Fiore di Bach - Cap. III atto I - Il serpente con la testa da uomo
di
Flame
genere
pulp
Altro giro di giostra, qui si va sul pesante, come ho scritto in precedenza con la prima pubblicazione : non è fantasia o vissuto della scribacchina.
Malen'ki.
Malen'ki.
Malen'ki...
... Il grido d’ aiuto di Katia risuona nella mia testa. La sua voce agghiacciante mentre la Matrioska di forza la portava nella stanza in fondo al corridoio.
-Quella stanza ti cambia la vita. Ti fa rinascere- dicono.
Per me è un incubo.
Ricordo i suoi occhi, il suo ultimo sguardo supplicante mentre con le mani si aggrappava con tutta la sua forza alla porta, poi il tonfo e le urla mi hanno fatto gelare il sangue. Ho paura che prima o poi finisco anche io lì. La redenzione, mi disse Yuri un giorno, in cui la droga non lo rendeva zombie.
Penso a questo mentre percorro la stazione di Komsomolskaya. Non riesco a capacitarmi di quanto questo edificio sia sfarzoso, splendido. Dipinto d'oro con arcate e lampadari di cristallo, arabeschi e rifiniture in gesso bianco, il marmo lucido, ci si può specchiare al suo interno. Questa stazione è l'inizio e la fine di Mosca; tutte le volte che scendo verso i binari è come se facessi un viaggio verso gli inferi. Un viaggio interiore. Le scale mobili della metropolitana di Mosca sembrano essere costruite per farti pensare che qui i deleritti sono dimenticati, non esistono, sono come una strana leggenda. Eppure queste mura, ne vedono e sentono di cose, se solo potessero parlare… la gente mi passa frenetica davanti, nessuno guarda nessuno in posti tanto popolati, tuttavia qualche occhiata la lanciano. Sarà per le lunghe gambe che fuoriescono da un corto cappotto nero con pelliccia di vero visone. Regalo di Regina. Le décolleté rosse che ho deciso di indossare per lei, in memoria del nostro primo incontro.
È tutto frenetico qui giù, tante formiche operaie, ognuna chiusa nella sua misera esistenza. Prendo posto sul treno affollato, tra una gomitata e una spinta. Mi sto dirigendo verso i quartieri alti, quelli perbenisti dove le persone all’apparenza sono felici, hanno tutto, tuttavia sembra mancare qualcosa, loro non sanno sognare. Vivono in un mondo disincantato.
Regina cerca appagamento mentale, un po’come me, mi compra ogniqualvolta vuole, le pasticche sono la mia condanna a seguire lei, sono divisa tra due mondi: quello fintamente perbenista e quello degradante; ogni giorno mi altaleno tra questi due quartieri, rimanendo poco tempo nella casa dove l'orrore la fa da padrone. Un orrore vero, crudo. Un orrore che in puoi dimenticare ma solo sperare di metterlo in un angolino buio del tuo cervello, senza mai evocarlo.
Un uomo mi è seduto di fronte, lo guardo, un tipico uomo russo tutto di un pezzo. I miei occhi azzurri per poco incrociano i suoi, sbatto le ciglia e abbasso volontariamente lo sguardo, so che questo fa effetto sugli uomini, a volte ci gioco. Con un gesto apparentemente normale accavallo le gambe, un leggero spacco di apertura fa notare l'orlo di pizzo delle autoreggenti. Sento il suo sguardo addosso, muovo la gamba in modo da far salire sempre di più il cappotto, sembra un gesto involontario del tutto innocente ma in realtà nasconde fin troppa malizia. Di sottecchi guardo l’uomo, sembra essere a disagio gli occhi puntano sempre sulla mia coscia. Forse vuole vedere di più? l’accontento. Con lentezza cambio posa scavallando e riaccavallando le gambe, lui la scena non la perde, nemmeno un secondo, avrà notato il colore del mio intimo? Si avrà notato. Sogghigno.
Il gioco dura poco, la mia fermata è imminente, sono costretta a scendere.
Quando percorro la piazza Rossa in direzione del Metropol il sole sta tramontando. Il cielo striato di rosso e blu crea un effetto magico sopra l'edificio del mistero, lì, l'ombra lo copre parzialmente, come se una parte fosse perennemente in oscurità mentre l'altra parte, benché minima, è illuminata dal sole morente. Da questa prospettiva la meraviglia del Metropol mi stupisce sempre, in un continuo mutamento che porta alla decadenza di esso stesso. Uno scrigno dei misteri. In questo scrigno, giace la persona più controversa che io abbia mai conosciuto: Regina.
Una volta varcata la soglia mi spoglio della mia vita, e come se interpretassi un copione, non scritto da me, nemmeno dalla donna affascinante dalla pelle chiara come la luna, ma da qualcun altro che ama tessere trame sottili, lucenti come quelli di una vedova nera. La suite è in penombra, tra gli spiragli delle persiane entrano coni di luce che si riflettono sul marmo creando giochi di colori inspiegabili. Lei, Regina, si trova al centro della stanza; danza sulle note dello Schiaccianoci, la sua grazia ed eleganza mi colpiscono subito. Ha gli occhi chiusi la testa buttata indietro e il corpo perfettamente dritto in tipiche pose da ballerina di danza classica. Rimango in silenzio, non voglio rovinare questo momento magico. La sua pelle chiara viene illuminata a tratti dai colori caldi che sembrano danzare con lei come se fosse una coreografia già prestabilita, un ballo proibito ad altri.
-Ero una ballerina sai?- mormora continuando a volteggiare sinuosa,
- la prima ballerina del teatro Bolshoi- aggiunge fermandosi proprio davanti la finestra, la spalanca.
–Sono diventata ciò che sono grazie a loro, ma ho patito- la sua voce è appena udibile, piena di malinconia e tristezza inaudita, credo che in quel piccolo frangente di tempo lei abbia singhiozzato come a sopperire un pianto mai udito prima d'ora. Mi sento stranamente vicina a lei e in un certo senso la capisco.
-Stasera dovrai sedurre un uomo per me-
La mia bocca si apre e chiude come se fossi un pesce senza emettere suoni.
-andiamo a prepararci- non ammette repliche o esitazioni ogni cosa che fuoriesce dalla sua bocca è un ordine che devi prontamente eseguire.
Poco dopo sono nella doccia con lei, facciamo passare le mani sui nostri corpi insaponati, ci baciamo e doniamo piacere.
- Voglio che tu sia desiderabile Ania- dice mentre pettina i miei capelli guardando attraverso lo specchio
- voglio che tu sia la donna più eccitante di tutto il locale, gli uomini devono cadere ai tuoi piedi- sono stregata della sua voce.
Eccitante.
Desiderabile.
Affabile.
Mi muovo con una strana sensazione addosso, sarà l'alcol o l'ultima dose di acido ingerita in bagno. Emozioni ovattate, la musica assordante, i sensi accesi. Sono desiderabile, sono eccitante.
-Sei bellissima- mi sussurra un uomo completamente calvo. È giovane. Bello, fin troppo. Profondi occhi color ghiaccio e lineamenti perfetti. Mi offre da bere, parliamo, io sorrido spesso eppure c'è qualcosa di sinistro in lui, il suo sguardo, la sua voce vellutata, hanno qualcosa di sbagliato. Mi chiedo dove sia Regina, mi sentirei al sicuro con lei, chissà da quale prospettiva sta guardando, cosa riuscirà ad intuire e cosa no.
Voglio che tu sia desiderabile Ania. La sua voce fa eco nella mente.
Quel uomo continua a parlarmi, siamo seduti su un divanetto in disparte rispetto alla sala ghermita di gente. Siamo vicini, il suo corpo sfiora il mio accidentalmente, le sue dita sottili mi sfiorano la pelle, un tocco delicato eppure rabbrividisco.
Cambia in modo repentino, a tratti la sua voce sembra dissonante. I suoi occhi gelidi mi penetrano dentro lentamente, mi fanno sentire nuda.
È l'acido il colpevole di tutto? Sono strafatta eppure non trovo un nesso logico in quello che dice. Perché? Perché non riesco a muovermi mentre le sue parole si insinuano come bava dentro di me?
-Sarai la cagna perfetta per il mio alano- muove la sua lingua schifosa sul lobo del mio orecchio.
I miei arti sono pesanti, non riesco a muovermi, sembra che quel serpente viscido mi abbia incatenato con la sua lingua biforcuta. La sua voce è distorta.
- Sei buona solo come pisciatoio- mi stringe il braccio in una morsa dolorosa – guardati fai schifo- aggiunge ghignando in modo sinistro. Continua ad umiliarmi, a violentarmi la mente, ad insinuarsi come un parassita dentro di me nutrendosi della mia angoscia e disgusto verso di lui ma soprattutto verso me stessa. Mi tiene salda a le sue dita si insinuano sotto il vestito. Le forze mi hanno abbandonato, l'acido si è impadronito del tutto di me stessa lasciando che l'uomo possa banchettare a suo piacimento.
In un barlume di lucidità vedo gli occhi color smeraldo di Regina fissarmi.
-Sei stata brava Ania, ora andiamo a casa – sussurra la donna.
- Come si chiama signor…?-
-Foma, e lei?-
-Regina, abbiamo tempo per fare la nostra conoscenza, in un luogo appartato-
-Con piacere Regina.-
Vedo bianco. Tutto bianco.
Malen'ki.
Malen'ki.
Malen'ki...
... Il grido d’ aiuto di Katia risuona nella mia testa. La sua voce agghiacciante mentre la Matrioska di forza la portava nella stanza in fondo al corridoio.
-Quella stanza ti cambia la vita. Ti fa rinascere- dicono.
Per me è un incubo.
Ricordo i suoi occhi, il suo ultimo sguardo supplicante mentre con le mani si aggrappava con tutta la sua forza alla porta, poi il tonfo e le urla mi hanno fatto gelare il sangue. Ho paura che prima o poi finisco anche io lì. La redenzione, mi disse Yuri un giorno, in cui la droga non lo rendeva zombie.
Penso a questo mentre percorro la stazione di Komsomolskaya. Non riesco a capacitarmi di quanto questo edificio sia sfarzoso, splendido. Dipinto d'oro con arcate e lampadari di cristallo, arabeschi e rifiniture in gesso bianco, il marmo lucido, ci si può specchiare al suo interno. Questa stazione è l'inizio e la fine di Mosca; tutte le volte che scendo verso i binari è come se facessi un viaggio verso gli inferi. Un viaggio interiore. Le scale mobili della metropolitana di Mosca sembrano essere costruite per farti pensare che qui i deleritti sono dimenticati, non esistono, sono come una strana leggenda. Eppure queste mura, ne vedono e sentono di cose, se solo potessero parlare… la gente mi passa frenetica davanti, nessuno guarda nessuno in posti tanto popolati, tuttavia qualche occhiata la lanciano. Sarà per le lunghe gambe che fuoriescono da un corto cappotto nero con pelliccia di vero visone. Regalo di Regina. Le décolleté rosse che ho deciso di indossare per lei, in memoria del nostro primo incontro.
È tutto frenetico qui giù, tante formiche operaie, ognuna chiusa nella sua misera esistenza. Prendo posto sul treno affollato, tra una gomitata e una spinta. Mi sto dirigendo verso i quartieri alti, quelli perbenisti dove le persone all’apparenza sono felici, hanno tutto, tuttavia sembra mancare qualcosa, loro non sanno sognare. Vivono in un mondo disincantato.
Regina cerca appagamento mentale, un po’come me, mi compra ogniqualvolta vuole, le pasticche sono la mia condanna a seguire lei, sono divisa tra due mondi: quello fintamente perbenista e quello degradante; ogni giorno mi altaleno tra questi due quartieri, rimanendo poco tempo nella casa dove l'orrore la fa da padrone. Un orrore vero, crudo. Un orrore che in puoi dimenticare ma solo sperare di metterlo in un angolino buio del tuo cervello, senza mai evocarlo.
Un uomo mi è seduto di fronte, lo guardo, un tipico uomo russo tutto di un pezzo. I miei occhi azzurri per poco incrociano i suoi, sbatto le ciglia e abbasso volontariamente lo sguardo, so che questo fa effetto sugli uomini, a volte ci gioco. Con un gesto apparentemente normale accavallo le gambe, un leggero spacco di apertura fa notare l'orlo di pizzo delle autoreggenti. Sento il suo sguardo addosso, muovo la gamba in modo da far salire sempre di più il cappotto, sembra un gesto involontario del tutto innocente ma in realtà nasconde fin troppa malizia. Di sottecchi guardo l’uomo, sembra essere a disagio gli occhi puntano sempre sulla mia coscia. Forse vuole vedere di più? l’accontento. Con lentezza cambio posa scavallando e riaccavallando le gambe, lui la scena non la perde, nemmeno un secondo, avrà notato il colore del mio intimo? Si avrà notato. Sogghigno.
Il gioco dura poco, la mia fermata è imminente, sono costretta a scendere.
Quando percorro la piazza Rossa in direzione del Metropol il sole sta tramontando. Il cielo striato di rosso e blu crea un effetto magico sopra l'edificio del mistero, lì, l'ombra lo copre parzialmente, come se una parte fosse perennemente in oscurità mentre l'altra parte, benché minima, è illuminata dal sole morente. Da questa prospettiva la meraviglia del Metropol mi stupisce sempre, in un continuo mutamento che porta alla decadenza di esso stesso. Uno scrigno dei misteri. In questo scrigno, giace la persona più controversa che io abbia mai conosciuto: Regina.
Una volta varcata la soglia mi spoglio della mia vita, e come se interpretassi un copione, non scritto da me, nemmeno dalla donna affascinante dalla pelle chiara come la luna, ma da qualcun altro che ama tessere trame sottili, lucenti come quelli di una vedova nera. La suite è in penombra, tra gli spiragli delle persiane entrano coni di luce che si riflettono sul marmo creando giochi di colori inspiegabili. Lei, Regina, si trova al centro della stanza; danza sulle note dello Schiaccianoci, la sua grazia ed eleganza mi colpiscono subito. Ha gli occhi chiusi la testa buttata indietro e il corpo perfettamente dritto in tipiche pose da ballerina di danza classica. Rimango in silenzio, non voglio rovinare questo momento magico. La sua pelle chiara viene illuminata a tratti dai colori caldi che sembrano danzare con lei come se fosse una coreografia già prestabilita, un ballo proibito ad altri.
-Ero una ballerina sai?- mormora continuando a volteggiare sinuosa,
- la prima ballerina del teatro Bolshoi- aggiunge fermandosi proprio davanti la finestra, la spalanca.
–Sono diventata ciò che sono grazie a loro, ma ho patito- la sua voce è appena udibile, piena di malinconia e tristezza inaudita, credo che in quel piccolo frangente di tempo lei abbia singhiozzato come a sopperire un pianto mai udito prima d'ora. Mi sento stranamente vicina a lei e in un certo senso la capisco.
-Stasera dovrai sedurre un uomo per me-
La mia bocca si apre e chiude come se fossi un pesce senza emettere suoni.
-andiamo a prepararci- non ammette repliche o esitazioni ogni cosa che fuoriesce dalla sua bocca è un ordine che devi prontamente eseguire.
Poco dopo sono nella doccia con lei, facciamo passare le mani sui nostri corpi insaponati, ci baciamo e doniamo piacere.
- Voglio che tu sia desiderabile Ania- dice mentre pettina i miei capelli guardando attraverso lo specchio
- voglio che tu sia la donna più eccitante di tutto il locale, gli uomini devono cadere ai tuoi piedi- sono stregata della sua voce.
Eccitante.
Desiderabile.
Affabile.
Mi muovo con una strana sensazione addosso, sarà l'alcol o l'ultima dose di acido ingerita in bagno. Emozioni ovattate, la musica assordante, i sensi accesi. Sono desiderabile, sono eccitante.
-Sei bellissima- mi sussurra un uomo completamente calvo. È giovane. Bello, fin troppo. Profondi occhi color ghiaccio e lineamenti perfetti. Mi offre da bere, parliamo, io sorrido spesso eppure c'è qualcosa di sinistro in lui, il suo sguardo, la sua voce vellutata, hanno qualcosa di sbagliato. Mi chiedo dove sia Regina, mi sentirei al sicuro con lei, chissà da quale prospettiva sta guardando, cosa riuscirà ad intuire e cosa no.
Voglio che tu sia desiderabile Ania. La sua voce fa eco nella mente.
Quel uomo continua a parlarmi, siamo seduti su un divanetto in disparte rispetto alla sala ghermita di gente. Siamo vicini, il suo corpo sfiora il mio accidentalmente, le sue dita sottili mi sfiorano la pelle, un tocco delicato eppure rabbrividisco.
Cambia in modo repentino, a tratti la sua voce sembra dissonante. I suoi occhi gelidi mi penetrano dentro lentamente, mi fanno sentire nuda.
È l'acido il colpevole di tutto? Sono strafatta eppure non trovo un nesso logico in quello che dice. Perché? Perché non riesco a muovermi mentre le sue parole si insinuano come bava dentro di me?
-Sarai la cagna perfetta per il mio alano- muove la sua lingua schifosa sul lobo del mio orecchio.
I miei arti sono pesanti, non riesco a muovermi, sembra che quel serpente viscido mi abbia incatenato con la sua lingua biforcuta. La sua voce è distorta.
- Sei buona solo come pisciatoio- mi stringe il braccio in una morsa dolorosa – guardati fai schifo- aggiunge ghignando in modo sinistro. Continua ad umiliarmi, a violentarmi la mente, ad insinuarsi come un parassita dentro di me nutrendosi della mia angoscia e disgusto verso di lui ma soprattutto verso me stessa. Mi tiene salda a le sue dita si insinuano sotto il vestito. Le forze mi hanno abbandonato, l'acido si è impadronito del tutto di me stessa lasciando che l'uomo possa banchettare a suo piacimento.
In un barlume di lucidità vedo gli occhi color smeraldo di Regina fissarmi.
-Sei stata brava Ania, ora andiamo a casa – sussurra la donna.
- Come si chiama signor…?-
-Foma, e lei?-
-Regina, abbiamo tempo per fare la nostra conoscenza, in un luogo appartato-
-Con piacere Regina.-
Vedo bianco. Tutto bianco.
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