Non più

di
genere
voyeur

Come si finisce in certe situazioni a volte è difficile da comprendere persino per chi le vive, troppo presi nella caotica vita moderna, rapiti dai ritmi di una vita frenetica che non lascia nemmeno il tempo di respirare.
In pochi mesi ci si ritrova travolti dagli eventi, troppo spaventati per fermarsi ad elaborare razionalmente i fatti e ponderare le conseguenze, trascinati dall'istinto umano che, si sa, non è infallibile.
E così alla fine, una volta sfiniti e senza più forze per mandare avanti quel treno in corsa apparentemente senza freni, arriva la fase del rimpianto e si pongono domande futili che non avranno mai risposta, come appunto “come ci sono finita io in questa cazzo di situazione?”
Ed era proprio questa domanda che si poneva spesso Emma, incapace di spiegare logicamente le sue azioni degli ultimi tempi.
Quattro mesi erano passati da quando aveva iniziato una relazione clandestina con il suo vicino, un omone molto più grande di lei che aveva fatto leva sulle sue debolezze, riuscendo a sfruttare il suo essere fragile per consolarla in modi a dir poco particolari.
Inizialmente era tutto idilliaco, lei si sentiva sinceramente meglio e lui, una volta avuto quello che voleva, sapeva essere un bravo ascoltatore ed un ottimo dispensatore di consigli.
In breve, erano diventati affiatati, si sentivano ad ogni ora e quelle passate nel suo letto avevano superato abbondantemente quelle solitarie della ragazza, tant'è che lui si riservo di darle una copia delle chiavi dell’appartamento, col monito però, di usarle solo sotto suo ordine.
C'erano momenti, a questo bisogna dare atto, in cui entrambi si chiedevano dove avrebbe portato una relazione, se così vogliamo chiamarla, del genere, senza capo né coda né tantomeno un futuro delineato.
L'unica cosa che riconoscevano entrambi era che assieme si sentivano bene, il tempo in quella stanza si fermava e tutto il resto, i problemi, le responsabilità e le conseguenze, venivano rinchiuse fuori, pronte però, a far di nuovo loro compagnia una volta finito il momento di idillio.
Emma dal canto suo, non la considerava nemmeno una relazione, no, la considerava una valvola di sfogo che le permetteva di non crollare sotto tutte le pressioni che la sua vita le riservava. Non trovava il suo vicino attraente come i suoi coetanei e anzi, disprezzava molti lati del suo carattere. Le uniche cose che apprezzava di lui, erano la sua bravura nel riuscire a capire quali desideri richiedeva il suo corpo e la capacità di esaudirli come nessun altro uomo col quale era stata riusciva a fare.
Quello del quale era all'oscuro, troppo presa com'era ad alzare la solita corazza difensiva verso tutto ciò che poteva coinvolgerla sentimentalmente, era proprio l'enorme buco formatosi su di essa, dal quale ormai era entrata una sorta di affetto verso quell'uomo, pronta ad ingigantirsi giorno dopo giorno.
E così, quella dannata sera, quando Emma se ne rese conto, era ormai troppo tardi.
Le cose tra loro non erano minimamente cambiate in quei giorni, anzi, l'idillio cresceva esponenzialmente ogni giorno che passava, lasciando entrambi stremati sulle lenzuola sporche di loro e fu anche per questo che lei non ebbe minimamente il sospetto di non essere l'unica donna del suo amico troppo riservato.

L'insopportabile afa di quel pomeriggio di metà agosto l'aveva costretta a tornare a casa in anticipo, facendole perdere tutta la voglia di passeggiare per la città come le era sempre piaciuto fare e facendole desiderare soltanto una doccia fredda.
Arrivata finalmente nell'androne del condominio notò una donna particolarmente bella: i capelli rossi le ricadevano elegantemente sulle spalle e contornavano un viso tondo, addobbato da due splendidi occhi verdi.
“Cazzo che bella” pensò Emma mentre si malediva per avere quell'aspetto trasandato, sudata e spettinata.
Si mise vicino alla donna ad aspettare l'ascensore e si scambiarono un sorriso che rimase impresso nel cuore della ragazza.
“A che piano?” chiese Emma una volta salite.
“Quarto, grazie” disse cortesemente lei di rimando.
“Il mio…” pensò la ragazza distrattamente.
La donna aveva un leggero profumo di mughetto che andava spargendosi per il piccolo cubicolo dell'ascensore e portava un vestitino bianco con dei fiori blu che le fasciava un corpo dalle forme sinuose che, unito al portamento, davano di lei un'immagine dolce ed elegante.
Emma era come rapita, quel profumo e quell'immagine la stavano inebriando e si riprese soltanto grazie al leggero saltello dell'ascensore, una volta fermatosi al piano stabilito.
La donna scese per prima, riuscendo a regalare ad Emma la visione della sua camminata elegante e sensuale. Le dava un senso di leggerezza, come se camminasse fluttuando, con l'unico rumore dei tacchi rossi a provare il suo essere di questo mondo.
La ragazza era ancora assorta nella contemplazione di quella camminata, quando notò la donna entrare nell'appartamento vicino al suo.
“Sarà una parente” pensò in un primo momento, entrando in casa senza dar peso all'avvenimento.
“Dovrò chiedergli di presentarmela” disse ridendo.
Eppure una voce dentro di sé non la smetteva di ricordarle che fosse impossibile la teoria della parentela, in quanto sapeva benissimo che lui non avesse nessuno.
Scacciò quel pensiero, spogliandosi e gettandosi in doccia, accendendo l'acqua gelata per distrarsi. Ripensò alla donna, cercando di darsi piacere, riportando alla mente i dettagli che più l'avevano rapita, ma invano. Era gelosa. Gelosa perché pensava di essere l'unica, di avere qualcosa di suo, quante volte glielo aveva fatto ripetere durante il sesso che fosse sua! , e invece no, era una fra le tante, una che non poteva minimamente competere con una donna di tal bellezza come quella dell'ascensore.
“Non mi deve niente” tentò di convincersi “la nostra era una relazione senza obblighi”.
Ma mentre lo ripeteva sempre meno convinta, aveva già preso le chiavi di lui e si era avviata verso la porta.
Entrò senza fare rumore, togliendosi le scarpe all’entrata.
Sentì distintamente dei gemiti provenire dalla camera di lui e si diresse lì chiedendosi che cazzo stesse facendo, maledicendosi per le sue debolezze.
La porta era socchiusa, ma riusciva a vedere la mani di lui che tiravano giù le spalline del vestito di lei, scoprendo il seno bianco e morbido. Vide le sue dita giocare coi capezzoli duri e la bocca di lei schiudersi in un sospiro. L'altra mano dell'uomo viaggiava già sotto la gonna, accarezzando il sesso della donna che, come in un copione, allargò le gambe per permettergli un movimento più ampio.
Tutto d'un tratto dalle labbra di lei uscì un urletto e lui si fece più violento nei movimenti, torcendole i capezzoli, affondando le dita in lei senza preavviso, strappando le mutandine senza però svestirla.
La donna cominciò a gemere sempre più forte, mentre lui aumentava il ritmo, fissandola negli occhi, aspettando il momento giusto per fermare le dita.
Emma vide il disappunto negli occhi di lei, che però non proferì parola.
“Succhiale” disse lui tendendole le dita fradice.
E lei obbedì, sostenendo il suo sguardo, con la maestria di chi non ha mai fatto altro nella vita.
“Scopami, stronzo” disse lei con uno sguardo di sfida, mentre sul volto di lui andava disegnandosi un ghigno divertito.
Lo specchio posizionato ai lati del letto permetteva ad Emma di avere una visuale ampia, e vedere la scena le stava provocando una reazione che mai si sarebbe aspettata; una reazione contraddittoria: se da una parte le ribolliva il sangue dalla rabbia e gli occhi iniziavano ad inumidirsi, dall'altra si stava eccitando, nonostante non volesse ammetterlo.
Quella donna era completamente diversa da lei, il sesso tra quei due era violento, feroce, avevano smesso di essere umani, sembravano due animali in cerca della passione pura, con l'unico obiettivo di godere al massimo, senza limiti e senza regole.
Vedeva la donna urlare, il suo viso contorcersi per il piacere, il seno ballare ad ogni affondo, i glutei rossi per i continui schiaffi. Quella donna elegante e all'apparenza così dolce, si mostrava davanti a lei sotto tutta un'altra luce che, ne era sicura, nessuno avrebbe mai sospettato potesse avere.
Questo contrasto tra le due personalità della donna aveva affascinato a tal punto Emma, che quasi si era dimenticata della rabbia provata inizialmente nei confronti del suo amante e la sua mano non aveva tardato a scivolare sotto i pantaloncini, trovando le mutandine completamente bagnate.
I due continuavano la loro folle cavalcata, riempiendo la stanza coi suoni dei loro gemiti, dei loro grugniti, dei loro corpi avvinghiati, sudati.
“Fammi godere, cazzo!” Urlò la donna.
“Avrà rallentato il ritmo” ipotizzò Emma, ansimante, mentre aumentava quello delle sue dita, appoggiandosi al muro per rimanere in equilibrio.
“Dimmelo.” Ordinò lui.
La donna rimase in silenzio.
“Dimmelo, troia” ripeté lui a voce alta, accompagnando la frase con un affondo.
“Ti prego…” ansimò lei.
Mentre le prime luci della sera iniziavano ad avvolgere la stanza, furono in tre a venire quasi all'unisono, i due senza trattenere alcun suono, accompagnando il loro orgasmo con le loro espressioni colme di piacere per poi accasciarsi sul letto ansimanti e sfiniti, ed Emma, scivolando lentamente sul pavimento, trattenendo i gemiti ed i sospiri, chiudendo gli occhi per assaporare quell’orgasmo inaspettato, con le lacrime agli occhi, provando odio verso di lui che l'aveva usata e verso se stessa per quello che stava facendo.
Raccolse le forze, uscendo dalla casa il più in fretta possibile.
La sua testa era in balia di mille pensieri, tutto ciò che aveva visto era impresso nella sua mente fino all'ultimo dettaglio e ciò che più la sconcertava era la sua reazione, la sua vulnerabilità.
Si chiuse in camera aspettando la cena, cercando di fare ordine nei suoi pensieri.
Lo odiava, lo odiava da morire e allo stesso tempo la rapiva. Ma non era l'unica, come aveva potuto constatare con i suoi occhi. La trasformazione di quella donna all'apparenza dolce in una donna fuori controllo l'aveva segnata, non capiva come fosse possibile un cambiamento così marcato di personalità ed era certa che questo fosse possibile solo grazie all'influenza di lui.
Ne aveva paura ed allo stesso tempo ne era ancora più attratta, lo desiderava e lo respingeva ma infondo al cuore, l'amara realtà di non poterlo avere solo per sé tornava spesso a galla e nei giorni seguenti ruppe quella strana relazione, fin troppo orgogliosa per essere solo la seconda scelta.
Cercava di convincersi che non potesse essere l'unico, che avrebbe avuto sicuramente una relazione più appagante, eppure, per molti anni, non riuscì a trovare quell'intesa che si era stabilita fra lei ed il suo vicino.
Quell'uomo all'apparenza anonimo riusciva in qualche modo a vedere nell'animo delle persone, a far venire a galla i loro desideri più reconditi e impronunciabili e ad esaudire anche quello più particolare rendendolo quasi normale, facendole sentire capite, comprese ed appagate e probabilmente, era riuscito a vedere anche nell'animo di Emma o, così penso lei, non l'avrebbe mai scelta.
Un uomo dolce ma bastardo, con quello sguardo criptico e il ghigno di chi invece ha capito tutto di chi ha davanti.

Quell'uomo.
Il suo.
Non più.

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scritto il
2018-08-19
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