La vicina di trullo
di
Benedetto Cifrani
genere
tradimenti
Dedicato agli amici della Puglia.
Eravamo arrivati da circa una settimana. Un grazioso e rilassante complesso di appartamenti e trulli adibiti a casa vacanze, immersi nella campagna della valle d'Itria. Un posto fresco e rinvigorente.
Il nostro appartamento era accostato ad un trullo. Muro in comune. Muri bianchi e grezzi. Muri rilucenti alle carezze del sole. Davanti, un immenso patio delimitato da un basso muretto fatto di sassi. Bianchi. E poi una vista che si perdeva tra ulivi e orizzonti di tramonti color arancio.
Eravamo soliti fare colazione fuori, proprio davanti all'ingresso dell'appartamento e di fronte al patio. Spazio ad ampio respiro. Sedie e tavolino di legno. Pieghevoli. Un ombrellone ci riparava dal sole accecante già di primo mattino.
Ah, la leggerezza e libertà dell'estate! Torso nudo, pantaloncini ed infradito. E pace e tranquillità, senza pensieri o le preoccupazioni della quotidianità.
Finché arrivarono i vicini. Non che facessero baccano, anzi. Il problema semmai era Lei.
Fin dal primo momento mi provocò un turbamento viscerale. Sensazioni lussuriose di mente e cervello. La prima volta che la vidi stava apparecchiando per la colazione davanti al loro trullo. Lei e suo marito. Un tipo alto e bonaccione. Salutava sempre con calore e forza. Ma non la guardava più, di capiva.
Lei usciva sempre vestiva con un vestitino a tubetto nero elasticizzato di cotone leggero. Che le copriva a malapena l'inguine. Sotto era nuda. Si riuscivano ad intuire infatti anche chiaramente le forme generose del suo seno prorompente. Dio che tette! E che bel culo!
Si giocava al gatto e al topo: solo che ancora oggi non ho capito chi era il gatto e chi il topo.
Lei sapeva che la guardavo voglioso, e le piaceva. Non so come dire...faceva le mosse giuste...
Finché accade, inevitabilmente. Era solo questione di tempo e di trovare l'occasione giusta. Che arrivò puntuale al terzo giorno. Di primo pomeriggio.
Entrambi i nostri compagni dormivano nel caldo afoso. Ma noi no.
Ci incontrammo per caso appena usciti dalla porta, per respirare una boccata d'aria. Che sincronismo! E ci scambiammo una rapida ma perentoria occhiata, che chiedeva e rispondeva a tutto, non lasciando alcun dubbio.
Mi fece entrare dentro il trullo. Nel salotto suo marito dormiva soporitamente sul divano. Sembrava morto, con la bocca aperta. Andammo nella stanza di fronte, in camera da letto. Faceva fresco per via della penombra. Mi prese la mano e si diresse al giaciglio.
Si distese comoda, con le gambe accavallate. Nude. Il vestitino nero alzato fino all'attacco delle natiche. Un gomito piegato a sorreggere la testa. I suoi bei capelli biondi adesso sciolti le ricadevano un po' davanti alla faccia. Sorrideva sorniona. Con l' altra mano si accarezzava i fianchi.
"Non è questo che volevi?", fu il suo invito.
"Fammi vedere questo bel culetto", proposi io, mentre mi inginocchiavo sul materasso sollevandole definitivamente il vestito.
"Stupendo!".
Due grosse natiche incorniciate da una ritirata brasiliana mi stavano chiamando. Lei si mise a pancia in giù e si lasciò docilmente palpare. Erano sode e generose, elastiche al punto giusto. Le allargavo di tanto in tanto per sbirciare il buchetto, ancora nascosto dalla tesa striscia nera dello slip.
Mi chinai d'istinto e presi a baciare quelle chiappe irresistibili. Lei gemette. Evidentemente incominciava ad eccitarsi.
Mentre leccavo dappertutto approfittai per sfilarle l' intimo con una mossa naturale ma decisa. Allargai nuovamente quel culo tutto luccicante e finalmente lo vidi: un bellissimo buchetto che si stava lentamente allargando man mano che procedevo a distanziare le natiche.
"Cosa aspetti? Non ce la faccio più...mettimelo dentro!", mi ordinò perentoriamente la signora.
Liberarai il mio cazzo che stava battendo prigioniero ormai da troppo tempo.
Lei si era intanto alzata e assumeva la tipica posizione a quattro zampe. Era il topo o il gatto?
"Allarga bene e rilassati", fu il mio biglietto d'ingresso.
Stentai un poco ad entrare, in quanto il pertugio era più resistente del previsto. Spinsi ripetutamente la cappella contro il buco del suo culetto tutto bello largo e pianeggiante. Finché entrò. Lei non poté trattenere un grido rauco.
"Tutto bene?"
"Si, ma vacci piano. È tanto tempo che nessuno si occupa di me".
Ho rispetto per le donne e la accontentai. Affondavo lentamente l'asta per poi ritrarla con dolcezza. Piano.
Caldo. Il suo culo era stretto e caldo. Quel ritmo ridotto mi permetteva di assaporare ogni sensazione che veniva trasferita dal mio pene al mio cervello. Entravo ed uscivo in lei gustandomi la vista del mio membro che spariva e riappariva dalle sue chiappe. Ogni tanto sollevavo lo sguardo, dato l'impegno ridotto della scopata: era una camera molto accogliente, arredata con gusto e in sintonia con lo stile antico dei trulli...
"Coraggio amore, fammi godere con il culo", mi richiamò all'ordine lei.
Detto fatto. Aumentai gradualmente il ritmo, premendo più a fondo. Il mio cazzo ora entrava e usciva con maggior intensità, slabbrando con docile violenza la pelle del buchetto violato.
"Oh si, così, così, continua".
Le afferai i capelli, tirando. Stavo domando una gatta in calore. Lei inaricò la schiena, godendo dei miei affondi.
Continuai meccanicamente così ancora per qualche minuto e poi capii che era giunto il momento. Anche lei lo sentì , così mi rassicurò: "Vienimi pure dentro...".
Le inondai il culo di sborra calda. Ancora stretto in quel canale ormai allentato, il mio membro spruzzava dentro di lei interminabili fiotti. Entrambi esalammo il liberatorio ansimo del piacere supremo.
Restammo distesi uno sopra l'altra per qualche attimo, poi lo tirai fuori dal suo povero culo arrossato e mi rivestii in fretta. Sentivo dei rumori in salotto, probabilmente suo marito si stava svegliando.
"Non mi hai nemmeno detto il tuo nome", le chiesi prima di sgattaiolare fuori.
Sorrise splendente e divertita. "Ma tesoro, mi chiamo "la vicina di Trullo".
https://bcifrani.altervista.org/
Eravamo arrivati da circa una settimana. Un grazioso e rilassante complesso di appartamenti e trulli adibiti a casa vacanze, immersi nella campagna della valle d'Itria. Un posto fresco e rinvigorente.
Il nostro appartamento era accostato ad un trullo. Muro in comune. Muri bianchi e grezzi. Muri rilucenti alle carezze del sole. Davanti, un immenso patio delimitato da un basso muretto fatto di sassi. Bianchi. E poi una vista che si perdeva tra ulivi e orizzonti di tramonti color arancio.
Eravamo soliti fare colazione fuori, proprio davanti all'ingresso dell'appartamento e di fronte al patio. Spazio ad ampio respiro. Sedie e tavolino di legno. Pieghevoli. Un ombrellone ci riparava dal sole accecante già di primo mattino.
Ah, la leggerezza e libertà dell'estate! Torso nudo, pantaloncini ed infradito. E pace e tranquillità, senza pensieri o le preoccupazioni della quotidianità.
Finché arrivarono i vicini. Non che facessero baccano, anzi. Il problema semmai era Lei.
Fin dal primo momento mi provocò un turbamento viscerale. Sensazioni lussuriose di mente e cervello. La prima volta che la vidi stava apparecchiando per la colazione davanti al loro trullo. Lei e suo marito. Un tipo alto e bonaccione. Salutava sempre con calore e forza. Ma non la guardava più, di capiva.
Lei usciva sempre vestiva con un vestitino a tubetto nero elasticizzato di cotone leggero. Che le copriva a malapena l'inguine. Sotto era nuda. Si riuscivano ad intuire infatti anche chiaramente le forme generose del suo seno prorompente. Dio che tette! E che bel culo!
Si giocava al gatto e al topo: solo che ancora oggi non ho capito chi era il gatto e chi il topo.
Lei sapeva che la guardavo voglioso, e le piaceva. Non so come dire...faceva le mosse giuste...
Finché accade, inevitabilmente. Era solo questione di tempo e di trovare l'occasione giusta. Che arrivò puntuale al terzo giorno. Di primo pomeriggio.
Entrambi i nostri compagni dormivano nel caldo afoso. Ma noi no.
Ci incontrammo per caso appena usciti dalla porta, per respirare una boccata d'aria. Che sincronismo! E ci scambiammo una rapida ma perentoria occhiata, che chiedeva e rispondeva a tutto, non lasciando alcun dubbio.
Mi fece entrare dentro il trullo. Nel salotto suo marito dormiva soporitamente sul divano. Sembrava morto, con la bocca aperta. Andammo nella stanza di fronte, in camera da letto. Faceva fresco per via della penombra. Mi prese la mano e si diresse al giaciglio.
Si distese comoda, con le gambe accavallate. Nude. Il vestitino nero alzato fino all'attacco delle natiche. Un gomito piegato a sorreggere la testa. I suoi bei capelli biondi adesso sciolti le ricadevano un po' davanti alla faccia. Sorrideva sorniona. Con l' altra mano si accarezzava i fianchi.
"Non è questo che volevi?", fu il suo invito.
"Fammi vedere questo bel culetto", proposi io, mentre mi inginocchiavo sul materasso sollevandole definitivamente il vestito.
"Stupendo!".
Due grosse natiche incorniciate da una ritirata brasiliana mi stavano chiamando. Lei si mise a pancia in giù e si lasciò docilmente palpare. Erano sode e generose, elastiche al punto giusto. Le allargavo di tanto in tanto per sbirciare il buchetto, ancora nascosto dalla tesa striscia nera dello slip.
Mi chinai d'istinto e presi a baciare quelle chiappe irresistibili. Lei gemette. Evidentemente incominciava ad eccitarsi.
Mentre leccavo dappertutto approfittai per sfilarle l' intimo con una mossa naturale ma decisa. Allargai nuovamente quel culo tutto luccicante e finalmente lo vidi: un bellissimo buchetto che si stava lentamente allargando man mano che procedevo a distanziare le natiche.
"Cosa aspetti? Non ce la faccio più...mettimelo dentro!", mi ordinò perentoriamente la signora.
Liberarai il mio cazzo che stava battendo prigioniero ormai da troppo tempo.
Lei si era intanto alzata e assumeva la tipica posizione a quattro zampe. Era il topo o il gatto?
"Allarga bene e rilassati", fu il mio biglietto d'ingresso.
Stentai un poco ad entrare, in quanto il pertugio era più resistente del previsto. Spinsi ripetutamente la cappella contro il buco del suo culetto tutto bello largo e pianeggiante. Finché entrò. Lei non poté trattenere un grido rauco.
"Tutto bene?"
"Si, ma vacci piano. È tanto tempo che nessuno si occupa di me".
Ho rispetto per le donne e la accontentai. Affondavo lentamente l'asta per poi ritrarla con dolcezza. Piano.
Caldo. Il suo culo era stretto e caldo. Quel ritmo ridotto mi permetteva di assaporare ogni sensazione che veniva trasferita dal mio pene al mio cervello. Entravo ed uscivo in lei gustandomi la vista del mio membro che spariva e riappariva dalle sue chiappe. Ogni tanto sollevavo lo sguardo, dato l'impegno ridotto della scopata: era una camera molto accogliente, arredata con gusto e in sintonia con lo stile antico dei trulli...
"Coraggio amore, fammi godere con il culo", mi richiamò all'ordine lei.
Detto fatto. Aumentai gradualmente il ritmo, premendo più a fondo. Il mio cazzo ora entrava e usciva con maggior intensità, slabbrando con docile violenza la pelle del buchetto violato.
"Oh si, così, così, continua".
Le afferai i capelli, tirando. Stavo domando una gatta in calore. Lei inaricò la schiena, godendo dei miei affondi.
Continuai meccanicamente così ancora per qualche minuto e poi capii che era giunto il momento. Anche lei lo sentì , così mi rassicurò: "Vienimi pure dentro...".
Le inondai il culo di sborra calda. Ancora stretto in quel canale ormai allentato, il mio membro spruzzava dentro di lei interminabili fiotti. Entrambi esalammo il liberatorio ansimo del piacere supremo.
Restammo distesi uno sopra l'altra per qualche attimo, poi lo tirai fuori dal suo povero culo arrossato e mi rivestii in fretta. Sentivo dei rumori in salotto, probabilmente suo marito si stava svegliando.
"Non mi hai nemmeno detto il tuo nome", le chiesi prima di sgattaiolare fuori.
Sorrise splendente e divertita. "Ma tesoro, mi chiamo "la vicina di Trullo".
https://bcifrani.altervista.org/
1
voti
voti
valutazione
2
2
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Non è tutto socialracconto sucessivo
Ale
Commenti dei lettori al racconto erotico