La mia vita da Bull 9: Una madre severa
di
Bull del nord
genere
tradimenti
Scesi le scale con la testa che mi girava, l’orgasmo mi aveva lasciato frastornato ma l’euforia mi permeava come il sole in una giornata estiva. Tornai nello studio del marito e mi misi a piegare la biancheria, il posto mi sembrava un po’ claustrofobico e quindi mi spostai in piscina. Ero ancora poco pratico nel piegare, pensavo a come erano ordinati gli asciugamani piegati negli alberghi, perfettamente allineati mentre invece da me uscivano tutti sghembi. Ricominciai da capo, nonostante ero lì per scoparmi la madre dello stronzo e già ci ero parzialmente riuscito, ci tenevo a fare un buon lavoro. Non ero tuttavia soddisfatto, ok mi ero fatto spompinare ma dovevo ancora farle le foto, pensai di sfruttare l’espediente che avevo usato per Nicole ma poteva anche non funzionare. Dopo circa 15 minuti una pila di candidi asciugamani si stagliava vicino al bordo della piscina. Riposi la pila nell’armadio e tornai a finire lo strofinamento della muffa. Avevo praticamente finito quando sentii la porta aprirsi. Mi girai e rimasi a bocca aperta. La signora, completamente nuda, entrò in piscina. Io mi fermai e le sorrisi, quella troietta voleva il secondo giro. “Cosa guardi? Torna al lavoro!” Lo disse con tono severo. Ste donne acquatiche, prima Nicole e ora questa, le piscine rendono le ragazze stronze per caso? Un po’ deluso tornai a strofinare un angolo, in modo che avessi una completa visuale della piscina. La stronza era sull’altra estremità che faceva degli esercizi di allungamento. Mi stava chiaramente provocando, non avevo mai visto qualcuno fare stretching prima di nuotare ma decisi di stare al gioco e, se non per qualche sguardo furtivo cercai di ignorarla. Dopo pochi minuti si sentì un fragoroso scroscio, si era tuffata. In breve tempo riemerse. Era splendida, una vera sirena, i lunghi capelli neri le cadevano in parte sul viso e in parte sulle spalle, la linea dei glutei e della schiena, resa lucida dall’acqua, era sinuosa e perfetta. Si immerse di nuovo verso le profondità della vasca lasciando fuori solo i polpacci per pochi attimi. Non ero uno a cui piacevano i piedi ma mi eccitarono pure quelli. Rimase in apnea per una decina di secondi e poi, spingendo con le gambe sul fondo emerse come un delfino. I piccoli seni ondeggiarono lievemente, coi capezzoli turgidi dallo sbalzo di temperatura, la lieve peluria scura tra le cosce visibile e invitante. Continuava ad ignorarmi nonostante il mio sguardo sgomento da tanta bellezza. Puttana, mi stava facendo eccitare parecchio. Fece qualche bracciata verso la scaletta e si arrampicò fuori dalla vasca, indugiando più del dovuto nell’uscire mostrandomi quel culo marmoreo. Prese un asciugamano e si prese ad asciugare con attenzione solo i capelli tralasciando il corpo. Vedendo che mi ero interrotto per guardarla mi rimproverò severamente: “Ho detto di lavorare!”. La voce le diventava stridula quando si alterava, quando la situazione non era sotto il suo controllo. Quella non era quindi una scenetta collaudata, si vedeva che non l’aveva mai fatto, stava improvvisando ma, dannazione, le stava riuscendo perfettamente bene. Il mio enorme pisello duro confermava. Sentii i suoi passi umidi avvicinarsi mentre strofinavo con forza l’ultima parte della parete. “Qui! Guarda! È ancora sporco! Sei un disastro!” Voce stridula. Voce stridula che mi stava facendo parecchio incazzare, specialmente per essere sgridato nonostante ci mettessi tanto impegno. “Sei davvero un incapace!” Esclamò per l’ennesima volta. Non me ne fregava nulla se aveva più del doppio della mia età, non me ne fregava nulla se era l’autorità. Mi alzai di scatto sovrastandola di almeno dieci centimetri guardandola con sguardo infuriato. Lei fece subito un passo in dietro e gli occhi traspirarono timore. Era così bella. Allungai una mano e le afferrai una natica stringendola con forza strappandole un sussurro, un gemito. Era ora di ristabilire le gerarchie, era ora di farle capire chi comandava, sarà anche stata una madre e donna di successo ma in quel momento, lei, era solo la mia puttana. Le lasciai la natica e, con sguardo fisso sui suoi occhi, mi abbassai i pantaloni assieme ai boxer. Il mio cazzo svettava quasi colmando la distanza tra il mio corpo e il suo. Lei non lo guardò, mi guardava negli occhi, il respiro le si fece pesante. Le accarezzai la guancia scendendo verso il collo e poi passando alla nuca. Con movimento repentino le afferrai i capelli facendola sussultare di nuovo. Non dissi niente mentre cominciai a trascinarla verso il basso. Non oppose resistenza, si accucciò sulle ginocchia davanti a me con la mia cappella a pochi centimetri di distanza. Presi il cazzo e glielo strusciai sulle labbra, come se fosse un maxi rossetto. Lei non apriva le labbra guardandomi dal basso, quasi sfidandomi. Un colpo di bacino domò subito la sua insubordinazione infilandole il mio grosso glande nella bocca. Il mio bacino cominciò un lento movimento ritmico entrando e uscendo dalla sua bocca calda. Una sensazione indescrivibile, non solo per la calda bocca che faceva un lieve movimento di risucchio mentre entravo dentro di lei, ma anche per tutta la faccenda, la dominazione che stavo esercitando su quella madre tanto autoritaria. Lei, inizialmente passiva, cominciò a collaborare muovendo le labbra e afferrando la base dell’asta del mio pene. Gli occhi erano chiusi, avessi potuto leggerle nella testa sono sicuro che anche lei era eccitata più che per il pompino per la situazione, per il farsi scopare la bocca da un ragazzetto per di più nemmeno particolarmente prestante. Mi stava succhiando il cazzo, me lo stava succhiando alla grande. Ma non mi bastava. La volevo domare e umiliare. Tante cose alimentavano questo desiderio, il più recente, la sua voce stridula che mi rimproverava e il più remoto, il fatto di aver generato quell’osceno ragazzo che aveva indotto Linda a farsi del male. La rabbia mi pervase ma non a scapito della lussuria. Le diedi uno spintone staccandola dal mio cazzo. Cadde in dietro atterrando sui glutei, pericolosamente vicino al bordo piscina. Non contento gliene diedi un altro cadendo in piscina, il mio obiettivo. Mi sedetti al bordo della piscina mentre lei emergeva boccheggiando. Mi tolsi anche la maglietta. Lei si avvicinò sta volta decisa e mi afferrò il cazzo a due mani, cominciando a mungerlo. Si era eccitata da morire, la violenza quasi fisica del buttarla in piscina l’aveva fatta partire. Mi masturbava quasi con ferocia, facendomi quasi male, con espressione di estasi in volto manco quella ad essere masturbata fosse stata lei. Imboccava occasionalmente il cazzo cacciandoselo in gola, favorito dal mio bacino che si impennava per ficcarglielo ancora più in fondo. Vedevo le sue manine che non arrivavano a chiudere il mio pene per interno in un movimento frenetico sulla cappella, avanti e indietro, mentre i suoi piccoli seni si intravvedevano a pelo dell’acqua. La mano che teneva alla base ogni tanto scendeva accarezzandomi lo scroto gonfio soppesandomi le palle. La presi ancora per i capelli facendole piegare in dietro la testa lasciandola a bocca aperta. Presi il cazzo e glielo ficcai in gola tenendole la testa bloccata, cominciai a strusciarlo per tutta la cavità buccale manco avessi in mano un enorme abbassa lingua di carne, poi, tutto insalivato, glielo passai sulle guance e sul collo, con la grossa cappella bollente che sfregava sulle sue guance lisce per poi infilarglielo di nuovo nella gola. Glielo feci un paio di volte poi riprese a masturbarmi con ferocia rinnovata. La mano sinistra si staccò dalla base del mio cazzo e scese sotto il peso dell’acqua. Aveva lievemente allargato le cosce, si stava toccando. No, non volevo che godesse da sola, volevo farla mia, lei era la mia puttana e solo io decidevo quando poteva godere e quando no. La spinsi in dietro appoggiandole i piedi seni e scivolai dolcemente in acqua. In condizioni normali l’acqua mi avrebbe causato un brivido e invece quella volta non mi accorsi nemmeno della differenza. Le presi una mano e la trascinai a me. Feci per baciarla ma quando le sue labbra si schiusero le mirai il collo, mordendolo. La girai su se stessa appoggiandola al bordo. Si toccava agevolmente, l’acqua le arrivava al seno e a me all’ombelico. Mi venne un’idea, nell’angolo della piscina c’era uno di quei massaggiatori idrici tipici della piscina, di quelli a cui si appoggiano i muscoli dolenti per farseli massaggiare dal getto d’acqua. Immaginai l’effetto che avrebbe avuto sul suo clitoride. Senza smettere di baciarla la spostai di lato fino ad arrivare al getto d’acqua. La strinsi da dietro facendole sentire il pene sui glutei sodi. Piegò il collo porgendomelo come nei vecchi film su Dracula. Accolsi l’invito riprendendo a baciarglielo mentre con i piedi le allargai le gambe. Mi piegai sulle ginocchia senza smettere di baciarle il collo e presi a strusciarle il cazzo all’ingresso della vagina. Lei gemeva sommessamente, sentivo l’ingresso della figa viscoso dai suoi fluidi. “N-no… non farlo… n-non voglio tradire mio marito” La sua voce era sommessa ora, rotta e tremante dall’eccitazione. Ci fosse stata solo una parola vera magari mi sarei fermato ma non era credibile, mentre lo diceva infatti tutto il suo corpo si era abbassato e spinto contro di me, quasi a volersi impalare sulla mia ardente lancia pulsante. Infatti almeno un centimetro del glande era già penetrato in quella fighetta stretta. “Davvero vuoi che mi fermi?” La mia voce mi sorprese, profonda, sicura. Incredibile quanto scopare mi rendesse uomo, sicuro di me, fossi riuscito ad avere la stessa sicurezza anche nella vita non ci sarebbe stato nulla che non sarei riuscito a fare. Non rispose ma per tutta risposta le sue ginocchia cedettero ancora un pochino impalandosi ulteriormente di un centimetro. “Forza, dillo, dillo che vuoi far cornuto tuo marito” Un gemito di risposta, il suo culo ondeggiava. Le strinsi energicamente i capelli “Dillo, dillo come il giorno che l’hai sposato, di “LO VOGLIO”.” Stavo praticamente urlando, l’eco della mia voce rimbombò come un tuono nella piscina. L’altra mia mano le afferrò un seno il seno, stimolandole il capezzolo. Fu la mossa giusta, proruppe urlando a pieni polmoni “Si, si, cazzo si, lo voglio, LO VOGLIO” e senza esitare un attimo, con un colpo di reni, le infilai tutto il mio turgore su per la figa, smorzandole la parte finale del lo voglio. Presi a scoparla, presi a fotterla come una cagna. Ogni inibizione era caduta, lei gemeva senza ritegno spingendo il suo bacino contro il mio. La spinsi sul bordo della piscina, sentivo il getto d’acqua sfiorarmi le cosce, senza smettere di scoparla la indirizzai verso il getto d’acqua. Capii quando era il punto giusto quando la sentii irrigidirsi e i suoi “oh si, oh siii” si fecero più intensi e convulsi. Le strinsi di nuovo il seno dando colpi di bacino ancora più profondi e veloci finchè, finalmente eruppe con violenza, scossa come tremori esplosivi, in un orgasmo feroce urlando oscenità senza controllo. E questo mi galvanizzò ancora di più, per quanto avessi le cosce stanche dalla posizione le presi la testa e ficcandole un dito in bocca continuai a penetrarla. Le contrazioni vaginali presero a farsi di nuovo ritmiche, il climax stava per essere raggiunto di nuovo, i gemiti sempre più forti.
Il giorno seguente mi risvegliai con lo spirito rincuorato dal mio primo successo. La luce che entrava dalla finestra era insolitamente fioca e il rumore del traffico risultava ovattato. Scostai le tende e vidi uno spettacolo che mi fece ritornare quasi bambino, nevicava! Grossi fiocchi corposi scendevano dal cielo, sui tetti si erano già formati quasi 20cm di neve, uno spettacolo fuori dal comune, specialmente a quelle latitudini. Avrei voluto prendermi un giorno libero, godermi la città imbiancata ma il tempo stringeva, ero lì ospite e a breve le vacanze sarebbero finite e non avrei avuto più avuto tempo per ultimare la mia vendetta. In tal senso mi aiutò la neve, durante la mattinata sentii mia madre al telefono che diete la notizia che ogni ragazzo aspetta, situazione più mitologica che reale ma, vista l’intensa nevicata e il rischio di crollo del tetto della scuola, essa sarebbe stata chiusa per almeno 2 settimane. Non persi tempo, due teste dovevano ancora cadere per quello che era stato fatto a Linda, due teste di cui non sapevo nulla. Cercai nell’annuario. Sfogliai rapidamente le pagine e lo vidi. Giovanni. Questa volta il genere era decisamente diverso dal cornuto Luigi. Sembrava un secchione, camicia elegante, occhiali ovviamente Ray-Ban, capelli lisci, occhi chiari, sguardo intellettuale, non privo di fascino, non avessi impresso a fuoco i nomi dei bastardi nella mia mente direi che avevo sbagliato persona. Mia nonna aveva proprio ragione, l’abito non faceva il monaco. Il curriculum citava inoltre una frase scontatissima di Oscar Wilde e metteva tra le sue passioni l’arte classica. Ora la sfida era trovare dove colpirlo, poteva non avere una ragazza come il cornuto precedente, avevo bisogno di maggiori informazioni. Chiamai Linda, era abbastanza vigile ed era felice di sentirmi anche se le risposte erano tardive, come se fosse ubriaca. Dopo i convenevoli le chiesi di Giovanni, se aveva una ragazza o si vedeva con qualcuno. Linda non capiva la domanda, esitava, si ripeteva, quasi mi fece innervosire ma infine riuscii a capire che non aveva nessuno di fisso. Merda. Dopo un'altra conversazione sconclusionata appesi. Forse dopotutto si frequentava con qualcuno, non sarebbe stato umiliane come rubarli la ragazza ma fotterli quella che gli piaceva sarebbe già stato qualcosa. Sempre dall’annuario seppi che come lavoro para scolastico aiutava al museo cittadino. Secchioncello fino nel midollo quindi, sicuramente non lo faceva per soldi visto che la scuola che frequentava non dava esito a dubbi sul patrimonio della famiglia. A me i musei non dispiacevano, quindi decisi che, tempo permettendo, sarei andato a farmi un giro da quelle parti. Dopo un viaggio a dir poco surreale che sembrava il copione di un film post apocalittico arrivai infine al museo. Avevo bene in mente la sua faccia e mi misi a cercarlo nel museo. Mi sentivo come Terminator nel primo film, scannerizzavo ogni viso che incontravo ma ricevevo sempre esito negativo. Arrivai nella sezione sull’arte classica e senza troppa fatica lo trovai. Parlava con un collega di un capitello, il collega, un panzone coi baffi aveva lo sguardo annoiato e perso nel vuoto. Finsi di guardare un affresco, lo studiai. Lo tono della voce era sicuro, al limite dell’arroganza. Lo pedinai per un po’ cercando di non dare nell’occhio ma non ne cavavo molte informazioni quindi abbandonai il museo. Volevo scoprire dove andava dopo il lavoro. Mi appostai in un caffè di fronte al museo e aspettai, tanto mancava poco all’orario di chiusura. Mentre sorseggiavo un cappuccino tenevo d’occhio l’entrata, mi mancava il giornale coi buchi ed ero a posto. Vidi dopo mezz’ora l’ingresso principale venir chiuso e il personale lasciare l’edificio da una porta secondaria poco più in là e tra il gruppetto vidi lui. Indossava un elegante cappotto e si fermò poco più in là, in disparte. Aspettava qualcuno. Sentii una sensazione piacevole al petto, un’eccitazione. Così si doveva sentire il cane da caccia quando fiutava la preda. A circa 10 metri c’erano i parcheggi del museo che si stavano piano piano svuotando, quando notai un SUV nero entrare. Da esso uscì una signora, era troppo distante per descriverla, vestiva con una giacca invernale pesante e si muoveva con passo deciso sui marciapiedi ancora ingombri dalla neve che fitta continuava a cadere. Era lei che stava aspettando, chi era? Si vedeva che non era più una ragazza, probabilmente era la madre. La madre. Una scarica di adrenalina mi fece ergere i peli del braccio. Ne avevo già fatte di cose perverse, inculare una ragazza davanti al suo ragazzo, scoparmi una docente liceale, far urlare di piacere una sconosciuta a una festa ma… scoparmi una madre? L’idea di madre che avevo non era affatto nulla di sexy, ero giovane e le madri che conoscevo erano casalinghe over 50 troppo concentrate nella gestione delle famiglie per avere sensualità e femminilità, e anche se l’avessero avuta non l’avrebbero sicuramente mostrata con un 17enne insicuro. I due si incamminarono verso il bar. Quando la porta si aprii alle mie spalle mi irrigidii tutto. Sentivo che parlavano, lei aveva il tono duro, non capivo le singole parole ma si vedeva che non era una madre di quelle che viziano il proprio figlio, che lo portano su un piedistallo. Questo mi disse molto anche su Giovanni. Probabilmente era una di quelle persone cresciute in un ambiente competitivo, uno di quei figli per cui i genitori hanno previsto un futuro grandioso e lo mettono sotto pressione fin dalla più tenera età. I risultati sono due di solito, o il ragazzo finisce per drogarsi schiacciato dal peso genitoriale o emerge. Da come si comportava Giovanni era nella seconda categoria. Non l’avevo ancora vista in faccia. Avevo notato mentre camminava verso il bar che non era tanto alta, stimai 165cm. Mi alzai per andare alla toilette e nel ritorno restai in piedi, fingendo di cercare il portafoglio, mentre scattavo tante fotografie mentali alla donna. Era decisamente diversa da quella che consideravo una madre. I capelli erano neri, corvini, arrivavano fino alle spalle, gli occhi abbastanza grandi, di un colore castano chiaro, quasi verdi. Il volto era serio e severo, lo stava sgridando per qualcosa? No, il tono di voce era abbastanza piatto, quella era la sua espressione normale. Una cosa era certa, aveva fascino, molto fascino, certo non era la bellezza canonica ma aveva un che di magnetico. L’obiettivo della mai seconda vendetta venne deciso proprio lì, in quell’anonimo caffè durante un tardo pomeriggio innevato: mi sarei scopato la moretta che aveva figliato e messo al mondo quel bastardo di Giovanni. Ora che il “chi” era stato definito veniva la parte più difficile, determinare il “come”. Già scoparmi Nicole la bagnina era stato un enorme colpo di culo e scoparsi una mamma mi risultava un’impresa come camminare sulle acque. Ma per Linda ci sarei riuscito, avrei camminato anche sulla lava se fosse stato necessario. Continuai a leggere il giornale tenendo un orecchio verso il loro tavolo ma no carpii informazioni utili. Dopo 15 minuti, consumati 2 cappuccini, se ne andarono col SUV.
Tornati a casa e nei giorni successivi mi scervellai per trovare una soluzione ma mi sembrava impossibile, potevo tanto farmi spuntare le ali e volare nella sua camera. Mi recavo ogni giorno al museo, mi stavo facendo ormai una cultura classica invidiabile, mi ero pure portato un blocco degli appunti fingendo di fare una ricerca scolastica ma Giovanni, egocentrico come era, probabilmente nemmeno si era reso conto della mia presenza quotidiana. Il 3° giorno consecutivo infruttuoso, quando il mio umore cominciava a calare e lo strisciante senso di sconfitta stava prendendo piede ebbi un piccolo colpo di fortuna. Infatti verso l’ora di pranzo Giovanni andò nella piccola caffetteria del museo e appese un foglio su una piccola bacheca degli annunci. Quando se ne andò, senza dare troppo nell’occhio, guardai il foglio. Tra i vari annunci di “cerco subentrante” e “Vendo bici” c’era un offerta di lavoro: “Si cerca ragazzo/a capace per pulizia piscina privata e riordino locali annessi, 15000 lire/ora, Ideale per studenti, contattare lo …” e seguiva numero di telefono. La Dea del Sesso che mi proteggeva dall’alto mi aveva mandato quell’aiuto, certo risultava ancora un’impresa pressoché impossibile ma ora un raggio di luce aveva squarciato il cielo buio. Presi nota del numero e me ne andai. Arrivato a casa chiamai e mi rispose lei. La conversazione fu breve, cortese ma non particolarmente calorosa, si vedeva che avevo a che fare con una persona non particolarmente espansiva. Mi diede l’indirizzo e appuntamento per le 13 del giorno successivo. Ottimo, ormai sapevo che Giovanni raramente rincasava prima delle 19, avevo tempo di sedurre la madre. Quella notte i timori e l’ansia che covavo dentro si riversarono influendo sul sonno. Come potevo sedurla? Questa non era una ragazzina vogliosa, era una donna adulta! Poteva denunciarmi se facevo la mossa sbagliata. Già mi immaginavo la faccia dei miei genitori nel vedermi riaccompagnato a casa dai carabinieri. Mi masturbai come un matto per esorcizzare le mie paure, l’oggetto fu ovviamente lei, la madre di Giovanni. Pensai alla sua faccia severa stravolta da un orgasmo, pensai a quanto sarebbe stato bello scoparmela in ogni posizione. Pensai alla faccia di quel bastardo che entrava in camera e guardava la madre stravolta e piena di sperma. Godetti violentemente. Il mattino successivo mi rilassai a letto, volevo essere in forma. Aveva ripreso a nevicare quel giorno, anche se in maniera minore rispetto ai giorni precedenti. Mentre mi accingevo ad uscire pensai quanto fosse strano l’incarico che mi avevano dato, pulire una piscina, in pieno inverno? Ma dopotutto ero stato a casa di uno che aveva un cinema in cantina, una piscina mi sembrava quasi accettabile. Arrivai ed era un altro villone, anche se più classico e meno appariscente di quello di Maurizio, dove mi ero scopato Nicole. Si trattava di una villa di 3 piani dall’architettura ottocentesca che si affacciava direttamente sulla strada. Suonai e la signora venne ad aprirmi. Mi gettò solo uno sguardo distratto e mi disse con tono piatto di seguirla. Mi trattava come un studentello del primo anno ed era così che mi sentivo. Arrivammo a una scala che scendeva e arrivammo alla zona che definì Wellness. Infatti dopo un breve corridoio arrivammo ad un ampio salone con la piscina, di dimensioni abbastanza contenute ma elegante. In un angolo si notava la zona idromassaggio, a pochi metri dal bordo una porta a vetri dava su quella che sembrava una palestra e dalla parte opposta una porta in legno con vetro dava su quella che verosimilmente era la sauna. Mi spiegò che durante i mesi invernali si formava sempre una forma di muffa davvero spiacevole in certi punti del locale piscina e nella palestra. Inoltre mi mostrò un cesto di asciugamani che dovevo ogni settimana dovevo lavare, asciugare, piegare e mettere nell’armadio. Il mio compito era in sostanza fare la donna delle pulizie. Se mi avesse permesso di fottermela mi sarei pure messo il vestito nero col pizzo. Mi mostrò dov’erano i prodotti di pulizia e la lavanderia. Mi disse che per lei potevo cominciare ufficialmente domani e mi strinse la mano. Tutta la conversazione si era svolta nella formalità più assoluta, nessun accenno di battute, né un minimo di malizia. La strada era decisamente in salita. Mi ripresentai puntuale il giorno successivo e lei, trattandomi sempre con sufficienza, mi accompagnò alla piscina. Presi il tutto e mi misi all’opera. Il lavoro era più duro di quello che pensavo, la muffa era ostica e dovevo strofinare un sacco per rimuoverla. Dopo circa mezz’ora che strofinavo andai a tirare fuori la biancheria per metterla nell’asciugatore e ne approfittai per esplorare la cantina. Notai dalla parte opposta del corridoio un'altra porta socchiusa. Accesi la luce e vidi che si trattava di uno studio, verosimilmente del marito. Mi guardai attorno, era arredato in maniera classica, come il resto della casa. Guardai sulla scrivania e trovai una foto della moglie in costume da bagno. Era davvero una gran figa, indossava un bikini bianco con strisce dorate sorrideva (finalmente) verso la camera. Nella foto si notava anche la curva di un culetto perfetto e ben modellato, per contro invece non aveva praticamente seno. Oltre ad un paio di altre foto da “famigliola felice” tra cui compariva anche quello sfigato di Giovanni non c’era altro. Tornai al lavoro per evitare di farmi beccare e chiudere definitivamente le possibilità al sesso con lei. Dopo 20 minuti, visto il lavoro noioso e ripetitivo mi presi una seconda pausa e tornai a curiosare nell’ufficio del marito. Aprii un cassetto e li trovai la bomba. Una vera bomba. Il marito le aveva scattato delle foto sexy. Sentii il mio grosso pene ingrossarsi all’istante. Si trattava di una decina di foto dove lei indossava della biancheria intima molto sensuale, le prime erano più caste, la ritraevano per esempio mentre mostrava uno stacco coscia invidiabile nell’allacciarsi i tacchi, in altre più esplicite dove era sdraiata mostrando il suo corpo sodo e modellato, coperto a mala pena dalla stoffa dell’intimo, in un'altra, decisamente più esplicita, era messa a pecora e con una mano allargava i glutei mostrano il suo fiorellino posteriore, in una altra era sdraiata su un fianco con una sottile camicia da notte nera sollevata fin sopra il bacino mostrano una figa lievemente pelosa. Il mio cervello era partito, non ero più razionale, avevo vinto alla lotteria, mi sentii euforico. Non ci pensai nemmeno, mi calai i pantaloni e lì in piedi accanto alla scrivania del marito presi a segarmi. Mi eccitava che lei fosse così chiusa e formale ma ora, in quelle foto, si mostrava uno spirito da porca tutto nuovo. Pensai che fossi stato io a farle quelle foto, pensai di fottermela dappertutto nella casa, pensai pure di fottermela davanti al marito, di fargli sentire quanto avrebbe strillato. Immerso nelle mie fantasie di vittoria non la sentii arrivare.
“Cosa cazzo stai facendo?!” Urlò inferocita. Era come se mi avesse preso a sberle indietreggiai di due passi e quasi inciampai nei pantaloni alle caviglie. Il mio cazzo, come si era indurito al volo, si ammosciò pure al volo. Lei era sulla porta, lo sguardo scandalizzato e la bocca aperta. Non ci poteva credere, non poteva nemmeno immaginare una cosa del genere. Seppi tempo dopo che aveva avuto un’educazione molto rigida e che, prima del mio passaggio, non si prestava a manovre erotiche particolarmente spinte. “Cosa cazzo stai facendo?!” Ripeté paralizzata sulla porta. Cosa dovevo rispondere? Ero in panico, balbettai, non pensai nemmeno a tirarmi dentro il cazzo. “Chiamo i carabinieri!” Era rossa in faccia, la voce era acuta e penetrante. Scappò di sopra urlando parole sconnesse. Agii di istinto, le corsi dietro lasciando sul terreno i miei pantaloni con le mie mutande. Arrivai nel salotto e la trovai li, che prendeva il telefono ma tremava. “No signora, la prego scusi!” Lei non rispose mi guardò ma sembrava non sentirmi. Non aveva ancora fatto il numero, magari c’era ancora speranza. Mi avvicinai verso di lei, mi tremava la voce ma riuscii a mantenere un tono calmo. “Signora, la prego, non chiami i carabinieri, mi lasci spiegare almeno!” Il tono di voce calmo fece breccia. Lei mi guardò e lo sguardo si fece di ghiaccio “Va bene, forza, spiegami!” era ancora decisamente alterata, lo disse con una nota di sarcasmo. “Stavo cercando un posto dove piegare gli asciugamani e ho trovato l’ufficio, sulla scrivania c’erano delle foto sensuali e… sono impazzito” Omessi il fatto che avevo curiosato nei cassetti della scrivania del marito. Lei non rispose. Il respiro ara ancora pesante. “La prego mi scusa, sono un bravo ragazzo ma lei… lei era così bella, così sensuale eppure così fine” Mi giocai la carta della sviolinata. Lei rimase imperturbabile ma mi squadrò da testa a piedi, fermandosi sul pene. Vidi che aprì impercettibilmente gli occhi. La cosa mi eccitò e il mio pene si gonfiò lievemente. Feci un passo nella sua direzione “Fermo!” urlò di nuovo con tono isterico. Ma non era molto credibile, lo sguardo non si era mosso dal mio uccello, facendolo indurire ulteriormente. Feci un passo ancora nella sua direzione guadagnando sicurezza, lei crollò su una poltrona lì dietro. “Il fatto è che lei è così bella, così eccitante” Le dissi in tono suadente. Ora ero a poco meno di mezzo metro da lei e il mio cazzo era in piena erezione con la cappella che puntava verso di lei. Finalmente parlò, sta volta il tono era remissivo e balbettante “Davvero mi trovi così bella?” Sentii nella mia testa il suono di tromba della vittoria. Si, si quella bella mammina da lì a breve me la sarei scopata e avrei completato il secondo capitolo sul libro della vendetta. Mi sedetti accanto a lei e le feci una carezza. Sembrava una bambina. “Si… incredibilmente bella, non mi era mai capitata una cosa del genere” Lei mi guardò ancora un po’ persa e poi mi guardò il cazzo che aveva raggiunto la piena erezione. “Non ne avevo mai visto uno così grosso.” E come finì di dirlo arrossì violentemente. “Davvero? Vuoi toccarlo?” Non rispose ma allungò una mano afferrandomelo poco sotto la cappella. Notai con una nota d’orgoglio che la sua manina non riusciva a chiudersi completamente attorno alla mia mano. Prese a masturbarmi lentamente senza dire una parola. Si vedeva dallo sguardo che era eccitata. Volevo vedere fino a quanto riuscivo a spingermi “Ti piace mungermi il cazzo? Tuo marito ce l’ha così grosso?” Lei era in trance e per tutta risposta usò entrambe le mani per masturbarmi in maniera più intesa. “No… non è nemmeno la metà del tuo…” Il movimento ora era più rapido, mi mungeva proprio per benino, la mia grossa cappella veniva scoperta e ricoperta. Notai che si sfregava le gambe, doveva essere proprio eccitata e io non ero da meno. Pensai a che bel siparietto sarebbe stato se entrava ora Giovanni o il marito, lei che masturbava a 2 mani un ragazzino di 17 anni che ancora indossava la maglietta. “È bollente” esclamò quasi sorpresa. “Sai cos’altro è bollente? Le mie dita”. Non aveva molto senso ma avevo voglia di toccarla un po’ anche io. Allungai una mano e presi a strofinarla tra le cosce sopra i pantaloni. Era un assalto diretto ma pareva funzionare, le cosce si spalancarono come le porte con fotocellula di un grande magazzino. Si staccò a malincuore dal mio cazzo, si alzò per abbassarsi i pantaloni e si risedette, riattaccandosi al mio grosso cazzo. Io in breve scostai le mutandine prendendo a giocare con la sua figa pelosa. Gemeva sommessamente mentre mi lubrificavo dentro di lei per poi strofinarmi sul clitoride. “Sai che penso sia una fantasia di mio marito?” Mi disse con tono allegro “Ogni tanto mentre facciamo l’amore mi dice cose del genere, mi chiede se mi piacerebbe andare con super dotati, se mi eccitano altri uomini” fece un risolino cattivo “Pensa se lo sapesse… se sapesse cosa ti sto facendo.” La masturbazione si faceva più intensa “E a te? A te piace metterli le corna?” Lei mi guardò maliziosa “sinceramente? Fino a 5 minuti fa non avrei mai pensato che fosse possibile ma ora… ma ora…” era esitante grazie al mio movimento sul clitoride che si fece subito più intenso “Ma ora siiiiiiiii!” eruppe in un orgasmo sulle mie dita. Ma non le diedi tregua, continuai a torturarla. Per riflesso la sega si era ridotta d’intensità. Lei prese a contrarsi tutto, a guardarmi con occhi spalancati e con un’espressione di quasi agonia sul volto. “sto… venendo… ancoraaaa” ed esplose in un secondo intenso orgasmo contraendo il viso a destra e sinistra. Le mutandine che ancora indossava erano fradice e una palese macchia scura si era allargata sulla stoffa del divano. Gli spasmi si calmarono e mi guardò sorridente. “Ti è piaciuto eh?” “È stato incredibile….” Io non dissi nulla e mi misi in piedi. “No, no, mettiti comodo ti prego” mi disse con aria maialina. Facendomi risedere. Lei si lasciò scivolare per terra e si inginocchiò davanti a me. Mi guardava sorridendo mentre presse a leccarmi tra i testicoli e la coscia risalendo lentamente, mentre le mani continuavano implacabili a masturbarmi. La sua lingua, dopo una lieve leccata di palle, prese a salire fino ad arrivare sulla cappella turgida. Me la lucidò per bene, leccandola con movimento circolare dandomi scariche elettriche e poi, quasi inaspettatamente, la prese del tutto in bocca. Cominciò a spompinarmi con lena continuando con le due manine un movimento masturbatorio. Sentivo di essere vicinissimo a riempirle la bocca. Il colpo di grazia me le diede una porta a vetro lì vicino dove si vedeva il riflesso di lei, così rigida e severa, ora inginocchiata a spompinarmi intensamente. Strozzai un urlo e presi a venirli in bocca, senza preavviso. Lei, mostrano un inattesa lussuria, non si fermò un secondo di pompare ingoiando tutto, quando il flusso fu finito si staccò e con le mani munse le ultime gocce di sperma, raccogliendole con la lingua. Mi guardò e scoppiò a ridere “dovresti vedere che faccia che hai!” Sorrisi di rimando e le risposi “allora? Contenta di non aver chiamato i carabinieri?” “Se venivano anche loro magari poteva essere ancora più divertente” mi rispose pronta. Hai capito la moretta? Il tono si fece di nuovo duro “ricordati di piegare gli asciugamani, non hai ancora finito il tuo lavoro” Incredulo ma desideroso di evitare il silenzio post sesso occasionale, mi rimisi i boxer e mi infilai in cantina.
Il giorno seguente mi risvegliai con lo spirito rincuorato dal mio primo successo. La luce che entrava dalla finestra era insolitamente fioca e il rumore del traffico risultava ovattato. Scostai le tende e vidi uno spettacolo che mi fece ritornare quasi bambino, nevicava! Grossi fiocchi corposi scendevano dal cielo, sui tetti si erano già formati quasi 20cm di neve, uno spettacolo fuori dal comune, specialmente a quelle latitudini. Avrei voluto prendermi un giorno libero, godermi la città imbiancata ma il tempo stringeva, ero lì ospite e a breve le vacanze sarebbero finite e non avrei avuto più avuto tempo per ultimare la mia vendetta. In tal senso mi aiutò la neve, durante la mattinata sentii mia madre al telefono che diete la notizia che ogni ragazzo aspetta, situazione più mitologica che reale ma, vista l’intensa nevicata e il rischio di crollo del tetto della scuola, essa sarebbe stata chiusa per almeno 2 settimane. Non persi tempo, due teste dovevano ancora cadere per quello che era stato fatto a Linda, due teste di cui non sapevo nulla. Cercai nell’annuario. Sfogliai rapidamente le pagine e lo vidi. Giovanni. Questa volta il genere era decisamente diverso dal cornuto Luigi. Sembrava un secchione, camicia elegante, occhiali ovviamente Ray-Ban, capelli lisci, occhi chiari, sguardo intellettuale, non privo di fascino, non avessi impresso a fuoco i nomi dei bastardi nella mia mente direi che avevo sbagliato persona. Mia nonna aveva proprio ragione, l’abito non faceva il monaco. Il curriculum citava inoltre una frase scontatissima di Oscar Wilde e metteva tra le sue passioni l’arte classica. Ora la sfida era trovare dove colpirlo, poteva non avere una ragazza come il cornuto precedente, avevo bisogno di maggiori informazioni. Chiamai Linda, era abbastanza vigile ed era felice di sentirmi anche se le risposte erano tardive, come se fosse ubriaca. Dopo i convenevoli le chiesi di Giovanni, se aveva una ragazza o si vedeva con qualcuno. Linda non capiva la domanda, esitava, si ripeteva, quasi mi fece innervosire ma infine riuscii a capire che non aveva nessuno di fisso. Merda. Dopo un'altra conversazione sconclusionata appesi. Forse dopotutto si frequentava con qualcuno, non sarebbe stato umiliane come rubarli la ragazza ma fotterli quella che gli piaceva sarebbe già stato qualcosa. Sempre dall’annuario seppi che come lavoro para scolastico aiutava al museo cittadino. Secchioncello fino nel midollo quindi, sicuramente non lo faceva per soldi visto che la scuola che frequentava non dava esito a dubbi sul patrimonio della famiglia. A me i musei non dispiacevano, quindi decisi che, tempo permettendo, sarei andato a farmi un giro da quelle parti. Dopo un viaggio a dir poco surreale che sembrava il copione di un film post apocalittico arrivai infine al museo. Avevo bene in mente la sua faccia e mi misi a cercarlo nel museo. Mi sentivo come Terminator nel primo film, scannerizzavo ogni viso che incontravo ma ricevevo sempre esito negativo. Arrivai nella sezione sull’arte classica e senza troppa fatica lo trovai. Parlava con un collega di un capitello, il collega, un panzone coi baffi aveva lo sguardo annoiato e perso nel vuoto. Finsi di guardare un affresco, lo studiai. Lo tono della voce era sicuro, al limite dell’arroganza. Lo pedinai per un po’ cercando di non dare nell’occhio ma non ne cavavo molte informazioni quindi abbandonai il museo. Volevo scoprire dove andava dopo il lavoro. Mi appostai in un caffè di fronte al museo e aspettai, tanto mancava poco all’orario di chiusura. Mentre sorseggiavo un cappuccino tenevo d’occhio l’entrata, mi mancava il giornale coi buchi ed ero a posto. Vidi dopo mezz’ora l’ingresso principale venir chiuso e il personale lasciare l’edificio da una porta secondaria poco più in là e tra il gruppetto vidi lui. Indossava un elegante cappotto e si fermò poco più in là, in disparte. Aspettava qualcuno. Sentii una sensazione piacevole al petto, un’eccitazione. Così si doveva sentire il cane da caccia quando fiutava la preda. A circa 10 metri c’erano i parcheggi del museo che si stavano piano piano svuotando, quando notai un SUV nero entrare. Da esso uscì una signora, era troppo distante per descriverla, vestiva con una giacca invernale pesante e si muoveva con passo deciso sui marciapiedi ancora ingombri dalla neve che fitta continuava a cadere. Era lei che stava aspettando, chi era? Si vedeva che non era più una ragazza, probabilmente era la madre. La madre. Una scarica di adrenalina mi fece ergere i peli del braccio. Ne avevo già fatte di cose perverse, inculare una ragazza davanti al suo ragazzo, scoparmi una docente liceale, far urlare di piacere una sconosciuta a una festa ma… scoparmi una madre? L’idea di madre che avevo non era affatto nulla di sexy, ero giovane e le madri che conoscevo erano casalinghe over 50 troppo concentrate nella gestione delle famiglie per avere sensualità e femminilità, e anche se l’avessero avuta non l’avrebbero sicuramente mostrata con un 17enne insicuro. I due si incamminarono verso il bar. Quando la porta si aprii alle mie spalle mi irrigidii tutto. Sentivo che parlavano, lei aveva il tono duro, non capivo le singole parole ma si vedeva che non era una madre di quelle che viziano il proprio figlio, che lo portano su un piedistallo. Questo mi disse molto anche su Giovanni. Probabilmente era una di quelle persone cresciute in un ambiente competitivo, uno di quei figli per cui i genitori hanno previsto un futuro grandioso e lo mettono sotto pressione fin dalla più tenera età. I risultati sono due di solito, o il ragazzo finisce per drogarsi schiacciato dal peso genitoriale o emerge. Da come si comportava Giovanni era nella seconda categoria. Non l’avevo ancora vista in faccia. Avevo notato mentre camminava verso il bar che non era tanto alta, stimai 165cm. Mi alzai per andare alla toilette e nel ritorno restai in piedi, fingendo di cercare il portafoglio, mentre scattavo tante fotografie mentali alla donna. Era decisamente diversa da quella che consideravo una madre. I capelli erano neri, corvini, arrivavano fino alle spalle, gli occhi abbastanza grandi, di un colore castano chiaro, quasi verdi. Il volto era serio e severo, lo stava sgridando per qualcosa? No, il tono di voce era abbastanza piatto, quella era la sua espressione normale. Una cosa era certa, aveva fascino, molto fascino, certo non era la bellezza canonica ma aveva un che di magnetico. L’obiettivo della mai seconda vendetta venne deciso proprio lì, in quell’anonimo caffè durante un tardo pomeriggio innevato: mi sarei scopato la moretta che aveva figliato e messo al mondo quel bastardo di Giovanni. Ora che il “chi” era stato definito veniva la parte più difficile, determinare il “come”. Già scoparmi Nicole la bagnina era stato un enorme colpo di culo e scoparsi una mamma mi risultava un’impresa come camminare sulle acque. Ma per Linda ci sarei riuscito, avrei camminato anche sulla lava se fosse stato necessario. Continuai a leggere il giornale tenendo un orecchio verso il loro tavolo ma no carpii informazioni utili. Dopo 15 minuti, consumati 2 cappuccini, se ne andarono col SUV.
Tornati a casa e nei giorni successivi mi scervellai per trovare una soluzione ma mi sembrava impossibile, potevo tanto farmi spuntare le ali e volare nella sua camera. Mi recavo ogni giorno al museo, mi stavo facendo ormai una cultura classica invidiabile, mi ero pure portato un blocco degli appunti fingendo di fare una ricerca scolastica ma Giovanni, egocentrico come era, probabilmente nemmeno si era reso conto della mia presenza quotidiana. Il 3° giorno consecutivo infruttuoso, quando il mio umore cominciava a calare e lo strisciante senso di sconfitta stava prendendo piede ebbi un piccolo colpo di fortuna. Infatti verso l’ora di pranzo Giovanni andò nella piccola caffetteria del museo e appese un foglio su una piccola bacheca degli annunci. Quando se ne andò, senza dare troppo nell’occhio, guardai il foglio. Tra i vari annunci di “cerco subentrante” e “Vendo bici” c’era un offerta di lavoro: “Si cerca ragazzo/a capace per pulizia piscina privata e riordino locali annessi, 15000 lire/ora, Ideale per studenti, contattare lo …” e seguiva numero di telefono. La Dea del Sesso che mi proteggeva dall’alto mi aveva mandato quell’aiuto, certo risultava ancora un’impresa pressoché impossibile ma ora un raggio di luce aveva squarciato il cielo buio. Presi nota del numero e me ne andai. Arrivato a casa chiamai e mi rispose lei. La conversazione fu breve, cortese ma non particolarmente calorosa, si vedeva che avevo a che fare con una persona non particolarmente espansiva. Mi diede l’indirizzo e appuntamento per le 13 del giorno successivo. Ottimo, ormai sapevo che Giovanni raramente rincasava prima delle 19, avevo tempo di sedurre la madre. Quella notte i timori e l’ansia che covavo dentro si riversarono influendo sul sonno. Come potevo sedurla? Questa non era una ragazzina vogliosa, era una donna adulta! Poteva denunciarmi se facevo la mossa sbagliata. Già mi immaginavo la faccia dei miei genitori nel vedermi riaccompagnato a casa dai carabinieri. Mi masturbai come un matto per esorcizzare le mie paure, l’oggetto fu ovviamente lei, la madre di Giovanni. Pensai alla sua faccia severa stravolta da un orgasmo, pensai a quanto sarebbe stato bello scoparmela in ogni posizione. Pensai alla faccia di quel bastardo che entrava in camera e guardava la madre stravolta e piena di sperma. Godetti violentemente. Il mattino successivo mi rilassai a letto, volevo essere in forma. Aveva ripreso a nevicare quel giorno, anche se in maniera minore rispetto ai giorni precedenti. Mentre mi accingevo ad uscire pensai quanto fosse strano l’incarico che mi avevano dato, pulire una piscina, in pieno inverno? Ma dopotutto ero stato a casa di uno che aveva un cinema in cantina, una piscina mi sembrava quasi accettabile. Arrivai ed era un altro villone, anche se più classico e meno appariscente di quello di Maurizio, dove mi ero scopato Nicole. Si trattava di una villa di 3 piani dall’architettura ottocentesca che si affacciava direttamente sulla strada. Suonai e la signora venne ad aprirmi. Mi gettò solo uno sguardo distratto e mi disse con tono piatto di seguirla. Mi trattava come un studentello del primo anno ed era così che mi sentivo. Arrivammo a una scala che scendeva e arrivammo alla zona che definì Wellness. Infatti dopo un breve corridoio arrivammo ad un ampio salone con la piscina, di dimensioni abbastanza contenute ma elegante. In un angolo si notava la zona idromassaggio, a pochi metri dal bordo una porta a vetri dava su quella che sembrava una palestra e dalla parte opposta una porta in legno con vetro dava su quella che verosimilmente era la sauna. Mi spiegò che durante i mesi invernali si formava sempre una forma di muffa davvero spiacevole in certi punti del locale piscina e nella palestra. Inoltre mi mostrò un cesto di asciugamani che dovevo ogni settimana dovevo lavare, asciugare, piegare e mettere nell’armadio. Il mio compito era in sostanza fare la donna delle pulizie. Se mi avesse permesso di fottermela mi sarei pure messo il vestito nero col pizzo. Mi mostrò dov’erano i prodotti di pulizia e la lavanderia. Mi disse che per lei potevo cominciare ufficialmente domani e mi strinse la mano. Tutta la conversazione si era svolta nella formalità più assoluta, nessun accenno di battute, né un minimo di malizia. La strada era decisamente in salita. Mi ripresentai puntuale il giorno successivo e lei, trattandomi sempre con sufficienza, mi accompagnò alla piscina. Presi il tutto e mi misi all’opera. Il lavoro era più duro di quello che pensavo, la muffa era ostica e dovevo strofinare un sacco per rimuoverla. Dopo circa mezz’ora che strofinavo andai a tirare fuori la biancheria per metterla nell’asciugatore e ne approfittai per esplorare la cantina. Notai dalla parte opposta del corridoio un'altra porta socchiusa. Accesi la luce e vidi che si trattava di uno studio, verosimilmente del marito. Mi guardai attorno, era arredato in maniera classica, come il resto della casa. Guardai sulla scrivania e trovai una foto della moglie in costume da bagno. Era davvero una gran figa, indossava un bikini bianco con strisce dorate sorrideva (finalmente) verso la camera. Nella foto si notava anche la curva di un culetto perfetto e ben modellato, per contro invece non aveva praticamente seno. Oltre ad un paio di altre foto da “famigliola felice” tra cui compariva anche quello sfigato di Giovanni non c’era altro. Tornai al lavoro per evitare di farmi beccare e chiudere definitivamente le possibilità al sesso con lei. Dopo 20 minuti, visto il lavoro noioso e ripetitivo mi presi una seconda pausa e tornai a curiosare nell’ufficio del marito. Aprii un cassetto e li trovai la bomba. Una vera bomba. Il marito le aveva scattato delle foto sexy. Sentii il mio grosso pene ingrossarsi all’istante. Si trattava di una decina di foto dove lei indossava della biancheria intima molto sensuale, le prime erano più caste, la ritraevano per esempio mentre mostrava uno stacco coscia invidiabile nell’allacciarsi i tacchi, in altre più esplicite dove era sdraiata mostrando il suo corpo sodo e modellato, coperto a mala pena dalla stoffa dell’intimo, in un'altra, decisamente più esplicita, era messa a pecora e con una mano allargava i glutei mostrano il suo fiorellino posteriore, in una altra era sdraiata su un fianco con una sottile camicia da notte nera sollevata fin sopra il bacino mostrano una figa lievemente pelosa. Il mio cervello era partito, non ero più razionale, avevo vinto alla lotteria, mi sentii euforico. Non ci pensai nemmeno, mi calai i pantaloni e lì in piedi accanto alla scrivania del marito presi a segarmi. Mi eccitava che lei fosse così chiusa e formale ma ora, in quelle foto, si mostrava uno spirito da porca tutto nuovo. Pensai che fossi stato io a farle quelle foto, pensai di fottermela dappertutto nella casa, pensai pure di fottermela davanti al marito, di fargli sentire quanto avrebbe strillato. Immerso nelle mie fantasie di vittoria non la sentii arrivare.
“Cosa cazzo stai facendo?!” Urlò inferocita. Era come se mi avesse preso a sberle indietreggiai di due passi e quasi inciampai nei pantaloni alle caviglie. Il mio cazzo, come si era indurito al volo, si ammosciò pure al volo. Lei era sulla porta, lo sguardo scandalizzato e la bocca aperta. Non ci poteva credere, non poteva nemmeno immaginare una cosa del genere. Seppi tempo dopo che aveva avuto un’educazione molto rigida e che, prima del mio passaggio, non si prestava a manovre erotiche particolarmente spinte. “Cosa cazzo stai facendo?!” Ripeté paralizzata sulla porta. Cosa dovevo rispondere? Ero in panico, balbettai, non pensai nemmeno a tirarmi dentro il cazzo. “Chiamo i carabinieri!” Era rossa in faccia, la voce era acuta e penetrante. Scappò di sopra urlando parole sconnesse. Agii di istinto, le corsi dietro lasciando sul terreno i miei pantaloni con le mie mutande. Arrivai nel salotto e la trovai li, che prendeva il telefono ma tremava. “No signora, la prego scusi!” Lei non rispose mi guardò ma sembrava non sentirmi. Non aveva ancora fatto il numero, magari c’era ancora speranza. Mi avvicinai verso di lei, mi tremava la voce ma riuscii a mantenere un tono calmo. “Signora, la prego, non chiami i carabinieri, mi lasci spiegare almeno!” Il tono di voce calmo fece breccia. Lei mi guardò e lo sguardo si fece di ghiaccio “Va bene, forza, spiegami!” era ancora decisamente alterata, lo disse con una nota di sarcasmo. “Stavo cercando un posto dove piegare gli asciugamani e ho trovato l’ufficio, sulla scrivania c’erano delle foto sensuali e… sono impazzito” Omessi il fatto che avevo curiosato nei cassetti della scrivania del marito. Lei non rispose. Il respiro ara ancora pesante. “La prego mi scusa, sono un bravo ragazzo ma lei… lei era così bella, così sensuale eppure così fine” Mi giocai la carta della sviolinata. Lei rimase imperturbabile ma mi squadrò da testa a piedi, fermandosi sul pene. Vidi che aprì impercettibilmente gli occhi. La cosa mi eccitò e il mio pene si gonfiò lievemente. Feci un passo nella sua direzione “Fermo!” urlò di nuovo con tono isterico. Ma non era molto credibile, lo sguardo non si era mosso dal mio uccello, facendolo indurire ulteriormente. Feci un passo ancora nella sua direzione guadagnando sicurezza, lei crollò su una poltrona lì dietro. “Il fatto è che lei è così bella, così eccitante” Le dissi in tono suadente. Ora ero a poco meno di mezzo metro da lei e il mio cazzo era in piena erezione con la cappella che puntava verso di lei. Finalmente parlò, sta volta il tono era remissivo e balbettante “Davvero mi trovi così bella?” Sentii nella mia testa il suono di tromba della vittoria. Si, si quella bella mammina da lì a breve me la sarei scopata e avrei completato il secondo capitolo sul libro della vendetta. Mi sedetti accanto a lei e le feci una carezza. Sembrava una bambina. “Si… incredibilmente bella, non mi era mai capitata una cosa del genere” Lei mi guardò ancora un po’ persa e poi mi guardò il cazzo che aveva raggiunto la piena erezione. “Non ne avevo mai visto uno così grosso.” E come finì di dirlo arrossì violentemente. “Davvero? Vuoi toccarlo?” Non rispose ma allungò una mano afferrandomelo poco sotto la cappella. Notai con una nota d’orgoglio che la sua manina non riusciva a chiudersi completamente attorno alla mia mano. Prese a masturbarmi lentamente senza dire una parola. Si vedeva dallo sguardo che era eccitata. Volevo vedere fino a quanto riuscivo a spingermi “Ti piace mungermi il cazzo? Tuo marito ce l’ha così grosso?” Lei era in trance e per tutta risposta usò entrambe le mani per masturbarmi in maniera più intesa. “No… non è nemmeno la metà del tuo…” Il movimento ora era più rapido, mi mungeva proprio per benino, la mia grossa cappella veniva scoperta e ricoperta. Notai che si sfregava le gambe, doveva essere proprio eccitata e io non ero da meno. Pensai a che bel siparietto sarebbe stato se entrava ora Giovanni o il marito, lei che masturbava a 2 mani un ragazzino di 17 anni che ancora indossava la maglietta. “È bollente” esclamò quasi sorpresa. “Sai cos’altro è bollente? Le mie dita”. Non aveva molto senso ma avevo voglia di toccarla un po’ anche io. Allungai una mano e presi a strofinarla tra le cosce sopra i pantaloni. Era un assalto diretto ma pareva funzionare, le cosce si spalancarono come le porte con fotocellula di un grande magazzino. Si staccò a malincuore dal mio cazzo, si alzò per abbassarsi i pantaloni e si risedette, riattaccandosi al mio grosso cazzo. Io in breve scostai le mutandine prendendo a giocare con la sua figa pelosa. Gemeva sommessamente mentre mi lubrificavo dentro di lei per poi strofinarmi sul clitoride. “Sai che penso sia una fantasia di mio marito?” Mi disse con tono allegro “Ogni tanto mentre facciamo l’amore mi dice cose del genere, mi chiede se mi piacerebbe andare con super dotati, se mi eccitano altri uomini” fece un risolino cattivo “Pensa se lo sapesse… se sapesse cosa ti sto facendo.” La masturbazione si faceva più intensa “E a te? A te piace metterli le corna?” Lei mi guardò maliziosa “sinceramente? Fino a 5 minuti fa non avrei mai pensato che fosse possibile ma ora… ma ora…” era esitante grazie al mio movimento sul clitoride che si fece subito più intenso “Ma ora siiiiiiiii!” eruppe in un orgasmo sulle mie dita. Ma non le diedi tregua, continuai a torturarla. Per riflesso la sega si era ridotta d’intensità. Lei prese a contrarsi tutto, a guardarmi con occhi spalancati e con un’espressione di quasi agonia sul volto. “sto… venendo… ancoraaaa” ed esplose in un secondo intenso orgasmo contraendo il viso a destra e sinistra. Le mutandine che ancora indossava erano fradice e una palese macchia scura si era allargata sulla stoffa del divano. Gli spasmi si calmarono e mi guardò sorridente. “Ti è piaciuto eh?” “È stato incredibile….” Io non dissi nulla e mi misi in piedi. “No, no, mettiti comodo ti prego” mi disse con aria maialina. Facendomi risedere. Lei si lasciò scivolare per terra e si inginocchiò davanti a me. Mi guardava sorridendo mentre presse a leccarmi tra i testicoli e la coscia risalendo lentamente, mentre le mani continuavano implacabili a masturbarmi. La sua lingua, dopo una lieve leccata di palle, prese a salire fino ad arrivare sulla cappella turgida. Me la lucidò per bene, leccandola con movimento circolare dandomi scariche elettriche e poi, quasi inaspettatamente, la prese del tutto in bocca. Cominciò a spompinarmi con lena continuando con le due manine un movimento masturbatorio. Sentivo di essere vicinissimo a riempirle la bocca. Il colpo di grazia me le diede una porta a vetro lì vicino dove si vedeva il riflesso di lei, così rigida e severa, ora inginocchiata a spompinarmi intensamente. Strozzai un urlo e presi a venirli in bocca, senza preavviso. Lei, mostrano un inattesa lussuria, non si fermò un secondo di pompare ingoiando tutto, quando il flusso fu finito si staccò e con le mani munse le ultime gocce di sperma, raccogliendole con la lingua. Mi guardò e scoppiò a ridere “dovresti vedere che faccia che hai!” Sorrisi di rimando e le risposi “allora? Contenta di non aver chiamato i carabinieri?” “Se venivano anche loro magari poteva essere ancora più divertente” mi rispose pronta. Hai capito la moretta? Il tono si fece di nuovo duro “ricordati di piegare gli asciugamani, non hai ancora finito il tuo lavoro” Incredulo ma desideroso di evitare il silenzio post sesso occasionale, mi rimisi i boxer e mi infilai in cantina.
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