Fiore di Bach - Cap III atto II - Il serpente con la testa da uomo.
di
Flame
genere
pulp
Dedico l'intera storia a tutti voi che mi avete seguito con passione. Grazie.
Non è fantasia o vissuto della scribacchina.
Flash di luci abbaglianti. Tutto mi passa davanti veloce, vedo il cielo cupo e gli alberi spogli, i loro rami oscillano vistosamente, i lampioni riflettono la loro luce accecante nel vetro. Odore di pelle, ci metto un po’ per tornare parzialmente in me stessa, e, capisco di essere nella limousine di Regina. Distinguo la sua voce, la sento parlare, poi, il sangue si gela nelle vene, una sensazione orribile si fa spazio lentamente nella testa come magma. Quella voce, non può essere! Combatto contro tutti i miei sensi che si oppongono, apro gli occhi, passano secondi o infiniti minuti quando finalmente riesco a metterlo a fuoco. Lo vedo. La testa rasata, gli occhi ghiaccio. Lui. La paura si impossessa prepotentemente del mio corpo, della mia mente, una paura che ha il gusto dell’impotenza. Le mani scivolavano sulla maniglia della portiera… chiusa. Riprovo nuovamente, mollemente cerco la maniglia… chiusa. Mi viene un groppo in gola.
-Butta fuori a calci la cagna, sta per vomitare.-
Mi provoca il disgusto.
La limousine si ferma e vengo spinta fuori, a quattro zampe sulla strada. Sto male, due, tre, conati forti, poi delle mani femminili mi trattengono i capelli sfiorando la pelle.
-Torna in limousine- le mille sfaccettature di verde le ritrovo brillare in quelle iridi profonde. C'é qualcosa di dissonante in lei ma non riesco a capire cosa.
- andiamo puttana il mio alano vuole scopare- ride quel verme repellente, lo odio.
Supplico Regina silenziosamente, i miei occhi si specchiano nei suoi, vedo il tormento in lei, ma non vuole cedere.
Perché darmi in pasto ad un essere spregevole? Sono profondamente delusa. No non voglio! Voglio rimanere qui! Urlo fino a farmi mancare il fiato ma il tizio mi afferra e trascina dentro l'abitacolo.
-Dove cazzo volevi andare cagnetta?- mi afferra il
braccio, lo stringe fino a farmi male, mi strattona forte a destra e sinistra. Mi viene nuovamente da vomitare.
- Ti farò un video mentre il mio bull ti fotte. A lui piacciono le cagnette come te, strafatte di acido. A me fanno schifo. –
I miei occhi sono solo per lei. Regina. La interrogo con lo sguardo, lo sostiene per poco tempo mentre continua a parlare con quel viscido. Voglio andare via! Voglio uscire! Mi prende il panico, ma è un panico muto che intossica internamente e non sfocia in espressioni, in movimenti. L'effetto dell'acido è ancora in circolo oppure il bastardo, compresa Regina, mi ha dato altre dosi. Mi muovo lenta, il mio braccio tocca ancora una volta la portiera, voglio uscire! Ma nulla, chiuso! Non ho nemmeno la forza di piangere.
Mi abbandono sul sedile.
Buio.
Musica classica, voci angeliche si susseguono in alti e bassi, la Lacrimosa di Mozart, sento freddo ho brividi forti che squassano il mio corpo come scariche elettriche. Cerco di rialzarmi ma rimango a quattro zampe non avendo forze.
Una risata.
– La cagna si è svegliata finalmente!- sollevo il capo.
Lui, l'uomo che sibila come un serpente, ha parlato. Non è stato un incubo oppure mi sono destata nel mio incubo stesso? lo spero, lo spero con tutta me stessa. La delusione è guardare Regina seduta sul divano al suo fianco, tra loro due, a terra, si trova il grande danese dal manto grigio, in una posa fiera mi guarda con le orecchie puntute. Conto i secondi, è già vorrei che fosse tutto finito, non riesco a ribbellarmi c'è qualcosa dentro di me che mi blocca.
Odio tutto questo, provo schifo e disgusto, e soprattutto vorrei che in questo preciso momento fosse Regina ad essere fottuta da un cane e non io. Penso a tutto ciò che può procurarle lo stesso disgusto che ora sto provando io.
Non serve che il padrone gli dia un ordine, si avvicina. Percepisco il suo fiato caldo sulla pelle, la sua bava che cola su una parte di coscia, poi mi lecca. Ho il viso basso. Non provo piacere, non posso provarlo e un qualcosa di sbagliato. Assolutamente sbagliato.
-Bull ti piace la cagna eh!?- Foma ride di gusto. Stronzo.
Sento ancora la lingua del cane, la sua bava cola lungo la mia fessura, sulle cosce, scivola in lenti rivoli, mi sale sopra, con le zampe anteriori mi artiglia la schiena, graffia, è un dolore sottile quello che provo, un dolore che per un'attino anestetizza la vergogna. Mi penetra.
Io penso ad altro, mi estraneo dal corpo, mi creo un mondo interiore dove potermi rifugiare. Un mondo pieno di bellezza dove io posso nutrirmi di essa. Non so quanto tempo passa, non ho mai dato peso ad esso, figuriamoci ora, vorrei che tutto finisse! Per un momento, penso che se mi trovassi nella stanza infondo al corridoio fossi salva, può essere un incubo che sto vivendo lì. "Ora mi sveglio e mi trovo sul materasso sudicio."
Apro gli occhi.
Guardo il pavimento bianco, fin troppo lucido.
Gli artigli, il fiatone, la bava mi cola sulla schiena, sento il membro del danese dentro di me.
-Andiamo facci sentire come godi. Ulula cagna- Foma si avvicina con un ghigno perfido sul volto, mi sta filmando.
Umiliazione.
Odio.
Paura.
Odio più me stessa che loro. Mi odio perché ho venduto la mia dignità a Regina, per la droga.
La droga.
Vorrei dell'acido ora.
-Ulula cagna.- Sibila, quell’essere immondo.
Ululo.
-Forte, cagna, fatti sentire.-
Ululo forte, con tutto il fiato che ho in gola. Mi accascio a terra ed è buio.
Vedo Katia, il suo sorriso, sento la sua risata.
-Ania- mi chiama.
-Ania-
Riapro gli occhi.
“ No. Non può essere!”
Sono ancora in quella stanza. Il cane mi sta leccando. Dio che schifo!
-Vieni qui bull- lo richiama il padrone, non se lo fa ripetere due volte, corre da lui, e si accuccia ai suoi piedi.
Regina è impassibile, non una parola, non per me. Mi guarda a stento e lo fa a malavoglia. La interrogo ancora, sempre, quando incrocio il suo sguardo, lei è sfuggente. Sembra che l'unico che gli interessa sia quel viscido.
Gli carezza la testa e a volte gli sussurra qualcosa all’orecchio.
La odio. E la amo. Le due facce di una stessa medaglia.
-Scusami cara, ora è il mio turno.-
Si avvicina spavaldo, ha gli occhi che fanno paura, senza convenevoli tira fuori il pene, bianco, duro. Inizia a far scorrere la mano su e giù davanti la mia faccia.
-Non è per te, cagna, ho promesso alla tua amica di farmi una sega. Vuole vedermi sborrare. Ho bisogno del cesso per farlo.- Ride.
Non ho la forza di rispondere, ho un groppo in gola e un odio che sale di grado in grado.
Viene dopo poco tempo, grugnendo, schizzando ovunque senza riguardo. E, senza riguardo, si libera sul mio viso in un gemito di goduria, il suo piscio mi colpisce ovunque, mi bagna completamente viso, capelli e corpo.
Sono accasciata a terra con le mani sul viso e in lacrime, quando due spari mi fanno sobbalzare e urlare.
Due spari.
Il corpo di Foma, privo di vita, sul mio. Mi sta schiacciando.
Regina mi tira fuori. Io urlo, scalpito, la colpisco ripetute volte urlando come una pazza.
Buio.
Quando ritorno in me stessa sono in una vasca d'acqua calda piena di schiuma profumata.
Le iridi smeraldine mi fissano, il viso di Regina è contrito.
-Sei il mio fiore di Bach, Ania. La mia cura contro il mio male… devi aiutarmi.-
Silenzio.
Non rispondo, non ne ho voglia.
Lei continua.
-Quell'uomo... era il figlio del vecchio direttore del teatro. Il padre, ha usato violenza su di me ogni giorno.-
Non la guardo, ma percepisco i suoi occhi fissarmi.
-Dovevo arrivare al figlio per annientarlo, come lui un tempo, ha fatto con me. Sei stata la mia esca perfetta. Tu deliziosa creatura l'hai attirato, come un ragno fa con la mosca. Ora… voglio che tu mi aiuti a vendicarmi su tutti. –
Rimane in silenzio aspettando una risposta che per ora non voglio dare.
-Hai dell'acido?- questa è l'unica cosa a cui penso.
Esce dalla stanza.
Ritorna dopo poco tempo o tanto, non riesco a comprendere.
-Tieni.-
Pasticche di acido, due, nella sua mano. Le afferro avida e le butto giù.
Mi perdo nel mio mondo, in uno bello, dove le persone non possono farmi del male.
Non è fantasia o vissuto della scribacchina.
Flash di luci abbaglianti. Tutto mi passa davanti veloce, vedo il cielo cupo e gli alberi spogli, i loro rami oscillano vistosamente, i lampioni riflettono la loro luce accecante nel vetro. Odore di pelle, ci metto un po’ per tornare parzialmente in me stessa, e, capisco di essere nella limousine di Regina. Distinguo la sua voce, la sento parlare, poi, il sangue si gela nelle vene, una sensazione orribile si fa spazio lentamente nella testa come magma. Quella voce, non può essere! Combatto contro tutti i miei sensi che si oppongono, apro gli occhi, passano secondi o infiniti minuti quando finalmente riesco a metterlo a fuoco. Lo vedo. La testa rasata, gli occhi ghiaccio. Lui. La paura si impossessa prepotentemente del mio corpo, della mia mente, una paura che ha il gusto dell’impotenza. Le mani scivolavano sulla maniglia della portiera… chiusa. Riprovo nuovamente, mollemente cerco la maniglia… chiusa. Mi viene un groppo in gola.
-Butta fuori a calci la cagna, sta per vomitare.-
Mi provoca il disgusto.
La limousine si ferma e vengo spinta fuori, a quattro zampe sulla strada. Sto male, due, tre, conati forti, poi delle mani femminili mi trattengono i capelli sfiorando la pelle.
-Torna in limousine- le mille sfaccettature di verde le ritrovo brillare in quelle iridi profonde. C'é qualcosa di dissonante in lei ma non riesco a capire cosa.
- andiamo puttana il mio alano vuole scopare- ride quel verme repellente, lo odio.
Supplico Regina silenziosamente, i miei occhi si specchiano nei suoi, vedo il tormento in lei, ma non vuole cedere.
Perché darmi in pasto ad un essere spregevole? Sono profondamente delusa. No non voglio! Voglio rimanere qui! Urlo fino a farmi mancare il fiato ma il tizio mi afferra e trascina dentro l'abitacolo.
-Dove cazzo volevi andare cagnetta?- mi afferra il
braccio, lo stringe fino a farmi male, mi strattona forte a destra e sinistra. Mi viene nuovamente da vomitare.
- Ti farò un video mentre il mio bull ti fotte. A lui piacciono le cagnette come te, strafatte di acido. A me fanno schifo. –
I miei occhi sono solo per lei. Regina. La interrogo con lo sguardo, lo sostiene per poco tempo mentre continua a parlare con quel viscido. Voglio andare via! Voglio uscire! Mi prende il panico, ma è un panico muto che intossica internamente e non sfocia in espressioni, in movimenti. L'effetto dell'acido è ancora in circolo oppure il bastardo, compresa Regina, mi ha dato altre dosi. Mi muovo lenta, il mio braccio tocca ancora una volta la portiera, voglio uscire! Ma nulla, chiuso! Non ho nemmeno la forza di piangere.
Mi abbandono sul sedile.
Buio.
Musica classica, voci angeliche si susseguono in alti e bassi, la Lacrimosa di Mozart, sento freddo ho brividi forti che squassano il mio corpo come scariche elettriche. Cerco di rialzarmi ma rimango a quattro zampe non avendo forze.
Una risata.
– La cagna si è svegliata finalmente!- sollevo il capo.
Lui, l'uomo che sibila come un serpente, ha parlato. Non è stato un incubo oppure mi sono destata nel mio incubo stesso? lo spero, lo spero con tutta me stessa. La delusione è guardare Regina seduta sul divano al suo fianco, tra loro due, a terra, si trova il grande danese dal manto grigio, in una posa fiera mi guarda con le orecchie puntute. Conto i secondi, è già vorrei che fosse tutto finito, non riesco a ribbellarmi c'è qualcosa dentro di me che mi blocca.
Odio tutto questo, provo schifo e disgusto, e soprattutto vorrei che in questo preciso momento fosse Regina ad essere fottuta da un cane e non io. Penso a tutto ciò che può procurarle lo stesso disgusto che ora sto provando io.
Non serve che il padrone gli dia un ordine, si avvicina. Percepisco il suo fiato caldo sulla pelle, la sua bava che cola su una parte di coscia, poi mi lecca. Ho il viso basso. Non provo piacere, non posso provarlo e un qualcosa di sbagliato. Assolutamente sbagliato.
-Bull ti piace la cagna eh!?- Foma ride di gusto. Stronzo.
Sento ancora la lingua del cane, la sua bava cola lungo la mia fessura, sulle cosce, scivola in lenti rivoli, mi sale sopra, con le zampe anteriori mi artiglia la schiena, graffia, è un dolore sottile quello che provo, un dolore che per un'attino anestetizza la vergogna. Mi penetra.
Io penso ad altro, mi estraneo dal corpo, mi creo un mondo interiore dove potermi rifugiare. Un mondo pieno di bellezza dove io posso nutrirmi di essa. Non so quanto tempo passa, non ho mai dato peso ad esso, figuriamoci ora, vorrei che tutto finisse! Per un momento, penso che se mi trovassi nella stanza infondo al corridoio fossi salva, può essere un incubo che sto vivendo lì. "Ora mi sveglio e mi trovo sul materasso sudicio."
Apro gli occhi.
Guardo il pavimento bianco, fin troppo lucido.
Gli artigli, il fiatone, la bava mi cola sulla schiena, sento il membro del danese dentro di me.
-Andiamo facci sentire come godi. Ulula cagna- Foma si avvicina con un ghigno perfido sul volto, mi sta filmando.
Umiliazione.
Odio.
Paura.
Odio più me stessa che loro. Mi odio perché ho venduto la mia dignità a Regina, per la droga.
La droga.
Vorrei dell'acido ora.
-Ulula cagna.- Sibila, quell’essere immondo.
Ululo.
-Forte, cagna, fatti sentire.-
Ululo forte, con tutto il fiato che ho in gola. Mi accascio a terra ed è buio.
Vedo Katia, il suo sorriso, sento la sua risata.
-Ania- mi chiama.
-Ania-
Riapro gli occhi.
“ No. Non può essere!”
Sono ancora in quella stanza. Il cane mi sta leccando. Dio che schifo!
-Vieni qui bull- lo richiama il padrone, non se lo fa ripetere due volte, corre da lui, e si accuccia ai suoi piedi.
Regina è impassibile, non una parola, non per me. Mi guarda a stento e lo fa a malavoglia. La interrogo ancora, sempre, quando incrocio il suo sguardo, lei è sfuggente. Sembra che l'unico che gli interessa sia quel viscido.
Gli carezza la testa e a volte gli sussurra qualcosa all’orecchio.
La odio. E la amo. Le due facce di una stessa medaglia.
-Scusami cara, ora è il mio turno.-
Si avvicina spavaldo, ha gli occhi che fanno paura, senza convenevoli tira fuori il pene, bianco, duro. Inizia a far scorrere la mano su e giù davanti la mia faccia.
-Non è per te, cagna, ho promesso alla tua amica di farmi una sega. Vuole vedermi sborrare. Ho bisogno del cesso per farlo.- Ride.
Non ho la forza di rispondere, ho un groppo in gola e un odio che sale di grado in grado.
Viene dopo poco tempo, grugnendo, schizzando ovunque senza riguardo. E, senza riguardo, si libera sul mio viso in un gemito di goduria, il suo piscio mi colpisce ovunque, mi bagna completamente viso, capelli e corpo.
Sono accasciata a terra con le mani sul viso e in lacrime, quando due spari mi fanno sobbalzare e urlare.
Due spari.
Il corpo di Foma, privo di vita, sul mio. Mi sta schiacciando.
Regina mi tira fuori. Io urlo, scalpito, la colpisco ripetute volte urlando come una pazza.
Buio.
Quando ritorno in me stessa sono in una vasca d'acqua calda piena di schiuma profumata.
Le iridi smeraldine mi fissano, il viso di Regina è contrito.
-Sei il mio fiore di Bach, Ania. La mia cura contro il mio male… devi aiutarmi.-
Silenzio.
Non rispondo, non ne ho voglia.
Lei continua.
-Quell'uomo... era il figlio del vecchio direttore del teatro. Il padre, ha usato violenza su di me ogni giorno.-
Non la guardo, ma percepisco i suoi occhi fissarmi.
-Dovevo arrivare al figlio per annientarlo, come lui un tempo, ha fatto con me. Sei stata la mia esca perfetta. Tu deliziosa creatura l'hai attirato, come un ragno fa con la mosca. Ora… voglio che tu mi aiuti a vendicarmi su tutti. –
Rimane in silenzio aspettando una risposta che per ora non voglio dare.
-Hai dell'acido?- questa è l'unica cosa a cui penso.
Esce dalla stanza.
Ritorna dopo poco tempo o tanto, non riesco a comprendere.
-Tieni.-
Pasticche di acido, due, nella sua mano. Le afferro avida e le butto giù.
Mi perdo nel mio mondo, in uno bello, dove le persone non possono farmi del male.
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