In ufficio

di
genere
etero

Avevo promesso che ti portavo fuori a cena, ma ho avuto un contrattempo al lavoro.
Ti chiamo, so già che ti arrabbierai.
“pronto?!”
“sono io, scusa, ma ho un casino al lavoro, ne ho ancora per un po’…”
“…”
“sei arrabbiata?!”
“no…non ti preoccupare”
“ok sei arrabbiata”
“a dopo”
“scusa davv..”
“tu ..tu.. tu..”
Ok sei incazzata di brutto.
Sono rimasto da solo nell’ufficio, anzi molto probabilmente in tutta la palazzina, ma devo assolutamente finire questo progetto per domani mattina altrimenti il capo chi lo sente?!
Ok, forse ho più paura di te a casa arrabbiata che del capo, ma è lavoro, che ci posso fare!?
Mi sgranchisco le gambe, guardo dalla finestra, c’è solo la mia macchina nel piazzale, si sta facendo buio, torno alla scrivania ed accendo la lampada, così vedo meglio, ma l’ufficio mi sembra ancora più buio e desolato.
Mi rimetto al lavoro, senza telefono che squilla o colleghi che disturbano riesco a procedere molto più velocemente del previsto, anzi ho quasi finito quando suonano al portone.
“chi è?”
“sono io!”
“che ci fai qui?! “
“mi apri invece di fare domande sceme?!”
Sei stata qua tante volte, conosci bene il mio ufficio, tanto che arrivi senza che ti debba venire incontro.
“sono venuta a controllare che la tua non fosse una banale scusa”
“una scusa per cosa?”
“sai com’è … magari con quella del centralino…”
“ ma va a cagare”
Scoppi a ridere, La signora del centralino ha 20 anni più di noi ed una gamba più corta dell’altra, ma soprattutto è particolarmente brutta ed antipatica.
“sono venuta a prenderti, hai promesso che mi portavi fuori a cena e lo farai”
“ma non ho da cambiarmi!”
Sollevi una borsa di carta “ho tutto qua!”
“dai dammi qualche minuto che finisco, poi andiamo dove vuoi tu!”
Ti siedi alla scrivania affianco, tiri fuori il cellulare e ti metti a guardare chissà cosa.
Mi rimetto al lavoro, mi sforzo di non farmi distrarre da te e in cinque/dieci muniti ho finito davvero, salvo il tutto e mi volto a guardarti.
Ti stai annoiando, hai tolto le scarpe e appoggiato i piedi sulla scrivania, lo schienale tutto indietro, mentre giochi col telefono.
Dalla mia postazione vedo i tuoi piedi e le tue lunghissime gambe, il vestito ti è risalito fino a scoprirle tutte.
Spengo il computer e mi avvicino a te.
“finito?!”
“di lavorare si, ma non ti muovere fatti guardare”
“che intenzioni hai?”
“il più classico dei cliché, la scopata in ufficio!”
“il cliché prevederebbe una segretaria…”
“visto che non ne ho una, mi accontenterò di mia moglie”
“ti accontenti?!?”
“per questa volta si…”
Ti accarezzo i piedi, quanto mi piacciono i tuoi piedi magri, perfetti, poi risalgo lungo i polpacci, le cosce, lunghissime, ti sollevo del tutto la gonna, scopro le mutande.
Resto qualche secondo in contemplazione poi mi inginocchio lentamente davanti a te, fai scendere le gambe dal tavolo, fai per alzarti, ti trattengo.
“No dai, non mi piace qua”
Non ti ascolto neppure, ti allargo le gambe con forza, ti accarezzo l’interno coscia, così morbido, liscio, poi arrivo alle mutande,
“dai facciamo dopo, adesso ho fame!”
prendo l’elastico e cerco di sfilartele.
“se arriva qualcuno?!”
“non c’è nessuno”
Alzi le chiappe e ti fai togliere le mutande continuando a guardare in giro circospetta.
Sei davanti a me, aperta al mio sguardo, mi avvicino lentamente e affondo la faccia nel tuo cespuglio, aspiro il tuo odore, hai appena fatto la doccia, sai di bagnoschiuma, chiudo gli occhi e tiro fuori la lingua.
Non ci vuole molto prima di sentire i tuoi umori mischiati alla mia saliva, ti allargo più che posso le gambe con le mani, mentre tu sospirando mi tiri i capelli.
Mi blocchi e mi costringi ad alzare lo sguardo, hai gli occhi densi.
“sei uno stronzo!”
Mi allontani, e ti alzi.
Vai alla mia scrivania, sposti i fogli sparsi e ti ci appoggi con i gomiti.
“cavolo!”
Ti vengo dietro, sollevo la gonna.
“che spettacolo!”
Mi slaccio i pantaloni e li faccio cadere a terra assieme alle mutande, senza spostare lo sguardo dal tuo culo in attesa.
Avvicino il mio uccello e tu mi aiuti ad entrare dentro di te.
Entro come nel burro, Inizio a spingere, mentre con le mani vago sulle tue chiappe, la tua schiena…
Questo vestito ha una cerniera, la abbasso, sotto trovo il reggiseno, slaccio anche quello mentre tu stai muovendo il culo contro di me.
Ok non riuscirò mai a toglierti questo vestito senza smettere di spingere, e non ne ho nessuna intenzione…però posso infilare le mani dentro… sotto il reggiseno… e afferrarti.
Ti afferro le tette con forza, mentre spingo sempre più forte, stringo i capezzoli tra le dita, tu perdi il controllo e vieni accasciandoti sulla scrivania, le mie mani sono incastrate tra il tavolo e il tuo seno, cado su di te.
Continuo a spingere ridendo.
“non mi sporcare il vestito!”
“ci provo!”
“COME CI PROVO ?”
Ti giri di scatto e mi dai una spinta per farmi sedere sulla sedia, non faccio in tempo a capire che succede che hai già il mio cazzo in gola.
“ma por…”
Vengo, esplodo, nella tua bocca, nella tua gola, non mi dai tregua, mi tieni dentro fino a quando non ne ho più e sono un burattino svuotato, buttato sulla sedia.
Poi ti alzi, mi guardi con un sorrisino divertito, controlli di non esserti sporcata, e con la tua solita eleganza ti rimetti le mutande, sistemi il vestito, rinfili le scarpe, una pettinata ai capelli, poi mi guardi.
“adesso possiamo andare? dai su, datti una mossa, cambiati! Ho ancora fame e mi hai promesso una cena!”
scritto il
2018-04-27
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