Mirror mirror
di
Sybelle.
genere
etero
Saigon, merda.
Cioè, non sei a Saigon, e non sei il capitano Willard, ma il clima è quello.
Ti sei sempre detta che in fondo non è così male, non è poi così male il clima delle 3p.
Piena.
Pianura.
Padana.
Continui a ripetertelo, nella speranza che, prima o poi, inizierai a crederci.
Sei nata ad una manciata di chilometri da questo posto, eppure dopo anni ancora fai fatica ad adattarti.
Adattarti al clima, adattarti alla mentalità da paesone più che da città, adattarti ai ritmi, ai tempi molto più dilatati.
Del resto, la chiamano "la bella addormentata" per un motivo.
Fissi il soffitto, ripensando alla vecchia vita.
Ti manca, nevvero?
Eppure dovresti farlo, adattarti.
Perché lo sai, cosa succede a chi non si adatta.
Prova a chieder al dodo.
E così riavvolgi il nastro, ripercorri le tappe, ancora una volta.
Questo soffitto, quello della casa in cui hai provato a convivere, quello dell'appartamento ai tempi della facoltà, quello di casa dei tuoi.
Ad ogni soffitto, fissato durante le ore più buie della notte, non fai alcuna fatica ad associare le paure che ti tenevano sveglia.
Gli piacerai, ora che ti ritrovi con i capelli corti per colpa di un demente?
Riuscirai a passare quell'esame? Sarai in grado di esercitare senza far dei casini?
È questa, la felicità, la bellezza della vita di coppia?
Chi sei, realmente?
Ti alzi e giri scalza per la casa buia, disabitata.
Non siete tanto diverse.
Forse è per questo che ti è piaciuta subito.
Ultimamente, sempre più spesso ti senti così.
Si, hai imparato a mascherare la cosa, a mostrarti sicura, solare.
È quello che ci si aspetta.
La realtà è un'altra, la notte.
Ancora non ti sei abituata al silenzio quasi innaturale della notte mantovana.
Non uno schiamazzo, non un'automobile.
Silenzio, attesa.
Accendi la luce del bagno e ti guardi, riflessa allo specchio.
Dopo la rottura, dopo il trasloco, è stato l'unico posto in cui sei entrata in intimità con un uomo, in questo appartamento.
Nulla di serio o trascendentale, due quasi-sconosciuti che si son piaciuti, sono andati a casa tua e hanno scopato.
Non fatto sesso, non l'amore.
Scopato.
In piedi come due animali, le tue mani sul lavandino per mantenere l'equilibrio e le sue sui tuoi fianchi, sul tuo seno.
Mani che ti hanno schiaffeggiata, tirata per i capelli facendoti gridare cose che, di te, non pensavi e non pensi.
Mani che ti hanno presa per il collo, lasciandoti senza fiato.
E in tutto questo, il riflesso, l'incapacità di non vedere.
Vedere cosa stavi facendo, cosa stavi provando.
Non è stata la prima volta che ti sei osservata provare piacere, ma mai in quel modo, mai con un'altra persona.
E ti dici che và bene così, che in fondo non volevi altro, in quel momento.
Seduta sulla tavoletta del wc, la pelle a contatto con la fredda ceramica, porti le mani al viso e piangi, in silenzio.
Fin da piccola, il bagno è stato l'unico punto della casa in cui ti sei sentita libera di abbassare le difese, nessuno schermo, nessuna armatura.
Ed ora, per paura di vederti riflessa, anche qua devi nascondere il viso.
E la beffa è che lo fai, che devi farlo in silenzio, per paura d'esser sentita, in questa città addormentata.
Cioè, non sei a Saigon, e non sei il capitano Willard, ma il clima è quello.
Ti sei sempre detta che in fondo non è così male, non è poi così male il clima delle 3p.
Piena.
Pianura.
Padana.
Continui a ripetertelo, nella speranza che, prima o poi, inizierai a crederci.
Sei nata ad una manciata di chilometri da questo posto, eppure dopo anni ancora fai fatica ad adattarti.
Adattarti al clima, adattarti alla mentalità da paesone più che da città, adattarti ai ritmi, ai tempi molto più dilatati.
Del resto, la chiamano "la bella addormentata" per un motivo.
Fissi il soffitto, ripensando alla vecchia vita.
Ti manca, nevvero?
Eppure dovresti farlo, adattarti.
Perché lo sai, cosa succede a chi non si adatta.
Prova a chieder al dodo.
E così riavvolgi il nastro, ripercorri le tappe, ancora una volta.
Questo soffitto, quello della casa in cui hai provato a convivere, quello dell'appartamento ai tempi della facoltà, quello di casa dei tuoi.
Ad ogni soffitto, fissato durante le ore più buie della notte, non fai alcuna fatica ad associare le paure che ti tenevano sveglia.
Gli piacerai, ora che ti ritrovi con i capelli corti per colpa di un demente?
Riuscirai a passare quell'esame? Sarai in grado di esercitare senza far dei casini?
È questa, la felicità, la bellezza della vita di coppia?
Chi sei, realmente?
Ti alzi e giri scalza per la casa buia, disabitata.
Non siete tanto diverse.
Forse è per questo che ti è piaciuta subito.
Ultimamente, sempre più spesso ti senti così.
Si, hai imparato a mascherare la cosa, a mostrarti sicura, solare.
È quello che ci si aspetta.
La realtà è un'altra, la notte.
Ancora non ti sei abituata al silenzio quasi innaturale della notte mantovana.
Non uno schiamazzo, non un'automobile.
Silenzio, attesa.
Accendi la luce del bagno e ti guardi, riflessa allo specchio.
Dopo la rottura, dopo il trasloco, è stato l'unico posto in cui sei entrata in intimità con un uomo, in questo appartamento.
Nulla di serio o trascendentale, due quasi-sconosciuti che si son piaciuti, sono andati a casa tua e hanno scopato.
Non fatto sesso, non l'amore.
Scopato.
In piedi come due animali, le tue mani sul lavandino per mantenere l'equilibrio e le sue sui tuoi fianchi, sul tuo seno.
Mani che ti hanno schiaffeggiata, tirata per i capelli facendoti gridare cose che, di te, non pensavi e non pensi.
Mani che ti hanno presa per il collo, lasciandoti senza fiato.
E in tutto questo, il riflesso, l'incapacità di non vedere.
Vedere cosa stavi facendo, cosa stavi provando.
Non è stata la prima volta che ti sei osservata provare piacere, ma mai in quel modo, mai con un'altra persona.
E ti dici che và bene così, che in fondo non volevi altro, in quel momento.
Seduta sulla tavoletta del wc, la pelle a contatto con la fredda ceramica, porti le mani al viso e piangi, in silenzio.
Fin da piccola, il bagno è stato l'unico punto della casa in cui ti sei sentita libera di abbassare le difese, nessuno schermo, nessuna armatura.
Ed ora, per paura di vederti riflessa, anche qua devi nascondere il viso.
E la beffa è che lo fai, che devi farlo in silenzio, per paura d'esser sentita, in questa città addormentata.
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