielo aveva richiesto espressamente il padre nostro di andarci, tra l’andare e il ritornare era un giorno intero che gli serviva, la mattina lo aiutai a preparare il necessario, un agnellino per il sacrificio, ricotta e semi di sesamo per lui. Lo guardai partire e dentro me una grande eccitazione mi prese, sapevo cosa sarebbe successo. Lei apparve sull’entrata, i suoi occhi erano diversi, la luce che li illuminava era di una passione senza limiti. I suoi capezzoli erano irti come spine di rovo e il seno saldo come la roccia. La sua voce mi disse… -vieni Caino… vieni sul suo giaciglio. Vieni…-
Sentii il bisogno di bere… iniziai a vedere la concertazione di tutto.
-Mi prese per mano e mi condusse dentro, si inginocchiò sul giaciglio e mi toccò, la sua mano era ferma e nello stesso tempo delicata. La sua voce era il canto di mille sirene, impossibile per me resistere e non era questo che volevo. Volevo lei… la donna meravigliosa di mio fratello, prenderla, possederla, fecondarla con il mio seme considerato inutile. Fui presto fra le sue cosce e mi si aperse la porta della vera felicità. Quando entrai in lei? Che sensazione di assoluto piacere! La mia verga scorreva lungo le sue pareti interne roride di miele, miele intenso e profumato. La mia bocca veniva baciata, leccata e morsa dalla sua. Le mie mani la tenevano fortemente per le natiche tanto sode da parere marmo. E i suoi gemiti… mentre mi portava la testa sul seno e mi faceva baciare e mordere i suoi capezzoli. Poi… il mio piacere. Forte… assurdo. Tanto forte da farmi perdere la coerenza. Mi sembrava di fondermi e di riempirla della mia anima. Tutto il giorno durò…-
Un attimo di pausa, tirò fuori una altra banconota e andai al banco. Riempimmo i bicchieri e bevemmo.
-Fu un giorno di assoluta pazzia, lei era senza limiti e la mia resistenza la sorprese. Fece molti commenti comparativi con Abele, io un toro… lui un agnello. Per quel giorno fu solo passione, i nostri congiungimenti erano continui e durarono fino al tardo pomeriggio. Se ripenso al corpo e alla passione di lei…-
Mi incuriosiva una cosa ne chiesi conferma…
-E tuo padre… dio…?-
-Nulla… temevo la sua collera, avevo preso la donna del suo figliolo prediletto, no? Nulla, nessun segno di lui, ma era logico che fosse così. Dopo lo capii benissimo…-
-Continua…-
Ormai ero preso dalla storia, ne vedevo la fine e ne cercavo conferma.
-Dal giorno dopo lei iniziò il lavoro di convincimento. Mi cercava, mi si appoggiava, mi toccava e si faceva toccare e mi diceva a voce bassa… con voce calda e roca… mi diceva quanto sarebbe stato bello essere soli. Senza Abele ci si sarebbe potuto congiungere, farlo fino alla soddisfazione totale dei sensi. Cercava ogni attimo di trovarmi da solo. La presi varie volte in amplessi animaleschi, di pochi attimi… amplessi nei quali godevamo in maniera assurda. Per poi… subito dopo essere di nuovo in preda alla passione. E la notte? Quelle poche volte che Abele la cercava, lei.. con delle proteste nei suoi confronti, mi faceva capire che non lo gradiva, che ormai voleva solo me. Era un gioco sottile il suo… mi minava la volontà…-
Ora sapevo e attesi la sua conclusione…
-E quando lei me lo chiese… io ero pronto.-
-Lo facesti come?-
-Lei mi chiese di ucciderlo. Che poi saremmo stati noi due, io e lei e successivamente noi con i nostri figli. E io mi convinsi… lo uccisi. Lo sorpresi mentre dormiva e lo sgozzai come uno degli agnelli che preparavo per lui… morì in un lago di sangue. Presi paura e lo portai lontano, lo buttai da un dirupo. Ora ero consapevole di quello che avevo fatto. Tornai nel terrore… e trovai lui ad aspettarmi. Lui… dio, nostro padre. Lei era sparita… non la rividi mai più, alla fine era solo una pedina del suo gioco. Lui con lo sguardo di fuoco mi chiese… - dove è Abele? Dove è tuo fratello?- e io pur terrorizzato gli risposi..- Come posso saperlo? Sono forse il guardiano di mio fratello-
-Perché non ti punì? E ti lasciò vivo?-
Ma sapevo la risposta…
-Gli servivo vivo… tutto era stato concertato, ma non capisci? Il bene e il male. Io Caino… la figura carica di livore, di invidia, il brutto, il diverso. E lui Abele la luce, la bontà, l’intelligenza, la bellezza. L’eterna contrapposizione fra bene e male. Fra il giusto e il perduto. Per promuovere il rimorso eterno. Io… Caino sono necessario, è come se fosse che il bene e il male dovessero tendere uno verso l’altro, cercarsi e infine trovare un equilibrio senza sopraffarsi, io… Caino sono il male. E sto subendo il castigo eterno, ma sono innocente, mi ci ha portato lui a fare quello che ho fatto, devono saperlo.-
Si… è così, pensai.
Un equilibrio, giusta la sua considerazione, la consapevolezza che il bene per esistere ha bisogno del suo opposto… il male.
Gli dissi che andavo a pisciare, di aspettarmi. Ma quando tornai lui era sparito. Sotto la bottiglia quasi vuota un piccolo fascio di banconote e un biglietto con poche parole.
“Racconta di me, scrittore”.
Tibet
Jinx:
“C’è sempre qualcuno che viene a parlarmi di miracoli. Mia madre mi leggeva la bibbia da piccola, ha avuto l’effetto di guarirmi dalla religione. L’antico testamento è pieno zeppo di vecchiacci bastardi che uccidevano intere tribù di gente e andavano con mogli di altri uomini e persino con i propri figli, e che vengono considerati eroi. I miracoli? Se ogni tanto succedessero davvero, potrei pensare di credere a tutte quelle baggianate.”
(J.R.Lansdale – Acqua buia)
T.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Il Professor Ognibene e Virginia.racconto sucessivo
La donna dalla pelle di luna
Commenti dei lettori al racconto erotico