"Sono la tua schiava"
di
Jimpoi
genere
dominazione
Avevamo iniziato a sentirci per mail qualche mese prima, quando lei mi aveva fatto i complimenti per un mio racconto.
Ci eravamo trovati in sintonia e pian piano lei si era aperta con me riguardo alle sue fantasie sessuali, ci scambiammo anche delle foto. Mi aveva raccontato aneddoti della sua vita sessuale di quando non era sposata, facendomi anche eccitare. Eravamo arrivati a fare sesso virtuale ed io mi ero masturbato guardando le sue foto. Si era molto eccitata per questo.
Una sua fantasia predominante era quella di farsi dominare, fino a rendersi schiava, una donna oggetto in balia dell’uomo.
Dopo qualche tempo io avevo una gran voglia di soddisfarla quindi cercai di convincerla ad un incontro, sapevo che era rischioso, ma non mi importava. Non fu per niente facile, ma alla fine cedette, curiosa anche lei di vedere come sarebbe andata a finire. Eravamo entrambi d’accordo di soddisfare quella sua fantasia della donna schiava e che ci saremmo incontrati a casa mia, io abito da solo.
Concordammo una sera ed io passai tutto il giorno a completare i preparativi e a studiare un programma di massima.
Quando suonò il campanello il cuore iniziò a battermi a mille, non avrei mai creduto di trovarmi in una situazione simile: lei aveva 12 anni in più di me ed era sposata, in più io non avevo mai dominato una donna come mi ero preparato a fare quella sera.
Ci salutammo e lei mi diede un bacio sulla bocca e io le dissi: «Sei molto meglio dal vivo che in foto!», in effetti era molto bella. Le offrii una birra e quando finimmo le dissi: «Sei pronta?». Lei mi rispose: «Certo!».
Allora io la guidai in camera e, calandomi nel mio ruolo, le ordinai: «Spogliati!».
Lei si tolse il vestito, rimanendo con un perizoma nero, un reggiseno coordinato e delle calze a rete molto sexy che fasciavano le sue belle gambe. Vedendo che non andava avanti le dissi duro: «Completamente!». Lei, docile, si sganciò il reggiseno, lasciando nudo il suo seno ancora sodo, poi si sfilò le calze e le mutandine, mostrandomi il pube rasato. Trovandomi davanti a quel bel corpo che avevo tanto desiderato, mi eccitai molto e la mia erezione non fu molto nascosta dai pantaloncini che avevo indossato appositamente.
Lei attendeva un mio ordine, così le dissi: «Coricati sul letto».
Lei obbedì, io mi avvicinai al letto e presi il suo polso destro e lo legai con una corda che avevo preparato al pomeriggio. Per legare l’altra mano, mi inginocchiai sul letto e mi sporsi sopra di lei, premendo volutamente il mio pene duro contro il suo viso. Lei lo leccò attraverso i pantaloncini.
Quando ebbi finito le legai anche le caviglie lasciandola con le gambe aperte e la vagina oscenamente in mostra. Lei non sembrava per niente imbarazzata di essere in quella posizione davanti ad uno sconosciuto, in fondo era la prima volta che ci incontravamo dal vivo.
Subito avevo pensato di imbavagliarla, ma la sua bocca mi serviva libera.
La guardai ancora un attimo, aperta ed indifesa davanti a me, poi mi tolsi la maglietta e lei mi disse: «Anche tu sei meglio dal vivo che in foto!». Io ero compiaciuto, ma le dissi secco: «Puoi parlare solo se te lo dico io!». Lei annuì, sottomessa.
Mi tolsi anche i pantaloncini e le mutande, rimanendo anche io completamente nudo. I suoi occhi ebbero un lampo di desiderio vedendo il mio pene eretto. Mi inginocchiai sul letto a fianco a lei e strusciai il mio pene sui suoi capezzoli, che si inturgidirono subito. Sentivo fremere il suo corpo per l’eccitazione.
Mi misi a cavalcioni della sua faccia e le ordinai: «Leccami le palle!», lei obbedì ed io sentii la sua calda ed umida lingua sul mio scroto liscio, l’avevo appena depilato. Tesi una mano all’indietro e le strinsi un seno, strizzandole forte il capezzolo, se sentì male non lo diede a vedere. Dopo qualche minuto arretrai un po’ e le misi un cuscino dietro la testa, poi, con il pene davanti al suo viso, le intimai: «Apri la bocca».
Lei lo fece senza protestare, io le spinsi con forza il mio pene, di buone dimensioni, fino in gola. Lei non si aspettava tanta veemenza, quindi tossì sputacchiando saliva, ma era bloccata e non poteva fare niente. Iniziai a muovermi tenendole la testa con le mani. Dopo poco si abituò al mio movimento, ma io glielo spingevo praticamente tutto in bocca e la saliva le colava abbondante bagnandole il petto.
Provavo un inteso piacere, ma avevo in mente molte altre cose per quella sera. Quindi mi alzai e le chiesi: «Ti è piaciuto?».
Lei annuì, riprendendo fiato e senza staccare gli occhi dal mio pene lucido della sua saliva. Le slegai i polsi e le caviglie, poi la feci sedere al contrario su una sedia, e le rilegai i polsi uniti allo schienale, poi le tirai indietro il sedere facendolo sporgere dal sedile e le annodai le caviglie alle gambe della sedia, immobilizzandola completamente. Lei mi lasciò fare senza fiatare.
Mi inginocchiai davanti al suo bel sedere e le palpeggiai le natiche sode. Iniziai a leccarle la vagina che, come mi aspettavo, era bagnata, assaporando il gusto dei suoi umori. Iniziò a gemere ed io passai la mia lingua impertinente anche sul suo ano, soffermandomi un po’ e poi tornando sulla vagina.
Iniziai a penetrarla senza preavviso, strappandole un urletto di piacere. Mi muovevo con movimenti decisi e i nostri corpi producevano schiocchi quando sbattevano l’uno contro l’altro.
Io le misi le mani sulle spalle schiacciandola sullo schienale della sedia e lei iniziò a gemere ancora più forte.
Quando sentii avvicinarsi l’orgasmo mi fermai, non avevo ancora finito con lei.
Mi misi di nuovo dietro di lei in ginocchio e, dopo averlo insalivato per bene, iniziai ad accarezzare il suo ano con il medio. Volevo farle rilassare i muscoli perché sapevo che era vergine li.
«Quello no!», esclamò un po’ contrariata, ma io le risposi: «Zitta! Non ti ho detto di parlare!».
Smise docilmente di protestare ed io continuai: feci penetrare piano il dito e cominciai a muoverlo avanti indietro. Sentivo piano piano che i muscoli si stavano rilassando e dopo poco riuscii ad infilare anche il secondo dito. Con l’altra mano le massaggiavo il clitoride.
Presi una bottiglia di lubrificante che mi ero preparato lì vicino ed unsi per bene il mio pene ed il suo ano. Non volevo farle male.
Poi appoggiai la punta del mio pene sul suo ano lievemente dilatato ed spinsi piano. Appena entrava una parte tornavo indietro, poi spingevo di nuovo e ritornavo indietro. Lei subito era rigida, ma pian piano si rilassò, facilitandomi anche la penetrazione, iniziò a gemere piano ad ogni mio movimento. Riuscii a farne entrare più di metà, quindi iniziai a muovermi più decisamente, lei sembrava gradire ed io aumentai ancora il ritmo, facendola ansimare forte.
Mi faceva godere molto quel canale stretto, ma non volevo venirle nell’ano. Così uscii piano da lei e rimasi qualche istante a guardare eccitato il buco dilatato. Snodai le sue caviglie dalla sedia e anche i polsi, ma li lasciai stretti insieme, la feci inginocchiare davanti a me e iniziai a penetrarle la bocca tenendole la testa, ma dopo poco raggiunsi un intenso orgasmo, quindi uscii e le schizzai quattro abbondanti fiotti di sperma caldo sul viso.
Per commenti, critiche e richieste antom93@libero.it
Ci eravamo trovati in sintonia e pian piano lei si era aperta con me riguardo alle sue fantasie sessuali, ci scambiammo anche delle foto. Mi aveva raccontato aneddoti della sua vita sessuale di quando non era sposata, facendomi anche eccitare. Eravamo arrivati a fare sesso virtuale ed io mi ero masturbato guardando le sue foto. Si era molto eccitata per questo.
Una sua fantasia predominante era quella di farsi dominare, fino a rendersi schiava, una donna oggetto in balia dell’uomo.
Dopo qualche tempo io avevo una gran voglia di soddisfarla quindi cercai di convincerla ad un incontro, sapevo che era rischioso, ma non mi importava. Non fu per niente facile, ma alla fine cedette, curiosa anche lei di vedere come sarebbe andata a finire. Eravamo entrambi d’accordo di soddisfare quella sua fantasia della donna schiava e che ci saremmo incontrati a casa mia, io abito da solo.
Concordammo una sera ed io passai tutto il giorno a completare i preparativi e a studiare un programma di massima.
Quando suonò il campanello il cuore iniziò a battermi a mille, non avrei mai creduto di trovarmi in una situazione simile: lei aveva 12 anni in più di me ed era sposata, in più io non avevo mai dominato una donna come mi ero preparato a fare quella sera.
Ci salutammo e lei mi diede un bacio sulla bocca e io le dissi: «Sei molto meglio dal vivo che in foto!», in effetti era molto bella. Le offrii una birra e quando finimmo le dissi: «Sei pronta?». Lei mi rispose: «Certo!».
Allora io la guidai in camera e, calandomi nel mio ruolo, le ordinai: «Spogliati!».
Lei si tolse il vestito, rimanendo con un perizoma nero, un reggiseno coordinato e delle calze a rete molto sexy che fasciavano le sue belle gambe. Vedendo che non andava avanti le dissi duro: «Completamente!». Lei, docile, si sganciò il reggiseno, lasciando nudo il suo seno ancora sodo, poi si sfilò le calze e le mutandine, mostrandomi il pube rasato. Trovandomi davanti a quel bel corpo che avevo tanto desiderato, mi eccitai molto e la mia erezione non fu molto nascosta dai pantaloncini che avevo indossato appositamente.
Lei attendeva un mio ordine, così le dissi: «Coricati sul letto».
Lei obbedì, io mi avvicinai al letto e presi il suo polso destro e lo legai con una corda che avevo preparato al pomeriggio. Per legare l’altra mano, mi inginocchiai sul letto e mi sporsi sopra di lei, premendo volutamente il mio pene duro contro il suo viso. Lei lo leccò attraverso i pantaloncini.
Quando ebbi finito le legai anche le caviglie lasciandola con le gambe aperte e la vagina oscenamente in mostra. Lei non sembrava per niente imbarazzata di essere in quella posizione davanti ad uno sconosciuto, in fondo era la prima volta che ci incontravamo dal vivo.
Subito avevo pensato di imbavagliarla, ma la sua bocca mi serviva libera.
La guardai ancora un attimo, aperta ed indifesa davanti a me, poi mi tolsi la maglietta e lei mi disse: «Anche tu sei meglio dal vivo che in foto!». Io ero compiaciuto, ma le dissi secco: «Puoi parlare solo se te lo dico io!». Lei annuì, sottomessa.
Mi tolsi anche i pantaloncini e le mutande, rimanendo anche io completamente nudo. I suoi occhi ebbero un lampo di desiderio vedendo il mio pene eretto. Mi inginocchiai sul letto a fianco a lei e strusciai il mio pene sui suoi capezzoli, che si inturgidirono subito. Sentivo fremere il suo corpo per l’eccitazione.
Mi misi a cavalcioni della sua faccia e le ordinai: «Leccami le palle!», lei obbedì ed io sentii la sua calda ed umida lingua sul mio scroto liscio, l’avevo appena depilato. Tesi una mano all’indietro e le strinsi un seno, strizzandole forte il capezzolo, se sentì male non lo diede a vedere. Dopo qualche minuto arretrai un po’ e le misi un cuscino dietro la testa, poi, con il pene davanti al suo viso, le intimai: «Apri la bocca».
Lei lo fece senza protestare, io le spinsi con forza il mio pene, di buone dimensioni, fino in gola. Lei non si aspettava tanta veemenza, quindi tossì sputacchiando saliva, ma era bloccata e non poteva fare niente. Iniziai a muovermi tenendole la testa con le mani. Dopo poco si abituò al mio movimento, ma io glielo spingevo praticamente tutto in bocca e la saliva le colava abbondante bagnandole il petto.
Provavo un inteso piacere, ma avevo in mente molte altre cose per quella sera. Quindi mi alzai e le chiesi: «Ti è piaciuto?».
Lei annuì, riprendendo fiato e senza staccare gli occhi dal mio pene lucido della sua saliva. Le slegai i polsi e le caviglie, poi la feci sedere al contrario su una sedia, e le rilegai i polsi uniti allo schienale, poi le tirai indietro il sedere facendolo sporgere dal sedile e le annodai le caviglie alle gambe della sedia, immobilizzandola completamente. Lei mi lasciò fare senza fiatare.
Mi inginocchiai davanti al suo bel sedere e le palpeggiai le natiche sode. Iniziai a leccarle la vagina che, come mi aspettavo, era bagnata, assaporando il gusto dei suoi umori. Iniziò a gemere ed io passai la mia lingua impertinente anche sul suo ano, soffermandomi un po’ e poi tornando sulla vagina.
Iniziai a penetrarla senza preavviso, strappandole un urletto di piacere. Mi muovevo con movimenti decisi e i nostri corpi producevano schiocchi quando sbattevano l’uno contro l’altro.
Io le misi le mani sulle spalle schiacciandola sullo schienale della sedia e lei iniziò a gemere ancora più forte.
Quando sentii avvicinarsi l’orgasmo mi fermai, non avevo ancora finito con lei.
Mi misi di nuovo dietro di lei in ginocchio e, dopo averlo insalivato per bene, iniziai ad accarezzare il suo ano con il medio. Volevo farle rilassare i muscoli perché sapevo che era vergine li.
«Quello no!», esclamò un po’ contrariata, ma io le risposi: «Zitta! Non ti ho detto di parlare!».
Smise docilmente di protestare ed io continuai: feci penetrare piano il dito e cominciai a muoverlo avanti indietro. Sentivo piano piano che i muscoli si stavano rilassando e dopo poco riuscii ad infilare anche il secondo dito. Con l’altra mano le massaggiavo il clitoride.
Presi una bottiglia di lubrificante che mi ero preparato lì vicino ed unsi per bene il mio pene ed il suo ano. Non volevo farle male.
Poi appoggiai la punta del mio pene sul suo ano lievemente dilatato ed spinsi piano. Appena entrava una parte tornavo indietro, poi spingevo di nuovo e ritornavo indietro. Lei subito era rigida, ma pian piano si rilassò, facilitandomi anche la penetrazione, iniziò a gemere piano ad ogni mio movimento. Riuscii a farne entrare più di metà, quindi iniziai a muovermi più decisamente, lei sembrava gradire ed io aumentai ancora il ritmo, facendola ansimare forte.
Mi faceva godere molto quel canale stretto, ma non volevo venirle nell’ano. Così uscii piano da lei e rimasi qualche istante a guardare eccitato il buco dilatato. Snodai le sue caviglie dalla sedia e anche i polsi, ma li lasciai stretti insieme, la feci inginocchiare davanti a me e iniziai a penetrarle la bocca tenendole la testa, ma dopo poco raggiunsi un intenso orgasmo, quindi uscii e le schizzai quattro abbondanti fiotti di sperma caldo sul viso.
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